CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 510

A Elena Mantello il Premio Alessandro Marena 2019

L’artista si aggiudica la terza edizione del riconoscimento legato al progetto “The Upcoming Art”,  mostra di opere realizzate dagli studenti provenienti dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino

L’opera vincitrice, un’installazione di piastrelle di pietre differenti su cui sono  scolpiti i chilometri di distanza  dall’origine del materiale, l’Africa,  evidenzia la forte volontà di far comunicare la cultura occidentale con le culture altre

Menzione speciale a Agnese Falcarin e Erica Suzzarellu. Lo sponsor Be drink sceglie Giuseppe Mulas e Marco Poma  per la creazione di un nuovo packaging

 Si è conclusa con l’assegnazione del Premio Alessandro Marena la terza edizione del progetto The Upcoming Art proposto dall’Associazione Alessandro Marena e inaugurato lo scorso 30 ottobre all’Auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.

La preferenza unanime della giuria, presieduta dalla direttrice di Artissima Ilaria Bonacossa, è andata all’opera 45°04’N 7°42’E dell’artista Elena Mantello, con questa motivazione: “per aver – attraverso un linguaggio di origine minimale e poverista – aperto una riflessione sul tema delle migrazioni e della politica economica e geopolitica contemporanea, con un’installazione di impatto immediato”.

L’opera 45°04’N 7°42’E è una composizione modulare dove ogni sezione corrisponde a un’area della cartina geografica dell’Africa. Piastrelle di pietre differenti hanno scolpiti i chilometri di distanza dall’origine del materiale, quindi dal Continente Nero a Torino. Tra gli obiettivi dell’installazione c’è quello di spingere l’osservatore a non fermarsi alle apparenze: se da un lato si sono abbattute le barriere geografiche per dar la possibilità di transitare qualsiasi risorsa da un capo all’altro del mondo, dall’altro nessuno si preoccupa di come essa viene prodotta o prelevata. I materiali utilizzati nell’installazione sono pezzi di scarto e il loro continuo reperimento caratterizza una ricerca in fieri.

Elena Mantello, 26 anni, di Savona, vive e studia a Torino. Laureata a luglio 2019 in scultura presso l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, ha sviluppato le sue conoscenze tecniche attraverso la sperimentazione di vari materiali, dai più tradizionali, come ceramica, gesso, marmo e bronzo ai più contemporanei quali resine e gomme.

Ho molto apprezzato la qualità dell’interazione tra giuria e artisti – ha sottolineato Franca Pastore Marena, fondatrice dell’Associazione Alessandro Marena – e sono molto contenta di aver potuto offrire a questi giovani talenti un’opportunità non solo di esposizione, ma anche di formazione e crescita all’inizio del loro percorso nel sistema dell’arte”.

Il premio consiste nella somma di 2.000€ che la vincitrice potrà investire nel proseguimento della propria formazione artistica. L’opera scelta viene ascritta alla Collezione dell’Associazione che ne dispone per il prosieguo dell’attività espositiva.

Una menzione speciale è stata inoltre assegnata ad Agnese Falcarin e Erica Suzzarellu che hanno presentato il video Ballad Of The Soldier’s Wife apprezzato “per la raffinata elaborazione e l’originale sintesi tra eredità del 900 e contemporaneità”. Un’edizione del Premio Alessandro Marena che quest’anno ha quindi fortemente valorizzato l’arte al femminile.

Prima della proclamazione, gli studenti hanno avuto l’opportunità di ricevere pareri e consigli da parte della giuria composta da Franca Pastore Marena, gallerista e fondatrice dell’Associazione, Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, Salvo Bitonti, direttore dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, il coordinatore del programma di arti visive di Combo Bruno Barsanti, l’artista Franko B e Francesca Referza, direttrice di Quartz Studio, spazio no-profit per l’arte contemporanea di Torino.

L’azienda Be drink, tra gli sponsor della mostra, ha selezionato Giuseppe Mulas e Marco Poma per l’ideazione del packaging 2020 dei loro liquori Squibb e Bitchin.

La mostra è stata realizzata con il sostegno della Fondazione CRT.

RealEYES 2019, arte e vogli di vivere

Mostra benefica per la ricerca scientifica

14-25 novembre ore 10-18

Inaugurazione all’auditorium Vivaldi il 14 novembre ore 16,30

Una straordinaria mostra di opere pittoriche ispirate alla voglia di vivere, alla curiosità e ai sogni, al desiderio di sperimentare per aiutare la ricerca scientifica per sconfiggere la leucemia acuta che a 14 anni ha portato via alla famiglia ed ai suoi sogni di vita Francesca Martini.

