CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 695

Voci della memoria

ALLO SPAZIO DON CHISCIOTTE, LETTURE IN MUSICA DAL “DIARIO” DI ETTY HILLESUM, SCRITTRICE VITTIMA DELL’OLOCAUSTO

GIOVEDI’ 25 GENNAIO

“Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose superflue di questa vita, è stato inutile”

E ancora:

“Accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so…Ma continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato”

.

Parole e pensieri e sogni che non cedono alle brutture e alle più impensabili nefandezze che possa perpetrare il genere umano. Parole e pensieri e sogni ancora vivi, nonostante tutto, e carichi di speranza e di fede. Esemplari in tal senso. In ogni tempo e luogo. Anche oggi. Ovunque. Parole e pensieri e sogni che si leggono nelle pagine del “Diario”, scritto ad Amsterdam fra il 1941 e il 1943 da Etty Hillesum, scrittrice olandese di origine ebraica, uccisa ad Auschwitz nel ’43 a soli 29 anni, attraverso la cui toccante e straordinaria testimonianza la Fondazione Bottari Lattes, intende ricordare tutte le vittime della Shoah. In occasione del Giorno della Memoria (ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno), il prossimo giovedì 25 gennaio alle ore 18, allo Spazio Don Chisciotte (via della Rocca 37b, a Torino) si terrà per l’occasione un incontro titolato “Voci della memoria”, in cui saranno lette e commentate proprio le pagine più significative tratte dal “Diario” della giovane intellettuale olandese. Lettura e interpretazione saranno affidate all’attrice Elena Zegna, mentre a sottolineare l’intensità dei testi saranno gli interventi musicali del flautista Ubaldo Rosso. Come cornice alla lettura, saranno anche esposti significativi dipinti di Mario Lattes (editore, pittore e scrittore, cui è intitolata la Fondazione) dedicati all’“identità ebraica”. Dettagliato resoconto degli ultimi due anni della sua vita, Esther Hillesum, detta Etty (Middelburg 1914 Auschwitz 1943) scrisse il suo “Diario”  ad Amsterdam, probabilmente su indicazione dello psico-chirologo ebreo-tedesco Julius Spier, con il quale ebbe un forte legame. Venne pubblicato per la prima volta nel 1981. La vita di Etty Hillesum è diventata simbolo di un cammino che, oltre tutti i fili spinati, interiori ed esteriori, va alla ricerca di una sorgente molto profonda, il “divino” che è nell’essere umano. Partendo da un proprio percorso di autoanalisi e indagine spirituale Etty si confrontò con il dolore proprio e altrui, facendosi testimone delle miserie e delle ricchezze insite nell’esperienza del lager. Una scelta di resistenza esistenziale di fronte agli orrori del suo tempo, alla ricerca di un senso “altro” di sé, della vita e della relazione con gli altri. Leggiamo ancora nelle sue pagine: “Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso se ogni uomo si sarà liberato dall’odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l’unica soluzione possibile… Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell’anno del Signore 1942, l’ennesimo anno di guerra”.

g. m.

 

“Voci della memoria”

Spazio Don Chisciotte – Fondazione Bottari Lattes, via della Rocca 37b, Torino; tel. 011/19771755-1; www.fondazionebottarilattes.it

Giovedì 25 gennaio, ore 18

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Foto
– Etty Hillesum
– Mario Lattes: “Kaddish”, 1959
– Mario Lattes: “Il giro dei Serafin”, 1958

 

Seeyousound, ecco il programma

 

IV edizione  26 gennaio – 4 febbraio

 

 

SEEYOUSOUND International Music Film Festival, primo festival in Italia dedicato al cinema internazionale a tematica musicale, torna con la IV edizione, che si terrà a Torino dal 26 gennaio al 4 febbraio 2018, al Cinema Massimo del Museo Nazionale del Cinema

 

Sono 62 i film in programma nei 10 giorni di festival, suddivisi in 4 sezioni competitive, 2 rassegne fuori concorso e 1 retrospettiva, accompagnati da panel, incontri ed eventi.

Con 1 anteprima internazionale1 anteprima europea e 27 anteprime italiane il festival punta sempre più ad affermarsi a livello internazionale, alla luce di un percorso che dura da quattro anni e che, con passione e costanza, ha portato alla costruzione di una fitta rete di relazioni sul territorio.

 

«Il festival che vi apprestate a vivere – racconta il direttore, Maurizio Pisani –, complesso e ambizioso, è stato concepito quando la terza edizione non era ancora andata in soffitta. La programmazione è essenziale quando non si hanno budget stellari. Abbiamo rinnovato l’organizzazione, affidando a Carlo Griseri il delicato ruolo di coordinatore cinematografico, dando organicità al progetto. Abbiamo cercato le migliori produzioni di genere, frequentando i festival più importanti, come Cannes, Amsterdam, Barcellona o Nyon. Il risultato è sotto i vostri occhi: basta sfogliare il programma per notare che il livello qualitativo è altissimo. In soli tre anni ci siamo accreditati con i distributori internazionali, riusciamo a portare in Italia film di livello assoluto in prima nazionale e, talvolta, internazionale. Il nostro segreto? Ci divertiamo come pazzi a fare questo festival.

Il 2018, grazie alla mostra #Soundframes, rappresenta per noi una sfida entusiasmante: musica e cinema saranno protagonisti per un anno intero a Torino. Sarà anche l’anno di una grande novità: porteremo Seeyousound in tour, proponendo questo progetto ad altri pubblici, in altri contesti».

 

 

.INAUGURAZIONE

Il festival prende il via venerdì 26 gennaio con Ingeborg Holm, film muto di Victor Sjöström, musicato dal vivo da Corrado NucciniIosonouncane ed Enrico Gabrielli, e proiettato in versione restaurata in 2K da dello Svenska Filminstitutet-Cinemateket, alle 21.00 al Cinema Massimo.

Curata dal Museo Nazionale del Cinema, la serata d’apertura di Seeyousound IV si accompagna all’inaugurazione di #SoundFrames, la mostra dedicata proprio a cinema e musica che fino al 7 gennaio 2019 sarà ospitata dal Museo Nazionale del Cinema.

 

 

. SEZIONI COMPETITIVE

Il Concorso Internazionale Long Play, dedicato ai lungometraggi, si sdoppia dando voce a una duplice anima con i contest DOC e FEATURE.

 

LONG PLAY FEATURE presenta in competizione 6 lunghi di finzione, selezionati dal curatore Fabrizio Dividiprovenienti da tutto il mondo: The Song of Scorpions, storia d’amore complessa in cui spicca il potere redentore del canto, diretta da Anup Singh che sarà ospite di SYS; la commedia indie Band Aid di Zoe Lister-Jones, presentata allo scorso Sundance; il candidato irlandese per la corsa agli Oscar 2018 Song of Granite di Pat Collins, sulla vita turbolenta del cantante folk Joe Heaney; Love Records, sull’omonima etichetta discografica finlandese che ha abbracciato la cultura giovanile degli anni ’60; l’argentino Musica para casarse di José Militano, in cui la musica è la chiave del superamento dell’adolescenza; e il primo musical della storia del festival, Stuckdi Michael Berry, con protagonista un incredibile Giancarlo Esposito, noto per il ruolo di Gustavo Fring in Breaking Bad.

 

I 6 documentari della sezione LONG PLAY DOC – curata da Paolo Campana – ritrovano il potere rivoluzionario della musica: dal cantante iraniano che ‘rappa’ contro la dittatura inWhen God Sleeps, del regista Till Schauber, ospite di SYS, direttamente dal Tribeca Film Festival 2017; alla rapper che ha conquistato la Scandinavia con i suoi testi contro ogni oppressione che dà il nome al film Silvana, di Mika Gustafson, Olivia Kastebring e Christina Tsiobanelis; The Public Image Is Rotten di Tabbert Fiiller racconta l’innata trasgressività di Johnny Rotten, che all’apice della fama come “Re del punk” abbandona i Sex Pistols; You Are Teddybears, di John Boisen e Björn Fävremark, ripercorre la carriera della band svedese che dietro le maschere da orso spazia tra synth-rock, punk, reggae e jazz; Conny Plank – The Potential of Noise è un originale viaggio – ad opera del figlio Stephen Plank – nella vita di uno fra i più innovativi sound designer e producer che ha collaborato con Kraftwerk, David Bowie, Brian Eno, Eurythmics e molti altri; e per tornare alla ritualità della musica, Híbridos, The Spirits of Brazil di Vincent Moon e Priscilla Telmon, due tra i documentaristi viventi più sperimentali e riconosciuti.

 

Le opere si aggiudicheranno i premi come Miglior Film di Fiction, intitolato alla memoria di Francesca Evangelisti, e Miglior Documentario, ognuno di 1.000 €. Saranno Kerem AyanPivio e Donata Pesenti Campagnoni a scegliere la migliore opera di finzione, mentre la giuria del concorso documentari sarà composta da Tony PalmerIrene Dionisio e Chiara Eleonora Coppola.

