CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 494

Con “Furore” al Valsusa Film Fest

Narrazione scenica liberamente ispirata al romanzo “Furore” di John SteinbeckEvento della XXIV edizione del Valsusa Filmfest

 

venerdì 4 settembre 2020 – ore 21

Cortile Casaforte, via Abegg 15, SAN DIDERO (TO)

In caso di maltempo presso il Salone Polivalente di Piazza Europa

Ingresso gratuito e contingentato sino ad esaurimento dei posti disponibili

www.valsusafilmfest.it

 

  

La 24^ edizione del Valsusa Filmfest, originariamente prevista nel mese di aprile, si sta svolgendo in diversi momenti del periodo estivo in seguito al rinvio causato dall’emergenza sanitaria e venerdì 4 settembre propone una narrazione scenica liberamente ispirata al romanzo “Furore” di John Steinbeck, con protagonista Paolo Bertini, adattamento testi e regia di Giovanna Caffo, luci e suono di Alessandro Bertini.

 

L’evento viene organizzato in collaborazione con il Comune di San Didero, con l’associazione Alexanser Circus e inizierà alle ore 21 nel Cortile Casaforte di San Didero, in via Abegg 1, con ingresso gratuito e contingentato fino ad esaurimento dei posti disponibili.

 

Non un vero e proprio spettacolo ma un racconto che, prendendo le mosse dal romanzo di John Steinbeck, prova ad attraversare luoghi vissuti e paesaggi dell’anima, ad incrociare storie ed esistenze con personaggi incontrati tra le pagine di un libro. 

Una narrazione per parlare di migranti e migrazioni di ieri con lo sguardo rivolto all’oggi, per toccare con mano come il dolore della partenza e la speranza dell’approdo siano rimasti, in fondo, sempre gli stessi.

Una possibilità, dunque, per provare a trasformare il romanzo di Steinbeck in una fragile imbarcazione sulla quale mettersi in viaggio e poter ritrovare, sulla riva opposta, un sguardo nuovo per leggere l’attualità dei giorni che viviamo.

Non uno spettacolo, dunque, ma forse un’occasione per non farsi cogliere impreparati e per ritrovarsi un po’ più attenti ad affrontare le quotidiane miserie e le consuete ingiustizie armati di un sano e acceso “Furore”.

 

L’associazione Valsusa Filmfest ha scelto come filo conduttore metaforico della XXIV edizione il romanzo capolavoro di John Steinbeck intitolato “Furore” che nel 1939 affrontava l’immigrazione, l’intolleranza verso il diverso e l’importanza della dignità umana, temi cruciali oggi come allora, che il festival ha riproposto e ancora propone, in seguito al superamento dell’acuta emergenza sanitaria, con ancora maggior forza e attualizzazione.

 

Nel mese di aprile il Valsusa Filmfest ha mantenuto aperto “canale narrativo virtuale” con il proprio pubblico attraverso la pubblicazione – nel sito e sui canali social – di video, testi e riflessioni sui temi importanti dei nostri tempi, tra i quali video con brani tratti da “Furore” di John Steinbek letti da Peppino Mazzotta, Sara D’Amario, Laura Curino, Mohamed Ba, Beppe Gromi ed altri amici del festival.

L’ombra di Pascoli e le campane di Castelvecchio

Il 1895 rappresenta un anno decisivo nella vita di Giovanni Pascoli. Nel settembre si sposa la sorella Ida, causando in lui il secondo “dramma familiare” dopo la tragica morte del padre, assassinato mentre tornava da una fiera il 10 agosto 1867. L’abbandono del “nido” da parte di Ida viene vissuto come un tradimento dal poeta che vede sgretolarsi un nucleo familiare nel quale aveva riposto tutta la fiducia e tutti gli affetti. Da quel momento l’unica fedele compagna della sua vita e depositaria delle sue volontà dopo la morte resterà l’altra sorella Mariù.

Questo è, tuttavia, anche l’anno in cui il poeta si trasferisce a Castelvecchio di Barga, scegliendo, significativamente, per il trasloco il 15 ottobre, data della nascita di Virgilio. Castelvecchio rappresenterà il locus amoenus, l’altro polo geografico dell’esistenza e della poetica pascoliana, insieme alla nativa San Mauro di Romagna.


L’amore per Castelvecchio e per quella villa settecentesca, affascinante e silenziosa, nasce quasi per caso. Il poeta, durante il periodo di insegnamento a Livorno, aveva più volte manifestato il proprio desiderio di trasferirsi in un luogo in campagna nel quale dedicarsi a studi e composizione. Due amici, originari di quel paese, gli indicano Barga e, dopo una visita, Pascoli decide di affittare la villa che, all’epoca, era di proprietà della famiglia Cardosi-Carrara. Caprona presso Castelvecchio di Barga diventa il domicilio definitivo, dal quale Pascoli si distacca soltanto per gli impegni legati alla docenza universitaria. Il poeta impegna nell’acquisto della bella villa a tre piani, immersa nella solitudine e nella pace della campagna, tutti i suoi guadagni e, persino, il ricavato dalla vendita delle medaglie vinte nel concorso di composizione latina di Amsterdam.