Per saperne di più sulla ricerca scientifica in corso sulle “cellule di Francesca”, il convegno informativo e l’inaugurazione della mostra, Giovedì 14 novembre ore 16,30 all’auditorium Vivaldi di piazza Carlo Alberto 5/A

L’isola del libro. Speciale Downton Abbey

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Si dice “Downton Abbey“ e si traduce “successo assicurato”. Basta vedere le sale in cui è proiettato il film ispirato all’omonima serie tv firmata da Jiulian Fellows (Premio Oscar migliore sceneggiatura per “Gosford Park” e autore anche del libro “Snob” del 2005). Dopo 6  felici  stagioni della fiction che ha inanellato premi importanti (3 Golden Globe 15 Emmy), ora ritroviamo l’aristocratica famiglia Crawley sul grande schermo. Siamo nel 1927, in affanno per l’arrivo dei sovrani, con inevitabile ansia e scompiglio a tutti i livelli della dimora. Il regista Michael Engler ha girato il film nell’Highclere Castle e ci fa tornare indietro all’epoca di spettacolari magioni, privilegi nobiliari, stuoli di servitori. Una ricostruzione raffinata e sfarzosa, scenari da favola, in cui recitano gli stessi attori che ci hanno incantati alla tv con tutta la loro bravura. Ma quello fu anche un periodo di grandi cambiamenti politici, economici e sociali. Allora perché non approfondire leggendo i libri che stanno dietro allo schermo? Ecco qualche spunto.

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Fiona Carnarvon  “Lady Almina e la vera storia di Downton Abbey”  -Vallardi-  (2013)  euro 15,90

Il libro è stato scritto da Lady Fiona, 8° contessa di Carnarvon che ha sposato l’erede della casata, Geordie. Diventata la custode del maniero ha colto il fascino del luogo e soprattutto della storia dell’antenata Lady Almina, 5° contessa di Carnarvon. Dopo approfondite ricerche in archivi e documenti di famiglia ha scritto questa bellissima biografia romanzata che è molte cose. Romanzo storico, di costume, scenario di glorie e drammi familiari, appassionante lettura che ci conduce nei fasti di un’epoca ormai tramontata.

Lady Almina era figlia illegittima di Alfred de Rothchild, uno degli uomini più ricchi al mondo, che non la riconobbe mai legalmente; ma l’adorò, viziandola e foraggiandola economicamente.

La sua posizione sociale un po’equivoca fu ampiamente superata dal patrimonio ereditato dal padre. E la sua dote allettò George Edward, 5° conte di Carnarvon, personaggio di spicco della nobiltà inglese. Uomo dalle passioni eclettiche –leggere, conoscere le nuove tecnologie, viaggiare- e, come molti blasonati dell’epoca, proprietario di spettacolari tenute, ma scarso di liquidità e gravato dalle tasse. A 19 anni Almina lo sposa con una sontuosa cerimonia.

George, passerà alla storia per aver scoperto, insieme a Howard Carter, la tomba di Tutankhamon e, certo, l’eredità della moglie gli consentì di condurre le sue dispendiose campagne archeologiche in Egitto, di rimettere in sesto il castello di Highclere, nonché di saldare molti debiti. Fu un matrimonio felice e Almina una moglie esemplare. Bravissima nell’organizzare lussuose feste, ricevere nobili e principi, ma soprattutto eccezionale nel dedicarsi agli altri. Aveva l’animo da  infermiera e durante la prima Guerra Mondiale trasformò il castello in un ospedale in cui i feriti venivano curati da medici provetti e trovavano, a volte salvezza, sempre, comunque, conforto e dedizione. Quando il marito si ammalò misteriosamente poco dopo aver scoperto il sepolcro del giovane faraone nella Valle dei Re (dando adito alla teoria della maledizione verso chi disturbava il loro sonno eterno) lei corse al suo capezzale e lo curò amorevolmente fino alla fine. Lord Carnarvon morì a soli 57 anni, nel 1923, poco dopo la sua scoperta: probabilmente per  un morso di zanzara infettatosi e sfociato in setticemia. Almina ne riportò la salma in patria, poi inseguì il suo sogno di creare un ospedale. Ci riuscì nel 1927 e lo chiamò Alfred House, in onore dell’amato padre, che aveva reso possibile la sua vita straordinaria.

Ad Almina si ispira in parte il personaggio di Cora della fiction.

