CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 46

‘Danze alla festa dei mulini’, concerto degli Archi dell’OFT

Al Conservatorio Giuseppe Verdi con protagonista il flautista Mario Bruno

Martedì 11 marzo, alle ore 21, presso il Conservatorio Giuseppe Verdi, in piazza Bodoni, si terrà  il concerto intitolato “Danze alla festa dei mulini”; protagonisti dell’appuntamento gli Archi di OFT, che saliranno sul palco del Conservatorio guidati come sempre dal maestro concertato Sergio Lamberto. Ospite della serata il flautista Mario Bruno, una delle più giovani stelle protagoniste della stagione One way together. Primo premio al concorso di Kobe e secondo ai concorsi ARD e Ginevra, Bruno si è distinto per tecnica, espressività  e profonda capacità interpretativa, venendo notato dalla critica e dal pubblico  e ottenendo prestigiosi riconoscimenti.

In programma quattro brani di due maestri assoluti del Barocco, Georg Philipp Telemann e Johann Sebastian Bach.

Di George Philipp Telemann, nato a Magdeburgo, che in vita viaggiò e lavorò in diverse città della Germania, verranno eseguite la Ouverture e la Suite Burlesque de Quixotte per archi TWV 55:G10  e il concerto in Sol maggiore  per flauto e archi TWV 51G2. Il primo brano fa riferimento al cavaliere errante Don Chisciotte de la Mancia, famoso personaggio letterario inventato da Miguel de Cervantes che Telemann celebra evocandone in musica,  con sfumature divertite e ironiche, le avventure e la follia. Il concerto in Sol maggiore per Flauto e Archi TWV 51 G2, strutturato in tre movimenti secondo il tradizionale schema dei concerti barocchi e con influenze dalle tradizioni musicali tedesche e francesi, è un altro esempio affascinante dell’abilità compositiva di Telemann, soprattutto per quanto riguarda il flauto, di cui viene valorizzata tutta la potenzialità espressiva. A tre secoli di distanza dal momento in cui venne scritto questo concerto, uno dei lavori più amati dai flautista, il ruolo solistico è affidato alla freschezza di un talento giovane, ma già affermato, come quello di Mario Bruno.

Di Johann Sebastian Bach verrà eseguita la celeberrima Aria sulla Quarta corda della Suite n. 3 in re maggiore  BWV 1068, una delle più famose suite orchestrali che il compositore tedesco scrisse per accompagnare eventi di corte. L’Aria è uno dei suoi movimenti più distintivi, seppur nella semplicità dell’impianto formale ed è  da sempre un pezzo molto amato per la sua bellezza, raffinatezza compositiva e intenso lirismo. La trascrizione di Wilhelmj che ha dato il titolo “sulla quarta corda” rimanda al fatto che il violino suona quasi interamente sulla quarta corda, la corda più  grave, ovvero il sol.

La suite n. 2 in si minore  BWV 1067 è un’altra delle suite orchestrali di Bach, che venne però specificatamente scritta per archi e flauto con un uso brillante della strumentazione.  Il Flauto ne è protagonista assoluto, tra capacità melodica e virtuosismo. Gli Archi OFT e Mario Bruno  ne porteranno sul palco la ricchezza di scrittura e la varietà di danze, a chiusura di un concerto che è un omaggio alla grande musica barocca.

Il viaggio musicale sul van targato OFT rappresenta anche un viaggio nell’immaginario del flautista Mario Bruno. La grafica collage che accompagna il concerto è stata realizzata dal creativo Gabriele Mo anche sulla base delle suggestioni personali del solista. Un percorso completato dal micro racconto che aprirà il concerto in Conservatorio, scritto appositamente per OFT dal giornalista e musicista  Lorenzo Montanaro. La lettura del testo, per immergersi nell’atmosfera speciale del concerto, è affidata all’associazione Liberipensatori Paul Valery e all’Accademia di formazione teatrale Mario Brusa di Torino.

Il concerto di martedì 11 marzo alle ore 21 al Conservatorio Giuseppe Verdi di Torino sarà preceduto da due momenti di prova aperti al pubblico. La prova generale è in calendario lunedì 10 marzo alle ore 18.30 presso il teatro Vittoria, in via Gramsci 4 a Torino.

I biglietti sono in  vendita presso la sede dell’Orchestra Filarmonica di Torino e mezz’ora prima del concerto presso il Conservatorio  a euro 25,15 e 8. I biglietti sono anche acquistabili online sul sito www.oft.it

Per info tel 533387, biglietteria@oft.it, Torino, via XX settembre 58.