“Il giorno fu pieno di lampi;/ma ora verranno le stelle,/le tacite stelle. Nei campi/c’è un breve gre gre di ranelle./Le tremule foglie dei pioppi/trascorre una gioia leggiera./Nel giorno, che lampi! che scoppi!/Che pace, la sera!” Questi versi de’ “La mia sera” ben descrivono l’atarassia raggiunta da Pascoli negli ultimi anni della sua vita, quell’approdo ad un porto sicuro, accogliente, consolatore, a una serenità che gli era stata negata durante l’infanzia e l’adolescenza. Le stelle che il poeta vede comparire a Castelvecchio sono “tacite” e benigne, sono quelle che brillano in un cielo divenuto sereno dopo un violento temporale e che, nella loro immota calma, si contrappongono ai lampi che hanno squarciato l’anima di Pascoli durante il giorno della sua esistenza. Sono le stelle generate dallo spirito di un uomo che sembra essersi finalmente pacificato se non con il mondo almeno con se stesso.

Quegli astri che si aprono nel “cielo sì tenero e vivo” non hanno più nulla in comune con “il pianto di stelle” che inondava l’atomo opaco del male nella notte del 10 agosto e che Pascoli invocava sul padre assassinato, stelle che cadevano come i vortici dei dipinti di Van Gogh, trascinando con sé un dolore violento e terribile, stelle che urlavano, stelle che chiedevano verità e giustizia, simili a Nemesi. Non a torto “I Canti di Castelvecchio”, l’opera della maturità di Pascoli, è considerata dai critici una delle raccolte più riuscite, quel vertice e quella perfezione della lirica che si raggiunge dopo aver tutto sperimentato in vita come nell’arte. “I Canti di Castelvecchio” che Pascoli, volutamente, fin dalla prefazione aggancia a “Myricae” ne rappresentano al tempo stesso un completamento e un’evoluzione. “E sulla tomba di mia madre rimangano questi altri canti…” si legge nell’incipit de’ “I Canti di Castelvecchio” dedica che fa da contraltare a quella di “Myricae” “Rimangano rimangano questi canti su la tomba di mio padre”: la poesia diventa un tributo, un’offerta votiva ai morti, ai cari perduti e mai dimenticati, ai penati, ma anche al pensiero stesso della morte senza il quale, afferma Pascoli, la vita è “un delirio, o intermittente o continuo, o stolido o tragico”.


Queste erano le parole che Giovanni Pascoli scriveva in uno studio grande e luminoso con le finestre affacciate sul giardino e sullo splendido panorama delle Alpi Apuane, in quella villa settecentesca, che sembra uscita da un’opera di Guido Gozzano, o forse da un libro di lettura, con le sue stanze vetuste e ombrose, cariche di ricordi e di vita.
Oggi quel luogo, per volontà della sorella Mariù, scomparsa nel 1953, fedele custode delle opere e della memoria di Giovanni è tutto immutato, come se il tempo si fosse fermato per sempre. Il visitatore che varca il cancello di Casa Pascoli ritrova emozioni, sensazioni, voci, fantasmi, ritrova versi, immagini e rumori perché la casa è più viva che mai e ci restituisce intatte, stanza dopo stanza, le impronte di coloro che l’hanno abitata, amata e protetta. Questi luoghi cantati da Pascoli sono, ancora oggi, impregnati della sua presenza e non soltanto perché le sue liriche li hanno resi immortali, ma perché il poeta ha lasciato in essi qualcosa di sé e anche forse perché qui è tornato a dormire il suo ultimo sonno, nella cappella della casa.
Senza evocare atmosfere gotiche che poco si addicono a questa terra assolata si prova quasi la sensazione di passeggiare sulle orme del poeta, di seguirlo lungo i sentieri della campagna che sembrano tracciati con il gesso, nel giardino della villa dove era accompagnato dal cane Gulì, che riposa in un angolo sotto una colonna, monumento funebre alla fedeltà, sentimento che non appartiene all’uomo. E poi ancora di ascoltare con lui campane consolatorie, forse quelle della vicina chiesetta di San Niccolò. “Don… Don… E mi dicono, Dormi!/mi cantano, Dormi! sussurrano,/Dormi! bisbigliano, Dormi!/là, voci di tenebra azzurra…/Mi sembrano canti di culla,/che fanno ch’io torni com’era…sentivo mia madre… poi nulla…/sul far della sera”.

Barbara Castellaro

Si ringraziano il Comune di Barga e il Custode di Casa Pascoli per la preziosa collaborazione

Libero e anticonformista: così era Daverio, il “critico non criptico”

Di Pier Franco Quaglieni/ Philippe Daverio e’ stato un grande studioso di storia dell’arte. Più contenuto e sobrio dI Sgarbi,  non ha mai voluto essere un accademico e basta

E’ stato un grande e brillante divulgatore dell’arte e del patrimonio storico del Paese che seppe difendere con coraggio senza lo snobismo del Fai o di “Italia nostra”; aveva un modo di parlare e di scrivere seducente che colpiva anche gli incolti, virtù molto rara in un uomo di cultura.

