CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 147

Nella fortezza del Conte, il signore del Monferrato

Una domenica al castello del conte Calvi di Bergolo. Il proprietario, il conte Niccolò in persona, ci ospita nella sua dimora del Trecento tra torri, merli, fossati, scuderie e un vasto parco di 25 ettari con alberi secolari. Siamo a Piovera, piccolo comune di quasi 800 abitanti nelle campagne di Alessandria, un borgo rurale a una ventina di chilometri dal capoluogo.
È nato come fortezza per difendere il territorio circostante nel XIV secolo su antichi accampamenti di origine romana e longobarda e sui resti di un convento forse templare. E qui inizia la sua lunga storia, una storia piena di fascino e bellezza. É un complesso fortilizio a ferro di cavallo, con torri ovali e due massicce torri quadrangolari, difeso da un fossato, un tempo pieno d’acqua, e da una cinta muraria. Diventò una fortezza poderosa per mano dei Visconti di Milano e sotto i Balbi, potente famiglia genovese che lo acquistò nel Seicento, l’edificio fu trasformato in una residenza nobiliare alla fine del 1800. Oggi è proprietà del conte Niccolò Calvi di Bergolo che con la moglie Annamaria e il figlio Alessandro lo ha acquistato dai cugini Doria-Odescalchi, ultimi eredi dei Balbi. Il maniero è passato indenne sotto diverse dominazioni.
Dopo i Visconti il castello passò agli spagnoli e ai francesi, fu residenza dei Savoia fino a giungere nel Seicento nelle mani della nobile famiglia dei marchesi Balbi di Genova che diedero un doge alla Superba e che ebbero rapporti d’amicizia e di interesse con Napoleone. I Balbi lo trasformarono in una signorile e romantica residenza di campagna. Gli ultimi proprietari, i Doria Odescalchi, cedettero la proprietà a un cugino, il conte Niccolò Calvi di Bergolo che dal 1967 custodisce questo antico gioiello aprendolo ai visitatori. È interamente visitabile, dal salone degli stemmi alla biblioteca, dalle stanze da letto con arredi di gusto Barocco ai bagni di un tempo, passando per corridoi animati da manichini con abiti d’epoca, dalle cantine storiche al singolare e sorprendente museo degli antichi mestieri, dalla sala delle carrozze alle antiche scuderie. Non mancano le opere del conte, pittore e artista, che tiene lezioni di “arte creativa”. Il magnifico parco è un posto ideale per chi cerca un’oasi di pace dove trascorrere una piacevole giornata festiva mentre il Giardino all’inglese è una location per eventi di vario tipo. Il castello, aperto al pubblico da aprile a ottobre con visite guidate nella dimora e nella fattoria didattica, si trova a 5 chilometri dall’uscita di Alessandria est della Torino-Piacenza, dista circa un’ora e 20 minuti di auto da Torino e una ventina di minuti da Alessandria. Per informazioni sulle aperture del castello di Piovera: tel. 346 2341141, info@castellodipiovera.    
Filippo Re

“Dialoghi tra Prosa e Poesia – Safari con il Signor K.”

I Dialoghi tra Prosa e Poesia nel mese di aprile presso Diagon Hall vertevano sul “Safari con il Signor K”

Si è svolto mercoledì 10 aprile scorso, presso gli spazi di DiagonHall in via San Domenico 47, a Torino, il quinto incontro di “Dialoghi tra Prosa e Poesia – Safari con il Signor K.”, format letterario ideato dal poeta e editore Gian Giacomo Della Porta e dall’autore Jacopo Marenghi, e dedicato allo scrittore Franz Kafka nel centenario della sua scomparsa.

