CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 349

I 100 anni del “Principe di Piemonte” di Viareggio

Di Pier Franco Quaglieni

Quest’anno compie cent’anni il mitico “Principe di Piemonte” di Viareggio ed è anche uscito un libro per ricordarlo e si tengono manifestazioni speciali di tipo mondano – culturale di un certo spessore, anche se è difficile competere con la “Versiliana”.

Il “Principe“ e’ un luogo caro a me e alla mia famiglia. Conservo delle fotografie di mio padre vestito di un abito estivo elegantissimo scattate davanti all’hotel. Ci sono stato io stesso molte volte e sempre mi provoca una certa emozione soggiornare al “Principe” che in effetti assunse questo nome nel 1938 anche se nacque nel 1922.
Viareggio oggi è in piena decadenza e quell’ hotel tiene alto il nome di una grande tradizione turistica di una élite che non c’è più.  Stare in una delle sue suite e’ quasi come immergersi proustianamente nel tempo perduto, malgrado la massiccia ristrutturazione fatta dopo gli anni della crisi. A Viareggio sono riusciti a mantenere quel clima elegante che mi descriveva mio padre, mentre la riapertura recente del Grand Hotel di Alassio,
che sorse alla fine dell’Ottocento, ha coinciso con una trasformazione così forte che per me, che ci andavo bambino, appare totalmente cambiato, adatto ad un turismo di massa come è accaduto fino a poco tempo fa con gli oligarchi russi che non hanno proprio nulla da spartire con l’aristocrazia russa raffinata che frequentava l’albergo agli albori del secolo, prima della Rivoluzione d’ottobre.  Il “Principe di Piemonte” sembra celebrare il suo centenario quasi un po’ vergognandosi della sua intitolazione. Viene ricordato il soggiorno del radical chic al caviale Fabrizio De Andre’ che sapeva trattarsi bene, malgrado il suo detestabile estremismo settario, ma non si ricorda in modo adeguato il nome del Principe Umberto di Savoia a cui è intitolato l’hotel. Nella Viareggio di forte tradizione repubblicana e’ già tanto che nessuno- almeno che sappia io -abbia proposto di censurare il nome dell’ultimo Re d’Italia, ma forse è ancora difficile rievocare un’intitolazione storica che è stata motivo di orgoglio per noi piemontesi, che in Versilia abbiamo sempre privilegiato quell’Hotel. Mio padre mi ricordava che nel salone di ingresso c’era un grande ritratto del Principe ereditario Umberto che non era certo amato dal regime fascista e che per il centenario dovrebbe ricomparire. Sono personalmente pronto ad offrire un ritratto del giovane Principe di Piemonte. Vittorio Sgarbi che come me in gioventù e’ stato di sentimenti monarchici, dovrebbe intervenire con la sua autorevolezza ( ha scritto un bel saggio nel libro rievocativo del centenario ) per far sì che il ricordo del Principe di Piemonte sia adeguatamente rinverdito. L’altro ieri agli incontri promossi dall’hotel è stato ospite Calenda con la sua campagna politica, una scelta del tutto inopportuna in periodo elettorale perché c’erano decine di ospiti più autorevoli di lui da invitare. Ma c’è sempre tempo per rimediare e fare meglio. Ritornerò presto all’Hotel dove risiedo abitualmente quando presento i miei libri in Versilia. Non credo sia un assurdo che chi ha pubblicato quest’anno “I doveri“ di Mazzini si faccia promotore di un ricordo sabaudo. La storia è quella e va rispettata. Senza quel nome quell’hotel sarebbe un elegante hotel della Versilia,  ma nulla di più.  Non va dimenticato che i vecchi piemontesi, ad esempio la famiglia di Mario Soldati, preferivano la Versilia alla più vicina Liguria in un rapporto che forse nessuno ha ancora adeguatamente studiato.

Napoli Milionaria: l’attualissima lezione di Eduardo 

Sono trascorsi 38 anni da quel 31 ottobre del 1984 in cui moriva Eduardo De Filippo. Drammaturgo, attore teatrale e cinematografico, regista e sceneggiatore, grande poeta: Eduardo  è stato tra  i massimi esponenti della cultura italiana del Novecento. Dotato di personalità schiva, burbera, lontana dalle mondanità, ebbe un grande pregio: teneva in grande considerazione i giovani.

