CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 507

Scolpire le storie

MONUMENTI. SCOLPIRE LE STORIE. MEMORIE E MEMORIALI

Terza conferenza del ciclo a cura del prof. Giovanni C.F. Villa

lunedì 9 novembre, inizio ore 17.30

conferenza online

Interverrà Paola Gribaudo, presidente dell’Accademia Albertina

Partecipazione gratuita, prenotazione obbligatoria.

 

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Ai prenotati verranno inviate le istruzioni per accedere al webinar

Arteam Cup 2020, i finalisti torinesi

Gli artisti torinesi Elisa Baldissera (Torino, 1984), Diego Dutto (Torino, 1975), Sofia Fresia (Genova, 1992 – vive e lavora a Torino) e Silvia Margaria (Savigliano, Cuneo, 1985 – vive e lavora a Torino) sono finalisti ad Arteam Cup 2020, il concorso nazionale ideato dall’Associazione Culturale Arteam di Albissola Marina (SV), giunto alla sesta edizione.

Le loro opere saranno esposte fino al 5 dicembre 2020 alla Fondazione Dino Zoli di Forlì.

Curata da Matteo Galbiati, Livia Savorelli e Nadia Stefanel, la mostra presenta i lavori dei 60 artisti finalisti individuati, tra i tanti partecipanti, da una giuria professionale composta da Marina Dacci (curatrice e membro del Comitato Scientifico della Fondazione Palazzo Magnani), Matteo Galbiati (critico d’arte e docente, Direttore web Espoarte e membro interno di Arteam), Lorenzo Madaro (curatore d’arte contemporanea e docente), Raffaele Quattrone (sociologo e curatore d’arte contemporanea), Leonardo Regano (storico dell’arte, critico e curatore indipendente), Livia Savorelli (Direttore Editoriale Espoarte) e Nadia Stefanel (direttrice della Fondazione Dino Zoli di Forlì, Cultural e Communication Manager per Dino Zoli Group).

La premiazione si terrà sabato 5 dicembre presso la Fondazione Dino Zoli. La commissione giudicatrice individuerà i tre vincitori di categoria (Pittura, Scultura e Fotografia), tra i quali verrà decretato il vincitore assoluto di Arteam Cup 2020.

Storie di vita nel mondo bizantino del generale Alexios

Gli assedi, le guerre civili, la conquista del trono, ma anche drammi umani e profonde introspezioni personali sono gli elementi principali attorno ai quali ruotano i protagonisti della storia de “L’usurpatore”

Il nuovo romanzo è stato ideato dallo scrittore e studioso di storia bizantina Emanuele Rizzardi, 30 anni. Il giovane scrittore proviene e vive a Legnano, un piccolo paese vicino a Milano, dove il 29 maggio 1176 si svolse la famosa battaglia tra Lega Lombarda e Sacro Romano Impero, sotto Federico Barbarossa.

“L’usurpatore” è molto diverso dal precedente lavoro del Rizzardi: si concentra in un arco temporale ristretto e si sviluppa come una lunga epistola scritta in prima persona dal protagonista. Il narratore è parziale e ben presente nella narrazione, riuscendo immediatamente a farci catapultare in un mondo così distante, ma al contempo così vicino al nostro. Il romanzo che si concentra sul generale bizantino Alexios Philanthropinos e sulla sua guerra contro i turchi alla fine del XIII secolo. “Alexios è una personalità multidimensionale e un uomo molto intelligente,  – commenta l’autore – che ha superato gli standard del suo tempo e, naturalmente, uno dei miei generali bizantini più amati. Vale la pena raccontare la sua storia; è anche un modo per presentare la difficile posizione in cui erano caduti a quel tempo i romani (di Bisanzio), respinti dai turchi sulla costa, ma anche l’ascesa del sultanato ottomano. C’è una grande connessione con il mondo di oggi e la situazione geopolitica”. “L’usurpatore” è un titolo scorrevole che si legge in una volata, ma che tratta temi non facili, spesso esposti in modo crudo e vivido, aprendo una finestra sulle difficoltà della vita e sui dubbi psicologici di chi viveva nel Medioevo. Il testo è edito da Assobyz ed è reperibile in formato digitale o cartaceo.

Il MAO incontra la “street art”

“MAO meets URBAN ART”. Dal 28 ottobre al 31 gennaio 2021

“Museofobi” o “Museofili”? Il dilemma è ancora forte. E ciò nonostante  larte urbana” o “street art” (da non confondersi, come sottolineava l’americano John Fekner, fra i pionieri di quest’arte, con il “graffitismo” o “writing”) sia ormai da circa cinquant’anni un fenomeno artistico ampiamente consolidato e altrettanto ampiamente apprezzato.