 

12 cortometraggi internazionali, selezionati da Francesco Giugiaro per il concorso7INCH, punteggeranno il programma di questa IV edizione portando il pubblico in un viaggio tra generi e tematiche, in cui la musica sarà protagonista, musa ispiratrice o discreta compagna. Tra i film in competizione spiccano lo svedese The Burden di Niki Lindroth von Bahr, premiato come Miglior cortometraggio di animazione agli European Animation Awards 2017; e Raised by Krump del promettente giovane regista Maceo Frost, sul Krump, forma di ballo esploso di recente nelle zone più malfamate di South Compton/Los Angeles come via di fuga dalle situazioni sociali complicate.

A giudicare i 12 shorts 7INCH e assegnare il premio Miglior Cortometraggio (500 €) saranno Davide FerrarioManuela Rima e Vittorio Sclaverani.

 

SOUNDIES, immancabile concorso per il formato ‘musicale’ per eccellenza, proporrà 20 videoclip selezionati tra la migliore produzione del 2017, fra i 350 video ricevuti e ricercati dalla curatrice Federica Ceppa. Videoclip di cantanti come Beck o John Legend, ma anche i Bonobo e Wyclef Jean, firmati da registi quotati come Loïc Andrieu, Joseph Kahn e Ilya Naishuller, che sanno esprimere l’immediatezza e la contagiosità della musica, portata all’ennesima potenza da un impatto visivo sinergetico.

A scegliere il Miglior Videoclip “Nicola Rondolino”, che si aggiudicherà 500€, sarannoJan CholoniewskiSimone Arcagni e Andrea Laszlo De Simone.

 

Il festival assegnerà inoltre altri quattro riconoscimenti: il premio per la Miglior Colonna Sonora Originale, con Giorgio Li CalziStefano Caprioli e Riccardo Mazza in giuria; ilPremio Torinosette per il Miglior Film; il Premio “Direct A Music Short (D.A.M.S.)” e ilPremio Distribuzione Lab80. Quest’ultimo, costituito nel 2017, porta già risultati con la distribuzione del vincitore della scorsa edizione, Oleg y las raras artes di Andrés Duque: nelle sale italiane con il nome Oleg e le arti strane, distribuito da Lab80 eSEEYOUSOUND.

 

 

. FUORI CONCORSO

Il programma include le rassegne Rising Sound Into the Groove, che attraverso percorsi paralleli e complementari offrono un’immagine a tuttotondo delle potenzialità che solo la musica sa sprigionare.

 

RISING SOUND – curata da Juanita Apraez Murillo – prosegue la propria ricerca nel cinema musicale e quest’anno propone un focus sul macro-universo della Radio dal titoloRadioactivity. 5 film per portare il pubblico in un immaginario backstage dove si muovono coloro che ogni giorno scoprono talenti emergenti e dettano le regole dei gusti musicali, accompagnano la vita degli ascoltatori e fanno circolare pensieri: il Miglior Documentario Olandese all’IDFA 2016, Radio Kobanî di Reber Dosky, racconta come la radio possa essere un potente mezzo di aggregazione per una comunità, in un momento tragico come la guerra; Sex and Broadcasting di Tim K. Smith, presentato all’International Film Festival Rotterdam, segue la spassosa programmazione di una delle più eccentriche radio americane; Dare to Be Different di Ellen Goldfarb sull’emittente di Long Island WLIR 92.7, che nel 1982 lanciò gruppi come The Ramones, Depeche Mode, The Cure e The Clash; The Inertia Variations di Johanna St Michaels, su Radio Cineola, web radio fondata da Matt Johnson, ex cantante del gruppo punk inglese The The; Talk to Me di Kasi Lemmons racconta la storia di un ex carcerato di colore interpretato da Don Cheadle
 che, divenuto speaker a Washington in pieno conflitto razziale, dà voce agli afroamericani.

 

INTO THE GROOVE conferma la propria vena mainstream spaziando dalle nuove tendenze musicali ai cult. In tutto 7 film e un omaggio – curati da Carlo Griseri – che daranno vita, suono e immagini a Isabelle Huppert, che in Souvenir di Bavo Defurne interpreta Liliane, una vita monotona spesa fra divano e lavoro, che negli anni ’70, all’Eurovision Song Contest arrivò seconda dietro agli ABBA; al dj e regista Don Letts che sarà ospite di SYS con il suo Two Sevens Clash, doc sull’influenza reciproca tra reggae e punk nella Londra anni ’70 e con un dj set indimenticabile al Magazzino sul Po; a Morrissey nel biopic England is Mine di Mark Gill; a Betty Davis nel documentario Bettydi Phil Cox, dedicato a questa autentica icona musicale, stilistica e femminile degli anni ’70. C’è poi Iggy Pop, con la storia del suo diciassettesimo album, realizzato insieme a una band d’eccezione con Josh Homme dei Queens of the Stone Age, una storia raccontata da American Valhalla di Andreas Neumann e dello stesso Josh Homme; si prosegue con un doveroso omaggio a Ryuichi Sakamoto, seguito per cinque anni dalla telecamera di Stephen Schible, che porta sul grande schermo le sue reazioni dopo il disastro nucleare di Fukushima in Ryuichi Sakamoto: Coda; si chiude con Barbara, diretto e interpretato da Mathieu Amalric nel ruolo metacinematografico di un regista che, lavorando al biopic su Barbara, finisce per fondere finzione e realtà; premiato al Festival di Cannes 2017, a 20 anni dalla scomparsa della “dame brune” della canzone francese.

 

In questa IV edizione, Seeyousound dedica per la prima volta un omaggio a un personaggio simbolo, TONY PALMER, uno dei più grandi registi al mondo di film riguardanti la musica.

Il regista inglese sarà ospite di una retrospettiva con 3 film della sua sconfinata produzioneTestimony, lungo con Ben Kingsley nei panni di Dmitri Shostakovich, il più noto e perseguitato compositore dell’epoca di Stalin; All My Loving, fotografia della scena rock‘n’roll e della politica dei tardi anni ‘60, frutto di una collaborazione con John Lennon; e il rockumentary Bird On A Wire, sul tour di Leonard Cohen del 1972, perduto per quasi 40 anni e finalmente in sala nel 2017.

 

 

. UNA CASA PER IL FESTIVAL

Da quest’anno, SEEYOUSOUND avrà una casa prestigiosa e accogliente, che ospiterà diversi appuntamenti del programma OFF: il Circolo dei Lettori. Qui, dove saranno accolti gli ospiti del festival, si terranno incontri con autori e aperitivi musicali.

Ci sarà un panel sulla radio, SETTE TESI SULLA MAGIA DELLA RADIO, durante il quale Massimo Cirri, storica voce di Caterpillar, presenterà il suo libro con l’autore radioTiziano Bonini. Saranno ospiti anche i registi Phil Cox, che ha diretto Betty – They Say I’m different, su Betty Davis, e Christina Tsiobanelis, che ha co-diretto Silvana, sulla rapper svedese Silvana Imam. Entrambi dialogheranno con Irene Dionisio per GRRRL POWER NELLA MUSICA E NEL CINEMA.

In programma poi AFTERMOVIE, IL RACCONTO DI UN FESTIVAL E DEL SUO PUBBLICO, dall’esperienza di successo di GruVillage, e un incontro speciale al Blah Blah con Stephan Plank, regista del doc in concorso The Potential of Noise, dedicato al padre Conny.

 

 

 

. MUSICA FUORI DAL CINEMA

Quest’anno SEEYOUSOUND celebra i 40 anni di The Man-Machine, settimo album dei Kraftwerk. L’omaggio, curato da Gabriele Diverio: si aprirà il 25 gennaio al Circolo Amantes con la mostra KRAFTWERK – THE MAN MACHINE EXPERIENCE, curata da Paolo Campana e Gianluca Pandullo, poi il 3 febbraio si terrà il Kraftwerk Day al Circolo dei Lettori; durante il festival, infine, saranno distribuiti al pubblico foto e memorabilia della band tedesca.

Sempre sabato 3, dalle 23.30, il regista e dj Don Letts sarà di nuovo protagonista, questa volta dietro la consolle del Magazzino sul Po, per dar vita al PARTY SYS IV.

Ogni sera dalle 23.30 in poi è AFTER FESTIVAL al Circolo Amantes con aperitivi e dj set, tra cui imperdibile quello di venerdì 2 febbraio, che vedrà ai piatti il regista Stephan Plank. L’Amantes ospiterà anche due mostre: oltre a quella dedicata ai Kraftwerk, ci saràHIP HOP KEMP FESTIVAL, a cura di Gaetano Massa, che sarà inaugurata il 28 gennaio alle 19.00.