Ne sapeva riconoscere il valore e il potenziale, dando a molti una chance. Non sopportava i furbetti o i meschini. Ricordarlo è importante. Oggi più che mai. Con una riflessione più larga. C’è chi ha scritto che il Paese uscirà  da questa crisi imposta dalla pandemia come da una guerra. In parte lo dicono i dati, le analisi, le previsioni. Ma ancora di più lo dice la dignità ferita di molti. Se così è occorre a maggior ragione ritornare a quello spirito di riscossa civile che segnò la stagione della ricostruzione dopo l’ultima vera guerra che gli italiani hanno vissuto. Pensando a questo e pensando al teatro di Eduardo, viene alla mente un episodio, una storia particolare, che parla di lui ma , al fondo,  parla anche di noi. Il 25 marzo del 1945 al San Carlo di Napoli  andò in scena la prima rappresentazione di Napoli Milionaria. La vicenda è nota. C’è Gennaro Jovine, che è un uomo perbene. E’ andato in guerra e quando torna a casa trova la moglie che si è arrangiata e ha fatto un po’ di denaro con la borsa nera. E il resto della famiglia più o meno lo stesso: la figlia maggiore è incinta di un soldato americano. L’altro figlio traffica con piccoli furti e persino la più piccola è stata contagiata dal clima. Il terzo atto è quasi una storia a sé. La bambina più piccola è malata, molto, e serve una medicina che non si trova in tutta Napoli. Il medico dispera quando entra il vicino – un uomo che Amalia ha rovinato con l’usura – e che adesso è lì con la medicina in mano. E il dialogo diventa duro. Lei gli chiede cosa vuole in cambio. Lui le risponde che non può restituirgli la vita che gli ha tolto e quindi in cambio non vuole nulla. Ma le apre gli occhi sull’oscenità di quel suo arricchimento. Poi consegna la medicina al dottore e se ne và. Per Amalia è il crollo di un mondo. O anche il risveglio da un incubo. Così quando rimangono soli, marito e moglie, finalmente Eduardo (Gennaro) parla e le dice quello che pensa. Di quella brama di ricchezza, di quei biglietti da mille accumulati sulle disgrazie degli altri. Glieli butta sul tavolo e le dice “vedi, a me queste mille lire non mi fanno battere il cuore. E a te? Com’è che te lo fanno battere?”. C’è del moralismo? Forse, ma può starci nel teatro di Eduardo. Ma il talento è talento, e stupisce. E allora Amalia, che si è svegliata dal suo sonno, risponde. Poche frasi nelle quali c’è tutto. Lei si chiede: “Ma che cosa è successo?Che cosa ha travolto così le nostre vite, le cose che avevamo, principi semplici ma puliti – e ripete – ma che è successo?”. Sono le battute finali. Il figlio torna a casa perché non è andato a rubare; la figlia maggiore terrà il bambino e Gennaro finalmente può darsi coraggio con quella battuta immortale sulla notte che deve passare (“Ha da passa’ ‘a nuttata” ). Per la bambina, per la sua famiglia, per il Paese. Eduardo disse che il terzo atto lo recitò impaurito e in un silenzio assoluto. E raccontò che calato il sipario il silenzio proseguì per qualche secondo. Dopo esplosero “un applauso furioso” e un “pianto irrefrenabile”. Piangevano tutti, attori, comparse, il pubblico, gli orchestrali nel golfo mistico. E anche Raffaele Viviani che era corso ad abbracciare il Maestro perché aveva interpretato il “dolore di tutti”. La domanda banale è chissà come sarebbe oggi avere Eduardo tra di noi. Lui o qualcuno capace come lui di mettere in prosa la stessa domanda: ma che è successo? Come è accaduto che in un paese con la nostra storia e cultura ci sia chi abbia perduto la rotta? E che chi ha avuto o ha il potere, o vorrebbe averlo abbia pensato o pensi di poter fare a meno del popolo, magari perché abbagliato dal potere stesso? Però, e crediamoci una buona volta, la “nottata” deve finire, anche per noi, ora. E con un tempo nuovo, crediamoci ancora, si dovranno riconquistare i principi, l’onestà e la speranza di futuro come la famiglia Jovine.