Mara Martellotta

Le grange dei marchesi Cavour e Gozzani

Le grange vercellesi costituivano già nei tempi antichi un vasto territorio compreso tra Crescentino, Livorno Ferraris, Trino e 
Fontanetto Po, rappresentando fonte di ricchezza per la presenza di abbondante acqua.
Continuamente contese dalle comunità e abbazie di San Genuario e Lucedio, erano considerate le fattorie dei monasteri. L’abbazia di Santa Maria di
Lucedio fu costruita nel 1109 al tempo di Guglielmo I° di Monferrato, passata ai monaci cistercensi provenienti dalla Francia con atto del 1123 redatto dal marchese Rainero. La tenuta di Lucedio era costituita dalle attuali grange di Castel Merlino, Montarolo (Montis Auriolo), Montarucco, Ramezzana, Darola ovvero la Versailles delle risaie (Corte Auriola), Leri (Alerii) e con altri appezzamenti del Canavese e Monferrato rappresentò la massima espansione della risicoltura.
Leri, una delle grange più antiche, comprendeva una fortificazione oggi inesistente e fu bonificata dai monaci per la coltivazione del riso, acquisita dal monastero di San Genuario nel 1179. Lucedio era una posizione strategica lungo la via Francigena, motivo di scontro tra le dinastie Gonzaga, Savoia e Napoleone, rappresentando un centro di potere economico, politico e religioso. Con l’occupazione francese del Piemonte, la tenuta di Lucedio venne divisa con Decreto della Commissione Esecutiva del 1801 in seimila azioni del valore di 500 lire ciascuna, obbligandone l’acquisto ai cittadini più facoltosi, ma nel 1804 ritornò al demanio. Nel 1807 Napoleone cedeva Lucedio e le sei grange al cognato Camillo Borghese, governatore generale del Piemonte prima della restaurazione, per tre milioni di lire quale quarta parte del prezzo delle 322 opere formanti la galleria d’arte romana del valore di dodici milioni di lire, da lui venduta al governo francese.
Caduto Napoleone, Borghese voleva vendere le sette grange ai privati, ma i Savoia ne sequestrarono i beni dalla Magistratura. Ritenuto illegale il sequestro dal protocollo di Parigi del 1816, le grange furono vendute  dal Borghese nel 1818 al marchese Michele Benso di Cavour, al marchese Carlo Giovanni Gozzani di San Giorgio (figlio di Carlo
Antonio e Sofia D’Oria) e a Luigi Festa, direttore di una società immobiliare di affitti proprietà di Giuseppina Gattinara e Marco Antonio Olivero, già tenutaria delle grange concessa dal demanio nel 1807. La spartizione della tenuta avvenne nella misura di 24/24: 6/24 al Festa con Darola, Montarolo e 1/2 Ramezzana, 6/24 al Cavour con Leri e Montarucco, 12/24 al Gozzani con Lucedio, Castel Merlino, 1/2 Ramezzana e la tenuta S. Bernardino di Trino. La spartizione effettiva avvenne solo nel 1822. All’Ordine Mauriziano furono restituite prima le tenute di Montonero nel 1818, quindi Gazzo e Pobietto nel 1827, già passate al demanio e poi vendute alle Regie Finanze dello Stato nel 1854.
La comunità di Lucedio fu così soppressa e aggregata al comune di Trino nel 1818 e ancora oggi ne forma una frazione. Michele Benso era in effetti l’amministratore di Lucedio, ma il Borghese voleva inserire al suo posto Evasio Gozzani di San Giorgio, già amministratore, con il figlio Giuseppe, del Borghese e della moglie Paolina Bonaparte nelle segreterie di Roma. Non trovando accordo economico, Evasio (definito il marchese pazzo) propose l’acquisto di Lucedio al nipote Carlo Giovanni, il quale era già in affari con il Benso per la creazione della prima società di navigazione del lago Maggiore con una società di Locarno. Evasio riuscì ad inserire in casa Borghese il nostro architetto Luigi Canina, dove ebbe inizio la propria fortuna. Carlo Giovanni nel 1827 lasciò in eredità il suo enorme patrimonio, costituito in sette milioni di lire, al cugino d’Austria Felice Carlo Gozani.
Con il proprio fallimento dichiarato dal tribunale di Casale nel 1861, in parte dovuto al gioco d’azzardo, Felice Carlo fu costretto a vendere le grange di Lucedio a Raffaele de Ferrari duca di Galliera, insignito nel 1875 del titolo principe di Lucedio per i servizi resi alla patria dai Savoia con Regio Decreto. Le stazioni ferroviarie genovesi furono intitolate ai coniugi de Ferrari, Genova Principe di Lucedio de Ferrari e Genova Brignole dal nome della moglie Maria Brignole Sale. Tramite l’acquisto del conte Paolo Cavalli d’Olivola nel 1937, oggi Lucedio è proprietà della figlia contessa Rosetta, pronipote della contessa Paolina Gozani sepolta a Casale nella tomba gentilizia del marito Alessandro Cavalli d’Olivola, legale del padre Felice Carlo sepolto a San Giorgio nella tomba gentilizia del conte Umberto Cavalli d’Olivola. Il marchese Carlo Giovanni e i suoi genitori sono sepolti nel sotterraneo, da loro acquistato, della chiesa parrocchiale di San Giorgio edificata dal nonno di Carlo Giovanni, marchese Giovanni Battista Gozzani.
Titus Gozani, ultimo marchese di San Giorgio vivente della linea austriaca e la moglie Eva Maria Friese, abitanti in Germania, nel 1998 fecero visita alla cugina Rosetta nella tenuta di Lucedio e nel 2019 ritornarono, su nostro invito, nelle proprietà dei loro antenati, i palazzi Treville e San Giorgio Gozzani di Casale e il castello Gozzani di San Giorgio. Il padre di Titus, marchese Leo Ferdinando III°, incontrò nel 1937 il cugino conte Paolo Cavalli d’Olivola nel castello Gozzani di San Giorgio. La grangia di Leri proprietà di Michele Benso, vicario e sovraintendente generale di polizia e politica di Torino, venne affidata nel 1835 al secondogenito Camillo e alla contessa di Clermont-Tonnerre, società che si sciolse con la morte del marito.
La nuova società formata dal conte Camillo Benso di Cavour, dal fratello primogenito marchese Gustavo e dall’agricoltore Giacinto Corio portò una forte innovazione all’azienda applicando i nuovi principi dell’agronomia, confermando quanto Camillo aveva manifestato nella valorizzazione delle
Langhe. Da pochi anni è in corso un progetto di recupero per tutelare e valorizzare il Borgo Leri Cavour, luogo di riposo dello statista, promosso dall’associazione L.E.R.I. Cavour ODV presieduta da Roberto Amadè. Il Borgo ha organizzato domenica 11-12-2022 il primo concerto di Natale sul piazzale della chiesa, ospitando il Casale Coro diretto dal maestro Giulio Castagnoli.
Armano Luigi Gozzano 