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Margaret Powell  “Ai pani bassi”  -Einaudi-  (2012)  euro 16,50

Lo stesso mondo scintillante dei nobili e delle loro immense mansion, qui viene raccontato partendo dal basso. E’ uno spaccato della vita dello stuolo di servitori che rendevano funzionante al millimetro la gestione  della casa. L’autrice Margaret Powell, nata nel 1907 a Hove in Inghilterra (morta nel 1984) iniziò a lavorare a soli 14 anni nella lavanderia di un albergo. Poi fu assunta come aiuto-cuoca in una ricca casa  londinese. Il successo delle padrone di casa dipendeva dall’esercito di persone che lavoravano per loro. Castelli e grandi tenute richiedevano decine e decine di servitori le cui varie mansioni erano rigorosamente incasellate in una rigida gerarchia. Strategici erano il maggiordomo e la governante che organizzavano e dirigevano il lavoro di cameriere, sguattere e dipendenti di sesso maschile, la cui importanza scalava in base all’anzianità.

Il lavoro era mastodontico all’epoca in cui i signori si cambiavano 4 o più volte al giorno, ospitavano continuamente altri nobili di riguardo e membri della corona, pranzi e cene consistevano in raffinate ed elaborate portate, argenti e porcellane andavano continuamente puliti, e l’acqua per il bagno dei signori veniva portata in appositi secchi su per i piani…..Perché tutto questo funzionasse  come un meccanismo ben oliato la servitù era essenziale.

E nel libro emerge anche il rapporto di reciproco rispetto che negli anni 30 legava a stretta mandata padroni di casa e personale di servizio.

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Jessica Fellowes  “ Il mondo di Downton Abbey. Dietro le quinte della serie tv”   -Rizzoli- (2012)  -euro 21,90

Più che raccontarle, queste pagine occorre sfogliarle beandovi delle immagini che avete visto nella serie tv, di cui è il libro ufficiale. La Fellows raccoglie scene, arredi, sontuosità, segreti, drammi e passioni delle prime due stagioni della fiction. Ed ecco raccolte in 300 pagine le riprese più belle, i costumi nei loro particolari, pettinature, gioielli, toilette delle signore… e tanto altro. Una full immersion in Dowton Abbey. La casa, la tenuta, la vita domestica, gli appuntamenti in società, le questioni di etichetta, destini  e mansioni della servitù, amori e passioni, la Grande guerra e i dietro le quinte.

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Emma Marriot  “Downton Abbey: the official film companion” –Headline- euro 29,64

Il libro è in inglese ma fruibile da tutti perché a farla da padroni sono soprattutto le immagini ufficiali del film. Siamo nel 1927, una lettera con le insegne reali annuncia a Lord e Lady Grantham che Re GiorgioV e la Regina Mary visiteranno lo Yorkshire e si tratterranno a Dawton Abbey per un giorno e una notte. Arriveranno a bordo della loro Daimler e con il nutrito seguito reale di servitori. Facile immaginare lo scompiglio a tutti i livelli della nobile dimora. Nulla può essere affidato al caso o andare storto, nessun minimo dettaglio va trascurato. Un vortice di ansia alleggia sui preparativi. Persino lo storico maggiordomo Carson, ormai in pensione, viene richiamato in servizio; mentre vecchie rivalità tra la servitù tornano a galla e stanno per scatenarsene di nuove con  l’arrivo dei domestici dei sovrani. Solo l’anziana, impermeabile e indistruttibile Lady Violet (interpretata, come nella fiction, da una strepitosa Maggie Smith) vivrà con la sua solita sorniona calma e indomita saggezza anche questa gloriosa pagina della sua esistenza.

Nel libro troverete foto magnifiche della produzione, interviste con il cast, dietro le quinte delle scene, immagini della fastosa scenografia, dagli esterni ricostruiti ai sfarzosi saloni in cui i sovrani faranno il loro ingresso.

 

 

 

Rock Jazz e dintorni. James Senese e Paola Turci

GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA

 

 

Lunedì.  Al teatro Alessandrino di Alessandria canta Francesco Renga.

Martedì. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Micah P. Hinson. Al Teatro Colosseo è di scena Paola Turci (foto). Al Blah Blah suona il quartetto Weed.

Mercoledì. All’Arteficio  si esibisce il chitarrista blues Steve Hill.  Al Blah Blah suonano i Fleshtones. All’OffTopic si esibisce Francesco Di Bella.  All’Odeon di Biella la PFM rende il tributo a De Andrè. Per “Moncalieri Jazz” al Jazz Club, suona il trio di Alessandro Chiappetta, Diego Mascherpa e Saverio Miele, e il quartetto del sassofonista Venanzio Venditti.