 Marco Travaglini

A Coassolo, toccante retrospettiva dedicata a Domenico Riccardo Peretti Griva

“Il mondo fotografico di Riccardo”, illustre magistrato e fotografo coassolese

Fino al 31 agosto

Coassolo (Torino)

A sessant’anni dalla scomparsa, avvenuta l’11 luglio del 1962, il Comune di Coassolo (dove nacque il 28 novembre del 1882) torna a ricordare il suo figlio più celebre ed indimenticato, Domenico Riccardo Peretti Griva, attraverso una ricca retrospettiva fotografica curata da Giovanna Galante Garrone, storica dell’arte e nipote delle stesso Peretti Griva, in cui si presentano fotografie facenti parte della collezione privata di famiglia (furono più di 25mila gli scatti a sua firma), riproduzioni da originali del “Museo Nazionale del Cinema” di Torino (che custodisce il fondo donato dalla figlia Maria Teresa) e del Comune di Lanzo Torinese, che già ospitò la mostra nel luglio scorso. Tutte riunite in un’unica esposizione, fino al prossimo mercoledì 31 agosto, presso la “Sala Consigliare” del Comune, “si tratta di opere – sottolinea Giovanna Galante Garrone – realizzate nella prima metà del secolo scorso e che restituiscono una preziosa sintesi delle predilezioni tematiche e delle scelte estetiche di Riccardo Peretti Griva”. “Le sue fotografie in bianco-nero – prosegue – testimoniano una forte attenzione al chiaroscuro che nel procedimento di stampa, assume caratteri pittorici di particolare liricità”. Magistrato, giurista, fervente antifascista e provetto alpinista – come l’amico magistrato Umberto Balestrieri, che lo iniziò alla passione per la fotografia – in magistratura Peretti Griva rimase per 43 anni, partendo come pretore di Morgando e arrivando (in una carriera per molti “scomoda”, da “magistrato del vecchio Piemonte” come ebbe a definirlo il genero Alessandro Galante Garrone) fino a ricoprire la carica di primo presidente della “Corte d’Appello” di Torino”. Sua costante compagna di strada, l’inesauribile passione per la Fotografia. Formatosi nella “Scuola Piemontese di Fotografia Artistica”, è nel 1905, sull’onda dell’“Esposizione Internazionale” tenutasi a Torino che inizia la sua incalzante avventura artistica, che lo porterà, fra il 1920 ed il 1950, ad essere considerato uno dei principali esponenti del cosiddetto “pittorialismo” italiano, attratto in particolare dal tema della natura, cristallizzata in poetiche atmosfere romantiche, attraverso la sofisticata tecnica al “bromolio”, con l’utilizzo di interventi manuali in grado di conferire alle foto le sembianze di un disegno a carboncino, e meno frequentemente con quella al “bromuro d’argento”. Nel 1923 viene premiato alla “Prima esposizione internazionale di fotografia, ottica e cinematografia” e da allora partecipa costantemente ai “Salons d’arte fotografica internazionale di Torino”, nonché a numerose altre manifestazioni in Italia e all’estero. Molte anche le mostre dedicategli in seguito.

Le più recenti, fra le postume, al “Museo Nazionale del Cinema” e al Museo “Arnaldo Tazzetti” di Usseglio (2018), a cura di Daniela Berta e di Giovanna Galante Garrone. Nel febbraio del 1962, gli venne assegnata l’onorificenza di “eccellenza” da parte della prestigiosa “Féderation internationale de l’art photographique”. E’ l’occhio della poesia, della semplicità e della sincerità che guidavano e guidano ancor oggi la vita dei contadini e dei suoi montanari, dall’Alpe Vaccarezza alla Cima dell’Angiolino fra le Valli Tesso e Malone, a “marchiare” in ogni angolo e prospettiva la sua opera. Dalla dolcezza compiaciuta della “madre” di Gubbio alla meravigliata curiosità della piccola di “Purità”fino ai due vecchietti intenti a leggere e a commentare un giornale in due sulla panchina posta davanti alla Chiesa del paese e al silente tappeto di neve, promessa generosa di frutti buoni che verranno. In ogni opera l’insegnamento delle radici.

L’onestà che guidò ogni gesto, ogni decisione, ogni attimo della sua vita. Congedandosi dalla Magistratura, il 19 aprile del 1953, Peretti Griva scriveva in un “Discorso ai Coassolesi”: “Io voglio bene a Coassolo…E’ qui che sono sempre accorso a rinfrancarmi…Qui mi rinfrescavo l’anima coi ricordi gentili nella grande pace non profanata dalle contese cittadine” . E ancora, ricordando il giorno in cui vi salì (“nelle limpidezze del piano di Coup”) quando a Torino arrivò il Duce: “Trovai un contadino che mi chiese ‘Come mai Riccardo si trova quassù mentre Mussolini è a Torino?’. Mi fu facile rispondere che ero lassù, nell’aria pura, proprio per liberarmi dall’aria asfissiante delle adunate forzate”.

Gianni Milani

“Il mondo fotografico di Riccardo”

Sala Consigliare Comune di Coassolo, via Capoluogo 198, Coassolo (Torino); tel 0122/45617 o www.comune.coassolo.to.it

Fino al 31 agosto

Orari: nei giorni feriali, 9/12

Nelle foto:

–       “Purità”, stampa alla gelatina ai sali d’argento, 1930 ca.