“Cosa resta di una guerra”

“Cosa resta di una guerra – un operatore umanitario in Bosnia Erzegovina”  di Michele Ricca sarà presentato il 18 marzo al Qubi, alle 18, alla presenza di Alessandro Barbero e di Enrico Remmert

Sarà presentato martedì 18 marzo alle ore 18, presso il Qubi di via Parma 75, a Torino, il libro intitolato “Cosa resta di una guerra – un operatore umanitario in Bosnia Erzegovina” di Michele Ricca. Interverranno alla presentazione lo storico Alessandro Barbero e lo scrittore Enrico Remmert.

Dalla sinossi: “Cosa resta di una guerra” contiene pezzi di vita e di lavoro raccolti dall’autore durante l’impiego come Protection Officer per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) in Bosnia Erzegovina nel 1996. Attraverso gli occhi dell’autore emergono allo stesso tempo molti aspetti utili per comprendere i contorni di una sanguinosa guerra civile nel cuore dell’Europa. Il volume contiene 25 storie racchiuse in 7 capitoli ed è arricchito da diverse mappe tratte da Limes e dalla prefazione di Alessandro Barbero. I capitoli si aprono tutti con ricche contestualizzazioni composte da dati, sigle e definizioni. Le appendici, nel finale, presentano a loro volta cifre, link e considerazioni personali dell’autore. Nel mezzo le tante storie vere che parlano di croati, bosniaci e serbi, di truppe NATO, di personale ACNUR, di organizzazioni umanitarie, di forze dell’ordine e autorità locali, di vittime ed ex combattenti, di rifugiati e profughi, di estremisti e criminali, di preti e mullah. Un contributo inedito utile a tenere presente cosa lascino dietro di sé le guerre quando i riflettori mediatici si spengono.

Info@ilpontesulladora.it

Mara Martellotta

L’isola del libro

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RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Colm Tóibín “Long Island” -Einaudi- euro 20,00

Il grande scrittore irlandese 69enne ci affascina con questo romanzo dal finale incerto; sequel del precedente successo “Brooklyn” (2009), che aveva ispirato l’omonimo film adattato da Nick Hornby, interpretato da John Crowley e Saoirse Ronan.

Durante la pandemia Tóibín ha fantasticato su un possibile seguito, al quale ha lavorato al ritmo di 10 ore al giorno. Ed ecco questo bellissimo testo scritto con il suo rigoroso stile letterario. “Brooklyn” si era concluso con il ritorno in America della protagonista, Eilis Lacey, che si era recata nella natia Irlanda per la morte della sorella.

Ora sono trascorsi 20 anni, Eilis vive a Long Island con il marito Tony, i figli Larry e Rossella, ad un passo dalle villette di suoceri e cognati italoamericani; una piccola enclave fondata su legami di sangue e reciproco aiuto.

Il suo rassicurante ritmo di vita quotidiano viene infranto da uno sconosciuto che bussa alla porta e le ringhia contro. E’ il marito “cornuto” a casa del quale Tony aveva fatto dei lavori; poi però si era anche sollazzato con la padrona di casa e l’aveva pure messa incinta. L’uomo le annuncia che non ha nessuna intenzione di tenere il figlio del peccato e che lo scaricherà davanti alla porta di Eilis.

E’ la bomba che fa esplodere l’esistenza della protagonista e scava un baratro con il marito fedifrago e la famiglia di lui. Eilis è determinata a non voler crescere il futuro nascituro e non accetterà nemmeno che ad occuparsene sia la suocera. L’ultimatum è chiaro e inappellabile: se il bastardino entrerà in famiglia, lei ne uscirà definitivamente.