Pur provenendo anche lui dal mondo sessantottino si era presto affrancato dagli stilemi ideologici e sociologici che inquinano l’estetica. Presentandolo a Torino all’ Unione Industriale con Giancarlo Bonzo, io parlai di lui come dell’Anti- Argan. Tanto intellettualistico quest’ultimo, tanto limpido e immediato fu Daverio. Fu straordinariamente efficace in televisione, dimostrando una comunicativa che neppure Alberto Angela possiede.
Ma definendolo così, volevo anche mettere in evidenza il suo spirito libero. Fece l’assessore a Milano con la Lega, ma non ci furono mai sbavature di parte nel suo lavoro di critico.
Quella definizione gli piacque e rimase oltre venti minuti a dialogare con me, quasi congelando il tema che avrebbe dovuto trattare e poi affronto’ con ricchezza di argomenti e smagliante vivacità di toni.
I critici d’arte sono spesso criptici ed evanescenti nel linguaggio, Philippe invece amava la chiarezza cartesiana del linguaggio, impastato a volte da illuminazioni volteriane. Con la sua morte l’Italia perde uno dei suoi pochi intellettuali liberi e non conformisti,  una merce rara, quasi introvabile. E‘ stato un chierico che non ha tradito. La sua morte a poco più di 70 anni mi commuove e non mi consente di scrivere di più. La sua intelligenza è  stata troncata da un male contro cui ha saputo combattere con stoicismo e coraggio.Per dirla con Croce ,la sua vita intera con la sua inesauribile vivacità e’ stata preparazione alla morte che non segnerà certo l’oblio di un impegno non effimero per la cultura e per l’arte mai disgiunte dall’amore per la libertà.

Parole e musica in Monferrato

Sarà il Monferrato, sito Unesco, ad ospitare dal 1° settembre la quindicesima edizione di una rassegna di incontri, racconti e musica che è diventata da tempo un punto di riferimento ben oltre i propri confini.

È “PeM ! Parole e Musica in Monferrato”, la manifestazione piemontese che si snoderà tra San Salvatore, Lu-Cuccaro e Valenza e che anche quest’anno ha in serbo una serie appuntamenti di grande rilievo lungo il mese di settembre, tutti a ingresso gratuito.

Una edizione particolarmente importante questa, perché vuole essere, dopo la pandemia dei mesi scorsi, anche un segnale di rinascita per il Monferrato, una terra di grande suggestione, incastonata nella provincia di Alessandria, a un’ora da Torino, Milano e Genova.

Sette gli appuntamenti in programma, che confermano la vocazione della manifestazione a toccare mondi musicali e culturali diversi.

Parte consistente di “PeM!” è quella costituita da incontri con cantanti e cantautori che si raccontano accompagnati da una manciata di canzoni. Non concerti quindi, ma occasioni per scoprirli meglio al di là della musica. Quest’anno saranno: Motta, esponente di spicco della nuova scena rock, che presenterà il suo libro “Vivere la musica”, uscito per il Saggiatore (in programma il 1° settembre a San Salvatore), Enrico Ruggeri, punto fermo della miglior canzone d’autore italiana, recentemente anche apprezzato conduttore televisivo (il 13 settembre a Lu-Cuccaro alle ore 18) e Tosca, interprete di raffinatezza unica che l’ultimo Sanremo ha fortemente rilanciato (il 17 settembre a San Salvatore). Dal mondo musicale arrivano anche un personaggio di grande notorietà come Carlo Massarini, che porterà un volume prezioso, “Dear Mister Fantasy”, uscito per Rizzoli Lizard, che ripercorre parte della sua storia umana e professionale (il 16 settembre a Valenza), e Gildo Farinelli, storico fonico valenzano che festeggerà i suoi 70 anni con molti musicisti locali (il 24 settembre a Valenza).

PeM!” però vuole come sempre anche scavalcare il confine strettamente musicale e quest’anno ricordare il centenario di Gianni Rodari con due appuntamenti: quello con Fabio Troiano, attore noto al pubblico sia televisivo che cinematografico in una serata in cui si racconterà e leggerà testi dello scrittore e pedagogista piemontese (il 18 settembre a San Salvatore), e la tradizionale passeggiata sulle colline, che quest’anno sarà in compagnia del poeta e paesologo Franco Arminio (il 27 settembre a San Salvatore).

PeM ! Parole e Musica in Monferrato” si avvale della direzione artistica di Enrico Deregibus, coadiuvato da Riccardo Massola, ideatore della manifestazione nel 2007.

Tutti gli eventi sono a ingresso gratuito ma con prenotazione su www.pem2020.eventbrite.it (per info: 3240838829 dalle 10 alle 12 dal lunedì al venerdì oppure biglietteria@valenzateatro.it )

Tutti gli aggiornamenti su: www.facebook.com/PAROLEeMUSICAinMONFERRATO

La rassegna negli anni ha ospitato nomi come Nada, Diodato, Zen Circus, Luca Barbarossa, Irene Grandi, Roy Paci, Ex-Otago, Frankie hi nrg, Marina Rei, Giovanni Truppi e, in ambiti non musicali, Guido Catalano, Ernesto Ferrero, Rosetta Loy, Gianluigi Beccaria, Natalino Balasso, Guido Davico Bonino, Anita Caprioli.