–       “La madre”, Gubbio, bromolio trasferto, 1939 ca.

–       “Il giornale”, bromolio trasferto, 1925-‘30

–       “La lunga attesa”, gelatina ai Sali d’argento, 1930-‘40

Piemontesi a Lepanto. La flotta sabauda nella battaglia del 1571

Tre galee e due giganti della storia subalpina, l’ammiraglio Andrea Provana di Leinì e il duca Emanuele Filiberto di Savoia.
Anche i piemontesi fecero la loro parte, si distinsero e combatterono come leoni nella battaglia di Lepanto. Quel giorno, il 7 ottobre 1571, oltre 400 galee e quasi 200.000 uomini si scontrarono nella più grande battaglia navale dell’Era moderna, 200 galee cristiane contro 200 galee turche, 90.000 cristiani contro 90.000 turchi. Come gran parte dei principi italiani, anche i Savoia inviarono navi e soldati per combattere i turchi e respingere la minaccia ottomana nel Mediterraneo e in Europa. Nella seconda metà del Cinquecento gli Ottomani erano una grande potenza e una grande minaccia per l’Europa cristiana. I ciprioti ne sanno qualcosa: l’isola veneziana, baluardo cristiano nel Mediterraneo orientale, fu conquistata dalla flotta turca e gli abitanti di Famagosta furono massacrati. L’eccidio provocò una tale ondata di sdegno in Europa che spinse i sovrani a rispondere con la forza per frenare l’espansione turca verso occidente. La vittoria cristiana a Lepanto fu forse sopravvalutata perché bloccò solo temporaneamente i piani del sultano ma fu anche la prima e più importante vittoria di un’armata cristiana contro i musulmani. La gloria di Lepanto si protrasse per secoli e la data del 7 ottobre 1571 viene ancora oggi ricordata e commemorata nei Paesi europei. Su Lepanto sono stati scritti numerosi libri ma nessun testo finora ha messo bene in risalto il ruolo dei sabaudi e la partecipazione alla battaglia navale della piccola ma coraggiosa flotta piemontese comandata dall’ammiraglio Andrea Provana di Leynì e inviata nel Golfo di Patrasso da Emanuele Filiberto. Una lacuna che il libro “Lepanto, i piemontesi combattono”, di Massimo Alfano e Giorgio Enrico Cavallo, Pathos Edizioni, ha provveduto a colmare. “Un volume che, scrive nell’introduzione Paolo Thaon di Revel, narra con dovizia di particolari l’inizio della marineria di Casa Savoia svelando episodi e notizie curiose spesso ignorate o sottovalutate”. I Savoia dunque si fecero valere anche sul mare con una propria marina, piccola ma potente ed efficiente, temuta e rispettata dalle altre potenze marinare. Con la spedizione di Lepanto i Savoia si sedettero per la prima volta al tavolo delle grandi potenze, vincitori della guerra contro il sultano ottomano insieme alle forze della Lega Santa voluta da Pio V. Lepanto non fu solo un episodio importante nel quadro del secolare scontro tra Oriente e Occidente ma, scrivono Alfano e Cavallo, “fu piuttosto un passo fondamentale per enfatizzare la potenza dei Savoia che divennero indispensabili attori dello scacchiere europeo, anche per quanto riguarda la geopolitica marittima”. La fama di Lepanto per i Savoia fu però quasi nascosta dalla storiografia che certamente esaltò le gesta del Provana e di Emanuele Filiberto ma, lamentano gli autori del libro, “mancò di sottolineare che proprio da quella campagna navale il Piemonte sabaudo si candidò ad entrare da protagonista nelle complesse vicende mediterranee”. Pertanto gli eventi di guerra sul mare non furono solo “periferiche scaramucce prive di importanza”. Due uomini aiutarono in modo determinante il duca Testa di Ferro nella sua opera di modernizzazione della politica marittima: Andrea Provana di Leynì, governatore di Nizza e consigliere tecnico del duca di Savoia e Giovanni Moretto, consulente per la costruzione e l’utilizzo delle galee. La flotta sabauda mostrò tutto il suo valore prima nell’assedio ottomano di Malta del 1565 e poi con la Lega Santa nel 1571 a Lepanto dove si batterono tre galee, la Capitana, la Piemontesa e la Margarita. Malta e in modo particolare Lepanto, osservano gli autori del libro, significarono molto per i Savoia ed esaltarono “quello che fu probabilmente il primo eroe del moderno Piemonte sabaudo, l’ammiraglio Andrea Provana di Leynì”, nominato da Emanuele Filiberto capitano generale delle flotta sabauda e Grande ammiraglio dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. Ottenne inoltre il Collare dell’Ordine supremo della Santissima Annunziata. Durante la battaglia il Provana fu colpito alla testa ma si salvò grazie al “morione”, un tipo di elmetto, che ammortizzò il colpo di un archibugio. Un capitolo è dedicato a papa Pio V, il domenicano alessandrino Antonio Ghislieri, l’unico Papa piemontese, alla cui figura è legata la costituzione della Lega Santa, voluta fortemente dal pontefice per difendere la fede e la civiltà cristiana, senza la quale non sarebbe stato possibile sconfiggere i turchi a Lepanto. Pio V istituì un giorno festivo per ricordare l’evento sotto il nome di festa della Madonna del Rosario e celebrò in San Pietro una grande Messa di ringraziamento per la vittoria di cui parlava tutta la cristianità. Anche a Torino ci furono grandi festeggiamenti per la vittoria di Lepanto. La notizia giunse in città solo il 19 ottobre e fu un tripudio generale con feste popolari, fuochi di artificio, spari di artiglieria e solenni celebrazioni in duomo e in tutte le chiese di ogni piccolo paese.
                                                                                      Filippo Re