Giusto o no aprire le porte di un museo agli “street artists”? Questo il dilemma. Porte aperte o no? Fra i “museofobi” (il più agguerrito in Italiaè il famoso Blu, segnalato dal “Guardian” come uno dei dieci migliori “artisti urbani” in circolazione) e i “museofili” – categorie così battezzate da Francesca Iannelli, docente all’Università di Roma Tre – il MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino è sicuramente schierato nel gruppone dei secondi. Ne è chiara prova il fatto che, in occasione della mostra “China Goes Urban” attualmente in corso (che intende approfondire e interrogarsi sulle sfide lanciate dalle “new town” cinesi, e non solo, a seguito dei loro frenetici processi di espansione urbana), ha  avuto la bella idea di chiedere a quattro artisti di strada torinesi di proporre dei “murales” ispirati a opere, temi e soggetti presenti nelle collezioni permanenti del Museo di via San Domenico. Promotore e curatore del progetto, “MAO meets URBAN ART”, il fotografo Roberto Cortese dell’Archivio Storico della Città di Torino e quattro gli artisti che hanno risposto all’invito e che si susseguiranno nella sala polifunzionale del Museo per lavorare e “popolare gradualmente le pareti” con segni e colori di artistica contemporaneità,alla presenza del pubblico. Ad aprire la manifestazione, il 28 e il 29 ottobre scorsi, è stato Karim, classe ’84, “street artist” dalla fine degli anni Novanta quando inizia a collaborare con il progetto “Murarte” di Torino e  oggi presidente dell’associazione culturale “Artefatti”; sua la copia perfetta di ampio gesto segnico e vigore cromatico di “Jizo” o meglio “Jizo Bosatsu”, popolare divinità del Buddhismo giapponese, cui si affidava la protezione dei viaggiatori e dei bambini non nati.

Dopo di lui, il 12 e il 13 novembre sarà la volta di Nice and the Fox (al secolo Francesca Nigra, rivolese, classe ’86,specializzata nell’arte del ritratto “utilizzato come espediente comunicativo per esprimere idee, sensazioni e atmosfere”) seguita il 26 e il 27 novembre da ENCS 18, classe ’79, attivo sui muri di numerose città italiane e straniere, con figure umane o di animali, spesso unite a paesaggi di sfondo in un intreccio compositivo di particolare carica emozionale. A chiudere, il 10 e 11 dicembre, WASP, acronimo di “Writing And Sketching Projects”, crew nata nel 2007, attualmente formata da Edoardo Kucich, alias EddyOne, e Gabriele Guareschi, alias Ride, entrambi con esperienze precedenti nella scena graffiti-writing italiana e dal 2015 curiosi sperimentatori di tecniche e stili diversi dal tipico binomio puppet/lettering, alla ricerca di un linguaggionuovo e decisamente più personale. I visitatori potrannogratuitamente osservare gli artisti al lavoro (per  un massimo di dieci persone contemporaneamente e con una permanenza di 15 minuti) e ammirare  la nascita delle opere che, pennellata dopo pennellata, arriveranno a coprire l’intera superficie delle tele. Scrive Roberto Cortese: Negli ultimi decenni il fenomeno dell’arte urbana ha catturato l’attenzione non soltanto degli addetti ai lavori, degli appassionati o dei media, ma anche delle grandi imprese, interessate per lo più a inglobare all’interno del ‘mainstream’ (di conseguenza sterilizzandone il principio), ogni forma di comunicazione a proprio uso e consumo.


L’idea di fondo di questo progetto, che vede quattro artisti puri della strada, è nata proprio per dissociarsi da questo pensiero: un ritorno alle origini, un ritorno all’arte più antica, nello specifico all’antica arte orientale che incontra l’arte urbana
. Una volta concluse, le quattro opere rimarranno esposte al MAO fino a domenica 31 gennaio 2021.

Gianni Milani

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“MAO meets URBAN ART”

Mao-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; www.maotorino.it

Dal 28 ottobre al 31 gennaio 2021

Orari: giov. e ven. 12/19, sab. e dom. 10/19

 

Foto di Francesco Locuratolo

– Karim: “Jizo”
– Gli artisti partecipanti al progetto
– Karim al lavoro

Le radici piemontesi di Jean Giono

”L’uomo che piantava gli alberi” (L’homme qui plantait des arbres), conosciuto anche come “La storia di Elzéard Bouffier”, è un racconto allegorico che ha dato notorietà allo scrittore italo-francese Jean Giono

Nato a Manosque, su un contrafforte delle colline del Luberon orientale in alta Provenza, da una famiglia di origine piemontese, emigrata in Francia dalla canavesana Valchiusella, vi morì cinquant’anni fa,il 9 ottobre del 1970.