PROGRAMMA

1 settembre, ore 21: incontro con Motta (San Salvatore Monferrato)

13 settembre, ore 18: incontro con Enrico Ruggeri (Lu-Cuccaro Monferrato)

16 settembre, ore 21: incontro con Carlo Massarini (Valenza)

17 settembre, ore 21: incontro con Tosca (San Salvatore Monferrato)

18 settembre, ore 21: Fabio Troiano legge Gianni Rodari (San Salvatore Monferrato)

24 settembre, ore 21: “La musica di Gildo” (Valenza)

27 settembre, ore 17: Passeggiata in collina con Franco Arminio (San Salvatore Monferrato)

PeM! è organizzato dai Comuni di San Salvatore Monferrato, Valenza, Lu-Cuccaro Monferrato

Grazie a Fondazione CRT e Fondazione CRA

Media Partner: RadioGold, Mei, Traks

Con il patrocinio di Provincia di Alessandria, Regione Piemonte, Associazione Paesaggi Vitivinicoli di Langhe-Roero e Monferrato sito Unesco

Le schede degli appuntamenti e degli ospiti di PeM

MOTTA

Vivere la musica, specie se è rock

martedì 1 settembre – ore 21, Parco Torre, San Salvatore Monferrato

Cantautore e rocker fra i più importanti delle ultime leve, Motta ha da poco scritto un libro, “Vivere la musica” (Il Saggiatore), in cui racconta cosa spinge a voler diventare musicisti, che ostacoli si incontrano e in che modo affrontarli. Un libro in cui condivide, riavvolgendo il nastro della sua vita, storie e riflessioni. Di questo parlerà con Enrico Deregibus, ma anche del suo suono, unico in Italia, e delle sue canzoni, forti, ipnotiche, emblematiche. Che farà sentire voce e chitarra, nude come sono nate.

ENRICO RUGGERI

Il signore della canzone

domenica 13 settembre – ore 18, Via Colonnello Mazza, 1 (Località Cuccaro), Lu-Cuccaro Monferrato

Le canzoni scritte per sé (Il portiere di notte, Mistero, Polvere), quelle per altri (Il mare d’inverno, Quello che le donne non dicono), quelle di altri (Si può dare di più), il punk e la chanson. È un mondo pieno di sfaccettature quello di Enrico Ruggeri, che sarà intervistato da Enrico Deregibus e regalerà alcuni di quei brani, tasselli di un ormai lungo percorso. Dal 1972 e dalla sua prima band sino ad oggi, quando ha affiancato alla musica la conduzione televisiva. Cadute e rinascite, profondità e leggerezze, domande e risposte. Ad esempio: Contessa era dedicata a Renato Zero?

CARLO MASSARINI

Dear Mister Fantasy

mercoledì 16 settembre – ore 21, Arena Carducci, via Carducci 4, Valenza

Dai Rolling Stones al prog rock e ai primi grandi concerti in Italia, dalle voci della West Coast ai cantautori, attraverso il punk e la scena newyorkese. Carlo Massarini presenterà, con Enrico Deregibus e Riccardo Massola, un volume prezioso, “Dear Mister Fantasy” (Rizzoli Lizard), in cui ripercorre gli anni 70 e 80 con parole e fotografie, ricordi di un giornalista e vj che ha fatto storia portando in Rai, per primo e prima di Mtv, la “musica da vedere”. Una serata per raccontare il sogno di una generazione che, grazie al rock, si è aperta al resto del mondo.

TOSCA

La classe, la voce, lanima

giovedì 17 settembre – ore 21, Parco Torre, San Salvatore Monferrato

Ascoltarla cantare è come entrare in un universo sospeso, piccolo e immenso, lontano dalla superficialità, dalle mode, dalla musica fatta a tavolino. Ed è stata ed è così la carriera di Tosca, fra tante collaborazioni, in Italia e all’estero, una vittoria insieme a Ron a Sanremo nel 1996, molto teatro e vari, mirati, dischi. Fino all’ultimo, “Morabeza”, e a “Ho amato tutto”, il brano che l’ha riportata a una popolarità che negli anni non ha mai anteposto ad una ricerca di qualità e di autenticità. Di questo e altro la cantante romana converserà con Enrico Deregibus, inframezzando alle parole una abbondante manciata di canzoni.

Ci vuole (sempre) un fiore

FABIO TROIANO legge Gianni Rodari

venerdì 18 settembre – ore 21, Parco Torre, San Salvatore Monferrato

A 100 anni dalla nascita, 50 dal Premio Andersen, 40 dalla morte, verrà ricordato il genio di Gianni Rodari. Lo faremo insieme all’attore Fabio Troiano (Cado dalle nubi al cinema, RIS in televisione), che leggerà pagine rodariane, all’editore Roberto Cicala e a Fabio Prevignano. Introdurrà Riccardo Massola. I ragazzi del coro del quarantesimo Campanone dArgento eseguiranno il brano scritto da Gianni Rodari, musicato da Sergio Endrigo e arrangiato da Luis Bacalov Ci vuole un fiore. In collaborazione con Fondazione Carlo Palmisano e Biennale Junior di Letteratura per ragazzi.

GILDO FARINELLI

50 anni di musica a Valenza e dintorni

giovedì 24 settembre – ore 21, Arena Carducci, via Carducci 4, Valenza

Intervistato da Fabrizio Laddago e Luca Ficalbi di Radiogoldtv, Gildo Farinelli racconterà 50 anni “al servizio” della musica come fonico. Per una sera si esibiranno per lui: Andrea Amisano (Utopia), Jo Jo Giolo (Asilo Republic), I Mambo, Max Charlie Chiarlone (Anime in plexiglass), Lucio Milano (Amici del jazz Valenza) e il chitarrista Roberto Pasino. Un modo per sottolineare l’indispensabile contributo di tutti gli addetti ai lavori del settore musicale, un comparto economico di vitale importanza per il nostro Paese.