Giovedì. Al Jazz Club suonano i Maisemat. All’Hiroshima si esibisce il rapper Ensi. Al Magazzino sul Po si esibiscono gli Anna Ox. Alle Fonderie Limone per “Moncalieri Jazz”, suonano gli Area Open Project e Arti e Mestieri.

Venerdì. Allo Spazio 211 sono di scena i Ronin. All’Hiroshima si esibisce la cover band dei parigini Nouvelle Vague. Alle Fonderie Limone per “Moncalieri Jazz”, suonano i Quintorigo. Al Folk Club è di scena il percussionista Tète Da Silveira  con i Next Quartet.  Al Linc di Cuorgnè si esibisce il bluesman Francesco Piu. All’OffTopic canta la vocalist Awwa Fall. Al Magazzino sul Po suonano i Botanici mentre Evil knievel  e Graziano Romani , sono di scena rispettivamente  al Blah Blah e al Cafè Neruda.

Sabato. Conclusione di “Moncalieri Jazz” alle Fonderie Limone, con l’esibizione del sassofonista James Senese (foto).Al Magazzino sul Po sono di scena i De Lorians. Al Teatro Colosseo suona il Banco del Mutuo Soccorso. Al Big Lebowski di Novara si esibisce il duo I’m Not A Blonde. Al Blah Blah sono di scena gli One Sentence Supervisor.

Domenica. Al Circolo della Musica di Rivoli suona il fisarmonicista francese Richard Galliano.  All’Espresso Italia Di Pinerolo è di scena la vocalist Elizabeth Moen.

 

Pier Luigi Fuggetta

Il muschio e la sabbia. Letture di autori giapponesi contemporanei

A cura di Fabiola Palmeri, ogni secondo mercoledì del mese al MAO
Da mercoledì 13 novembre 2019 a mercoledì 13 maggio 2020, ore 15,30 / 17.30


Organizzati fra i suggestivi giardini giapponesi di “muschio e sabbia” – di qui il titolo dell’iniziativa – realizzati al riparo del grande “volume vetrato” della corte interna, riprendono al MAO – Museo d’Arte Orientale di via San Domenico 11, a Torino, sull’onda del successo delle scorse edizioni, gli incontri dedicati agli scrittori giapponesi contemporanei. L’appuntamento, per un totale di sei incontri, è per tutti i secondi mercoledì del mese, ad esclusione del mese di aprile, a partire dal prossimo 13 novembre e fino a mercoledì 13 maggio 2020. In programma, un ciclo di letture di romanzi di autori nipponici in abbinamento a momenti di approfondimento su tematiche relative alla cultura del Sol Levante, condotti da Fabiola Palmeri, giornalista e scrittrice (“Come un sushi fuor d’acqua”, il suo primo romanzo pubblicato per “La Corte Editore” nell’ottobre scorso), profonda esperta del Giappone contemporaneo, dove ha anche lavorato come reporter e news caster presso la redazione in lingua italiana della “NHK”, la Radio Televisione Giapponese. Ogni incontro si aprirà con una lezione sul tema proposto e proseguirà con una riflessione collettiva, guidata dalla Palmeri, sul libro del mese. Il commento dell’opera selezionata permetterà di dare vita ad un piacevole momento di scambio e conoscenza su un Paese estremamente affascinante e su una cultura ricchissima e complessa come quella giapponese.
Il calendario degli incontri si apre il prossimo mercoledì 13 novembre (ore 15,30/17,30) e, in omaggio alla mostra “Guerriere dal Sol Levante”, sarà dedicato alle donne della letteratura dall’antichità a oggi, da Sei Shōnagon a Murata Sayaka. Il confronto a tutto campo fra Fabiola Palmeri e il pubblico prenderà spunto dal libro “Note del Guanciale” (traduzione Lydia Origlia, SE), scritto attorno all’anno Mille da Sei Shōnagon, scrittrice e poetessa giapponese nonché dama di compagnia dell’imperatrice Teishi dal 993 al 1001. Considerata uno dei classici della letteratura giapponese, l’opera ha anche un grande valore storico: le sue pagine contengono infatti un’enorme quantità di informazioni sul contesto sociale e sulla vita artistica e culturale del periodo Heian, l’epoca compresa fra l’VIII e il XII secolo (794 – 1185) che prende il nome dalla capitale del tempo Heian-kyo, oggi Kioto. Sorprendentemente, la raccolta di note di Sei Shōnagon è caratterizzata da uno stile di scrittura attuale e da osservazioni ironiche quanto impietose, degne delle più affascinanti firme della contemporaneità.