Il 4 febbraio alle 18.00 alla Mole Antonelliana, il critico musicale Alberto Campo, nell’inedita veste di MJ (Movie-Jockey), proporrà un collage di spezzoni di film animati da canzoni famose e non, uniti per dare forma a una trama inedita per il progettoTRANSMISSION, curato da Aiace Torino.

 

. IL FESTIVAL CONTINUA…

Il 3 marzo al Museo Nazionale del Cinema la performance crossmediale CLUB 27 ON THE TRACKS OF 7 STARS, prodotta per SYS da un collettivo composto da Matteo Regattin (illustrazioni), Cristina Iurissevich (video narrativi), Riccardo Mazza (musica elettronica) e Laura Pol (video immersivi), con testi da Rock ‘n Roll Noir. I misteri, le relazioni e gli amori del Club 27 di Elisa Gobbi (Arcana Edizioni).

Proseguirà inoltre la collaborazione con Lovers Film Festival. «Quest’anno – spiega la direttrice, Irene Dionisio – sarà nuovamente all’insegna della collaborazione tra Seeyousound e Lovers Film Festival – Torino LGBTQI Visions. Per uno degli eventi speciali previsti durante la 33a edizione (20-24 aprile 2018) inaugureremo un nuovo format dal nome “Music Riot”, un contest interdisciplinare tra cinema e musica di cui scoprirete a brevissimo tutti i dettagli».

Ma c’è molto altro in vista per SEEYOUSOUND, che non si ferma e nei prossimi mesi andrà “in tour”, con un progetto che lo porterà in altri luoghi, tra un’edizione e l’altra, affinché il festival possa raggiungere nuovi pubblici e confrontarsi con nuove realtà.

 

 

Seeyousound è organizzato dall’Associazione Choobamba in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema, con il patrocinio di Regione Piemonte e il contributo di Fondazione CRT e Città di Torino.

 

INFO: www.seeyousound.org | info@seeyousound.org

Chiude FISH&CHIPS, eros al cinema

Volge al termine le threesomeedition di FISH&CHIPS, il festival internazionale di cinema erotico e del sessuale che da giovedì 18 gennaio ha portato al Cinema Massimo di Torino il meglio della cinematografia di genere, insieme a mostre, incontri ed eventi per indagare il sesso con curiosità e senza preconcetti.  


Domenica 21 gennaio – giorno 4

Ore 11.30: Cinema Massimo (Via Verdi 18)

Corti Fuori Concorso CIPKA di Renata Gasiorowska (2016, Polonia, 8′)

Concorso Lunghi

FALLEN FLOWERS THICK LEAVES di Laetitia Schoofs (2016, Paesi Bassi/Germania, 85′) ANTEPRIMA NAZIONALE

Hongli è una sessuologa che segue pazienti di tutte le età, estrazioni sociali e problematiche. In una società come quella cinese, in bilico tra tradizioni secolari e spinte centrifughe di natura capitalista, il ruolo della donna è sempre più difficile, come ci dimostra questo documentario tutto al femminile.

 

Ore 14.00: Cinema Massimo (Via Verdi 18)

Concorso Corti #6

EL DESPERTAR DE LAS HORMIGAS: NIÑEZ di Antonella Sudasassi (2016, Costa Rica, 18′), MY FIRST PORN FILM di Vincent Boy Kars (2016, Paesi Bassi, 28′), MIŁOŚĆ di Tania Dos Santos (2017, Canada, 3′), INTIMITY di Elodie Dermange (2017, Svizzera, 5′), ROL di Hammudi Al-Rahmoun Font (2016, Spagna, 13′)

 

Ore 15.30: Cinema Massimo (Via Verdi 18)

Corti Fuori Concorso CELUI QUI A DEUX ÂMES di Fabrice Luang-Vija (2015, Francia, 17′)

Concorso Lunghi

MY FUCKING PROBLEM di Anne van Campenhout (2017, Paesi Bassi, 44′) ANTEPRIMA NAZIONALE

Affetta da vaginismo, Anne non può avere rapporti sessuali completi con conseguenze sia fisiche che emotive. Come confrontarsi con questa condizione in un mondo in cui il sesso è ovunque e, apparentemente, alla portata di tutti? Ce lo spiega in prima persona con un documentario illuminante.

 

Ore 17.00: Cinema Massimo (Via Verdi 18)

Corti Fuori Concorso A NYALINTÁS NESZE di Nadja Andrasev (2016, Ungheria, 9′)

Concorso Lunghi

FIN DE SEMANA di Moroco Colman (2016, Argentina, 73′) ANTEPRIMA NAZIONALE

Dopo il divorzio Carla ha chiuso i rapporti con la figlia Martina, adolescente introversa e ribelle. Quando le fa visita capisce che è invischiata in un rapporto masochistico col fratellastro. Torbido dramma familiare che diviene romanzo di formazione.

 

Ore 17.00: CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia (Via delle Rosine 18)

Visita guidata mostra L’OCCHIO MAGICO DI CARLO MOLLINO. FOTOGRAFIE 1934-1973

CAMERA presenta una mostra dedicata all’intera produzione fotografica di Carlo Mollino, architetto e designer torinese tra i più celebrati del Novecento, in un percorso tra oltre 500 immagini tra cui70 fotografie erotiche, tra scatti in pellicola e Polaroid, che rappresentano il lavoro più prolungato nel tempo dell’artista, un corpus/progetto che si estende in maniera importante. Mostra a cura di Francesco Zanot.

 

Ore 19.00: Cinema Massimo (Via Verdi 8)

OMAGGIO A RADLEYMETZGER

THE OPENING OF MISTY BEETHOVEN – A BOCCA PIENA di Radley Metzger (1976, Stati Uniti, 86′)

Un classico della Golden Age of Porn che Fish&Chips ripropone ad un anno dalla morte del regista Radley Metzger. La rivisitazione in chiave hard del Pigmalione di George Bernard Shaw, interpretato da autentiche leggende come Jamie Gillis e Gloria Leonard: Dolores “Misty” Beethoven è una prostituta di strada le cui sorti cambiano quando incontra il sofisticato Seymour Love.

 

Ore 19.00: BlahBlah (Via Po 21)

Incontro QUEER PORTRAITS. YOU AS ME SERIES“. Un progetto fotografico di Irene Pittatore con la conduzione educativa di Erika Stefanelli in collaborazione con Impasse e Progetto Habitat.

Al Fish&Chips un’anteprima sulla serie fotografica You As Me, un’esperienza artistica e un laboratorio in progress aperti al pubblico del Festival. Per mettersi nei panni degli altri e candidarsi ad essere i prossimi protagonisti dei queer portraits.

 

Ore 21.00: Cinema Massimo (Via Verdi 18)

Corti Fuori Concorso

CRASHPAD SERIES di Shine Louise Houston (2018, Stati Uniti, 5′)

PREMIAZIONE Fish&Chips – threesomeedition

Chiusura Fish&Chips

SNAPSHOT di Shine Louise Houston (2017, Stati Uniti, 67′)

Charlie, fotografa freelance, conosce la mascolina Danny. Tra le due nasce un rapporto intenso che fa sperare possibili sviluppi. Ma i loro piani vengono sconvolti quando Charlie, per caso, scatta la foto di un assassino, che si mette sulle sue tracce. Eros e thanatos in un thriller romantico e tutto al femminile, prodotto dalla Pink & White Productions e che guarda ad Antonioni ed Hitchcock.

 

La Cineteca della Deportazione

Inizia mercoledì 24 gennaio la rassegna per le scuole “Cineteca della Deportazione”, con la presentazione e proiezione di quattro pellicole sulla Shoa. Tutti i film verranno presentati alla stessa ora – alle 10.oo – nella sala Proiezioni del Polo del ‘900  a Palazzo San Celso, al n. 4 di Corso Valdocco a Torino. Il primo film è “Jona che visse nella balena” di Roberto Faenza,1993, 90’. Presenterà la pellicola Matteo Pollone, dell’Università di Torino. Le altre proiezioni avverranno i seguenti giorni: Giovedì 25 gennaio , “Il diario di Anna Frank”, di George Stevens, 1959,154′. Presenta il film Elena Ottolenghi, costretta, da adolescente, a nascondersi per sfuggire alla cattura e alla deportazione come ebrea; Martedì 30 gennaio, “Monsieur Batignole”, di Gérard Jugnot, 2002, 100’. Presenta il film Bruno Maida , storico, dell’Università di Torino;Mercoledì 31 gennaio, “Ogni cosa è illuminata”, di Liev Schreiber, 2005, 105’.Presenta il film Matteo Pollone, dell’Università di Torino.

La rassegna cinematografica è a cura dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza con il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale piemontese.

