Quel bosco di acacie che costeggia la strada secondaria tra Borgone di Susa e San Didero custodisce un mistero, mai del tutto risolto da storici e studiosi.


Venerdì 23 e 30 ottobre su Italia1 Roberto Giacobbo condurrà gli spettatori in un viaggio alla scoperta delle meraviglie del Palazzo Reale e dei suoi sotterranei.
Torino, 22 ottobre 2020. La settima puntata della nuova stagione di Freedom si apre con un viaggio a Torino, alla scoperta dei segreti della dinastia più longeva d’Europa, quella dei Savoia. All’interno della stazione di Porta Nuova, sotto gli occhi distratti di milioni di passeggeri, si trova una stanza segreta, la sala d’attesa usata dal Re d’Italia 150 anni fa. E ai Musei Reali, tra le sale sfarzose di Palazzo Reale e nei Giardini Reali si celano spazi sotterranei sconosciuti, un vero labirinto tra storia e leggenda che la squadra di Freedom ha esplorato e ricostruito per la prima volta in 3D.
Questo e molto altro a Freedom – Oltre il confine, venerdì 23 ottobre, ore 21.25, Italia1.
La serata di inaugurazione della trentacinquesima edizione del Lovers Film Festival, prevista oggi giovedì 22 alle 19.30 a Torino al Cinema Massimo, è stata annullata per ragioni di salute della madrina Gina Lollobrigida sulla cui presenza di assoluto rilievo era stato costruito l’intero evento.
“Purtroppo, in accordo con il Museo Nazionale del Cinema abbiamo dovuto prendere questa decisione per evitare di sottoporre l’amica Gina Lollobrigida a uno stress che potesse aggravare il suo lieve malessere che comunque, fortunatamente non desta preoccupazione. Ci scusiamo con il pubblico anche a nome suo” sottolinea Vladimir Luxuria, direttrice del Lovers Film Festival.
Lo showcase musicale con Le Kikies verrà recuperato in altra data.
Il volume curioso ed intrigante è edito da “Ieri e oggi” di Biella (via Italia 22 – tel. 015351006 – ierieoggi@tiscalinet.it) ha più di 240 fittissime pagine molto illustrate e funge da guida originale fra le credenze, le tradizioni e le eredità antiche di tutte le località di quella che Gremmo definisce “la Regione piu’ misteriosa delle Alpi”.
Nel libro vengono rievocate le più strane tradizioni popolari, le leggende dimenticate e le storie magiche di una volta ma al contempo si illustrano le meraviglie spirituali di Oropa e degli altri santuari biellesi, spesso cristianizzazioni di arcaici culti pagani.
L’autore ha effettuato per anni ricerche sul campo e con appassionato fervore dà grande spazio alla civiltà perduta di Vittimula non dimenticando tanti altri luoghi magici, molti già ricordati da Gremmo nella rubrica settimanale su newsbiella.it. E c’è anche molto altro in questa piccola ma importante enciclopedia di un altro Biellese: quello ancora da scoprire.
Un testo che fa riflettere e sognare ad occhi aperti. Un viaggio nella Lucania aspra e selvaggia ma sempre bella,meravigliosa ed accogliente.Occhi attenti che scrutano con dovizia di particolari tutto ciò che circonda il bravo poeta Luigi, addolorato perché assiste impotente allo svuotamento della sua Terra, con tanti giovani che partono per cercare fortuna al Nord Italia ma anche all’estero. L’autore Nasce a Tricarico, MT,42 anni fa,coniugato vive tuttora nella
provincia di Potenza.Impiegato nelle ferrovie ha svolto il servizio militare a Torino ed è rimasto innamorato della città Sabauda al punto che quasi ogni anno ci ritorna felice come un ragazzino. Ha scritto tanti libri e vinto numerosi premi.Di recente è stato eletto segretario generale Filt Cgil Basilicata,grande sostenitore dei diritti dei lavoratori e battagliero sempre per portare avanti istanze,anche in Parlamento, atte a migliorare la vita lavorativa dei lavoratori nel mondo del trasporto.
