| Dal 16 dicembre 2021 alla Mole Antonelliana e al MAUTO
Il Museo Nazionale del Cinema e il Museo Nazionale dell’Automobile dedicano due mostre all’eroe del crimine, in occasione dell’uscita del film dei Manetti bros |
Diabolik, personaggio immaginato da Angela e Luciana Giussani a seguito di vicende di cronaca nera successe a Torino oltre sessant’anni fa, ritorna nella città che ne ha ispirato la creazione. In occasione dell’uscita al cinema del film Diabolik, diretto dai Manetti bros e interpretato da Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea, due tra i grandi musei di Torino – ciascuno dei quali racconta la storia di un’invenzione epocale, il cinema e l’automobile, che nella capitale sabauda hanno avuto origine – dedicano una mostra a uno dei personaggi più amati del fumetto e della narrativa italiana dagli anni Sessanta a oggi. A partire dal 16 dicembre, il Museo Nazionale del Cinema e il MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile dedicano due esposizioni al tenebroso antieroe, una alla Mole Antonelliana l’altra nella storica sede del museo automobilistico.
Il Museo Nazionale del Cinema presenta, fino al 14 febbraio 2022, la mostra Diabolik alla Mole, a cura di Luca Beatrice, Domenico De Gaetano e Luigi Mascheroni. Il percorso espositivo ripercorrere la storia del ladro tra film e fumetti, oggetti iconici di design, opere d’arte, fotografie dell’Archivio Storico Publifoto, articoli di cronaca nera degli anni Sessanta e tavole della casa editrice Astorina.
Colpo grosso al Museo, la mostra aperta fino al 6 marzo 2022 al Museo Nazionale dell’Automobile a cura di Giosuè Boetto Cohen, presenta un omaggio alla fida compagna di imprese di Diabolik: l’iconica Jaguar E-type che, come il suo affascinante e spregiudicato proprietario, compie 60 anni. L’auto, presentata nelle versioni coupé nera e spider rossa, è circondata da un allestimento dedicato al signore del brivido e alla geniale relazione che lo legò alla celebre vettura.
“Due musei, due mostre, due leggende del Novecento (nate nei magnifici 60s). Una è inglese: la E-Type (needless to say, it’s a Jaguar!). L’altra è un personaggio italiano (nell’ideazione), immaginario e inimitabile: Diabolik. L’unione sta in questa straordinaria auto – nera come la sua ‘divisa’ – che lo assiste (come Eva Kant, leggenda pure lei) nei suoi colpi straordinari e negli inseguimenti rocamboleschi e furibondi tra Ghenf e Clerville. Una doppia mostra che è occasione perfetta per una costruttiva e reciproca invasione di campo tra due Musei Nazionali, del Cinema e dell’Automobile” racconta Benedetto Camerana, presidente del MAUTO, Museo Nazionale dell’Automobile.
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Diabolik, personaggio immaginato da Angela e Luciana Giussani a seguito di vicende di cronaca nera successe a Torino oltre sessant’anni fa, ritorna nella città che ne ha ispirato la creazione. In occasione dell’uscita al cinema del film Diabolik, diretto dai Manetti bros e interpretato da Luca Marinelli, Miriam Leone e Valerio Mastandrea, due tra i grandi musei di Torino – ciascuno dei quali racconta la storia di un’invenzione epocale, il cinema e l’automobile, che nella capitale sabauda hanno avuto origine – dedicano una mostra a uno dei personaggi più amati del fumetto e della narrativa italiana dagli anni Sessanta a oggi. A partire dal 16 dicembre, il Museo Nazionale del Cinema e il MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile dedicano due esposizioni al tenebroso antieroe, una alla Mole Antonelliana l’altra nella storica sede del museo automobilistico.
“Diabolik è un personaggio oramai entrato nell’immaginario collettivo, è il Re del terrore per eccellenza nel mondo del fumetto. L’omaggio che il Museo Nazionale dell’Automobile e il Museo Nazionale del Cinema gli rendono è il frutto di una sinergia sul territorio, di una comunione d’intenti, di una volontà di creare un percorso che esca fuori dai confini del singolo ente per abbracciare un interesse comune. La cultura è condivisione e questa bella sinergia ne è la conferma” dichiara Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema.
“Il Tempo sospeso”, volume edito da Gian Giacomo della Porta Editore, accosta le riflessioni e osservazioni maturate in questi due anni di pandemia da parte della giornalista torinese Mara Martellotta alle opere pittoriche dell’artista fiorentino Andrea Granchi, già docente all’Accademia di Belle Arti di Firenze e appartenente ad una famiglia di tradizioni artistiche e pittoriche.

È stato presentato con la partecipazione degli autori alla libreria torinese Belgravia in via Vicoforte 14/d mercoledì 15 dicembre.





Ebbene, proprio oggi 14 dicembre, se potessi per magia invertire (ma di tanto) la ruota del tempo, mi ritroverei bambino, felicissimo, nella cucina della piccola casa di Pontenure, in fondo al lungo cortile dove abitavano anche zia Ida, zio Natale e i cugini, l’Emma e l’Enrico, a giocare con i tanto attesi doni (doni? Andiamoci piano: un dono, un gioco, povero ma per me magnifico, una fetta di panettone, un mandarino o un’arancia) portati nella notte, fra il 12 e il 13 dicembre, dalla buona Santa Lucia. Il Piacentino è, infatti, una delle non poche province italiane in cui ancora oggi – credo – si pratica il culto di Santa Lucia, risalente pare al XIV secolo, quando i nobili veneziani, nel giorno dedicato alla Santa (siracusana e martire cristiana sotto la persecuzione dell’imperatore Diocleziano) erano soliti fare doni ai bambini. I doni che precedevano quelli un po’ più importanti (ma appena un po’) della notte di Natale. Noi bambini scrivevamo una letterina alla Santa – protettrice della “vista” per il nome che richiama la “lux” o luce latina – elencando con molta parsimonia i regali che avremmo voluto ricevere, mentre le mamme erano solite lasciare del cibo (arance, biscotti, caffè, mezzo bicchiere di vino rosso) per rifocillare e ingraziarsi la Santa, che viaggiava dalla sua Sicilia fino al Trentino a cavallo di un asinello, anche lui ripagato con un po’ di fieno o farina gialla. Alla mattina del 13 dicembre, noi bambini si trovava un piatto con gli avanzi lasciati dalla Santa (furtivamente smangiucchiati dalla mamma), ma arricchito di caramelle, monete di cioccolato e qualche mini-dono, lasciato lì in anticipo rispetto a quelli che ci avrebbe portato il più generoso Babbo Natale.