A chiudere il 2019 sarà, mercoledì 11 dicembre (sempre dalle 15,30 alle 17,30), il secondo incontro nuovamente dedicato alle donne e incentrato sul tema del cambiamento della figura femminile raccontata nei romanzi giapponesi dal 1900 ad oggi e sul perché della netta predominanza in Giappone di scrittrici donne rispetto agli scrittori maschi negli ultimi dieci anni.
Libro del mese, “Red Girls” di Sakuraba Kazuki (traduzione Anna Specchio, E/O), saga familiare –premiata con il Mistery Writers of Japan Awards – che narra la storia di tre generazioni di donne negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, intrecciando la storia di una famiglia a quella del Giappone, Paese provato dalla guerra e in profonda e rapida trasformazione.

Per i programmi relativi ai successivi quattro appuntamenti (8 gennaio, 12 febbraio, 11 marzo e 13 maggio 2020):
MAO – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it.
Prenotazione obbligatoria a fabiola.palmeri@gmail.com

g. m.

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Nelle foto:

  • Fabiola Palmeri
  • Guerriere dal Sol Levante

Quando lei s’inventa un immaginifico quanto “realissimo” spasimante

“Due dozzine di rose scarlatte” apre la stagione dell’Alfieri

 

La domanda è una sola: sarà capace di reggere davanti ad un pubblico più smaliziato di oggi questa commedia con i suoi oltre ottant’anni di vita? Aldo De Benedetti e Due dozzine di rose scarlatte, un autore che (finché le leggi razziali lo permisero) cavalcava nelle vesti di sceneggiatore la stagione d’oro dei “telefoni bianchi” e per i palcoscenici gli applausi per “Non ti conosco più” o “Milizia territoriale”; un successo in grado di oltrepassare i confini nazionali, fortificato nel 1940 dal film omonimo che segnò il debutto di Vittorio De Sica alla regia, un esempio prebellico pieno di leggerezza, fondato su un gioco degli equivoci e su una intelligente quanto tranquilla sensualità quel tanto che basta, dialoghi e risate costruiti e offerti in punta di piedi. Ebbene, quel testo regge ancora benissimo, eccome, nei dialoghi e nell’incalzare delle sorprese della vicenda, nello smalto che con il tempo non accusa nessuna scalfittura, tenuto al riparo proprio nella leggerezza spensierata di quegli anni, nella sua riposante immobilità, che accusa colpi allorché pecca con la presunzione di cucirgli addosso una colonna sonora onnivora che deborda verso la Berti o Ranieri, mentre resta un piacere difenderla nel proprio tempo e affidarsi alla Wandissima e dintorni. Una tappa indovinata, una scelta oggi spericolata con cui Torino Spettacoli ha aperto la propria stagione all’Alfieri, un appuntamento, per la regia elegante, tutta sospiri e ripicche, di Girolamo Angione, che il pubblico ha gradito tra divertimento e applausi.

“Le catene del matrimonio sono così pesanti che bisogna essere in tre per sopportarle”, ci avvisa il foglio di presentazione dello spettacoli citando Alexandre Dumas. Una coppia felicemente sposata in cui s’insinua ad un certo punto una parola molesta: evasione. Qualche momento di stanchezza in lei, un viaggio in solitaria tra le nevi di Cortina, un tentativo di modesta avventura per lui, don Giovanni sognatore, approfittando di quell’assenza. Tra i preparativi, cui pensa la servetta di casa, Marina intercetta un mazzo di rose che il fedifrago s’è fatto recapitare per poterlo girare alla bellezza che ha scelto, unito ad un biglietto che sfodera la piccola letteratura del tempo in formato Baci Perugina e firmato “Mistero”. Chiaro che Marina ci ricami sopra e che ogni pomeriggio, ad un’ora prestabilita, attenda un identico mazzo di rose come una manna dal cielo, capace di farla uscire dalla noiosa mediocrità ed entrare nella allegra decisione di non partire più. Gli equivoci si susseguono e giungono secondo temporaneo copione alla brusca interruzione di una vita a due, giocando anche la complicità dell’amico Savelli: grazie ad una sua azzardata confessione, nella ricerca di chi si possa nascondere dietro “Mistero”, il castello di carte frana miseramente. Con la tranquillità per lo spettatore che De Benedetti voglia mettere le cose a posto per il futuro.