Vincenzo Grassano
Ritratti di Cinema. La sala, il lavoro, il pubblico è una mostrafotografica nata per ritrarre le comunità cinematografiche e coloro che continuano a vivere e promuovere la settima arte nelle sale piemontesi, ideata e curata da Alessandro Gaido, con le fotografie di Diego Dominici.
Le fotografie che compongono la mostra sono state realizzate durante l’edizione 2019 di Movie Tellers – Narrazioni cinematografiche, rassegna organizzata dall’Associazione Piemonte Movie che mette in relazione le sale cinematografiche locali con film realizzati sul territorio.
Dopo 3 edizioni che hanno toccato 36 sale del Piemonte in 94 appuntamenti portando 36 film tra lungometraggi, documentari e cortometraggi accompagnati dagli autori e da molti altri professionisti che li hanno realizzati, la rassegna e tutti i soggetti coinvolti trovano in questa mostra un riconoscimento e un modo per resistere.
Il risultato sono 54 scatti di diversi formati che mostrano 27 cinema in attività su tutte le province del Piemonte, che oggi più che mai è necessario tutelare. Luoghi, in particolare quelli nei piccoli centri, che già prima della crisi pandemica faticavano a presidiare culturalmente i territori in cui sorgono e che questa situazione imprevedibile mette ulteriormente a rischio.
L’esposizione, visitabile gratuitamente dal 20 ottobre al 15 novembre al Polo del ‘900 (Corso Valdocco 4/A, Torino) si snoda in 3 ambienti che accolgono 3 macro-temi toccati dalle fotografie: la sala, il lavoro e il pubblico. Una parete è una carrellata di “polaroid”, create graficamente da Diego Dominici con tutti i volti di gestori e proprietari, le attrezzature, gli oggetti e le curiosità colti dal suo obiettivo.
Lungo le pareti scorrono poi 3 frammenti di testi tratti da scritti di Bruce Springsteen, Beppe Fenoglio e Cesare Pavese, abituali frequentatori di sale cinematografiche, divoratori di immagini in movimento e creatori di emozioni letterarie.
La saletta proiezione completa il percorso con un focus sulle tante sale della città di Torino, attive e non, raccontate inManuale di Storie dei cinema (Italia, 2019, 20’) di Stefano D’Antuono e Bruno Ugioli. Il cortometraggio ha vinto la seconda edizione del contest per lo scouting di giovani talenti cinematografici Torino Factory, grazie al quale il progetto del film è stato sviluppato e realizzato con il supporto di professionisti esperti durante i laboratori produttivi di Torino Factory. Inoltre il percorso di questo progetto è proseguito ulteriormente e proprio in questi giorni si sta concludendo la produzione della versione lungometraggio, prodotta da Rossofuoco e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte e del Museo Nazionale del Cinema.
«Con l’amico e fotografo Diego Dominici abbiamo attraversato una lunga serie di 27 dissolvenze incrociate. I cinema che abbiamo visitato, le loro storie, le persone che li gestiscono, il pubblico che li frequenta sono vivi, esistono e mutano verso il futuro ma allo stesso tempo sono il passato, trasudano ricordi, emozioni, esperienze. Sono l’emblema dell’arte più moderna, vecchia di 125 anni ma pronta a rinascere come e dove meno te l’aspetti.». Alessandro Gaido, presidente dell’Associazione Piemonte Movie e curatore di Ritratti di Cinema.
«Al Polo del ‘900, ospitiamo molte iniziative che affidano al linguaggio cinematografico il compito di comunicare storie, fatti e valori. La collaborazione con Piemonte Movie e Torino Città del Cinema 2020 è il risultato di una visione comune che qui intende analizzare il cinema nella sua duplice dimensione di luogo di fruizione e di spazio di lavoro. La mostra Ritratti di cinema si colloca in questo scenario mostrandoci i volti, i luoghi e i backstage che rendono possibile la settima arte. Siamo lieti di accoglierla al Polo del ‘900 e presentarla al nostro pubblico.». Alessandro Bollo, direttore Fondazione Polo del ‘900
L’organizzazione della mostra è a cura dell’Associazione Piemonte Movie, con la collaborazione del Polo del ‘900, dell’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, della Film Commission Torino Piemonte, di Agis-Anec Piemonte e Valle d’Aosta e realizzata in occasione di Torino Città del Cinema 2020.