Bob Sinclar, Mario Biondi, Ivana Spagna, al Foro Festival di Carmagnola

Tutto il programma dei concerti dal 2 – 11 settembre: sul palco  decine di altri artisti

Il Foro Festival si svolge in concomitanza con la 73^ FIERA NAZIONALE DEL PEPERONE: 10 giorni ricchi di eventi gastronomici, culturali e artistici che propongono intrattenimenti ed esperienze coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età

Nato nel 2018 da un’idea dei ragazzi della Consulta Giovanile Carmagnolese come evento musicale collaterale alla frequentatissima Fiera Nazionale del Peperone, Il Foro Festival dal 2018 porta a Carmagnola (TO) molti dei protagonisti della scena musicale italiana.  L’evento prende vita in una grande arena all’interno del Foro Boario di Piazza Italia, da cui il nome del festival. Tra i grandi nomi sino ad ora ospitati dal festival, nel 2018 Ermal Meta, nel 2019 gli Eiffel 65 e i Pinguini Tattici Nucleari, pochi mesi prima della loro “esplosione” al Festival di Sanremo. Nel 2021 invece è stata la volta di Giusy Ferreri e Noemi.

E che succede nel 2022, in concomitanza con la 73^ edizione della Fiera Nazionale del Peperone, in programma dal 2 all’11 settembre 2022? Il programma è definito nel dettaglio, per un livello del festival è decisamente alto. L’organizzazione è a cura della Kontakt Agency di Francesco Andrisani, agenzia che organizza grandi eventi a livello internazionale, in collaborazione con Langhewood Records.

Ecco il programma:

Venerdì 2 settembre Il Foro Festival a Carmagnola (TO) inizia con l’evento “Vivere” by Stay Club”. E’ una cena in bianco  animata a cura dello Stay Club di Carmagnola, in collaborazione con la Consulta Giovanile Carmagnolese

Verranno aperte le porte alle ore 20:30 e dalle 21 inizierà la cena, che sarà condita da spettacoli circensi, ottima musica e tanto divertimento. Il Dress Code richiesto è totalmente in bianco ed elegante. Info & Prenotazioni: tel.  331 335 5931 ; info@staycarmagnola.it

Sabato 3 settembre Il Foro Festival continua con una scatenata Dagma Night. Protagonisti sono artisti piemontesi che sanno come far scatenare i più giovani e non solo loro. In console, sul palco, l’energia di Molinhero, ovvero la musica e lo show Roberto Molinaro, Greta Tedeschi, Visco, Juno O (vocalist)  e Danilo El Paris (MC) (ingresso libero).

Domenica 4 settembre Il Foro Festival propone invece un evento in grado di mettere d’accordo generazioni diverse di spettatori. La serata inizia con un doppio concerto, quello della Special Guest Cristina D’Avena, voce amatissima di mille sigle di cartoni animati e quello di Ivana Spagna, voce simbolo della dance italiana anni ’80 e non solo. Più tardi si balla con il format “Mania ’90”. Le voci sono quelle di Kim Lukas e Nathalie Aaarts from Soundlovers, interpreti di tanti successi di quel decennio e pure quella di Haiducii, celeberrima per la sua versione della hit “Dragostea din tei”. Il sound invece è quello di Emanuele Caponnetto e di Dj Jump. (posti in piedi 12 € + ddp, posti a sedere 15 € + ddp).