È stato un viaggio tra gli animali protagonisti dei suoi racconti più significativi, ognuno dei quali simbolo di precise condizioni umane e culturali legate anche al mondo ebraico. Durante l’incontro si sono alternati la scimmia di “Una relazione accademica”, simbolo della difficoltà del popolo ebraico di potersi esprimere, dovendo spesso introiettare le differenti culture dei popoli che lo hanno ospitato; gli sciacalli protagonisti di “Sciacalli e arabi”, esseri spettrali che si muovono nel deserto e che rappresentano a loro volta le ombre dell’intimità umana, oltre alla condizione del vissuto ebraico; l’essere ibrido tra uomo e animale, protagonista del racconto “La tana”, in cui la costruzione di quest’ultima è rappresentazione della paura di un nemico, la cui presenza viene soltanto percepita, e della solitudine di ogni profeta.

Gli animali di Kafka riflettono le nostre ombre più istintive e feroci e, contemporaneamente, la nostra quotidiana tensione verso la razionalità e poesia. Nelle opere kafkiane, gli animali esplorano i territori reconditi dell’animo umano e parlano chiaramente di un Nemico da cui si sentono minacciati.

L’incontro ha fatto luce su un Kafka intimistico, simbolistico e visionario, tra i pochissimi a presagire la tragedia della seconda guerra mondiale, e a un secolo dalla sua morte ancora profondamente attuale.

La partecipazione del pubblico è stata numerosa e i Dialoghi tra Prosa e Poesia si sono confermati come un format vincente dal punto di vista divulgativo e letterario.

Lo spazio Diagon Hall ospita un mercoledì al mese i Dialoghi tra Prosa e Poesia, incontri letterari ogni volta basati su temi differenti. Da dicembre 2023, fino a oggi, i temi trattati sono stati quella della Ferrovia, degli Spiriti del Mare, delle Isole e degli animali di Kafka.

 

Mara Martellotta

Fabio Banfo in “Patria. Il paese di Caino e Abele”

Sabato 13 aprile alle 21

LA STORIA D’ITALIA DAL DOPOGUERRA A OGGI SUL PALCO DELLO SPAZIO KAIROS

La storia d’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri vista attraverso gli occhi di due fratelli che hanno misteriosamente incrociato gli eventi più sanguinosi della storia italiana: le stragi, i golpe, il terrorismo, le lobbY, le mafie, i servizi segreti. E’ uno spettacolo particolarissimo quello proposto sabato 13 aprile alle 21 sul palco dello Spazio Kairos, via Mottalciata 7, per la stagione “Riflessi” organizzata da Onda Larsen: si tratta di “Patria. Il paese di Caino e Abele”, di e con Fabio Banfo, coproduzione Centro teatrale MaMiMò (RE) e Eco di Fondo (MI) per la regia di Giacomo Ferraù.

Il pubblico in sala potrà fare un viaggio in quelle verità sulle stragi che sono state dimenticate, occultate, cancellate nella storia recente del nostro paese e che hanno ancora un profondo seppur spesso invisibile riflesso sul tempo in cui viviamo. Il testo intreccia tutte quelle vicende che hanno contribuito a fare dell’Italia dei nostri nonni, il paese che lasceremo ai nostri figli.  E’ un racconto, quello dell’Italia, inevitabilmente tragicomico, dove le memorie degli eroi e quelle dei malvagi, si mescolano indissolubilmente come le storie dei nostri due fratelli.  Una biografia famigliare che finisce per diventare la biografia di una nazione.

La storia
I fatti vengono rivisti attraverso gli occhi di un personaggio bianco, un idiota Dostoevskiano che tutti considerano lo scemo del villaggio. Lui, da quando ha battuto la testa da piccolo forse per colpa del fratello, viene chiamato Abele; cerca spasmodicamente tracce del fratello Caino scomparso in un attentato ferroviario (la strage dell’Italicus). La vita di questo microcosmo, di questo piccolo paese che si chiama Patria e che rappresenta nelle sue dinamiche l’intera Italia, scorre inesorabilmente verso una fine lenta e pietosa, indifferente ai suoi figli che vanno e vengono, nascono sempre meno e muoiono sempre di più.