INFO
Polo del ‘900 – Galleria delle immagini
Palazzo San Celso – Piano 2 (Corso Valdocco 4/A. Museo diffuso della Resistenza)
Ingresso libero
ORARI
Da martedì a domenica ore 10.00 – 18.00
Chiuso il lunedì
Tel. 011.011.20.780
info@piemontemovie.com
www.piemontemovie.com
www.facebook.com/PiemonteMoviegLocal
“China Goes Urban. La nuova epoca della città”
Fino al 14 febbraio 2021
La città che verrà. Spazi urbani declinati al futuro. O meglio, in equilibrio (più o meno precario) fra passato, presente e futuro. Con tutte le conseguenti implicazioni e contraddizioni – sul piano sociale, economico, non meno che estetico – che inevitatibilmente possono derivarne, così come ci raccontano gli imponenti grattacieli affacciati alla campagna dove vediamo donne curve al lavoro dei campi o i moderni edifici residenziali e gli avveniristici centri del “business” affiancati a mercatini e botteghe che resistono all’implacabile ondata del “nuovo” che avanza: contrasti stonati e perfino sfrontati, ma inevitabili – si diceva – e che ben si amplificano in un Paese come la Cina, dove ogni anno oltre 16milioni di persone si spostano dalle aree rurali a quelle urbane (quando, a fine anni ’70, solo il 18 per cento della popolazione cinese abitava nelle città), dando origine a quella che è considerata la più grande migrazione di massa che il mondo abbia mai visto. Giustificati dunque i riflettori puntati sulla “nuova” Cina urbana presentataci, attraverso fotografie, video, mappe e pannelli, nell’originale mostra “China Goes Urban.
La nuova epoca della città” ospitata, fino al 14 febbraio, al MAO-Museo d’Arte Orientale di Torino. Curata dal Politecnico di Torino e da “Prospekt Photographers” con la “Tsinghua University” di Pechino, in collaborazione con Intesa San Paolo, la rassegna, partendo dal “caso Cina”, vuole essere “un’occasione – precisano gli organizzatori – per approfondire e interrogarsi sulle sfide lanciate dai cambiamenti urbani in atto non solo in Cina, ma in tutto il pianeta, indagando su alcune new town cinesi e sulle contraddizioni innescate dai loro frenetici processi di inurbamento e di espansione urbana”.
Quattro sono le “new town” su cui, fra ricerca e immaginazione, il visitatore viene condotto a riflettere sulla nuova urbanizzazione cinese e sul (nostro) comune futuro urbano: Tongzhou, Zhengdong, Zhaoqing, e Lanzhou. Due le sequenze logiche attraverso cui si snoda il percorso della mostra progettata per smontare via via il rassicurante concetto di “eccezionalità” cinese. La prima ci porta in una “exhibition hall”, luogo tipico delle “new town” dove le amministrazioni pubbliche e le imprese di costruzioni mettono in scena la città promuovendone sul mercato lo stile di vita e i successi ottenuti; la seconda si muove invece partendo da spazi vuoti per arrivare alle persone, ai singoli individui ripresi nelle loro attività quotidiane o in ritratti “situati” dentro i nuovi insediamenti.
Ecco così smontarsi il castello delle ipotesi e delle presunte certezze. In un gioco di immagini riflesse in cui le nuove megalopoli cinesi non ci appaiono più come “altro da noi”, ma luoghi dove “la vita quotidiana è fatta degli stessi piccoli gesti di cui è fatta la vita ad ogni latitudine e le persone che li compiono non sono diverse da noi nei comportamenti, nelle pratiche d’ogni giorno e nei desideri”.
Altro aspetto interessante della mostra è il suo presentarsi come acuta occasione per sperimentare nuovi modelli di accesso alla cultura e, in tal senso, come “caso pilota”, in tempi di Covid-19. Attraverso un’apposita segnaletica i visitatori sono infatti indotti a spostarsi temporaneamente o a muoversi a velocità diverse, evitando in tal modo assembramenti. Inoltre, in corrispondenza di tre varchi lungo il percorso espositivo, sono stati anche allestiti dei segnali luminosi e alcuni “QR code”, al fine di portare il visitatore a scoprire spazi virtuali dove poter fruire di contenuti visivi e approfondimenti aggiuntivi scaricabili sui dispositivi mobili personali.