Ingresso libero su prenotazione. Info: ancr.didattica@gmail.com – tel. 011 4380111 – 011 4338697

Le pellicole:

Jona che visse nella balena”,di Roberto Faenza,1993, 90’.

Amsterdam 1942. Jona ha quattro anni e vive insieme ai suoi genitori ebrei. Un giorno vieneportato via dai nazisti insieme alla madre, trasferito prima nel campo Westerbrock e poi a Bergen-Belsen, un campo di transito in Germania. Qui i genitori possono vedersi sempre più raramente e il padre muore per gli stenti. Mentre la madre di Jona è gravemente ammalata vengono nuovamente trasferiti, ma il convoglio viene bombardato e i sopravvissuti sono liberati dall’Armata Rossa. La mamma muore e Jona viene affidato ai vecchi amici dei genitori ad Amsterdam.

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Il diario di Anna Frank”, di George Stevens, 1959,154′.

Trasposizione cinematografica del diario della giovane ebrea olandese costretta con la sua famiglia a una vita in clandestinità e poi deportata a Bergen Belsen. Prova convincente di regia di George Stevens che, come operatore dell’esercito americano, aveva filmato le terribili immagini della liberazione di Dachau. Il film fu premiato con 3 Oscar.

 

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Monsieur Batignole”, di Gérard Jugnot, 2002, 100’.

Parigi, luglio 1942. Edmond Batignole è un salumiere che tenta di sopravvivere durante l’occupazione tedesca evitando di prendere posizione e curando soltanto gli affari. Quando il futuro genero denuncia i vicini ebrei, la famiglia Batignole riesce a recuperare il prestigioso appartamento vuoto. Simon, uno dei figli della famiglia ebrea, riesce a far ritorno in quella che era la sua casa. Batignole comprende di essere la sua sola speranza di sopravvivenza e in un primo momento nasconderà il bambino. Poi cercherà di attraversare clandestinamente il confine per portare Simon in Svizzera.

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Ogni cosa è illuminata”,di Liev Schreiber, 2005, 105’.

Tratto dal romanzo omonimo di Jonathan Safran Foer, autore anche della sceneggiatura del film. Un giovane ebreo americano si reca in Ucraina per cercare la donna che ha salvato suo nonno durante l’invasione nazista. In questo viaggio nella memoria Jonathan viene accompagnato dal giovane Alex e dal suo nonno cieco, ma in realtà ben vedente, che ha sempre con sé il suo cane guida.

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

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Assassinio sull’Oriente Express – Giallo. Regia di Kenneth Branagh, con Judi Dench, Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Penelope Cruz e Branagh nelle vesti di Hercule Poirot. Altra rivisitazione cinematografica del romanzo della Christie dopo l’edizione firmata da Sidney Lumet nel ’74, un grande Albert Finney come investigatore dalle fiammeggiati cellule grigie. Un titolo troppo grande per non conoscerlo: ma – crediamo, non foss’altro per il nuovo elenco di all star – resta intatto il piacere di rivederlo. Per districarci ancora una volta tra gli ospiti dell’elegante treno, tutti possibili assassini, una partenza da Istanbul, una vittima straodiata, una grande nevicata che obbliga ad una fermata fuori programma e Poirot a ragionare e a dedurre, sino a raggiungere un amaro finale, quello in cui la giustizia per una volta non vorrà seguire il proprio corso. Durata 114 minuti. (Nazionale sala 2)

 

Benedetta follia – Commedia. Regia di Carlo Verdone, con Carlo Verdone, Ilenia Pastorelli, Lucrezia Lante della Rovere e Paola Minaccioni. Guglielmo, in depressione stabile, è il proprietario di un negozio di arredi sacri e abbigliamento d’eccellenza, per il piacere e l’eleganza della moltitudine di porporati romani. Depresso anche per il fatto che la moglie lo ha appena abbandonato perché innamorata proprio della commessa del suo negozio: quando come un ciclone entra nella sua vita una ragazza di borgata. Opera con un buon inizio se poi non prendesse la strada delle vogliose signore che in un modo o nell’altro vogliono accaparrarsi il misero quanto problematico single. Con una comicità che fa acqua da ogni parte (in sala piena ho contato un paio di risate davvero convinte), non priva di momenti quantomai imbarazzanti (oltrepassando di gran lunga, all’italiana, lo spudorato ma tranquillo divertimento della scena clou di “Harry, ti presento Sally”, la signora che nasconde il cellulare “nel posto più bello del mondo” finisce per ritrovarsi in una storiellina soltanto fuori dei limiti; l’attore/regista che si mette a fare il cicerone all’interno di palazzo Altemps a Roma denuncia tutta la sua odierna mancanza d’idee, lontanissimo dalle cose migliori; e poi le pasticche, i balletti, le cianfrusaglie tra colori e suoni…). La gieffina Pastorelli rimane se stessa in ogni occasione, immutabile se non fosse per i cambi d’abito (sempre più ristretto), alla ricerca dei begli effetti che una Ramazzotti ci ha dato in altre occasioni. Godetevi la manciata di minuti della Minaccioni. Un toccasana. Durata 109 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Coco – Animazione. Regia di Lee Unkrich e Adrian Molina. Fa parte di una famiglia che certo non stravede per la musica il piccolo Miguel e lui non ha altro sogno che diventare chitarrista. Questo il preambolo; e a dire quanto la Pixar guardi allo stesso tempo ad un pubblico di bambini (ma, per carità, senza nessun incubo) e di adulti, ecco che Miguel si ritrova catapultato nel Regno dei Morti a rendere omaggio ai tanti parenti che non sono più attorno a lui. Durata 125 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Come un gatto in tangenziale – Commedia. Regia di Riccardo Milani, con Paola Cortellesi, Antonio Albanese, Claudio Amendola e Sonia Bergamasco. Quando gli opposti si attraggono. Ovvero l’incontro tra Giovanni, intellettuale di sinistra, abitazione nel centro di Roma, tutto quadri e libri, in riunione a Bruxelles a parlare di periferie e di quanto sia opportuna la contaminazione tra l’alto e il basso, e Monica, borgatara di una periferia stracolma di extracomunitari, piena di tatuaggi, dal più che dubbio gusto nel vestire, consorte in perenne debito con la giustizia: incontro che nasce quando i due ragazzini dell’una e dell’altra parte iniziano un filarino che punta deciso al futuro. E se l’incontro portasse l’intellettuale e la borgatara a rivedere le loro antiche posizioni? Durata 98 minuti. (Massaua, Greenwich sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Corpo e anima – Drammatico. Regia di Ildiko Enyedi, con Alexandra Borbély e Géza Morcsànyi. Un film dove si mescolano realtà e sogno, immerso nella cruda realtà quotidiana (pur con qualche momento d’ironia) ancora più acida se si pensa all’ambientazione in un mattatoio. Una coppia “lontana”, lui direttore di quel luogo, lei addetta al controllo qualità, introversi entrambi, chiusa nelle proprie solitudini, scoprono di condividere ogni notte lo stesso sogno, essere una coppia di cervi in un bosco invernale. Orso d’oro all’ultima Berlinale, “Corpo e anima” è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani: “Un film capace di tracciare il racconto della storia d’amore che unisce due solitudini, sospendendolo con lucidità visiva tra la materialità della vita reale e l’impalpabile spiritualità del sentimento”. Durata 116 minuti. (Classico)

 

Ella & John – The Leisure Seeker – Drammatico. Regia di Paolo Virzì, con Donald Sutherland e Helen Mirren. Tratto dal romanzo americano di Michael Zadoorian, con alcune varianti apportate dalla sceneggiatura scritta dallo stesso regista in compagnia di Francesco Piccolo, Francesca Archibugi e Stephen Amidon (a lui già Virzì si rivolse per “Il capitale umano”), è la storia della coppia del titolo, svanito e smemorato ma forte John, fragile ma lucidissima Ella, è il racconto del loro viaggio, dai grattacieli di Boston ai climi di Key West, lungo la Old Route 1, anche per rivisitare con la (poca e povera) memoria il vecchio Hemingway – John è stato un professore di letteratura di successo che ha coltivato con passione lo scrittore del “Vecchio e il mare” -, un viaggio che ha la forma di una conclusiva ribellione ad una famiglia e soprattutto a un destino che ha riservato per lei il cancro all’ultimo stadio e a lui l’abisso dell’Alzheimer. Momenti di felicità e anche di paura in un’America che sembrano non riconoscere più, una storia attuale e un tuffo nella nostalgia (quella che guarda agli anni Settanta), a bordo del loro vecchio camper, mentre corpo e mente se ne vanno. Un’occasione, per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni fino all’ultimo istante. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Groucho, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