Fabio Banfo, nello spettacolo, interpreta 15 personaggidifferenti, dando voce agli abitanti del Paese che diventano metafora dei costumi e delle ideologie dell’Italia degli anni ’70 e ’80 che hanno segnato il nostro presente.

 

NOTE DI REGIA

BUM.

ABELE: Ci sono esplosioni che durano poco. Altre che durano una vita intera. Dicono che L’intero Universo è nato da un’esplosione. Ma era sicuramente più forte della mia. La mia era un’esplosione da niente. È durata il tempo di ricordarmi tutto. Di ricordarmi com’era non essere scemo. E della vita che è passata tra l’esplosione dell’inizio e quella della fine. E tutte le esplosioni che ci sono state in mezzo come i tuoni, gli aerei che superavano la barriera del suono, e le bombe che sventravano cose e le persone creando vuoti immensi come le galassie e i buchi neri che vi stanno al centro. Dalla goccia di seme che ha acceso la mia luce, alla scintilla che la spegnerà. La storia della mia vita. La storia del mio paese. Stanno tutte dentro un bum, come chiuse in una bolla di sapone. Non era una gran vita, non era un gran paese. Ma era la mia, la nostra Patria. E adesso non c’è più. Adesso non ci siamo proprio più…

PATRIA è la storia italiana degli anni di piombo anni vista attraverso gli occhi di un personaggio bianco, un idiota Dostoevskiano che tutti considerano lo scemo del villaggio. Lui, da quando ha battuto la testa da piccolo forse per colpa del fratello, viene chiamato Abele; cerca spasmodicamente tracce del fratello Caino scomparso in un attentato ferroviario (la strage dell’Italicus). Forse il fratello però non è morto, sopravvissuto e misteriosamente non dà notizie di sé. Forse è addirittura un terrorista. Forse un mafioso. Forse è implicato talmente a fondo nelle efferate vicende raccontate da dover scomparire per forza. O forse è semplicemente morto come tanti in una dei mille misteri rimasti senza risposta di quegli anni incredibili. La vita di questo piccolo microcosmo, di questo piccolo paese che si chiama Patria e che rappresenta nelle sue dinamiche l’intera Italia, scorre inesorabilmente verso una fine lenta e pietosa, indifferente ad i suoi figli che vanno vengono, nascono sempre meno e muoiono sempre di più. Come dice il testo, una vita che può essere contenuta all’interno di una sola esplosione, di una bolla. Così lavora la scenografia nella realizzazione di un unico spazio stretto a un gusto come un paese che vuole assolvere sé stesso la funzione di un’intera Nazione.

 

Spazio Kairos è via Mottalciata 7.
Intero 13 euro. Ridotto (ex allievi Scuderia Onda Larsen, Over 65, studenti universitari) 10 euro.
Ridotto speciale (allievi Scuderia Onda Larsen 23/24, under 18 e disabili) 6 euro.
Biglietti online su: www.ticket.it. Necessaria la tessera Arci. Info: biglietteria@ondalarsen.org

Attraverso le canzoni e la danza la nostra storia: e non soltanto

Sabato e domenica sul palcoscenico del Gioiello

Fu un bel momento di cinema, godibilissimo, quel “Ballando ballando” che nel 1983 Ettore Scola diresse sotto i triplici colori dell’Italia, della Francia e dell’Algeria e che andò a rappresentare quest’ultima agli Oscar. Quattro David di Donatello nell’anno successivo (tra cui spiccano le musiche di Vladimir Cosma e Armando Trovajoli, chiaramente miglior film e Scola miglior regista), tre César oltralpe e ancora Cosma e Scola e miglior film, per concludere certo non in ultima posizione la prestigiosa miglior regia a Scola al Festival di Berlino di quello stesso anno. Tutto derivato da quel “Le Bal” inventato da Jean-Claude Penchenat con il Théatre du Campagnol, oggi con un sottotitolo che suona “L’Italia balla dal 1940 al 2001”, dallo scoppio del secondo conflitto mondiale all’annus horribilis delle Torri Gemelle, ripreso da Giancarlo Fares, tra gli interpreti oltre a curarne la regia. Con lui sul palcoscenico del Gioiello (repliche sabato 13 alle ore 21 e domenica 14 alle ore 16) Sara Valerio e dieci compagni di viaggio attori/ballerini pronti a dare il via alle danze.