Lunedì 5 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) la musica è quella di Ogni Istante, tribute band che interpreta il repertorio di Elisa, senz’altro una delle artiste italiane più amate di sempre.  Ingresso Libero. Inizio Concerto ore 21.

Martedì 6 settembre alle 21 a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) invece ecco sul palco il Sunshine Gospel Choir, una formazione di ben 40 elementi diretta da Alex Negro. Con il loro repertorio sono in grado di emozionare chiunque. L’ingresso per il concerto è gratuito, con posti a sedere a disposizione fino ad esaurimento. Ingresso libero, dalle 21. Info Whatsapp 3277928137.

Mercoledì 7 settembre con ingresso libero dalla 21 ancora live music a Il Foro Festival di Carmagnola (TO): sul palco vanno gli Oronero, scatenata tribute band che interpreta le canzoni di Luciano Ligabue.

Giovedì 8 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) arriva poi una superstar del mixer, ovvero il francese Bob Sinclar. E’ un top dj che da decenni sta a metà tra pop e house music. Celeberrimo anche in tv (è stato super ospite a Sanremo) e non solo nei e nei festival musicali di tutto il mondo, Bob Sinclar è semplicemente una rockstar della console e brani come “World Hold On” o “Love Generation” fanno emozionare e non solo ballare il mondo.

Con Sinclar, per una serata decisamente internazionale, i bergamaschi The Cube Guys, anche loro attivi in tutto il mondo a ritmo di house. Protagonista anche anche B Jones, una delle artiste simbolo della scena musicale di Ibiza e non solo.  Non mancano il francese Rawdolff, l’italiano Ayko, il belga Hoax, la slovena Dj Xenia, il monegasco TMP Dj, l’italiano Alex Pizzuti ed il violino dell’ucraina Helinxy Violinist. Ingresso 15€+3€ Diritti di Prevendita. Info & Prevendite Whatsapp 3277928137

Venerdì 9 settembre a Il Foro Festival di Carmagnola (TO) prende invece vita uno scatenato Urban Show – Latin Night. In console e sul palco, per una festa reggaeton e urban, Dj Chama e Ricky Jo e un vero corpo di ballo. Ingresso libero.

Sabato 10 settembre ecco poi la voce unica di Mario Biondi, per una data del suo “Romantic Tour”. In molti, ascoltando per la prima volta alla radio la sua “This is what you are”  nel 2006 immaginavano che a a interpretarla fosse un robusto cantante afro-americano di mezza età. Invece a cantare era Mario Biondi, catanese (città che da sempre ha un rapporto speciale con la musica italiana) che aveva allora trentacinque anni e la pelle bianca… da allora la sua carriera è in costante crescendo (posti in piedi 20 € + ddp; posti a sedere 30 € + ddp).

Domenica 11 settembre, per una conclusione del festival piena di divertimento, sul palco va la Royal Party Band, che propone un vero e proprio revival delle canzoni più amate della musica dance. Con loro anche la dj Jay C.  (ingresso libero).

I biglietti degli eventi a pagamento de Il Foro Festival sono acquistabili in vari punti prevendita del territorio, presso le casse del Festival nelle serate dei concerti a partire dalle ore 18:30 (se ancora disponibili), via Whatsapp al numero 3277928137 e online su ticketone.it, youticket.net e ciaotickets.com. Media Partner: Radio Vida  Network.

Il Foro Festival 2022 si svolge in concomitanza con la 73^ “Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola”, dal 2 all’11 settembre 2022: 10 giorni ricchi di eventi gastronomici, culturali e artistici che propongono intrattenimenti ed esperienze coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età.

“E così, io ti guardo buttare l’amore…”

MUSIC TALES, La rubrica musicale

E così, io ti guardo buttare l’amore

resto qui e finisco per farmi del male

passerà, serviranno altre mille persone

e va bene così”

Oggi Davide si è presentato a lezione con questo brano.

Lui, come me, è amante delle cose belle e della regia di Ferzan Özpetek, nello specifico de “le fate ignoranti”.

 

Una donna, affranta dalla prematura perdita del marito, scopre che questi aveva un amante, Michele. Questo nuovo trauma la porta a conoscere un mondo per lei ignoto, popolato di una umanità viva e lontana dal perbenismo. Niente è come sembra, quasi mai. Mai. Se posso azzardare.

Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto, che vivono i propri sentimenti, e non hanno paura di manifestarli. Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua, che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.

Io sono una fata ignorante, mi ci rivedo in quel film, per il suo significato, per la concezione di vita che mi appartiene.