Ferdinand – Animazione. Regia di Carlos Saldahna. Non ha mai avuto vita facile il libro dell’americano Munro Leaf da cui oggi nasce questo cartoon di Saldahna (già premiato autore di “Rio” e dell’”Era glaciale”), libro del ’36 su cui franchisti prima e nazisti poi non poco s’accanirono (era, inevitabilmente, nell’animo di Gandhi). La vicenda del toro decisamente pacifista diverte oggi bambini e anche adulti dal cuore pronto a rilassarsi, pronti a simpatizzare con un animale che è destinato a combattere nell’arena ma che al contrario preferisce circondarsi di fiori, fugge da chi gli impone quelle regole, stringe amicizia con una piccola animalista. Lieto fine che s’impone, al fianco del “pericolosissimo” toro altri simpatici personaggi, tra cui da non lasciarsi sfuggire la capra Lupe. Durata106 minuti. (Massaua, Uci)

 

Insidious – L’ultima chiave – Horror. Regia di Adam Robitel, con Kirk Acevedo e Lin Shaye. Il regista continua il proprio viaggio nella paura, con porte cigolanti o che sbattono all’improvviso, occhi sgranati e biancastri, abiti che ballano, vocine tremolanti e piene di terrore, demoni terribili, legami indissolubili tra qui e l’Altrove. Elisa ha il potere di richiamare i morti, per questo viene convocata nel New Mexico da una famiglia che abita la casa che l’ha vista bambina. Reincontrerà tutti i fantasmi del suo passato e proverà a sconfiggerli. Durata 103 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

L’insulto – Drammatico. Regia di Ziad Doueiri, con Adel Karam e Kamel El Basha (Coppa Volpi a Venezia). A Beirut, un incidente tra due uomini, un operaio palestinese che è caposquadra di un cantiere con l’incarico di una ristrutturazione e un meccanico di religione cristiana. Quando costui, Toni, rifiuta di riparare una vecchia grondaia che ha bagnato la testa di Yasser, questi lo insulta, e gli insulti si accompagnano alle percosse, per cui l’incidente finirà in tribunale: situazione aggravata dal fatto che la moglie di Toni ha per lo spavento dato alla luce prematuramente una bambina che lotta tra la vita e la morte. Un caso particolare che adombra un conflitto molto più allargato e mai cessato: come ancora dimostra il processo, dove un padre e una figlia, difensori dell’una e dell’altra parte, esprimono due diverse generazioni e un giudizio diametralmente opposto. Durata 110 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Jumanji – Benvenuti nella giungla – Avventura. Regia di Jake Kasdan, con Dwayne Johnson, Karen Gillan e Jack Black. Un fenomeno che ha più di vent’anni (eravamo nel 1996) e che ricordiamo ancora oggi per il personaggio, Alan Parrish, interpretato dal compianto Robin Williams, attore al culmine del successo dopo la prova in “Mrs. Doubtfire”. Hollywood non dimentica e rispolvera un passato di ottimi botteghini. Messi in punizione nella scuola che frequentano, quattro ragazzi scoprono un vecchio videogame. Una volta dato il via al gioco, essi vengono catapultati all’interno del sorprendente meccanismo, ognuno con il proprio avatar. Assumeranno altre sembianze, entreranno nell’età adulta: ma che succederebbe se la loro missione fallisse e la vita di ognuno finisse intrappolata nel videogame? Durata 119 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Leo da Vinci – Missione Monna Lisa – Animazione. Regia di Sergio Manfio. La giovinezza di un futuro genio, che inizia a sperimentare le sue prime invenzioni, come lo scafandro, con cui raggiungere un tesoro sul fondo del mare di Montecristo e scongiurare il matrimonio dell’innamorata Lisa con il solito pretendente di ricca casata. Ma qualcuno gli darà parecchio filo da torcere, come quei pirati che giocheranno ogni carta pur d’impadronirsi del famoso tesoro. Ma Leonardo è pur sempre Leonardo. Durata 85 minuti. (Massaua, Uci)

 

Morto Stalin se ne fa un altro – Commedia. Regia di Armando Iannucci, con Steve Buscemi, Micael Palin, Olga Kurylenko, Simon Russel Beale. Scozzese di nascita ma napoletanissimo per origini paterne, Iannucci ci ha dato una delle opere più godibili degli ultimi anni, ricca di effetti sulfurei, di una sceneggiatura che supera con facilità la risata fine a se stessa per immergersi nella satira più corrosiva, per graffiare e far sanguinare un mondo ben sistemato sugli altari. Il vecchio castiga ridendo mores, in folclore politico. Ovvero la morte del baffuto Stalin, che ha appena impartito l’ordine che gli sia recapitata la registrazione di un concerto che però registrato non lo è stato. Orchestra, pubblico e pianista dissidente, tutti di nuovo al loro posto. Ma le preoccupazioni sono e saranno ben altre: quella sera stessa, era il 28 febbraio 1953, il dittatore è colpito da un ictus e le varie epurazioni delle vette sanitarie in odore di tradimento fanno sì che le cure non possano arrivare che in ritardo e infruttuose. Cinque giorni dopo, passato lui a miglior vita, può così cominciare l’arrembaggio alla poltrona tanto ambita da quanti tra i collaboratori l’hanno vistosamente sostenuto o tacitamente avversato, a cominciare da un atterrito Malenkov chiamato da un ridicolo Consiglio a reggere le sorti dei popoli. Senza dimenticare, tra il tragico e il ridicolo, le mosse dei tanti Mikoyan, Zukov, Bulganin, Molotov e Berija in atteggiamenti da vero macellaio sino a Nikita Kruscev (un impareggiabile Steve Buscemi, ma ogni personaggio si ritaglia un momento di gloria), astutissimo nel saper raccogliere le tante intenzioni, lotte, sospetti, accuse, sparizioni dei propri colleghi, e capace di afferrare il primo posto. Tutto questo sullo schermo, applaudito al recente TFF, risate e sberleffi come non mai: apprezzato, ma allo stesso temo ti chiedi quanto sia stato giusto cancellare la vena tragica di quelle giornate. E del poi. Durata 106 minuti. (Centrale, anche in V.O.)

 

Napoli velata – Drammatico. Regia di Ferzan Ozpetek, con Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Beppe Barra, Luisa Ranieri, Anna Bonaiuto. In una Napoli piena di ambiguità e di misteri, in bilico tra magia e superstizione, tra follia e razionalità, Adriana, ogni giorno a contatto con il mondo dei non-vivi per la sua professione di anatomopatologa, conosce un uomo, Andrea, con cui trascorre una notte di profonda passione. Si sente finalmente viva ed è felice nel pensare ad un prossimo appuntamento. A cui tuttavia Andrea non verrà: è l’inizio di un’indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre della città e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso. Durata 110 minuti. (Eliseo Rosso, Massimo sala 2, Reposi, Romano sala 1)

 

L’ora più buia – Drammatico. Regia di Joe Wright, con Gary Oldman, Kristin Scott Thomas, Lily James e Ben Mendelsohn. L’acclamato autore di “Espiazione “ e “Anna Karenina” guarda adesso al secondo conflitto mondiale, all’ora decisiva del primo anno di guerra, alla figura del primo ministro inglese Winston Churchill. Nel maggio del ’40, dimessosi Chamberlain e da poco eletto lui alla carica, inviso al partito opposto e neppure in grado di poter contare sui suoi colleghi di partito, mentre le truppe tedesche hanno iniziato a invadere i territori europei, Churchill combatte in una difficile quanto decisiva scelta, se concludere un armistizio con la Germania dopo la repentina caduta della Francia oppure avventurarsi nell’intervento di un conflitto armato. Mentre si prepara l’invasione della Gran Bretagna, si deve pensare alla salvezza del paese, grazie ad una pace anche temporanea, o l’affermazione con una strenua lotta degli ideali di libertà: una delle prime mosse fu il recupero dei soldati intrappolati sulle spiagge di Dunkerque (come già ad inizio stagione ci ha insegnato lo stupendo film di Christopher Nolan). Oldman s’è già visto per il ruolo assegnare un Globe, sta sopravanzando sugli altri papabili per quanto riguarda gli Oscar. Durata 125 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico anche V.O., Lux sala 2, Massimo sala 1, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Poesia senza fine – Biografico. Regia di Alejandro Jodorowsky. A Santiago del Cile, all’inizio degli anni Cinquanta, l’autore della “Montagna incantata”, ventenne, coltiva il desiderio di diventare poeta in opposizione al padre che per lui sogna un futuro di medico. Fermo sulle proprie decisioni, abbandona la famiglia, si rifugia in una comune di improbabili artisti e inizia il viaggio della sua vita. Durata 100 minuti. (Centrale, F.lli Marx sala Harpo)

 