Tutto si svolge in una balera, uomini e donne a incontrarsi per incollarsi in una danza dopo l’altra, per uno spettacolo dove la musica si fa drammaturgia per attraversare un lungo periodo di Storia e accompagnare il pubblico in un susseguirsi di vitalità e di emozioni, dall’alba al tramonto, dalla guerra alla pace, dal pianto al riso, dal dolore all’amore. Una musica che attraversa le giornate e le notti, le anime e i cuori, che arriva in discoteca, che si perde per le strade, che coinvolge nella diversità degli abiti, delle mode, delle note tutti quanti, un interminabile viaggio che attraversa gli anni bui della guerra e la felicità e la spensieratezza della liberazione, la ricostruzione e il boom economico, le lotte di classe, le tragedie della divisione, le droghe e il degrado, la paura dell’undici settembre, la riconquista dei valori, i tanti cambiamenti della vita quotidiana, le migrazioni verso il nord, il cibo e l’allegria, i cambiamenti e le nuove affermazioni di idee e di esseri umani, il modo di esprimere le proprie emozioni.

Uno spettacolo tutto speciale, assolutamente da vedere. È un’esplosione d’allegria questa colonna sonora che unicamente fuoriesce dal palcoscenico per spandersi in sala, per coinvolgere e appassionare, essa, unicamente, bandito ogni dialogo tra i vari protagonisti. Un fiume di note, con smagliante originalità, un filo rosso di musica magnificamente distribuita nei vari decenni a unire tutto quanto lo stivale, un susseguirsi di atmosfere sulle note che appartengono alla nostra memoria. Sono le canzoni di Claudio Villa e Domenico Modugno, di Celentano e Gino Paoli e Morandi, di Mina insuperata e insuperabile, della Pavone e della Carrà, le musiche dei Pink Floyd e dei Rolling Stone, i ritmi di Gloria Gaynor e la disco music, le nuove forme d’intrattenimento all’orizzonte. Sono le musiche che ti hanno conquistato e continuano a conquistarti, che ricreano ricordi ed empatie e unioni che raccolgono attorno a sé, ancora una volta, le tante anime di un popolo. Un consiglio che ripetiamo: assolutamente da non perdere.

e. rb.

Nelle immagini di Giulia Baresi e Damiano Sordi, alcuni momenti dello spettacolo.

“La Mole armonica”, quarto appuntamento cameristico delle “Domeniche dell’Auditorium Rai”

 

 

Domenica 14 aprile, alle 10.30, all’Auditorium Rai “Arturo Toscanini” di Torino, il protagonista del quarto appuntamento cameristico delle “Domeniche dell’Auditorium” sarà “La Mole armonica”, ensemble barocco dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai. Il concerto, registrato da Radio 3, sarà trasmesso domenica 21 aprile alle 20.30.

Il programma accosta pagine di autori vissuti quasi tutti a cavallo tra il Seicento e il Settecento: la Sinfonia in do maggiore per archi e basso continuo di Giovanni Antonio Giay, il Concerto in sol maggiore per violino, archi e basso continuo di Giovanni Battista Somis, la Sinfonia in si maggiore per archi e basso continuo di Gaetano Pugnani, il Concerto per due violini, archi e basso continuo RV 517 di Antonio Vivaldi e la Suite dell’opera “Scyllaet Glaucus” op.11 di Jean Marie Leclair. “La Mole armonica” dell’OSN Rai è affermata da qualche anno quale promotrice di musica antica con strumenti d’epoca, composta da Lorenzo Brufatto, violino e concertatore; Paolo Lambardi, Carola Zosi, Pietro Bernardin, Alice Milan, Giulia Marzani, Antonella D’Andrea, violini; Davide Ortalli e Federico Maria Fabris, viole; Fabio Storino e Amedeo Fenoglio, violoncelli; Pamela Massa, contrabbasso; Maurizio Fornero, clavicembalo.