Leggerezza, dicevamo. E in quella fanno a gara ad accomodarsi Miriam Mesturino, irrequieta consorte, Luciano Caratto che mena il gioco con grande sicurezza ed ineccepibile varietà di toni e Simone Moretto, l’amico vittima e pasticcione. Insomma un successo a tutto tondo, come ai tempi del mitico De Benedetti.

 

Elio Rabbione

 

Nelle immagini, Luciano Caratto e Miriam Mesturino; Simone Moretto e Miriam Mesturino in due momenti della spettacolo, fino a domenica 10 novembre in scena al teatro Alfieri

Sulla via dei kami

Rotazione di dipinti giapponesi su rotolo verticale al MAO di Torino
Da martedì 5 novembre 2019 a lunedì 9 marzo 2020
Prosegue al MAO – Museo d’Arte Orientale di via San Domenico, a Torino, la saggia consuetudine di mettere a riposo periodicamente le opere più delicate, come quelle in carta o in seta, così da offrire al pubblico, in modo integro e a rotazione, tutta la ricca collezione del Museo. In quest’ottica, torna a rinnovarsi, da martedì 5 novembre e per quattro mesi, fino a lunedì 9 marzo del prossimo anno, l’esposizione dei cosiddetti kakemono, classici dipinti giapponesi su seta, cotone o carta eseguiti su rotolo verticale destinato ad essere appeso. Il piccolo nucleo ( sei opere, di cui un trittico) che oggi possiamo trovare in esposizione si ispira a figure tratte dalla simbologia e dai caratteri tipici della cultura del Paese del Sol Levante, come divinità della Fortuna, leggende del folklore, animali messaggeri divini e numerosi kami, ovvero le divinità venerate nella fede shintoista.
Di particolare interesse, in quest’ottica, l’eterea “Veduta del Monte Fuji” di Tsukioka Sessai (1761? – 1839) e il ritratto di “Sugawara no Michizane che cavalca un bufalo” di Utagawa Sadakage (attivo fra il 1818 e il 1844): opere – in cui si leggono “cifre artistiche” occidentali elaborate nell’Arcipelago in modo assolutamente originale – che rendono omaggio alle espressioni della natura nella sua bellezza più maestosa e agli illustri personaggi del passato venerati come kami dallo shinto.


A proseguire, le lievi pennellate del “Matrimonio delle volpi sotto la pioggia” del pittore di Nihonga, fra i primi a visitare Stati Uniti ed Europa – con la partecipazione nel 1878 alla Mostra Internazionale di Parigi – Watanabe Seitei (1851-1918), che fotografano di nascosto un evento raro quanto propizio: in Giappone si dice infatti che, quando piove con il sole, da qualche parte una coppia di volpi si stia unendo in matrimonio, lontano dagli occhi indiscreti degli esseri umani. Anche il celebre regista Akira Kurosawa si è ispirato a questo tema per uno degli otto episodi del film “Yume” (“Sogni”, 1990).
Un omaggio a Ebisu, una delle Sette divinità della Fortuna, venerato come protettore dei pescatori e dei pescivendoli, è invece il dipinto “Daikoku e Ebisu” di Nakajima Raisho (1791-1827), dove la divinità è ritratta mentre sfila l’amo dal pesce tai (simile a un’orata), elemento a lui associato e considerato di buon auspicio grazie al gioco di omofonia con tai (“grato”, “fortunato”).
Nel corridoio che ospita al MAO le stampe policrome è infine presentata una selezione di ukiyo-e (genere di stampa artistica giapponese su carta, impressa con matrici di legno e fiorita nel periodo Edo fra il XVII e il XX secolo), il cui nucleo centrale è costituito dalla prima metà della serie “Nelle 53 stazioni della Tokaido” di Utagawa Hiroshige (1797-1858), fra i principali paesaggisti giapponesi dell’Ottocento, cui viene anche attribuita una notevole influenza sulla pittura europea del periodo, in particolare su impressionismo e post-impressionismo, da Monet a Van Gogh. A lui è stato anche intitolato il cratere “Hiroshige”, sulla superficie di Mercurio.

g. m.