Il ragazzo invisibile – Seconda generazione – Fantasy. Regia di Gabriele Salvatores, con Ludovico Girardello, Valeria Golino, Galatea Bellugi e Xsenia Rappoport. Perseverando all’interno di un filone che pare non appartenere al cinema di casa nostra, l’autore premio Oscar di “Mediterraneo” offre a distanza di tre anni, con la crescita del protagonista, il secondo capitolo di Michele, ancora tra le strade e i cieli di Trieste, ancora nella tristezza per la perdita della madre adottiva e ancora alla ricerca di un qualcosa che gli permetta di conoscere appieno i suoi superpoteri. Entrano in gioco, incontro alla necessità, la conosciuta sorella gemella e la madre naturale, entrambe decise a rapire un cattivassimo magnate russo e costringerlo a liberare altre persone pure esse dotate di quegli stessi poteri, tra le quali lo stesso padre dei ragazzi. Già non eravamo stati del tutto soddisfatti della fase iniziale: e il seguito è messo lì per dirci che dovremmo aspettarci una terza puntata? Durata 96 minuti. (Uci)

 

La ruota delle meraviglie – Drammatico. Regia di Woody Allen, con Kate Winslet, Justin Timberlake, James Belushi e Juno Temple. Inizio anni ’50, pieni di colore nella fotografia di Vittorio Storaro o rivisti in quelli ramati di un tramonto, un affollato parco dei divertimenti a Coney Island, quattro destini che s’incrociano tra grandi sogni, molta noia, paure e piccole speranze senza sbocco. Ginny è una ex attrice che oggi serve ai tavoli, emotivamente instabile, madre di un ragazzino malato di piromania, frequentatore di assurde psicologhe; Humpty è il rozzo marito, giostraio e pescatore con un gruppo di amici, che ha bevuto e che ancora beve troppo, Carolina è la figlia di lui, rampolla di prime nozze, un rapporto interrotto da cinque anni, dopo la fuga di lei con un piccolo ma quantomai sbrigativo gangster che adesso ha mandato due scagnozzi a cercarla per farla stare zitta, ogni mezzo è buono. Rapporto interrotto ma la casa di papà è sempre quella più sicura. E poi c’è il giovane sognatore, Mickey, che arrotonda facendo il bagnino e segue un corso di drammaturgia, mentre stravede per O’Neill e Tennessee Williams, artefice di ogni situazione, pronto a distribuire le carte, facendo innamorare l’ultima Bovary di provincia e poi posando gli occhi sulla ragazza. Forse Allen costruisce ancora una volta e aggroviglia a piacere una storia che è il riverbero di ogni mélo degli autori anche a lui cari, impone una recitazione tutta sopra le righe, enfatizza e finge, pecca come troppe volte nel suo mestiere di regista, non incanta lo spettatore. La (sua) vittima maggiore, che più risente del debole successo è la Winslet di “Titanic”, che pur nella sua nevrotica bravura non riesce (o non può, obbediente alla strada tracciata dall’autore) a calarsi appieno nel personaggio, come in anni recenti aveva fatto la Blanchett in “Blue Jasmine”. Durata 101 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Star Wars: Gli ultimi Jedi – Fantascienza. Regia di Rian Johnson, con Mark Hamill, Daisy Ridley, Carrie Fisher, Laura Dern, Benicio del Toro e Adam Driver. Luke Skywalker si è ritirato in un esilio volontario, in un nascondiglio segreto ai limiti del pianeta sperduto. La giovane Rey ha bisogno del suo aiuto, nell’incontrarlo gli donerà la vecchia spada laser appartenuta alla sua famiglia. Vecchi e nuovi personaggi, ultima apparizione della Fisher, indimenticabile principessa Leia, ad un anno esatto dalla scomparsa. Immancabile per il pubblico che da sempre segue la saga. Durata 152 minuti. (Ideal, Uci)

 

The midnight man – Horror. Regia di Travis Zariwny, con Robert Englund, Summer Howell, Emily Haine e Michael Sirow. In una vecchia casa, la giovane Alexandra cura la nonna malata ed è presa dalla curiosità quando scopre nella soffitta un gioco racchiuso in una scatola, un foglio ne spiega le regole: se i giocatori (la ragazza non è sola) le seguiranno, apparirà “l’uomo di mezzanotte” capace di trasformare in realtà gli incubi più spaventosi. Se vorranno salvarsi, dovranno sfuggirgli – a lui, in grado di trasformarsi in nube nera come in qualsiasi altra sembianza – tra lo scoccare della mezzanotte e le 3 e 33 minuti. Durata 95 minuti. (The Space, Uci)

 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri – Drammatico. Regia di Martin McDonagh, con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish e Lucas Hedges. Da sette mesi le ricerche e le indagini sulla morte della giovane Angela, violentata e ammazzata, non hanno dato sviluppi né certezze ed ecco che allora la madre Mildred compie una mossa coraggiosa, affitta sulla strada che porta a Ebbing, tre cartelloni pubblicitari con altrettanti messaggi di domanda accusatoria e di “incitamento” diretti a William Willoughby, il venerato capo della polizia, onesto e vulnerabile, malato di cancro. Coinvolgendo in seguito nella sua lotta anche il vicesceriffo Dixon, uomo immaturo dal comportamento violento e aggressivo, la donna finisce con l’essere un pericolo per l’intera comunità, mal sopportata, quella che da vittima si trasforma velocemente in minaccia: ogni cosa essendo immersa nella descrizione di una provincia americana che coltiva il razzismo, grumi di violenza e corruzione. Da parte di molti “Tre manifesti” è già stato giudicato come il miglior film dell’anno, i quattro recenti Golden Globe spianano la strada verso gli Oscar. Durata 132 minuti. (Ambrosio sala 1, Eliseo Grande, Greenwich sala 2, Uci)

 

Tutti i soldi del mondo – Drammatico. Regia di Ridley Scott, con Mark Wahlberg, Michelle Williams, Charles Plummer e Chistopher Plummer. Il film già celebre ancora prima di uscire sugli schermi: per la velocità con cui il regista ha ricompattato set e troupe per tirare ex novo le scene in cui compare il vecchio e arcigno Paul Getty che ha lasciato i tratti di Kevin Spacey straccusato di molestie sessuali da mezza Hollywood di stampo maschile per acquistare quello altrettanto marmorei e forse più puliti di Plummer, che in quattro e quattr’otto s’è candidato ai Globe. Cambio di casacca per narrare del rapimento del rampollo Getty (per cui il nonno, l’uomo più ricco del mondo, non avrebbe messo a disposizione un solo penny, la prima richiesta fu di 17 milioni di dollari, avendone altri 14 di nipoti chissà come sarebbe stato per lui il futuro!) nel luglio del 1973 – era il tempo dei figli dei fiori, dell’amore libero e della droga a gogò – ad opera dell’ndrangheta. La parte dell’eroe positivo va alla madre del ragazzo che lotta con ogni mezzo per la sua libertà mentre il negoziatore con i delinquenti è il paratone Wahlberg. Durata 132 minuti. (Romano sala 3, Uci)

 

Un sacchetto di biglie – Drammatico. Regia di Christian Duguay, con Dorian Le Clech, Batyste Fleurial e Christian Clavier. Joseph e Maurice hanno rispettivamente dieci e dodici anni, la loro famiglia è ebrea, abitano a Parigi. Quando la pressione delle persecuzioni diventa insostenibile, i genitori decidono di mandarli al sud, nella Francia libera, perché raggiungano i fratelli. Non è soltanto un viaggio attraverso il paese occupato, è anche un percorso per una crescita interiore. Incontri, difficoltà di ogni genere, sorprese inaspettate, il quotidiano aiuto reciproco per sfuggire alle truppe di occupazione, l’ingegno e il coraggio per sfuggire al nemico e ricongiungersi con la famiglia. Durata 110 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3, The Space, Uci)

 

Il vegetale – Commedia. Regia di Gennaro Nunziante, con Fabio Rovazzi, Luca Zingaretti e Ninni

Bruschetta. Fabio è laureato in scienze della comunicazione e all’improvviso si ritrova a gestire la società paterna, cresciuta a suon di malaffare. Lui è forte della propria onestà, lascia Milano e se ne va al sud, in cerca d’aria nuova: finirà a raccogliere frutta agli ordini di un caporale di colore, unico bianco in mezzo a cento immigrati. Dovrà tenere a bada una sorellina pestifera che per lui non ha nessuna considerazione, ma in compenso troverà anche una maestrina dal cuore tenero. Durata 90 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Wonder – Drammatico. Regia di Stephen Chbosky, con Julia Roberts, Owen Wilson e Jacob Tremblay. Auggie è un bambino di dieci anni, una malformazione cranio facciale ha fatto sì che non abbia mai frequentato la scuola. Quando i genitori prendono la decisione che è venuta davvero l’ora di affrontare il mondo degli altri, per il ragazzino non sarà facile. Al tavolo di Auggie, in refettorio, nessuno prende posto, un gruppetto di compagni continua a divertirsi a prendere in giro il suo aspetto. Poi qualcuno comunicherà ad apprezzarlo e ad avvicinarsi a lui. Durata 113 minuti. (Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Reposi, The Space, Uci)

 

Lo sterminio dimenticato

Alle 11.00 di domenica 28 gennaio la Fondazione Merz  ( via Limone 24 a Torino ) ospiterà il concerto ”Lo sterminio dimenticato – Matinée Musicale”. L’evento è a cura del Coordinamento Torino Pride GLBT in collaborazione con il Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio Regionale del Piemonte e la Fondazione Merz. Verrà proposta l’esecuzione integrale del “Quatuor pour la fin du temps” di Olivier Messiaen”, la struggente composizione concepita dal musicista francese durante la permanenza nel campo di concentramento Stalag VIII-A di Görlitz, al confine Sud-Ovest della Polonia. La matinée musicale presso la Fondazione Merz, sarà un momento di grande emozione, considerato che Il Quatuor pour la fin du Temps (o, in italiano, Quartetto per la fine del Tempo) è considerato uno dei più alti esempi di musica cameristica del ventesimo secolo, eseguita per la prima volta in prigionia nel campo di concentramento di Görlitz e, quindi, fortemente simbolica.