I biglietti per il concerto sono in vendita sul sito dell’OSN Rai e presso la biglietteria dell’Auditorium Rai di Torino, in piazza Rossaro.

Tel: 011 8104996 – 331 8361276

 

Mara Martellotta

 

‘Old Fools’ di scena a Settimo

‘Old Fools’ con Marianna de Pinto e Marco Grossi è una produzione della Compagnia Malalingua e Festival trame contemporanee, per la regia di Silvio Peroni. Andrà in scena sabato 13 aprile.

È stato scritto dall’autore britannico Tristan Bernays e racconta di Tom e Viv, del loro amore della vita che hanno condiviso insieme, della prima scintilla che si affievolisce fino all’ultimo momento trascorso insieme.

Ma non necessariamente una storia deve essere raccontata in questo ordine. L’unicità del testo è nella sua struttura. Una narrazione che, senza soluzione di continuità, mescola e confonde il tempo, può passare dal primo incontro e proiettarsi, un istante dopo, nella senilità dei protagonisti per poi ritrovarli sposati o al secondo appuntamento, o alle prese con la nascita di un figlio o vederli impegnati nello sforzo di tenere unita la loro relazione.

Questa asimmetria temporale pare che abbia qualcosa a che fare con la nostra costante ricerca di significato e ordine nella vita e di come riusciamo a trovarlo solo in brevi istante, ma alla fine ci sfugge e un ordine non esiste.

Per Tom e Viv il mondo crolla e il tempo collassa quando si scoprirà che uno dei due soffre di Alzheimer e di fronte ad una malattia così debilitante trovare un significato diventa difficile e ancora di più trovare un ordine.

Quest’opera ordinariamente empatica si coniuga con il lavoro del regista Silvio Peroni che da anni conduce una ricerca sull’attore e il desiderio di raccontare sul palcoscenico delle vite senza spettacolarizzazione.

 

MARA MARTELLOTTA

 

Contatti 3494037423

info.malalingua@gmail.com

Al Baretti: “A little gossip never killed nobody”

venerdì 12 aprile 2024, ore 20

Il Teatro Baretti è onorato di ospitare la compagnia under35 Le Ore Piccole, con il debutto del loro spettacolo la cui anteprima ridotta è stata vista ad Asti Teatro 2023 nell’ambito del bando Scintille.

regine, parlatrici
Klara, Agnes e Martha si ritrovano tutte le sere per bere una birra insieme dopo l’estenuante lavoro in fabbrica. La vita nel paese dove vivono è logorante, non succede mai nulla di nuovo e niente sembra in grado di cambiare in meglio. Un giorno, però, qualcosa finalmente succede: Martha ha un rapporto sessuale con il loro capo, di cui si è invaghita, che presto si trasforma in una vera e propria relazione. Da quel giorno tutto cambia irrimediabilmente e, mentre loro ottengono piccoli miglioramenti sul lavoro grazie al rapporto privilegiato di Martha col capo, le conversazioni quotidiane delle tre donne diventano sempre meno innocue e sempre più inquietanti.

A little gossip never killed nobody è una favola oscura sul potere della parola, così potente che può cambiare la realtà, crearne una nuova, spingerti a immaginare, desiderare, manipolare, obbedire.