Gianni Milani
“China Goes Urban. La nuova epoca della città”
MAO-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico 11, Torino; tel. 011/4436919 o www.maotorino.it
Fino al 14 febbraio 2021
Orari: giov. e ven. 12/19 e sab. e dom. 10/19
Nelle foto
Le guerre e i disastrosi sfregi alla Natura, ma anche scene famigliari “da lockdown” nelle fotografie di Paolo Pellegrin esposte alla Reggia di Venaria
Fino al 31 gennaio 2021
Cronache di famiglia dal lockdown. In un’isolata fattoria, nei boschi e nei prati ruvidi e deserti dellemontagne svizzere. Scatti inediti lunghi due mesi e pubblicati solo “on line” sul “New York Time Magazine”. C’è la piccola Emma che tende di slancio le braccia al cielo. Sola in un prato ancor timido che pare da poco essersi liberato dal gelo dell’inverno. Braccia e mani rivolte in su, forse un grido alto, gesto liberatorio, preghiera disperata. O felice.
Chissà? E poi Emma ancora che corre in un prato desolatamente solitario verso l’unico albero che pare vivere lì da secoli. E poi Luna. Dieci anni. Capelli ribelli che le coprono parte delviso. Gli occhi tristi, pare. Forse pensierosa. Forse indispettita dallo scatto fotografico inatteso. Luna sembra farsi strada d’improvviso, quasi per magia, dal groviglio di nuvole nebbiose che pesantementesoffocano il bosco alle sue spalle. Emma e Luna sono le figliole di Paolo Pellegrin, fotografo romano legato dal 2001 all’Agenzia Internazionale “Magnum Photos”, ricco palmarés (dalla “Robert Capa Medal” del 2006 agli undici “World Press Photo” dal 1995 al 2018) e oggi riconosciuto fra i più grandi fotoreporte di guerra al mondo. A lui la Reggia di Venaria dedica una suggestiva personale, in programma nella “Sala delle Arti” fino al 31 gennaio del 2021, nata da un progetto di Germano Celant (il celebre critico mancato nell’aprile scorso) organizzata in collaborazione con la stessa“Magnum” e curata da Annalisa D’Angelo.
Oltre 200 le immagini esposte, per lo più in bianco e nero. Selezionate dall’archivio personale di Pellegrin, vanno a formare (insieme a quattro video) il ricco corpus di una rassegna che – dopo essere stata presentata al “MAXXI” di Roma e alla “Deichtorhallen” di Amburgo – avrebbe dovuto inaugurarsi nella primavera scorsa alla Venaria, dove invece è approdata solo in autunno causa pandemia. E nell’ultima parte della mostra, finale di grande suggestione, troviamo proprio le foto di cui sopra. Quelle delle piccole Emma e Luna. Ma anche scatti che cristallizzano sul tavolo, teatro di “immutabili” desinari nature morte con forchette, bicchieri e coltelli. Tutt’intorno, fissato dall’obiettivo il silenzio dell’ignoto. Un po’ terrifico. Della natura. Dell’uomo. Del mondo. Sono i mesi del lockdown che il fotografo decide di vivere, partendo dall’Australia dove stava lavorando ad un progetto fotografico sulle conseguenze dei devastantiincendi, con la famiglia in una sperduta fattoria sulle montagne svizzere. Racconti poetici. Personali e intimi. “Queste foto sono molto diverse – precisa Pellegrin – dal mio abituale lavoro. Dopo decenni di un certo tipo di fotografia, molto cinetica e molto dinamica, mi sono ritrovato a cercare momenti di silenzio…Passare quel tempo insieme alla mia famiglia è stato molto speciale. Allo stesso tempo, non penso alle immagini come a un diario di una quarantena. Ovviamente quell’elemento c’è, ma ho voluto toccare qualcosa che fosse più atemporale e universale. Qualcosa sulle ragazze, sul passare del tempo, sui cambiamenti. Qualcosa che fosse nel momento ma che anche lo trascendesse”. Scatti assaidiversi, in ogni senso, da quelli molto “cinetici” e “dinamici”, per l’appunto, in cui “tra il buio e la luce – come scrive Celant – le fotografie di Pellegrin ci portano dai conflitti armati che dilaniano il mondo, all’emergenza climatica che aggredisce e ferisce la Natura e lo stesso Uomo”. Alla Reggia è infatti il tema della guerra ad aprire la mostra con l’ampio collage della Battaglia di Mosul.