E, giusto perché l’aut aut sia ancora più esplicito, decide di partire per l’Irlanda portando con sé i figli; adduce come scusa il compleanno dell’ottuagenaria madre, ma ovviamente dietro c’è molto di più.

Il seguito narra il suo ritorno a Enniscorthy, dove l’ultima volta aveva avuto una relazione con Jim. Poi era ripartita senza dare spiegazioni per tornare dal marito.

Jim però non l’ha dimenticata; è rimasto single, dedito solo al suo pub. Solo ultimamente frequenta di nascosto Nancy (amica di Eilis); vedova e madre di due figli, che manda avanti una friggitoria, barcamenandosi tra mille difficoltà.

Un legame che viene messo in pericolo dal ritorno di Eilis….

 

 

Ursula Parrott “Ex wife” -Gramma Feltrinelli- euro 18,00

Ursula Parrot è lo pseudonimo della giornalista, scrittrice e sceneggiatrice Katherine Ursula Towle, (nata nel 1899, morta nel 1957). Ebbe una vita movimentata, con 4 matrimoni e svariate relazioni con personaggi di spicco dell’epoca, tra cui Francis Scott Fitzgerald. Morì stroncata da un tumore a 58 anni, in povertà e dimenticata da tutti.

Pubblicò questo romanzo nel 1929 riscuotendo notevole successo; ma anche suscitando un certo scandalo perché metteva in scena la storia di una difficile emancipazione femminile.

E’ ambientato a Manhattan negli Anni ’20, era del jazz e delle trasgressioni. Patricia e Peter si sposano nel 1924 e incarnano una giovane coppia che trascorre le serate tra balli, feste e alto tasso etilico. I due pattuiscono di dirsi sempre tutto.

5 anni dopo lei confessa la sbandata di una notte e Peter non la prende affatto bene. Nonostante lui abbia un’amante da anni, decide di mettere una pietra tombale sul matrimonio. Verdetto inappellabile che relega Patricia al triste ruolo di ex moglie.

L’autrice racconta con spietato acume i vari stati d’animo in cui sprofonda la donna, nello snervante turbinio tra speranza e disillusione; avviluppata dai consigli delle amiche, e pure da perfide pseudo-amiche che sputano veleno a palate e finiscono per confonderla. Ma è anche la difficile rimonta di una nuova Patricia che si mantiene da sola con il lavoro di copywriter e festeggia la ritrovata libertà e l’indipendenza.

 

 

Giorgio Biferali “A New York con Paul Auster” -Giulio Perrone Editore- euro 16,00

Prima di tutto un plauso all’editore Perrone per l’idea della collana “Passaggi di dogana” dedicata alle città viste attraverso gli occhi e le opere di grandi scrittori. I lettori vengono trascinati tra le vie e i punti di riferimento letterari scoprendo: Lisbona con Tabucchi, Buenos Aires con Borges e, ancora, tra le molte altre mete, la Costa Azzurra con Fitzgerald e l’Oriente con Terzani. Insomma una preziosa manna per i bibliofili.

Giorgio Biferali, nato a Roma nel 1988, scrittore e docente dell’Accademia Molly Bloom, ci accompagna nelle strade della Big Apple attraverso i libri di Auster. E rimpiange di essere arrivato a New York 10 giorni dopo la morte dello scrittore (nell’aprile dell’anno scorso); così il libro è anche la nostalgica storia di un appuntamento mancato.

Il volume dedicato alla New York di Auster non è un romanzo, non è un saggio e neppure una guida in senso classico; piuttosto è una piacevolissima traccia narrativa.

Ci avventuriamo tra citazioni, riferimenti culturali e passi dei romanzi del grande autore, immenso cantore della città unica al mondo. Da nord verso sud attraversiamo una New York inedita: di quartiere in quartiere, passando per parchi, strade e ponti, da scoprire con occhi nuovi.

Attraverso la letteratura, il cinema e le serie tv, avrete uno speciale ritratto della Big Apple.

Dalla Columbia nell’Upper West Side (dove Auster alloggiò nel dormitorio dell’Università), alla nuova Harlem, Manhattan, Soho e Queens; fino alla zona che forse gli somiglia più di tutte, Brooklyn, spesso tanto presente nelle sue opere.

Una New York meditata e svelata nelle sue molteplici sfaccettature: frenetica, rumorosa, umorale, affollata, emotiva, gentile, ma anche pericolosa. Questo è uno dei libri da mettere in valigia per il vostro prossimo viaggio nella città dalle mille luci e che non dorme mai.

 

 

A.K. Blakemore “L’insaziabile” -Fazi Editore- euro 18,50

L’autrice inglese, che aveva esordito con “Le streghe di Manningtree” (sulla caccia alle streghe nell’Inghilterra del XVII secolo), ora torna in libreria con questo secondo romanzo che narra l’avventura picaresca e grottesca di Tarare, ragazzo perennemente affamato.

Blakemore ha traslato in forma romanzesca una vicenda realmente accaduta nella Francia di fine Settecento. Quella del giovane diventato famoso per la sua sorprendente capacità di ingurgitare qualsiasi cosa, oggetti compresi.