Pubblicato per la prima volta nel 1953, il racconto è quanto mai attuale visto e considerato il pesante deterioramento della situazione climatica. Giono, membro dell’Académie des Goncourt, con questo libro tracciò un’efficace parabola sul rapporto uomo-natura, rammentando come ”gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi, oltre la distruzione”. Potrebbero, appunto, ma raramente lo fanno forse perché distruggere è molto più facile che creare.La storia del pastore Bouffier ci rammenta, con leggerezza e profondità al tempo stesso, il valore degli alberi e dell’attenzione nei confronti della natura.Quella dei Giono, come per tante altre famiglie, è stata una storie di valligiani e montanari emigrati. Il bisnonno dello scrittore, Giovanni Domenico Giono, nacque l’8 ottobre 1763 a Meugliano (oggi Valchiusa, dopo la recente fusione di Meugliano con i comuni di Trausella e Vico Canavese). Quest’ultimo, dalla seconda moglie Maria Francesca Catterina Bertarione, ebbe a sua volta un figlio, Pietro Antonio , nonno di Jean Giono.

E’ verosimile che Pietro Antonio, attratto dagli ideali della carboneria, prese parte ai moti insurrezionali del marzo del 1821 e, successivamente, riparò come molti rivoltosi oltralpe, in Francia. La radice piemontese è più che intuibile dalle parole dello scrittore che confidò come la felicità gli riempisse il cuore e l’animo appena sentiva “fremere un pioppo piemontese, o fischiare una marmotta, o i passi del vento degli alti pascoli del Viso, lo sgranellare del pietrame sotto i piedi del camoscio, o il grido dell’aquila”. Giono,autore importante, scrisse saggi, dialoghi, poesie, commedie teatrali e circa trenta romanzi, tra i quali “Il canto del mondo”, “Un re senza distrazioni”, “Il disertore”, “Le anime forti”, “Il ragazzo celeste”, “Lettera ai contadini sulla povertà e la pace” e “L’ussaro sul tetto”. Ha firmato inoltre il soggetto di numerosi film, tra i lavori il più noto è “L’Ussaro sul tetto”.

Proprio in quest’ultimo romanzo, dove il protagonista è un giovane ufficiale degli ussari, Angelo Pardi, fuggito in Provenza nel 1831 dal Piemonte dopo aver ucciso una spia austriaca, si avverte l’eco delle vicende della sua famiglia, dell’epopea risorgimentale, del desiderio di riscatto e libertà. Dal libro, pubblicato nel 1951 e considerato uno dei capolavori della narrativa francese, venne tratta la sceneggiatura dell’omonimo film nel 1995 di Jean Paul Rappenau con Juliette Binoche e Olivier Martines. Una pellicola nella quale, come scrive Morandini nel suo dizionario di cinema, “riecheggiano le idee del pacifista, anarchico, antimodernista Jean Giono, di origine piemontese”.

Marco Travaglini

Rassegna dei libri più letti e commentati: Ottobre 

Anno Ⅳ n. 9 / Ecco una piccola rassegna dedicata ai titoli che maggiormente hanno interessato i lettori iscritti al gruppo di Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri nel mese di ottobre.

Primo posto per La donna dal kimono bianco, romanzo ambientato in Giappone della scrittrice Ana Johns; segue una nuova saga familiare che si sta facendo notare tra i nostri lettori, ovvero La casa sull’argine, di Daniela Raimondi; terzo posto per Cleopatra, il celebre saggio di Alberto Angela sulla più celebre delle regine dell’antichità.

Haruki Murakami, il più discusso autore dei nostri tempi: astuto venditore di parole in eleganti e un po’ criptiche confezioni o ultimo rappresentante della grande tradizione giapponese del romanzo psicologico? Ogni volta che un suo libro viene proposto, il dibattito si scatena e una recente iniziativa editoriale ha riportato in auge i suoi romanzi, tra i quali consigliamo: Nel segno della Pecora, che segnò il suo esordio letterario, L’uccello che girava le viti del mondo, il suo capolavoro e IQ84, uno dei lavori più recenti, forse il primo in cui l’arte del Maestro ha dato segni di stanchezza. Che ne pensate?