“Sulla via dei kami”
MAO – Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436932 o www.maotorino.it
Da martedì 5 novembre 2019 a lunedì 9 marzo 2020
Orari: da mart. a ven. 10/18; sab. e dom. 11/19

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Nelle foto
– Tsukioka Sessai: “Veduta del Monti Fuji”
– Utagawa Sadakage: “Sugawara no Michizane che cavalca un bufalo”

 

Il Vangelo perduto. Un mistero a Valmadonna

Il Vangelo perduto è un romanzo che all’apparenza riprende temi noti e filoni di scrittori di fama, dai vangeli apocrifi ai Templari, ma si rivela assolutamente originale. Innanzitutto è scritto a più mani, da tre autori accomunati dalla passione per la storia antica e per i misteri irrisolti. Ma soprattutto è ispirato a fatti realmente accaduti. L’ipotesi che in Piemonte, a Valmadonna, pochi chilometri da Alessandria, sia celato un mistero è lo sfondo del racconto che vede i protagonisti – un giornalista curioso come il primo giorno in cui ha iniziato a scrivere, un medico dalle passioni insospettabili e una borsista universitaria esperta di manoscritti apocrifi – impegnati nella ricerca di un documento che farebbe parte di una collezione unica al mondo, creata da Joseph Adler, un mercante d’arte. Perché il facoltoso collezionista l’ha chiamata con l’antico nome di un’apparentemente anonima frazione di Alessandria? E davvero l’intera raccolta di antichi papiri, libri e pergamene è stata acquistata da Israele? Forse Valmadonna nasconde ancora qualche documento misterioso, fra le cui pagine si nasconde un segreto per il quale l’umanità non è ancora pronta. Un segreto difeso per centinaia di anni dagli eredi dei Templari e racchiuso in un antico manoscritto che in molti hanno cercato invano. Ma che esiste. E un giorno c’è chi lo scopre…

Il libro è ispirato a fatti realmente accaduti. Pietro Luigi Garavelli riceve davvero nel 2016 la visita di alcuni israeliani che ispezionano e scandagliano il giardino e i dintorni di casa sua, quella Villa Vitale co-protagonista della storia. E Alessandria è innegabilmente stata un’importante città templare, come dimostrano alcuni luoghi e reperti che gli stessi alessandrini tendono a dimenticare. Certo le invenzioni a fini romanzeschi non mancano, ma il fascino di sognare che in Piemonte, nella frazione di Valmadonna, si nasconda un segreto antico lascerà il lettore con la curiosità e la volontà di approfondire la conoscenza della storia locale. E questa è proprio una della finalità che si sono prefissati gli autori: ispirare la riscoperta del nobile ed antico passato di questa terra

Gli autori.

Pietro Luigi Garavelli (Alessandria, 1961), medico. Specialista in Malattie Infettive e pediatria, dirige la Divisione di “Malattie Infettive” dell’ospedale universitario “Maggiore della Carità” di Novara. Autore di oltre 500 pubblicazioni scientifiche, si occupa anche di numismatica, esoterismo, genealogia e storia locale, argomenti a cui ha dedicato saggi e racconti.

Enrico Sozzetti (Alessandria, 1961), giornalista professionista. Si occupa di economia e ha scritto per “Il Sole 24 Ore”, “Il Corriere della Sera”, l’agenzia Agi di Torino. È stato responsabile della pagina di Economia & Lavoro del giornale “Il Piccolo” di Alessandria. Ha curato otto volumi sull’economia alessandrina e ha realizzato reportage su Cina e Israele. È autore del blog 160caratteri.wordpress.com.

Erica Bonansea (Pinerolo, 1970), scrittrice e insegnante. Laureata in Lingue e Letterature Straniere a Torino, è autrice dei due romanzi a sfondo storico “La casa oltre le mura” e “Una terra ai piedi dei monti” che ripercorrono il Settecento pinerolese. Oltre a insegnare tedesco al Liceo Porporato di Pinerolo, è docente a corsi di scrittura creativa e si interessa di storia e cultura locale.

Il libro è in vendita ad Alessandria (Mondadori Bookstore, Via Trotti 58; Il Libraccio, Via Milano 32; Libreria Berardini, Via S. Giacomo della Vittoria 87; Libreria L’Atheneo, Via Teresa Michel 8; L’edicola dell’angolo, Via Mazzini 18; Tabaccheria Ferracuti, Strada comunale 26 Valmadonna), a Valenza (Mondadori Bookstore Libraria, Viale Dante Alighieri 9) e a Casale Monferrato (Libreria Mondadori Bookstore, Via Roma 36C; Libreria Il Labirinto, Via Benvenuto Sangiorgio 4; Libreria Coppo, Via Roma 85). Presto anche ad Asti e a Torino.

Si può acquistare direttamente a Lar Editore (ordini@laredit.it), sulla libreria online ‘Ibs’ e sul sito ‘La Feltrinelli’.