 

La canzone: “buttare l’amore” che nasce dalla penna di Gianni Bindi e Matteo Mancini e ci viene interpretata da una Mina che (non me ne vogliate) vocalmente non riesco più ad apprezzare come un tempo, parla dell’incapacità e impossibilità di continuare un rapporto, una relazione, con chi canta impegnata a guardare l’altra persona “buttare via l’amore” mentre non si riesce ad impedire che ciò avvenga. E la passione appare mancare proprio a causa dell’assenza di un elemento esterno mentre si osserva, inermi, il declino e il decorso del rapporto.

 

buon ascolto, vi piacerà …almeno spero

 

https://www.youtube.com/watch?v=1HIJdd69ha8&ab_channel=MinaMazziniOfficial

Chiara De Carlo 

Bisognerebbe numerare ogni centimetro del nostro cuore, come si fa con un inventario, perché quando arriverà il giorno, che prima o poi verrà, sia più facile rimettere insieme i pezzi rotti.”

scrivete a musictales@libero.it se volete segnalare eventi o notizie musicali!

Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Sabato 17 settembre 2022

ore 21.30

10HP – reimmaginando Lucio Battisti

Prandi’s Corso Savona 17 – Moncalieri TO

***

Martedi 20 settembre 2022

ore 19.00

The Slaves – Repertorio internazionale

OGR – https://ogrtorino.it/

Corso Castelfidardo, 22 Torino

Spirito geniale. Scrittori, ispirazione e alcol

Penne e drink, capolavori e banconi dei bar, centinaia di righe scritte in compagnia di cocktail che hanno ispirato la creatività e donato leggerezza a molti scrittori, indiscussi talenti della letteratura

 

Alcuni ne hanno abusato, ne hanno fatto uno stile di vita non sempre benefico, altri sorseggiando meravigliosi cocktail e istaurando con l’alcol un rapporto affettivo più equilibrato, di equa e sobria distanza, hanno dato vita a opere letterarie altresì straordinarie.

Il bevitore per eccellenza fu Hernest Hemingway, “bevo da 15 anni e nessuna cosa mi ha dato più piacere” affermava. Genio della forma scritta, coraggioso nei reportage di guerra, Premio Nobel per la Letteratura con Il vecchio e il mare, non si vergognò mai della sua debolezza terrena, del suo amore per il vino anzi “un uomo intelligente a volte è costretto a ubriacarsi per passare il tempo tra gli idioti” diceva. Tra i sui cocktail preferiti il Mojito, foglie di menta, lime, zucchero bianco di canna, ghiaccio spezzato, rum e soda e il Daiquiri, da egli stesso reso celebre, fatto con una miscela di rum, limone, zucchero, ghiaccio tritato e maraschino. Tra le sue preferenze pare ci fosse anche il whisky, assolutamente senza ghiaccio. Oscar Wilde, eccezionale scrittore e drammaturgo irlandese, era un tradizionalista e amava moltissimo lo Champagne. In seguito, dopo il suo trasferimento a Parigi in seguito a vicende giudiziarie che biasimarono la sua moralità, si dedicò all’Assenzio che considerava poetico, incline all’amore e per cui “è necessario il silenzio, la meditazione, la dolce pazzia”.

L’autore del mistero e del terrore Edgar Allan Poe amava invece il Brandy. L’alcol è spesso protagonista delle sue opere come ne Il gatto nero dove colui che narra la storia è proprio un bevitore ostinato. A causa del suo vizio ebbe problemi già ai tempi dell’università, la sua vita fu difficile, ma il suo animo tormentato diede vita a opere incredibili, poetiche e passionali. “Ciò che non cura il brandy è incurabile” dichiarava, riferendosi molto probabilmente al dolore per la morte della moglie, un evento che lo fece sbandare ma che non gli impedì di scrivere magnifiche e indimenticabili capolavori del brivido.

La birra, signora alcolica morbida ma decisa, “scoperta più grande del fuoco” come affermava Wallace è stata magnificata da molti scrittori. Charles Bukowsky la mischiava con qualsiasi altra bevanda, Goethe affermava che sapere dove si “spilla” la birra aiuta a conoscere la geografia, Poe le dedicava poesie, Rimbaud scriveva che “giugno sa di vigne e birra” e Milan Kundera: “Non è la birra una santa libagione di sincerità? La pozione che dissipa ogni ipocrisia, ogni sciarada di belle maniere?”. Il nostro Gabriele D’annunzio, poeta esuberante e trasgressivo, fu testimonial dell’Amaro Montenegro e Amaretto di Saronno, ma il suo rapporto con il vino rimane ancora un mistero, “non bevo vino dall’infanzia” diceva, “Iersera bevvi una certa “malvasìa” a me donata dai Càlabri! E tu sai che io son quasi astemio”.