Con gli esodi, i morti, i rifugiati, i muri e i confini artificiali. Affiancati alle immagini che, nel bene e nel male, raccontano le formidabili forze della Natura: dal paesaggio australiano devastato dagli incendi boschivi agli imponenti ghiacciai in Antartide che continuano a sciogliersi, dalle acque ingrossate dallo tsunami al volo libero delle aquile di mare. In chiusura, a corollario della rassegna, una lunga parete composta di disegni, taccuini, appunti, maquette, diapositive e negativi che raccontano il “making of” dello studio di Pellegrin, realizzato “site specific” dall’autore insieme alla sorella artista, Chiara, e ideato per meglio consentire al visitatore di “immergersi nella complessità del processo creativo del fotografo”.
Gianni Milani
“Paolo Pellegrin. Un’antologia”
Reggia di Venaria – Sala delle Arti, piazza della Repubblica 4, Venaria Reale (Torino); tel. 011/4992300 o www.lavenaria.it
Fino al 31 gennaio 2021
Orari: mart. – ven. 10/17, sab. e dom. 10/19
Nelle foto
Cerimonia di premiazione del concorso di poesia inedita riservata ai medici scrittori italiani, dal titolo “La Serpe d’oro“, all’Accademia di Medicina di Torino
L’Aula Magna dell’Accademia di Medicina, in via Po, ha rappresentato la storica cornice della premiazione dell’edizione 2020 del Concorso nazionale di poesia inedita “ La Serpe d’oro”, promosso dall’AMSI, Associazione Medici Scrittori Italiani. Sono stati proclamati i vincitori delle due sezioni in cui si compone il Premio, nel corso della cerimonia tenutasi il 16 ottobre scorso, sotto la supervisione della dottoressa Patrizia Valpiani, presidente dell’AMSI e del Premio, e del segretario del Premio Gino Angelo Torchio.
Per la sezione dei Medici scrittori sono risultati primi tre classificati Davide Nervo, al primo posto con l’opera intitolata “Dicono i fantasmi”, seconda classificata è stata Rina Muscia con “Sorella morte“, e terzo classificato ex aequo Eugenio Salomone con l’opera“Il muro” e Franco Casadei con “Mare di Liguria“.
Per la sezione composta dagli amici dei Medici scrittori è risultata prima classificata Francesca Caterina Matricoti con “Bodrum 2015″, al secondo posto si sono classificati ex aequo Alessia Cargnino con “Il silenzio” e Vera Durazzo con “Pezzi unici”, terzo classificato Guadagno Potito con “Reflexion“.
Il Premio Speciale della Giuria per la poesia dialettale ha conferito ex aequo a Cesarina Vittoria Vegni “Castegn a rost” e Mario Tamburello “Spiritu curiosu in cuorpu struppiatu”.
Nel corso della cerimonia, avvenuta nel pomeriggio del 16 ottobre, un piacevole intermezzo musicale è stato affidato all’artista Marco Giordano, presidente dell’Associazione Culturale Artisti, che si è esibito con il suo sax tenore. Nell’ambito della cerimonia è anche stato presentato in anteprima nazionale il volume antologico AMSI dal titolo ‘Radici per volare’ ( Edizioni dell’Ariete), curato da Simone Bandirali e Gino Angelo Torchio, con il patrocinio dell‘AMSI e della Società Dante Alighieri, Comitato di Torino.
Il premio letterario nazionale di poesia inedita “La Serpe d’oro“comprende due sezioni, una alla quale hanno potuto parteciparemedici scrittori (medici chirurghi ed odontoiatri italiani interessati alla poesia), e una dedicata alle persone vicine ed amiche dei medici scrittori. Si è anche aggiunta una terza sezione intitolata a Nora Rosanigo, medico scrittore che fu per tanti anni presidente onorario del Premio e del sodalizio, amante della poesia ed alla continua ricerca dell’aspetto universale e puro presente nel mondo umanistico.
Mara Martellotta