CAMMINATA POETICA RICORDANDO RODARI CON FRANCO ARMINIO e la COLTELLERIA EINSTEIN

domenica 27 settembre – partenza ore 17, Crossodromo Rizzetto Loc. Valdolenga, San Salvatore Monferrato

Camminata di circa 5 km, al tramonto, sulle colline del Monferrato accompagnati da Franco Arminio, poeta e “paesologo” che come sempre “porterà la poesia ai generosi”, e omaggerà la figura di Gianni Rodari. Letture a cura della Coltelleria Einstein. In collaborazione con la Biennale Junior di Letteratura per ragazzi

“13 ritratti in vetrina” dal ‘900 ai giorni nostri

“Umano molto umano” Alla Casa De Rodis di Domodossola, dall’11 luglio al 20 ottobre, in memoria dei volti e delle vite segnati dalla pandemia

Cristallizzato in un intenso scatto del fotografo leccese Andrea Frazzetta, il suo volto, con quegli occhioni increduli aperti sul vuoto e tutto il suo carico d’angosce e ferite tracciate nell’anima e nella carne al termine dell’impari guerra quotidiana, si é guadagnato nell’aprile scorso la copertina del “New York Times Magazine”.

Quello di Monica Falocchi, capoinfermiera della Terapia intensiva agli “Spedali di Brescia” è sicuramente uno dei volti simbolo che hanno segnato la drammatica emergenza sanitaria dei mesi scorsi. A lei è ispirato anche “Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia)”, olio e smalto su tela realizzato dalla pittrice milanese Barbara Nahmad (docente di Tecniche e Tecnologia della Pittura all’Accademia di Brera e opere in varie collezioni e sedi museali italiane) con cui si apre la mostra “Umano molto umano”, dedicata al tema del “ritratto” ed ospitata fino al 20 ottobre in “Casa De Rodis”, il palazzetto di origine medioevale – un tempo dimora della famiglia De Rodis di antica nobiltà antigoriana – affacciato sulla piazza del Mercato al civico 8, nel centro storico di Domodossola.

Progetto di “Casa Testori” a cura di Giuseppe Frangi, la rassegna nasce su proposta e supporto della locale “Collezione Poscio”, nata dall’“appassionata incompetenza” (ironico titolo del catalogo della Collezione) dell’imprenditore edile Alessandro Poscio, scomparso nel 2013, “complice” la moglie Paola, che nell’arco di cinquant’anni ha saputo mettere insieme un’importante, prestigiosa raccolta di opere (pittura, disegno e scultura) datate fra fine Ottocento e Novecento. Spunto da cui partire, i drammatici mesi segnati dall’epidemia del Coronavirus.

“Mesi durante i quali – sottolineano gli organizzatori – siamo stati tutti profondamente segnati dai volti di coloro che erano in prima linea negli ospedali e nelle terapie intensive. Immagini che ripropongono il senso del fare un ‘ritratto’: che non è semplice restituzione delle sembianze di una persona, ma esplorazione e disvelamento di una condizione umana”. “È una coscienza” che la mostra si propone di riscoprire attraverso la presentazione di 13 grandi ritratti dall’inizio del ‘900 ai giorni nostri, proposti per 13 settimane in sequenza – come un palinsesto teatrale – nella grande vetrina di “Casa De Rodis”. Ogni sabato si assisterà al rito di “apparizione” di un nuovo volto, secondo un preciso calendario: i visitatori e i passanti saranno invitati ad esplorare e ad approfondire il singolo ritratto grazie a un testo su pannello che, oltre ai dati storici, offrirà una lettura in profondità dell’opera.

L’esposizione può dunque definirsi una vera e propria mostra “sulla piazza” con quei 13 ritratti che si affacceranno, naturalmente in riproduzione, dalle finestre dell’antico palazzetto sulla centralissima piazza Mercato di Domodossola. Secondo questo calendario:

11 – 17 luglio: Barbara Nahmad, “Ritratto di un ritratto (COVID-19, Brescia)”
18 – 24 luglio: Ottone Rosai, “Ritratto di Ottavio Fanfani”, 1946
25 – 31 luglio: Beppe Devalle, “Ritratto di Jo”, 2010
1 – 7 agosto: Giovanni Testori, “Ritratto di vecchia”, 1977
8 – 14 agosto: Filippo De Pisis, “Garçon de Boulevards”, 1928
15 – 21 agosto: Carlo Fornara, “Ritratto della sorella Marietta davanti alla chiesa del lazzaretto a Prestinone”, 1896
22 – 28 agosto: Aldo Mondino, “Ritratto”, 1987 (Coll. Privata, Milano)
29 agosto – 4 settembre: Giosetta Fioroni, “Liberty in gabbia”, 1969
5 – 11 settembre: Mario Schifano, “Ritratto di Boccioni”, 1985
12 – 18 settembre: Renato Guttuso, “Ritratto di Mario Alicata”, 1940
19 – 25 settembre: Gianfranco Ferroni, “Autoritratto”, 1946
26 settembre – 2 ottobre: Matteo Fato, “Ritratto di Charles Duke” (Moon1972)2019
3 – 11 ottobre: Umberto Boccioni, “Ritratto della madre”, 1911/12

Per info: tel. 347/7140135 o mostre@collezioneposcio.it

Gianni Milani

 

Nelle foto

– Barbara Nahmad: “Ritratto di un ritratto (COVID – 19, Brescia)

– Renato Guttuso: “Ritratto di Mario Alicata”, 1940

– Umberto Boccioni: “Ritratto della madre”, 1911-12

– Ottone Rosai: “Ritratto di Ottavio Fanfani”, 1946

– Filippo De Pisis: “Garcon de Boulevards”, 1928

 

La rassegna dei libri più letti del mese

Ecco una piccola rassegna dedicata ai titoli che maggiormente hanno interessato i lettori iscritti al gruppo di Facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri nel mese di agosto.