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Ingresso libero con prenotazione gradita

info: segreteria@torinopride.it

Va in scena il Multispettacolo


Venerdì 19 gennaio 2018 alle ore 21 Hub multiculturale Cecchi Point, via Cecchi 17, Torino
Ingresso gratuito, offerta libera

 

“Immergersi in Multispettacolo è come andare a fondo in un oceano di cui non conosciamo la profondità.  Ma almeno questo ve lo possiamo assicurare: è un’esperienza terribilmente divertente”.


Multispettacolo è la prima performance teatrale interamente pensata e creata dai ragazzi e dalle ragazze della Compagnia di Palazzo, un gruppo di attori e attrici amatoriali nato all’interno del progetto YEPP Porta Palazzo della Compagnia di San Paolo. I giovani vanno dai 22 ai 26 anni e da ormai 3 anni lavorano sul territorio di Porta Palazzo, anche se alcuni di loro sono compagni e compagne di viaggio e di teatro dai tempi del liceo. Grazie al progetto YEPP Porta Palazzo, la Compagnia di Palazzo ha avuto la possibilità di mettere in scena uno spettacolo pensato dal gruppo in ogni dettaglio, dalla scelta del testo alla regia, dalla scansione delle prove ai costumi, intraprendendo così un percorso di crescita sia attoriale che personale.

LOCANDINA DELLO SPETTACOLO
Salone delle Arti, Hub multiculturale Cecchi Point – via Antonio Cecchi 17, Torino
Venerdì 19 gennaio 2018, ore 21 – Durata 1h
Multispettacolo
Regia e adattamento del testo a cura di Niccolò Cappello
Con: Matteo Allasia, Irene Caroppo, Claudio Errico, Serena Miceli, Alberto Vendittelli
COMPAGNIA PALAZZO

La rabbia di una madre e il ritratto aspro della provincia americana

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Può essere una piccola città insignificante, ordinata e tranquilla all’apparenza, Ebbing nel Missouri. In quell’angolo di provincia americana esplode tuttavia la rabbia di Mildred Hayes, coriacea e solitaria, nel ricordo di una figlia stuprata e uccisa sette mesi prima, un assassinio di cui la polizia locale non ha ancora rintracciato il responsabile. Non si sono trovati indizi, il corpo bruciato non ne ha lasciato traccia, chi ha ucciso, locale o venuto da fuori, è scomparso per sempre, non ci sono stati dei fermi, le indagini sono state condotte con negligenza, il tempo è passato e le vite dello sceriffo Willoughby (un Woody Harrelson crepuscolare, che non ti aspetteresti) e del suo vice Dixon non hanno avuto sussulti. La donna prende allora in affitto tre grandi spazi pubblicitari, inutilizzati da tempo, sulla strada fuori del paese e di là manda ai due chiari messaggi di incompetenza e di memento per quanto è successo a sua figlia.

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Ma lungo quelle strade, tra quelle case, nel bar sovraffollato dove serpeggiano quietamente tracce di razzismo, di sfacciata imposizione della legge, a tratti di fragorosa violenza, certo non tutti appoggiano i mezzi anche sbrigativi di Mildred. Tre cartelloni a Ebbing, Missouri, scritto e diretto da Martin McDonagh (è il suo terzo film, in precedenza all’attivo l’applauditissimo In Bruges e 7 psicopatici), un successo nato all’ultima mostra di Venezia, proseguito con quattro vittorie ai recenti Golden Globe e crediamo ben incamminato nella corsa verso gli Oscar, non è soltanto il ritratto di una donna con il cuore carico di ferite e della sua ricerca personale e senza quel politically correct sbandierato che la conduce ad affrontare tutti quanti a muso duro, a dire pane al pane durante certe riprese televisive o a tener testa a possibili intrusi o a decidere di arrivare a incendiare la stazione di polizia: è pure la fotografia essenziale di esistenze e di una cultura con tutte le sue contraddizioni, dei toni forti del profondo sud, delle tinte scure e di quelle chiare che avranno tempo ad addolcirsi e a confondersi.

McDonagh rivela appieno le proprie radici teatrali (nel corso della sua carriera teatrale s’è guadagnato tre Laurence Olivier Award ed è stato candidato per ben quattro volte al Tony Award), mostra il piacere e la forza della sua scrittura, negli sviluppi improvvisi e mai vuoti della sceneggiatura come nel più piccolo personaggio o particolare, intervallando la storia con eccellenti colpi di scena, dando spazio alle zone comiche, quasi surreali e impensate (è un piccolo capolavoro di sfaccettature il personaggio del vice disegnato da Sam Rockwell, insicuro e immaturo, con la sua anima di violento e di bambinone ancora attaccato alle volontà della madre: a lui spetta nel finale la completezza o meno della vendetta) come al dramma, con eguale convincimento, incastra con esemplare semplicità i cambiamenti di registro, si sposta dal sorriso al dolore con la perfezione del grande scrittore.

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Ogni tassello si distende piacevolmente e non prevarica nella frettolosità il successivo, il mutamento di Dixon avviene per il divertimento dello spettatore attento. Dandoci alla fine quello che in questa prima parte di una stagione disattenta e povera ci pare il film più significativo, concreto nell’entrarti nell’anima e nella pancia e sinceramente consigliabile: esempio ancora una volta di una cinematografia d’oltreoceano che guarda a quanto c’è di discutibile e di chiaroscuro nell’intimo del proprio interno (tra qualche giorno arriverà anche Spielberg con i suoi Pentagon Papers, i mea culpa del Vietnam), che non ha paura di confrontarsi, di guardare il presente come di girarsi colpevolmente indietro, che maneggia la propria Storia con una asprezza di risultati che pochi altri oggi possono vantare. Qui taciamo di noi, e non per la semplicistica erba del vicino sempre più verde, che tutt’al più camuffiamo i problemi di casa nostra dietro la risata, grassa e a tratti sconcertante, priva ormai in modo definitivo di quella critica corrosiva che in altro tempo ci aveva posto su ben più alti livelli.

Gatto Panceri, “assaggio radiofonico”

Il brano in programmazione spontanea nelle radio da Venerdì 19 Gennaio 

Gatto Panceri è vivo”, come egli stesso ama dire, “sono un vulcano di energia più in forma che mai”.

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Il noto cantautore lombardo è tra i massimi hitmakers della musica italiana: con la sola ‘Vivo per lei’ portata al successo dal binomio Andrea Bocelli-Giorgia ha venduto oltre 43 milioni di copie nel mondo ed è autore anche di successi per Mina, Mietta, Gianni Morandi, Fausto Leali, Massimo Ranieri, Riccardo Fogli e molti altri. Dopo aver fatto parlare ultimamente di sé anche per via di un drastico e convincente total look (completamente rasato, stile inglese, pare persino ringiovanito di 10 anni) torna ora a bussare, a partire da venerdì 19 Gennaio alla scena radiofonica con il rifacimento di uno dei suoi brani del passato più di successo Un qualunque posto fuori o dentro di te proposta in una versione targata 2018. Il brano in oggetto è un gustoso apripista del nuovo album ‘Pelle d’oca e lividi’, il cui primo singolo inedito è previsto in radio entro la metà del prossimo aprile in contemporanea all’uscita dell’intero cd (l’11° in carriera, come cantautore).