 

Antonmario Semolini vince il Premio Pertinace edizione 2019

Il direttore d’orchestra è di origine senese, ma torinese d’adozione

 

Si terrà a Treiso nel Cuneese, sabato 9 novembre prossimo alle 16, presso il Centro Culturale,  ex Chiesa dei Battuti, la cerimonia di assegnazione del Premio intitolato a “Publio Elvio Pertinace”, giunto quest’anno alla sua ventottesima edizione.

Il M° Semolini con Letizia Ortiz, regina di Spagna

La commissione preposta all’individuazione del destinatario di questa edizione del Premio ha scelto il direttore d’orchestra Antonmario Semolini, musicista conosciuto a livello internazionale per la qualità delle sue interpretazioni. Il Maestro di origine senese, ma torinese da sempre, si trova in buona compagnia con gli illustri assegnatari del premio che lo hanno preceduto. Infatti, tra i prescelti delle precedenti edizioni, spiccano i nomi di uomini di lettere, di scienza e di arte, tra cui si distinguono il professor Gianluigi Marianini, antesignano dei “tuttologi” TV, i pittori Gianni Chiostri, Ugo Nespolo, Ezio Gribaudo, il mitico editore di Alpignano Tallone, i medici Massimo Foglia, Pino Rosso, Pierluigi Baima Bollone, il filosofo Vittorio Mathieu, il pioniere del jazz Renato Germonio ed il celebre violinista Salvatore Accardo. Il premio è  stato ideato da Bruno Labate con il contributo di diversi intellettuali ed è stato dedicato alla nobile figura dell’unico imperatore romano di origine subalpina, non presenta finalità politiche e si pone in antitesi ai tanti premi ufficiali e di palazzo, continua a vantare una organizzazione su base volontaria, che ne ha rappresentato anche il gruppo fondatore, al di fuori delle logiche partitiche e di potere.

Il Premio Pertinace affonda, quindi, le sue radici nella terra piemontese ed è dedicato, infatti, all’imperatore Publio Elvio Pertinace, nativo di Alba Pompeia (l’attuale Alba) nel 126 d.C. sotto il regno di Adriano. Eletto imperatore dai Pretoriani, subito dopo la morte cruenta del figlio di Marco Aurelio, Commodo, Pertinace seppe guadagnarsi la stima del popolo nel suo breve regno, conclusosi con l’assassinio, nel corso di una congiura, da parte dei Pretoriani stessi, che costituivano il corpo di guardia dell’Imperatore. Pertinace può, quindi, essere considerato, per il corso che diede al suo governo imperiale, improntato ad energia e giustizia, il simbolo delle attitudini e del carattere tipici del popolo piemontese, che racchiude le doti della serietà, della onestà  e della tenacia.

Proprio nel comune cuneese di Treiso, nella piazza Leopoldo Baracco antistante il Comune, è stata scoperta ad inizio del 2019 una stele con relativo busto bronzeo dell’imperatore Pertinace, eseguito dallo scultore Fernando Delia. L’iniziativa, voluta e sostenuta dall’amministrazione comunale di Treiso, ha suscitato notevole interesse perché la stele è stata posta nel centro del paese che ha proprio sul suo territorio una località denominata Pertinace.

 

Mara Martellotta

Piemonte Movie gestirà il cinema comunale di Villar Perosa

Attiva dal 2000 nella promozione e diffusione della cinematografia piemontese con il ‘gLocal Film Festival’ (la 19a edizione dal 12 al 16 marzo 2020 a Torino), la rassegna regionale ‘Movie Tellers’ (la cui 3a edizione si è appena conclusa con successo) e i Presìdi cinematografici locali, Piemonte Movie dà un nuovo corso alla sala che prende il nome CINEMA DELLE VALLI forte della propria vocazione glocal del pensare globale e agire locale.

L’obiettivo è di potenziare la sala valorizzando il rapporto con il territorio, rendendola punto di aggregazione socio-culturale non solo per la Val Chisone e Germanasca, ma per tutto il pinerolese.

Il Cinema delle Valli si apre a collaborazioni anche con le più autorevoli istituzioni cinematografiche come Museo Nazionale del Cinema Film Commission Torino Piemonte, per dare vita a progetti ed eventi, affiancando l’abituale programmazione di film in prima visione ad appuntamenti come proiezioni speciali, rassegne, incontri con ospiti, laboratori per le scuole lungo tutta la stagione.

Sabato 9 novembre, alle 21.00, la riapertura del cinema sarà festeggiata con la proiezione a ingresso libero del film Dolcissime, apprezzato titolo della recente stagione cinematografica e diretto dal regista alessandrino Francesco Ghiaccio, che sarà ospite in sala insieme alla giovane interprete Giulia Fiorellino.