Primo posto per l’intenso Fiore di roccia, di Ilaria Tuti (Longanesi), racconto “al femminile” ambientato durante la Grande Guerra; segue l’interessante dibattito sulla saga scritta da Natasha Salomons, I Goldbaum (Neri Pozza); terza posizione per Cinque donne e un arancino, leggero racconto di Catena Fiorello (Giunti).

 

Il sondaggio del mese ha incoronato l’investigatore più amato dai lettori ma la sfida è stata davvero appassionante, così come il dibattito che ne è seguito: se volete saperne di più, potete leggere l’articolo QUI 

Nel mese di agosto ricorreva l’anniversario della nascita di Ray Bradbury, geniale e profondo cantore di un’America ormai scomparsa e autore del celeberrimo Fahrenheit 451, pietra miliare della fantascienza e fulgido esempio di quella che oggi chiamiamo narrativa distopica.

Per conoscere meglio questo grande scrittore, oltre al succitato Fahrenheit 451, noi proponiamo la lettura del classico L’estate incantata e del meno noto, ma inquietante, Il popolo dell’autunno, più volte citato da King come fonte d’ispirazione per il suo It.

 

Per il mese di agosto, la libreria LA CONFRATERNITA DELL’UVA di  Bologna ha scelto per i nostri lettori: L’estate che sciolse ogni cosa di Tiffany McDaniels (Atlantide Edizioni), un libro di una giovane autrice statunitense che ha già il respiro di un nuovo classico americano; Dal tuo terrazzo si vede casa mia di Elvis Malaj (Racconti Edizioni). Il nuovo corso della produzione letteraria italiana è lasciare che anche gli italiani di seconda generazione possano raccontarsi: in questo romanzo troverete una linfa, una rabbia e una vitalità inedita; La confraternita dell’uva di John Fante (Einaudi), un titolo che è anche un omaggio e una strizzatina d’occhio al nome della libreria!

Per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e delle letteratura venite a trovarci sul nostro sito ufficiale e scoprite ogni settimana i consigli letterari del nostro canale Youtube!

A presto e buone letture!

 

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Bookdealer, le librerie indipendenti sfidano i colossi dell’e-commerce

È online da qualche giorno Bookdealer, l’e-commerce italiano dedicato alle piccole librerie indipendenti.

Un “diretto” concorrente dei ben più famosi siti di e-commerce, il sito nasce proprio con lo scopo di permettere a queste piccole realtà di sopravvivere alla competizione. Garantendo lo stesso servizio. Da adesso sarà quindi possibile per le piccole librerie indipendenti potranno vendere i loro libri online e farsi trovare più facilmente dai potenziali clienti. L’idea di Bookdealer nasce dalla collaborazione di Leonardo Taiuti,  uno degli editori di edizioni Black Coffee, e Mattia Graravaglia, libraio e titolare della Libreria del Golem di Torino. Entrambi si sono lasciati ispirare dal sito statunitense Bookshop. Finora al progetto hanno aderito 124 librerie.

Libri Bookdealer

Come funziona Bookdealer?

Acquistare un libro su Bookdealer è molto semplice. Basta cercare il libro desiderato e poi selezionare la libreria dove effettuare l’acquisto. La libreria si può scegliere in base a diversi fattori come ad esempio il metodo di consegna o la città. Solitamente la consegna viene effettuate dalla libreria stessa (opzione più economica), ma si può optare per la consegna tramite corriere.

Anche le tempistiche di consegna variano, in base alla disponibilità o meno del titolo, dalla distanza e dal tipo di consegna selezionato. Tutte le informazioni sono chiaramente reperibili sul sito Bookdealer.

Una volta effettuato l’ordine viene inviata una mail che comunica se il libro è già disponibile in libreria o va ordinato. E in base a questo viene calcolato un tempo di consegna stimato.

L’importanza di sostenere le piccole attività

Ma chi compra un libro su piattaforme come Bookleader non lo fa per la sua velocità, anche perché per effettuare l’acquisto ci vuole qualche passaggio in più rispetto ai siti più famosi siti di e-commerce. Comprare un libro su questa piattaforma significa comprare il libro in libreria e aiutare quella piccola realtà, che magari conosciamo.

Sarà l’inizio di una nuove era anche per le piccole attività? Lo vedremo solo con il tempo.

“Ho tutta la vita da vivere. Ho tutto il mio amore da dare”

Music tales, la rubrica musicale

Ho tutta la vita da vivere

Ho tutto il mio amore da dare

E sopravviverò

Sopravviverò (Hey-hey)

Ho preso tutta la forza che avevo

Per non andare in pezzi

Ho continuato a provare duramente a mettere insieme

I cocci del mio povero cuore infranto

E ho passato oh così tante notti

Proprio a compiangermi

Piangevo

Ma adesso tengo la testa alta

E tu mi vedi

Rinnovata”

Poco tempo fa una mia allieva mi disse:” e niente maestra, dopo anni ed anni a temere di non farcela ho messo un piede fuori dalla teca e, voilà, non mi sono rotta”.