E’ la storia di Tarare, ed è documentata. L’autrice ama scavare in epoche tramontate; poi mette in campo l’immaginazione e narra con la sua consueta scrittura elegante. Qui ricostruisce la breve, incredibile e dannata vita di Tarare, che lui stesso racconta alla giovane suora Perpetuè, rimasta al suo capezzale fino alla fine. Attratta -ma anche pervasa da repulsione- di fronte all’uomo-mostro.

Tarare, orfano di padre già alla nascita, vive un’infanzia derelitta con la madre prostituta (che l’ha addirittura costretto a seppellire la sorellina morta) e il patrigno contrabbandiere che tenta di ucciderlo con un’accetta. Il ragazzino riesce a fuggire e si unisce a un gruppo di girovaghi sbandati, che lo trasformano in fenomeno da baraccone.

Tarare diventa una sorta di essere ripugnante, malfatto e in preda a una fame smisurata, che è potente metafora della mancanza di amore. La sua è una spasmodica ricerca che ne determina la vita.

Si ingozza di qualsiasi cosa e in continuazione: tappi di sughero, cibo marcescente, frattaglie immonde e decomposte, animali vivi e carcasse di quelli morti, per toccare il fondo cibandosi del cadaverino di una bimba.

 

 

 

Chroma & critica, le opere di Enrico Magnani interpretate da Guido Folco al Museo MIIT

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Il Museo MIIT presenta dal 7 al 18 marzo la mostra intitolata “ Chroma & critica. 15 anni di sinestetica visione.  Le opere di Enrico Magnani interpretate da Guido Folco”. 

Si tratta di una esposizione retrospettiva e interattiva per celebrare la collaborazione tra Guido Folco e Enrico Magnani, che dura da quindici anni.

“Croma & Critica”, ideata e realizzata da Guido Folco e Kerstin Petrick, presenta l’opera di Enrico Magnani  con particolare attenzione  all’evoluzione dell’artista dal punto di vista del critico e storico dell’arte. Un percorso artistico quello di Magnani  che ha saputo coniugare arte, scienza e spiritualità, tracciando un sentiero assolutamente unico e esterno ad ogni schema precostituito.

Il percorso espositivo offre una selezione di opere iconiche realizzate dall’artista tra il 2010 e il 2024. Il visitatore della mostra potrà seguire l’evoluzione stilistica di Magnani, accompagnata dai testi di Guido Folco, dalle prime opere materiche, dense di textures, fino alle più leggere opere cosmogoniche, fra fluorescenze e fosforescenze che evocano le profondità  e i misteri dello spazio profondo. Un percorso che ha portato Magnani  a esplorare, in una sorta di  viaggio ideale, prima la terra e poi il cosmo, sempre con un occhio di riguardo al ruolo dell’uomo come spettatore  e protagonista di questo continuo mutamento.

In mostra anche una ricca raccolta di materiali storici, tra cui articoli, riviste, cataloghi e documenti  di esposizioni condivise, che permetterà al visitatore di immergersi in una retrospettiva che attraversa molte delle principali città d’Europa e Stati Uniti, un itinerario sia geografico sia artistico tra gallerie, musei e sedi di prestigio internazionali. 

Magnani si conferma un artista dal talento poliedrico  e innovativo con la sua incessante ricerca e capacità  di abbracciare molteplici forme espressive, un talento che ha ormai ottenuto importanti riconoscimenti internazionali,  affermandolo come una voce autorevole nell’arte contemporanea. Un ruolo fondamentale in questo percorso è stato svolto da Guido Folco, che è  stato capace di tradurre il linguaggio visivo dell’arte in parole, rendendo accessibili concetti complessi e aiutando il pubblico a comprendere e apprezzare l’opera di Magnani.

“L’arte per Enrico Magnani è uno strumento di ricerca e conoscenza. I simboli, in quanto riferimenti universali dai quali si sviluppano tutte le scienze e le arti, permettono l’accesso a mondi più grandi, impenetrabili con la sola logica. L’arte funge da catalizzatore che permette di stimolare regioni mentali non consapevolmente vigili e avvicinarci a verità sommerse attraverso processi intuitivi e prefiguratori” afferma  Francesca Barba Marinetti.

Inaugurazione della mostra “Enrico Magnani Chroma & Critica. 15 anni di sinestetica visione” a cura di Guido Folco dal 7 al 18 marzo prossimi al museo MIIT

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino: Elio e Fabio Treves & Alex Kid Gariazzo

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Alla Suoneria di Settimo suonano gli Almamegretta. Al Blah Blah si esibisce John Lee Bird & Fabrizio Modenese Palumbo.

Mercoledì. Al teatro Colosseo è di scena Naska. Al Blah Blah suonano i Nightstalker.

Giovedì. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce Tad Robinson & The Ozdemirs feat Alberto Marsico. Allo Ziggy suonano i The Cloverheads+ Dirty Artichokes. Al Blah Blah sono di scena gli Helen Burns. Alla Divina Commedia suonano i Revenge. All’Osteria Rabezzana si esibisce il trio di Michael Rosen. 