Nel centenario della nascita di Gianni Rodari, vi proponiamo tre dei suoi romanzi per ricordare uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento, le cui opere sono ancora oggi lette e tradotte in tutto il mondo: C’era due volte il Barone LambertoLe avventure di Cipollino, La torta in cielo.

La libreria Storytelling di Gonnesa (CI) consiglia tre libri ai nostri lettori:  L’idioma di Casilda Moreira di Adrian N. Bravi, un gioiellino del quale ci si innamora fin dalle prime pagine. Uno studente parte dall’Italia alla ricerca delle ultime due persone che parlano un antico idioma scomparso. Un omaggio al potere e al grande valore di una lingua… “perché lingua e sentimento non sono due cose diverse”.

L’estate che sciolse ogni cosa” di Tiffany McDaniel. In una torrida estate del 1984 il tredicenne Sal, pelle scura e occhi verdi, arriva a Breathed. Nessuno conosce il ragazzo, né da dove provenga. Sostiene di essere il diavolo, sarà veramente così?. Un romanzo struggente, scritto in modo magistrale.
La casa sul lago di David James Poissant. Una storia di famiglia, una scrittura ipnotica. Gli Starling si ritrovano come ogni estate nella casa sul lago ma l’annuncio dei due genitori di voler vendere la casa, unito ad un evento tragico accaduto sul lago proprio in quei giorni, porterà ogni personaggio a confrontarsi con le proprie debolezze, paure, segreti.

Per questo mese è tutto, ci rileggeremo il mese prossimo!

 

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Riprogrammati i Concerti del Lingotto

A seguito del DPCM del 24 ottobre che impone il blocco del pubblico spettacolo fino al 24 novembre 2020, Lingotto Musica comunica l’annullamento del doppio concerto inaugurale, originariamente previsto per sabato 7 e domenica 8 novembre, e la sua riprogrammazione nelle giornate di mercoledì 16 e giovedì 17 dicembre 2020.

Restano invariati la formulazione in doppio turno, il programma e gli interpreti, con Alexander Lonquich solista e direttore dell’Orchestra da Camera di Mantova nei 5 Concerti per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven (per maggiori informazioni…).

I biglietti acquistati per i concerti del 7 e 8 novembre mantengono la loro validità anche per le nuove date. In caso di ulteriori proroghe delle attuali misure restrittive i concerti saranno nuovamente riprogrammati nel 2021.

Contestualmente si comunica che è in fase di definizione una nuova data anche per il concerto inaugurale della rassegna Lingotto Giovani, inizialmente in programma il 17 novembre con il chitarrista francese Thibaut Garcia.

La biglietteria fisica di Lingotto Musica sarà chiusa fino al 23 novembre, mentre resta attiva la vendita on line sul sito www.anyticket.it per tutti i concerti successivi al 24 novembre.

Che ci faceva James Bond alla toilette del Cambio?

Caro direttore, non saprei ricordare  la data precisa ma più o meno a metà degli anni 90, una sera ero a cena al ristorante Del Cambio.

Recatami alla toilette, con mia grande sorpresa vedo uscire dalla porta Sean Connery che mi sorride e mi saluta molto cortesemente. Immaginerete il mio stupore! Qualcuno riesce a risalire a quella presenza torinese  del grande attore appena scomparso? Perché si trovava nella nostra città? Grazie a chi saprà darmi una risposta!

Raffaella Rossi

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Risponde il lettore Dario Straropoli:

Apeiron

La poesia di Alessia Savoini

APEIRON

Oscillo
tra i docili fianchi di questo sogno,
dopo aver strappato alla preghiera
la traccia inconsistente di questo corpo.

Volubile,
ho indugiato le cospirazioni della notte
nella fessura pigra della palpebra.

Come la schiusa di un guscio,
il giorno si rese parto, culla, occasione
ed il volo fu il desiderio incolmabile dell’ala.

Siamo generati dal nulla:
la parola mi salva dal buio.
Sconfino
nel graffio.

#noicisiamo. La fotografia come documentazione sociale

La nuova libreria Borgopo’ festeggia il primo compleanno con la mostra fotografica di Giuseppe Caldarella

Dal 31 ottobre al 20 novembre 2020 la Libreria Borgopo’, in via Luigi Ornato 10 a Torino, ospita la mostra fotografica #noicisiamo – La fotografia come documentazione sociale di Giuseppe Caldarella, a cura di Marco Gennaro: un’occasione per celebrare il primo compleanno della nuova gestione, che ha riportato a nuova vita la storica libreria della Gran Madre.