I Will Survive, sopravviverò.

Canzone di Freddie Perren e Dino Fekaris, interpretata e resa nota da Gloria Gaynor nel 1978, descrive in prima persona l’esperienza del narratore che trova una nuova forza interiore dopo essersi ripreso da una rottura col partner, ora abbandonato. La canzone è stata spesso usata sia come un inno dell’empowerment (lett. “potenziamento”, cioè presa di coscienza e assunzione di responsabilità) femminile, sia come inno gay. La Gaynor stessa è diventata una icona gay indiscussa. (pensavate fosse solo Cher eh!? n.d.r.)

L’hanno ripresentata e ri-arrangiata una quantità industriale di artisti, d’altra parte parliamo di un brano che ricevette un enorme airplay nel 1979, tanto che giunse alla vetta della classifica statunitense di Billboard; un classico della discomusic ancora molto in voga nelle discoteche e nelle radio. I will survive ha ricevuto il Grammy Award per la Miglior Canzone Disco nel 1980, l’unico anno in cui fu assegnato quel premio.

Insomma mica pizza e fichi!

Senza indulgenza alcuna Freddie Perren ha dato una chiara e nitida idea di come si possa rialzarsi senza arrendersi dopo la più o meno tragica fine di una storia. 

Minimizza il significato tristissimo dell’abbandono con un sound Disco-dance che tende quasi a renderlo gioioso…per modo di dire.

Io penso che alla fine tutta la vita non sia altro che un atto di separazione, ma la cosa che crea più dolore è non prendersi un momento per un giusto addio…ma si sa, le persone non hanno più tempo.

Meravigliosa la versione di Mario Jose, un po’ electro -funky, spero vorrete dirmi che ne pensate.

https://www.youtube.com/watch?v=XYeuvbhKy4I

Chiara De Carlo


Chiara vi segnala i prossimi eventi …mancare sarebbe un sacrilegio!

Tutto esaurito alla Grande Invasione

Si chiude con un bilancio positivo l’ottava edizione de La grande invasione, il festival della lettura di Ivrea che da l28 al 30 agosto 2020, finalmente in presenza ,ha registrato il tutto esaurito per ognuno degli eventi in programma.

Reading, lezioni, mostre per un totale di oltre 100 ospiti in tre giorni.La grande invasione è un evento sempre molto atteso dalla città di Ivrea e tanto più significativo quest’anno, visto che il festival nasce dalla volontà di condividere tutti insieme un atto tradizionalmente solitario come quello della lettura. Per questo, dopo aver proposto nelle abituali date di inizio giugno il ciclo di lezioni online #aspettandoinvasione2020, gli organizzatori hanno iniziato a lavorare sul programma affinché il festival si potesse svolgere entro la fine dell’estate.“La condizione perché questa edizione si potesse svolgere regolarmente era riuscire a fare tutto nella massima sicurezza:le norme che abbiamo adottato sono state addirittura più severe di quelle previste dal Ministero, eppure questo non ha frenato l’entusiasmo del pubblico che,accettando di buon grado le indicazioni del personale volontario al controllo accessi,ha continuato ad affluire nei luoghi del festival, sia quelli all’aperto sia al chiuso.Anche negli spazi in cui sono state allestite le cinque mostre, a cui si poteva accedere in gruppi ristretti,c’è stato sempre movimento”,commentano i curatori dell’evento Marco Cassini e Gianmario Pilo.“C’era un gran bisogno di riunirsi, senza contare che a causa del lockdown molti autori, tra cui gli esordienti, non hanno avuto modo di far conoscere il loro libro e anche per questo abbiamo voluto dare loro spazio”.Tutto questo è stato possibile grazie all’impagabile sforzo da parte dello staff e dei volontari.Soddisfatte della risposta del pubblico anche Lucia Panzieri e Silvia Trabalza,che a proposito della Piccola invasione,raccontano:“Non solo i piccoli lettori, ma anche gli insegnanti e i genitori hanno partecipato con interesse ai vari incontri, che infatti nonostante il meteo sfavorevole sono andati tutti esauriti. In particolare siamo contente della collaborazione avviata con Babelica e Matota Festival”.In questa annata particolare un grazie va ai partner e sponsor che hanno reso possibile, con illoro importante contributo,l’edizione 2020: la Città di Ivrea e la Regione Piemonte, IntesaSanpaolo e Fondazione Compagnia di SanPaolo, AEG Cooperativa, Azimut, Icas, Scuola Holden,YogiTea, Carmomech, Aircom, Progind, Matrix Mechatronics, Core Informatica, Osai,Message, Sirio Assicura, Dirivet .L’appuntamento per la nona edizione della Grande invasione è tra nove mesi, dal 28 al 30 maggio 2021, naturalmente a Ivrea.
www.lagrandeinvasione.it

In viaggio con Contrera per le strade di Barriera di Milano

La trilogia di Contrera è una trilogia sulla saga di Barriera di Milano, scritta da Christian Frascella. Poche le speranze di tornare agli antichi splendori. Bel libro anche l’ultimo,  e soprattutto scritto in modo magistrale ed accattivante, come del resto i primi due della serie.