Forse, come scriveva Euripide, ”bevendo gli uomini migliorano” e sicuramente l’alcol avrà favorito momenti di pura creatività e attutito periodi bui di dolore esistenziale, ma bere non può essere una condotta abituale, una consuetudine giornaliera che diventa indispensabile, una terapia o una automedicazione. Un bicchiere con gli amici, un drink dopo il lavoro, una concessione saltuaria per rilassarsi un po’ e distendere le tensioni che la quotidianità ci procura, solo questo può essere, un piacere effimero. Bere responsabilmente invece può anche aiutare l’organismo infatti l’alcol può funzionare come antiossidante, grazie al polifenolo contenuto nella buccia dell’uva, e come antinfiammatorio, maggiormente attivo nel vino rosso.
Insomma, come dice un anonimo è molto probabile che l’alcol sia un propellente che fa andare lo spirito in orbita, ma rimanere ben ancorati e sobriamente a terra è molto più salutare.

 

Maria La Barbera

Domenica al Castello di Marchierù

Fra le Dimore Storiche del Pinerolese, domenica 28 agosto sarà aperto al pubblico il castello di Marchierù ( Villafranca Piemonte)

Una giornata con visite guidate dagli stessi proprietari, discendenti dei primi feudatari di questo maniero che conserva l’impianto medioevale, pervenuto dal 1220 ai giorni nostri senza alcuna vendita ma tramandato sempre per eredità o per dote.


Domenica 28 agosto sarà aperto al pubblico
CASTELLO DI MARCHIERU’
(Fraz S.Giovanni 77)
Villafranca Piemonte
Il castello si racconterà con passeggiate nel parco, ricordi di matrimoni in cappella, le scuderie settecentesche del Maresciallo d’ Austria Filippi di Baldissero, le sale storiche ammobiliate con la scrivania della prima guerra d’indipendenza, la tavola imbandita con servizi d’epoca in sala da pranzo, i suoi rituali, il fumoir… ed il cugino Camillo di Cavour, i ricordi dei familiari francesi Richelieu e Galliffet, la ghigliottina e l’incontro con il boia, la vicenda di Teresa Canera di Salasco prima Dama di Corte della Regina di Sardegna….
La storia di uno dei più antichi Casati piemontesi raccontata dai discendenti diretti che dal 1220 tuttora abitano il castello.
visite ore 10/11*15/16/17
adulti € 8 * bimbi gratis fino a 10 anni
Prenotazione obbligatoria al 3394105153/3480468636 * segreteria@castellodimarchieru.it

Ecco il romanzo della prossima Guerra mondiale

‘2034 – Il romanzo della prossima guerra mondiale’, edito per i tipi della Feltrinelli nel 2021, non è un libro che guarda ad un futuro prossimo ma quasi al presente. Scritto prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ‘fotografa’ quasi una situazione di alta tensione internazionale (che sfocerà in una guerra con tanto di opzione nucleare) molto simile a quella che attualmente si sta vivendo al di fuori dell’Europa. Anzi l’Europa nel romanzo gioca un ruolo davvero marginale perché la partita vede in campo da un lato gli Stati Uniti, dall’altro la Cina, l’Iran e una Russia guidata dall’ottuagenario Vladimir Putin

A scriverlo, con dovizia di particolari tecnici, sono Elliot Ackerman, scrittore bestseller pluridecorato con 8 anni di servizio nei marinee nelle forte speciali, operativo in Iraq, Afghanistan e Medio oriente e Jamew Stavridis, già a capo dell’US European Comand e delle forze nato, oggi analista internazionale per NBC News ed editorialista di Time.

Teatro di guerra sono il Mar Cinese Meridionale, lo stretto di Hormuz, il Mare di Barents e il ruolo di potenza capace di mediare è affidato ad un’India tecnologicamente avanzata, mentre l’Europa, e nello specifico l’Unione Europea, non è mai nomionata.

Il lavoro di Ackerman e Stavridis dipana la sua trame e i suoi scenari in neanche trecento pagine  ma i suoi contenuti, frutto dell’esperienza maturata in tutti gli anni di servizio dagli autori, non può non portare il monito sulla pericolosa china che il mondo sta prendendo in questo anno. L’auspicio è che non ci sia un altro 1914 quando, e cito il bel saggio di Margaret MacMillan ‘Come si spense la luce sul mondo di ieri’.

Massimo Iaretti