Fin dalla sua fondazione negli anni Novanta, la Libreria Borgopo’ è stata un vero e proprio salotto culturale, amata e frequentata da molti intellettuali torinesi come Nico Orengo e Carlo Fruttero. Dopo una lunga chiusura, nel 2019 è stata rilevata da Alberta Vovk, laureata in ingegneria gestionale, già consulente per diverse multinazionali in Italia e all’estero, che ha visto in questo progetto la possibilità di realizzare un sogno: unire la passione per i libri e la lettura con la voglia di fare impresa. Un sogno alimentato da una storia familiare legata strettamente al quartiere Borgo Po, dove sia i nonni che i bisnonni lavoravano come artigiani, e dalla frequentazione della libreria fin da bambina, quando l’acquisto di un libricino in compagnia del papà era un rito quasi settimanale.

Con il supporto della libreria Luxemburg, che ha accompagnato l’avvio della nuova attività, Libreria Borgopo’ è tornata quindi ad essere un punto di riferimento del quartiere e della città, diventando un vero e proprio salotto culturale dove fare cultura a 360 gradi. Il nuovo allestimento, progettato dall’architetto Marco Gennaro, dà spazio alla narrativa italiana e straniera, ai libri per bambini e ragazzi, ad arte, fotografia, design, giardinaggio, luxury books, senza dimenticare un’area dedicata a Torino, e le sezioni dedicate ai Tarocchi e ai temi della spiritualità. Inoltre, la libreria e il suo suggestivo giardino hanno già ospitato, in un solo anno di esercizio, numerose presentazioni, incontri, mostre, talk e laboratori, con la partecipazione di intellettuali, studiosi e scrittori come Bruno Segre, Mario Vattani, Fabiola Palmieri, Alessandro Avataneo e molti altri. Gli eventi, attualmente sospesi in ottemperanza alle disposizioni vigenti, riprenderanno appena possibile con un ricco calendario di presentazioni di narrativa, saggistica e spiritualità.

A confermare la vocazione di salotto culturale una serie di mostre d’arte curate dall’architetto Marco Gennaro, che attraversano le discipline della pittura, del disegno, della scultura e della fotografia. Dal 31 ottobre al 20 novembre, la libreria ospita la mostra fotografica #noicisiamo – La fotografia come documentazione sociale di Giuseppe Caldarella. Siciliano, classe 1976, il fotografo ritrova i suoi riferimenti estetici nell’opera di Franco Fontana, Robert Mapplethorpe e Guido Harari. Gli scatti in mostra nascono da un lavoro di indagine sul mondo del commercio e dell’artigianato, alla ricerca di quelle storie e quelle relazioni umane che animano «un mondo lontano dai grandi centri commerciali e intimamente connesso al tessuto umano che popola quelle isole urbane chiamate quartieri».

In un momento storico come quello che stiamo vivendo, segnato da una profonda crisi economica e minacciato dallo sfilacciamento dei rapporti umani, #noicisiamo nasce per promuovere le attività commerciali che animano i diversi quartieri della città di Torino: un modo, per tenere i fili legati, attraverso foto di persone, di volti umani, di interni, di progetti di vita. Un documentario che guarda verso il mattino.

Scrive Caldarella: «Le città si aprono. Si aprono le finestre dei palazzi, le porte delle case, le serrande delle botteghe, i banchi del mercato, i cancelli delle scuole, gli sportelli degli uffici. Conchiglie che la notte deposita sulla spiaggia, e che la luce del nuovo giorno fa schiudere. Tantissime storie, che attendono il mattino per riprendere il loro filo.

Come se la notte fosse una pausa sullo spartito, un attimo di silenzio che tutti i musicisti devono rispettare, prima di riprendere il dialogo orchestrale. In questo rituale che è l’apertura, rituale antico come le nostre città, come la nostra civiltà, come i luoghi del Mito, io ho cercato di essere un viandante, un narratore, un occhio attento e discreto, curioso e appassionato. Ho allora cercato le serrande. Quelle membrane di ferro, o di lamiera, che scorrono su un varco aperto al pubblico. Ho cercato chi apre quelle serrande. Ho cercato le mani che tirano su quelle serrande ogni mattino. Ho cercato gli occhi e la bocca di chi appende la propria vita a quella soglia, sperando che la gente arrivi, che la gente compri, che la gente ritorni. E intanto, si creano amicizie e legami di fiducia, si raccontano cose e si tramandano economie umane che sono fatte di gesti, di abitudini, di desideri, di fatica quotidiana e di quotidiana bellezza.»