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Considero ‘Un qualunque posto fuori o dentro di te’ un cadeau per la gente che mi segue dagli esordi e anche per le radio amiche. Nel 1992, dopo il mio debutto ufficiale a Sanremo con ‘L’amore va oltre’, questa canzone incontrò il favore spontaneo delle emittenti che iniziarono, di sorpresa, a programmarlo volentieri nelle proprie play-list, nonostante i miei discografici avessero proposto alle radio come secondo singolo un altro brano”, ricorda Gatto Panceri. A quel tempo, gli speakers, amavano ascoltare interamente gli album: e potevano altresì permettersi di scegliere, a proprio gusto, le canzoni da programmare, come in questo caso, decretandone il successo”. Dal sound intenso e avvolgente di questo primo assaggio si intuiscono i nuovi mondi musicali di cui sono pregne anche le altre 18 canzoni inedite che compongono il prossimo album. Musicalmente, come al solito, il nuovo lavoro è di pregiata fattura, con testi sempre di spessore e una vocalità addirittura migliorata col passare degli anni. Pelle d’oca e lividi’ è un racconto intenso di ben 19 tracce, numeri da cd doppio che sarà però venduto al prezzo di uno.

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“Ho consegnato a chi lavora nelle radio questa felice anticipazione: lasciando così di fatto, oggi proprio come allora, a loro ogni completa e assoluta libertà di suonarlo, se vogliono”, dichiara sereno il cantautore. Per la prima volta in un mio brano ho suonato – tutti, ma proprio tutti – gli strumenti che compongono l’arrangiamento. Anche degli altri pezzi del nuovo cd sono autore, compositore, arrangiatore, produttore artistico, produttore esecutivo e anche Editore: infatti da poco ho aperto anche la mia edizione musicale, che si chiama ‘Vivo per Lei’. Per i mixaggi ringrazio di cuore il prezioso Roberto Guarino, e i consigli di Patrick Dijvas, il bassista della PFM che nel ‘92, di ‘Un qualunque posto fuori e dentro di te’, produsse e arrangiò la versione originale“. Conclude così Gatto Panceri: “Le emozioni che restano, quelle che scaldano il cuore, non hanno prezzo. Questa volta più che mai non ho badato a spese fisiche e economiche per fermare al meglio il tutto nel mio nuovo cd. Le canzoni che valgono richiedono tempo e dedizione, specialmente se ambiscono a essere eterne. Per questo ho lavorato quattro anni per realizzare, proprio come lo sognavo, il mio undicesimo album. Un grazie sincero in anticipo a tutti coloro che vorranno darmi una mano preziosa a divulgare le mie nuove proposte musicali, a partire da questo assaggio che vi ho spedito in anteprima“. ‘Pelle d’oca e lividi’: il viaggio parte da qui.

 

La torpediniera che affondò nella tempesta sul lago Maggiore

“Pattuglia senza ritorno” è un racconto storico di Elio Motella che si legge tutto d’un fiato, proponendo  – nel quadro di una ben congegnata storia d’amore tra la maestra elementare Assunta Pedroli e il fuochista di Marina Matteo Ferrari – uno dei misteri ancora insoluti del lago Maggiore: quello del naufragio della “Locusta. La narrazione è costruita attorno a questo tragico evento realmente accaduto nella parte alta del lago Maggiore, quasi al confine tra le acque italiane e quelle svizzere, in una gelida notte d’inverno di fine ‘800.  Mescolando realtà e finzione, l’autore tratteggia la vita sulla sponda occidentale del Verbano tra il 1893 al 1896, dove i protagonisti sono i marinai e i militari della Guardia di Finanza del locale distaccamento, addetti al controllo lacuale con le torpediniere, gli “sfrusitt” ( i contrabbandieri) che sfidavano leggi e autorità dedicandosi – tra fatiche e mille peripezie – al contrabbando, considerato a quel tempo una delle poche risorse per la sopravvivenza degli abitanti del lago, la gente e i luoghi della sponda piemontese tra Cannobio e Pallanza. Le rare foto d’epoca, a corredo degli avvenimenti, rendono bene l’atmosfera dell’epoca in quella terra di frontiera. Ma veniamo alla storia della “Locusta”, la torpediniera della “Regia Finanza” che affondò la notte tra l’8 ed il 9 gennaio 1896 dopo esser salpata dalla base di Cannobio per un normale servizio di pattugliamento sul Lago Maggiore. L’ unità, classificata come “torpediniera costiera di quarta classe” (lunga 19,20 metri, capace di una velocità di 17 nodi e dotata di un cannone a ripetizione “Nordenfeldt” )  figurava tra quelle acquistate dalla Regia Marina nei cantieri Thornycroft di Londra nel 1883, per essere imbarcata su navi da battaglia. All’atto pratico si dimostrò inadatta  all’impiego bellico e quindi  fu dislocata sul lago Maggiore, affidata alla “finanza” per essere adibita alla vigilanza doganale sul confine con la Svizzera. Cosa accadde quella notte, è rimasto un mistero, come se la torpediniera fosse sparita in una sorta di “buco nero”. Dalle cronache dell’epoca si evince che era salpata da Cannobio in direzione di Maccagno, sulla sponda lombarda, e il tempo risultava buono: “cielo sereno e lago calmo, con una fredda brezza spirante da nord dalla vicina Svizzera”. L’equipaggio era al completo. Erano in dodici, a bordo: otto marinai della Regia Marina e quattro guardie di finanza. Stando sempre alla cronaca, alla partenza, si trovavano a bordo anche il tenente dei “canarini”, comandante del reparto di confine, e un elettricista, che però sbarcarono poco dopo sulla linea confinaria , al valico di Piaggio Valmara, per effettuare una ispezione a terra. Durante la navigazione notturna sul lago, all’improvviso, il tempo volse al brutto: si alzò un vento impetuoso con raffiche di tramontana e, subito dopo la mezzanotte,si scatenò una furiosa tempesta. Le acque si agitarono, le correnti diventarono impetuose, i lampi squarciarono il cielo gonfio di nubi nere. La “Locusta”, sorpresa dall’improvvisa burrasca, dovette mutar rotta ,dirigendosi verso la vicina Punta Cavalla sulla riva lombarda del lago, per cercare riparo alla violenza della tramontana. Il riflettore della torpediniera venne avvistato da Cannobio per l’ultima volta poco dopo la mezzanotte del 9 gennaio 1896. Poi il buio e più nulla.Non ricevendo risposta ai ripetuti segnali di richiamo lanciati da terra, venne subito fatta uscire la torpediniera-gemella – la “21T Zanzara”- per le ricerche immediate e il soccorso ai naufraghi, ma nonostante la lunga e minuziosa perlustrazione su tutto lo specchio d’acqua tra Cannobio e Cannero ( sulla sponda piemontese), Maccagno e Pino ( su quella lombarda), non venne rinvenuta traccia alcuna di superstiti o di relitti. Il lago si era letteralmente“inghiottito” l’unità navale con tutto l’equipaggio di bordo. I dodici militari risultarono così“dispersi in servizio, nell’adempimento del dovere”. Cosa accadde alla “Locusta”, quella notte, fu oggetto di molte ipotesiForse il natante venne “rovesciato da una raffica impetuosa” e le acque si rinchiusero sull’equipaggio “rifugiatosi sotto coperta per ripararsi dalla burrasca, tranne il capo-timoniere comandante, bloccato anch’esso, ma nella cabina di governo”. Non si poteva neppure escludere che “in quel momento fatale, furono i portelli aperti dell’osteriggio di macchina, a determinare l’allagamento dei locali di bordo”. E come non prendere in considerazione l’eventualità di “ una esplosione delle caldaie esterne, dovuta a un’onda improvvisa”. Supposizioni a parte, resta il fatto che tutte le ricerche e anche l’inchiesta che venne aperta non diedero alcun risultatoAnche i vari tentativi intrapresi nel tempo, basati sulla ricostruzione della rotta e delle posizioni indicate dalle cronache dell’epoca, si sono conclusi senza fortuna e nessun successo. Qausi un secolo dopo, negli anni ’80,  il relitto era stato oggetto di due ricerche: dapprima con il batiscafo dell’esploratore e ingegnere svizzero Jacques Piccard, poi con l’intervento di un’unità della marina militare italiana, guidata da un ammiraglio, con l’intento di recuperare  almeno il natante per esporlo al museo nazionale di Ostia, in quanto unico esemplare rimasto della serie di torpediniere costruite all’epoca. Ma, come già detto, ambedue le immersioni diedero esito negativo poiché il fondale del lago è coperto da grandi depositi di terra e di melma. E anche gli ultimi tentativi non hanno sortito alcunché.  A memoria dei dodici dell’equipaggio della “Locusta” resta il monumento ( un timone sorretto da putrelle di ferro sopra un blocco di pietra con i nomi delle vittime), realizzato  sul Poggio delle Regie Torpediniere, nei pressi del porto militare della Guardia di Finanza a Cannobio. Elio Motella, docente di matematica in pensione, con il suo “Pattuglia senza ritorno”, ha avuto il merito di riportare all’attenzione del pubblico questa vicenda. E di farlo con un libro davvero ben costruito e ancor meglio scritto.

Marco Travaglini