Venerdì. Al teatro Colosseo recital di Elio. Al Folk Club suona Fabio Treves & Alex Kid Gariazzo. Al Magazzino di Gilgamesh si esibisce The Mama Bluegrass Band. Allo Ziggy è di scena Sant’Elia. Allo Spazio 211 suonano i Clan Of Xymox+ Newdress. Al Blah Blah si esibiscono gli October Tide. Alla Divina Commedia sono di scena i Sucker Punch.

Sabato. Al Blah Blah suonano i Radar Men From The Moon. Allo Spazio 211 si esibisce Marta Del Grandi+ Giulia Impache. Alla Divina Commedia suonano i Momenti di Gloria.

Domenica. Al Blah Blah sono di scena i TH Da Freak + Corvida. Alla Divina Commedia suonano gli In The name of Blues.

Pier Luigi Fuggetta

“Tutta l’Italia” all’Eurovision Song Contest 2025

Gabry Ponte con “Tutta l’Italia” vince il San Marino Song Contest e vola a rappresentare la Repubblica del Titano all’Eurovision di Basilea, dove il 51enne dj torinese parteciperà alla prima semifinale di martedì 13 maggio 2025, in diretta tv su Rai2.

Con l’ormai tormentone dell’ultimo Festival di Sanremo ieri sera ha trionfato a San Marino; al secondo posto la band trentina The Rumpled e al terzo il cantante ucraino Teslenko.

Buona la posizione dell’altro torinese in gara, Davide “Boosta” Dileo arrivato quinto con il brano esclusivamente musicale “Btw” che ha definito “una canzone senza parole”.  Ultima, Luisa Corna. “Sono felice ed emozionato” è stato il commento dell’ex Eiffel 65 al momento della proclamazione, aggiungendo anche: “Grazie a Carlo Conti, che è stato il primo sostenitore di questo pezzo: è grazie a lui se stasera sono qui su questo palco”.

Igino Macagno

Igino Macagno

Il museo di anatomia umana Luigi Rolando

Tra i reperti i calchi del cranio di  Napoleone Bonaparte e Raffaello Sanzio

Situato a pochi passi dal Parco Valentino, in zona San Salvario a Torino, il Museo di Anatomia Umana offre una interessante collezione di riproduzioni del corpo umano in carta pesta, cera, ma anche reperti originali, grazie a diverse e generose  donazioni. L’area espositiva si sviluppa in una stanza unica ampia e  lunga dove si respira l’aria ottocentesca del positivismo torinese e di una scienza che tra meta’ e fine del 1800 trova il suo apice anche attraverso le prime esposizioni che avvengono nel Palazzo dei Regi Musei (oggi Museo Egizio e Accademia delle Scienze). A fine secolo le collezioni, ulteriormente arricchite, vengono spostate presso l’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista per essere trasferite definitivamente nella sede attuale in via Massimo D’azeglio 52. Luigi Rolando docente di Anatomia presso l’universita’ di Torino viene coinvolto nell’attivita’ del museo grazie anche alle sue competenze di ceroplastica che trasmettera’ai tecnici modellatori che si occuperanno per il museo delle riproduzioni di alcuni organi del corpo umano.


I percorsi espositivi
, oltre all’ anatomia umana, affrontano temi come la criminologia, la biodiversità, le differenti culture del mondo, la storia della scienza e la vita degli scienziati torinesi nell’Ottocento, un approccio multidisciplinare molto utile alla comprensione da parte di chi non conosce la materia e un ottimo approfondimento per chi, invece, e’ piu’ avvezzo a questi argomenti scientifici.

Il museo ripropone volutamente l’atmosfera di quel passatostorico con teche, vetrine e mobili originali, che, seppur limitanti e vecchie a livello espositivo, regalano una suggestione affascinante del mondo scientifico ottocentesco, a tratti cupo. Il materiale e’molto interessante e istruttivo, ma per la particolarita’ dei temi  trattati e soprattutto per l’approccio che vede una fedele ricostruzione dei vari organi del corpo umano potrebbe risultareun po’ inquietante, quindi e’ meglio prepararsi.

 

Alcune collezioni, non ancora restaurate, come quella strumentaria medica, sono incluse in futuri progetti  espositivi; al momento sono in vetrina esempi anatomici in cera, da poco riqualificati,  preparati a secco e in liquido, la raccolta craniologica e quella frenologica con calchi in gesso di crani di personaggi famosi come Raffaello Sanzio, Napoleone Bonaparte, il Principe di Talleyrand, il Conte di Cavour, Goffredo Mameli, Vincenzo Bellini, oltre a criminali famosi, come Giorgio Orsolanodetto “la iena di San Giorgio”.

Molto apprezzabile l’impegno di creare dei servizi educativi per gli studenti di ogni eta’, dall’infanzia alle scuole superiori, con laboratori e visite guidate specifiche e adattate con l’obiettivo di ampliare la conoscenza e approfondire questa materia, a moltissimi ignota.

Torino si conferma la citta’ dei musei, preziosi, differenti, utili e arricchenti. Una citta’ che offre ai suoi cittadini e a chi la visita un tesoro formidabile di arte, storia e cultura.