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L’autore è nato in Barriera nel 1973 e probabilmente ha sentito, o gli e stato raccontato di una Barriera viva  e presente, direi (forse eccessivamente) identitaria. Prima ci nascevi,  ci vivevi e ci morivi. Ora puoi solo scappare. L’invenzione di Contrera, detective ed ex poliziotto che ha il suo ufficio in una lavanderia a gettoni gestita da un marocchino è assolutamente originale. Contrera è un campione nel fare ciò che non dovrebbe fare per raggiungere ciò che vorrebbe raggiungere. Fallisce in tutto meticolosamente, tranne capire chi è l’assassino.
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Ex poliziotto- perché corrotto – che ha deluso il padre, mitico poliziotto di Barriera che tutti stimavano, un poliziotto di strada che amava ed era amato da una intera collettività. Collettività che ora non esiste più. Negli anni 70 il commissariato di Zona era in via Malone. Tra corso Giulio Cesare e Corso Vercelli. Per gioco, noi ragazzi di Barriera, ci avvicinavamo ai muri scrivendo slogan politici. Il commissario sapeva. Ci faceva fare sapendo della nostra innocuità’. In via Feletto i bar dei calabresi: dalle sei di sera si riempivano di muratori che bevevano birra mangiando noccioline americane. E i pugliesi che inondavano piazza Foroni ed il suoi banchi del mercato. In via Crescentino si produceva ancora con una miriade di artigiani. Tanti falegnami nei cortili delle case. Come i materassai che al cambio di stagione venivano a riattare i materassi. Tra falegnami e materassai quanta polvere! Torniamo alla letteratura.
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Anche negli affetti Contrera è un disastro. Separato con figlia adolescente ha decisamente rapporti difficili improntati alla più totale rottura. Non ci fosse la sua amorevole sorella dormirebbe per strada. Adorato dai nipoti e disprezzato dal cognato direttore di banca. Vivono dalle parti di via Oxlia dopo piazza Rebaudengo. Mi ricordo che fino alla fine degli anni 60 era poco costruita, poi il boom delle case popolari. Minima la comunità Rom. Qualche piccolo furto, ma nel complesso la situazione era accettabile. In Piazza Rebaudengo c’è ancora la pesa pubblica,  ovviamente in disuso.
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Dalle basse di Stura partivano i carbonai che vendevano il carbone a Porta Palazzo. Dopo corso Vercelli si infilavano in via Renato Martorelli, pochissime auto con il solo rumore degli zoccoli. Il carretto si fermava. L’oste si chiamava Giacu e versava un quartino di vino rigorosamente rosso e poi via, verso l‘altra osteria. Si sa che il carbone asciuga e l’acqua era controindicata. Ora corso Giulio Cesare e corso Vercelli sono  tra i più grandi supermercati di droga. Tra i più convenienti. Contrera sguazza in questa melma tra improbabili giustizieri della notte, capi mafiosi e gang senegalesi. Non è una novità che in corso Novara angolo corso Giulio Cesare bande rivali si prendano ad accettate. Proprio davanti alla lapide di Elio Barontini, partigiano anarchico. E le case di ringhiera di via Cuneo e via Bra dove ora trovarci un italiano è pressoché impossibile, ma negli anni 60 ci abitavano mia nonna materna e gli zii sempre materni. Primo turno alle sei del mattino tra Grandi Motori e Facis in Corso Emilia. Ora Contrera indaga su omicidi e degrado. Una volta la Barriera era terra di operai ed artigiani, ora è terra di spacciatori ed emarginati. Un territorio in balia di se’ stesso ad un paio di chilometri dal centro e dal quadrilatero romano, dove ebbe i natali la nostra bella città.
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Confessiamo un un nostro personale debito verso l’autore. Riesce a descrivere questa disperazione con una certa leggerezza che rende la lettura gradevole e meno onerosa per chi ci è nato e vissuto, come il sottoscritto. Il suo racconto penetra nelle strade dandone una visione nitida. Contrera usa l’auto della sorella. La sua gli è stata bruciata perché ha pestato i piedi a chi non doveva pestarli. È un uomo capace schiacciato dal troppo peso del ricordo di suo padre. Piccoli viaggi in auto  che, concretamente ti fanno capire che cosa è diventata Barriera. Ad una cena tra vecchi amici mi sfottevano perché invocavo l’intervento dell’Esercito e  poi dicevano, giustamente , che Chistian Frascella era un grande per questi suoi romanzi. Nel terzo libro mi sembra che le conclusioni siano molto ma molto simili. A mali estremi estremi rimedi. Quando c’è cancrena bisogna amputare. Viceversa tutto il corpo si ammala. Francamente è dura sperare, ma è l’unica carta in mano che abbiamo da calare. Proprio il finale pessimismo dell’autore potrebbe essere un buon viatico affinché qualcosa cambi. Si diceva una volta che per ritornare in paradiso bisogna scendere negli inferi. Indubbiamente Barriera di Milano sta conoscendo qualcosa di molto simile all’inferno. Durissima la risalita,  ma è un nostro dovere impegnarci e sperare ancora.
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Patrizio Tosetto
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(Le foto di Barriera sono di Urban Lab Torino)