MARIA LA BARBERA

https://www.museoanatomia.unito.it/info/biglietti-orari/

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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Sommario: Piccole donne, piccoli uomini per la pace? – Moranino e i suoi compagni del PCI – Lettere

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Piccole donne, piccoli uomini per la pace?
La grave crisi internazionale, a parte Trump entrato nella politica estera mondiale come un vero elefante in una cristalleria  (il giudizio su di lui  dovrà  pero’ essere espresso solo alla conclusione della crisi, prescindendo da ogni altra valutazione che non sia la eventuale pace raggiunta in Ucraina e in Israele), ha posto in ulteriore evidenza il bassissimo livello delle classi politiche americane, israeliane (i palestinesi non hanno classe politica, ma solo terroristi fanatici), russe, ucraine, europee.
Di fronte a due guerre che possono portare alla terza mondiale il mondo ha a sua disposizione funzionari di partito che non hanno la benché minima preparazione sui temi della geopolitica e parlano di riarmo come se stessero sbucciando le patate in cucina. Ci sono anche gli ometti che vogliono imitare De Gaulle e la sua force de trappe che impedì all’Europa un esercito unico, ma non creò altri danni anche se la situazione era molto diversa e con il generale c’erano statisti che mitigarono le pretese senili del Presidente francese. Macron e la presidente tedesca della Unione Europa che si nota solo per un vecchio titolo nobiliare che non ha neppure una storia, sono gli esempi di gente che occupa posti a loro non adatti e sta giocando con il fuoco. La mediocrità della classe politica italiana brilla in tutta la sua inadeguatezza confusionaria che divide anche i partiti. Questo è un momento in cui i nominati immeritatamente in posti di responsabilità rivelano tutta la loro fragilita’ e pericolosità. Essi fanno pensare agli “statisti” europei che non sbarrarono la strada ad Hitler e  e consentirono perfino a Mussolini di recitare la parte di “salvatore della pace” a Monaco. In questo contesto i diversi commentatori televisivi e della carta stampata, abituati da sempre alle vulgate da ripetere, diventano davvero ridicoli. Chiedere un’ opinione ad una deputata cinque stelle che stenta ad usare la lingua italiana , appare una delle tante stupidità che annebbiano i nostri cervelli.
Solo il Papa – al di là delle sue idee – rivela una statura non confrontabile. Forse semplifica in modo manicheo i fatti, ma nella sostanza rivela una superiorità intellettuale che gli dovrebbe essere riconosciuta. Ma i piccoli politicanti che si trovano ad esercitare funzioni del tutto sproporzionate  in politica ester , non riescono neppure a comprendere la lucidità di Francesco. Abbiamo gente adatta nella migliore delle ipotesi a fare i consiglieri comunali di piccoli municipi, giocano con la diplomazia che non conoscono e sono  anche privi di studi adeguati.
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Moranino e i suoi compagni del PCI
I delinquenti comuni che durante o subito dopo la Resistenza ammazzarono ricorrendo a  modi bestiali  partigiani  non comunisti, donne, fascisti arresisi, e si salvarono dai rigori della legge scappando in Cecoslovacchia, sono stati ristudiati da Enrico Miletto che, lasciati gli studi relativi alle foibe al collega negazionista Gobetti, adesso si occupa in un libro dal titolo “Oltrecortina” di questi individui, impossessandosi di una parola che non appartiene alla storia dei comunisti.
In esso si parla di gente condannata all’ergastolo come Moranino che fuggì all’estero per evitare le conseguenze penali dei suoi misfatti, malgrado la generosa amnistia Togliatti del 1946. Miletto imputa ad una persecuzione da parte di una magistratura non adeguatamente epurata il rigore nel perseguire chi tra i partigiani si macchiò di omicidi indiscutibili. Con l’autore del libro vorrei avere un incontro a due con un moderatore non di parte per sfidarlo e contestargli le affermazioni più eclatanti. Il tempo passa, ma la memoria di certi fatti ignominiosi resta.
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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
Pietre d’inciampo al “D’Azeglio”
Il liceo “D’Azeglio”, l’ enclave dell’antifascismo settario, ha quattro pietre di inciampo di deportati in Germania davanti al suo ingresso in via Parini.  Due settimane fa le ho fotografate con due pietre  mancanti e due molto mal ridotte. Oggi le ho rifotografate: due mancanti e due tirate a lucido. Come mai?       F. Filippelli
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Lo deve chiedere al Preside  del liceo, ferreo custode dell’antifascismo dell’Istituto. E gli chieda anche cosa pensa del francobollo dedicato all’ex all’allieva  fascista quindicenne  Marilena Grill, uccisa barbaramente nel 1945 dai partigiani. A lei magari risponde. Ai miei articoli no.
Mazzoleni deve chiarire
L’Assessore  comunale all’ Urbanistica di Torino Paolo Mazzoleni, plurinquisito a Milano anche nello scandalo relativo al  “Salva Milano”, ritirato anche dalla discussione in Parlamento, malgrado fosse il cavallo di battaglia del sindaco di Milano Sala. Cosa ne pensa?    Angela Servetto
Lo scandalo di Milano appare di dimensioni enormi, tale da far saltare la stessa  Giunta Sala. Non sappiamo in che misura l’assessore torinese sia coinvolto, ma il problema è a monte. Ha senso avere un assessore all’Urbanistica a Torino così attivo  professionalmente a Milano e in più  inquisito in 4 vicende giudiziarie riguardanti l’urbanistica meneghina? Al di là della presunzione di innocenza che deve valere per tutti, qui il caso è legato alla opportunità e alla sensibilità politica dell’assessore  che farebbe bene a fare, sua sponte, un passo indietro. Nella storia del Consiglio comunale quella appare la strada  maestra da seguire, ma  le vicende attuali, dal caso Viale in poi, indicano esempi diversi.
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Uno “Strappo” alle regole teatrali, il successo di Edoardo Erba

Sino a domenica (soltanto) sul palcoscenico del Gioiello

Non soltanto uno “Strappo alla regola” quello scritto e diretto da Edoardo Erba, scrittura in certo qual modo alta, sofisticata e saggia, una regia appartata e in punta di piedi e leggera, ma altresì uno “strappo al o nel teatro”, di oggi come credo di ieri. Un’idea che vive in un mondo tutto suo, appartata, già frequentata, è vero, nel cinema di Woody Allen anno 1985, con “La rosa purpurea” dove una giovane Cecilia, stanca di una vita familiare fatta di soprusi e di delusioni si rifugiava nella magia di una sala per vedere un giorno la sua passione Tom Baxter balzar fuori dallo schermo e proporle una romantica fuga d’amore. Tra queste atmosfere s’avventura, in casa nostra, con garbo e intelligenza Erba, classe 1954, diplomato al Piccolo di Milano, drammaturgo che ha dato esempi nobili di confezione teatrale (con un piede in tivù), citando per tutti “Maratona di New York” (1992) e “Margherita e il gallo” (2007) soltanto e non dimenticando i tanti titoli che se ne sono andati anche all’estero, San Pietroburgo e Los Angeles, Rio de Janeiro e Amburgo, Barcellona e Amsterdam e Budapest.

Sullo schermo – montato in palcoscenico (al Gioiello, sino a domenica 9 marzo) – proiettano un horror degli anni Settanta, di quelli che si facevano a basso costo, ambientato in quella Bellano, sulla riva del lago di Como, dove Andrea Vitali ambienta i suoi gialli e il suo imperdibile maresciallo maggiore Ernesto Maccadò: dove l’Orietta, personaggio secondario del film, è la parte femminile tutta sospiri e sguardi dolci e ti amerò per sempre (lui è Sebastiano Somma) di una coppia in visita, sotto la guida di una enigmatica Asia Argento, di una villa per cui è in vena d’acquisto. Di stanza in stanza, da cunicolo a stanzone superiore che ospita il pollaio, che può fare allora l’Orietta se a un certo punto viene misteriosamente inseguita da uno scuro essere incappucciato e armato di lungo coltello se non trovare quello “strappo” dello schermo e catapultarsi nel più tranquillo palcoscenico? Urla e chiede aiuto a gran voce, alla giovane maschera, Moira, che compare atterrita più di lei e che sorveglia il cinema di un lunedì deserto, timorosa con quell’intrusione di essere cacciata da un posto di lavoro che le offre un minimo di indipendenza da quel Calogero con cui s’è messa e che la sorveglia al cellulare in continuazione. A far la fine della vittima dello schermo è un attimo. Tenta di convincere l’Orietta a ritornare dentro il film, lei che è la prima malcapitata di quel coltellaccio e senza la quale le altre due vittime non potranno mai arrivare: nel frattempo, con una confidenza che s’alimenta pian piano, arrivano i ricordi scolastici della mancata vittima, lei è segretaria in un liceo, “non è mica una scuola media”, e le confessioni di Moira, stanca di quella relazione tossica che le ha fatto anche perdere ogni rapporto con il figlio ma da cui non riesce a uscire. Mentre sullo schermo il film gira a vuoto, continuando la cinepresa a inquadrare galline che in quel pollaio non fanno altro che becchettare e ricevere visite di giornalisti e sensitive (Marina Massironi) che provano a sbrogliare la matassa. Dovrà essere Moira a ritrovare quello “strappo” e l’Orietta a darle una mano per afferrare quella via di fuga: realtà e finzione, ancora il vecchio Pirandello a fare l’occhiolino, l’una là sullo schermo l’altra sul palcoscenico, dove l’esistenza è davvero autentica.

Garbo e intelligenza dicevamo, di scrittura e regia, che si ripetono nelle interpreti, nella delicata e trasognata Maria Amelia Monti e in Claudia Gusmano, che arrotonda quelle vocali siciliane a buttar fuori la rabbia e ancora la non arrendevolezza della sua Moira. Bravissime entrambe, un interscambio notevole di sentimenti e ribellioni, accolte dalle risate e dagli applausi di un pubblico che riempiva la sala. Insomma, un successone.

Elio Rabbione

Le foto dello spettacolo sono di Gianluca Pantaleo.