“il titolo della stagione contiene la parola regine in minuscolo, a simboleggiare uno status personale di consapevolezza, una regalità che proviene dalla coscienza di sé e non concessa da altri, la virgola e lo spazio vuoto suggeriscono poi un elenco potenzialmente infinito di declinazioni, ruoli, condizioni possibili del genere femminile. Esplorare, sfidare e celebrare il femminino in tutte le sue molteplici sfaccettature: ecco il cuore di questa nuova stagione teatrale, che mi vede nell’inedita veste di direttore artistico.” Sax Nicosia

Una stagione speciale resa possibile grazie alla collaborazione con PiemonteDalVivo nell’ambito del bando CortoCircuito, e con il sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo.

Per avere altre informazioni sulla stagione è sufficiente cliccare qui

A LITTLE GOSSIP NEVER KILLED NOBODY

di Chiara Arrigoni

regia Francesca Caprioli

con Chiara Arrigoni, Giulia Gallone, Ottavia Orticello

costumi Paola Arcuria

in collaborazione con PiemonteDalVivo nell’ambito del bando CortoCircuito
PAV- Fabulamundi Playwriting Europe e LE ORE PICCOLE

BIGLIETTERIA:
INTERO 12€
RIDOTTO 10€ (studenti/over65/anpi)
ABBONAMENTO 5 SPETTACOLI 45€
BIGLIETTERIA ONLINE:
È consigliato l’acquisto dei biglietti online su anyticket.it | L’acquisto prevede il diritto di prevendita di 0,70€. | Non sono possibili prenotazioni telefoniche o via mail.
PREVENDITA IN CASSA:
Qualora fossero ancora disponibili dei posti in sala è possibile acquistare i biglietti degli spettacoli teatrali prima dell’inizio dell’evento.

“La permanenza del segno”: Vincenzo Gatti alla Fondazione Amendola

Le sale espositive della Fondazione Giorgio Amendola, in via Tollegno 52, a Torino, ospitano la mostra di Vincenzo Gatti dal titolo “La permanenza del segno”, a cura di Armando Audoli. La mostra sarà visitabile fino al 5 maggio. Vincenzo Gatti presenta una vasta scelta di opere alla Fondazione Amendola, circa 40, che coprono un lungo periodo, dai primi anni Settanta fino a oggi, testimone della sua ricerca costante e appassionata legata alla grafica. Fin dagli inizi il vero protagonista delle opere è il segno, declinato in ogni forma, brulicante e atmosferico nelle incisioni, allargato e quasi snervante nella tensione dei disegni e delle recenti opere di grande formato, che trovano nuovi sviluppi espressivi con l’uso del pastello grasso su carte patinate.

Vincenzo Gatti, nato a Torino nel 1948, per vent’anni titolare della cattedra di Tecniche dell’incisione all’Accademia Albertina di Torino, sembra voler mettersi continuamente alla prova, dimenticando il consumato mestiere per sperimentare altre procedure, e entrando in territori grafici anche eterodossi, con una sorta di superamento critico dei risultati raggiunti. I temi trattati sono legati a varie esperienze, dalle seduzioni gestuali o pop degli inizi, alle visioni d’interni, tra luci e ombre, delle acque forti, agli scenari del mito della natura che favoriscono le metamorfosi della figura umana. Questo argomento ricorrente nell’immaginario dell’artista è riscontrabile anche in alcune terracotte presenti in mostra, e fa riferimento alla cultura visionaria e inquieta che ha percorso l’Europa tra Ottocento e Novecento.

Fondazione Amendola, via Tollegno 52, Torino

Apertura lunedì-venerdì 9:30/12:00 – sabato ore 10:00-12:00

 

Mara Martellotta

Nomi celebri e belle scoperte, dal Figurativo all’Informale

Il “Novecento” alla Galleria Aversa, sino all’11 maggio

La Galleria Aversa allarga i propri spazi e con gli spazi i propri confini. Con la mostra “Il Novecento, dal Figurativo all’Informale” (nei locali posti nel cortile aulico del Palazzo Luserna di Rorà di via Cavour 13, sino al 11 maggio prossimo) non rinuncia certo a quell’Ottocento cui da sempre ci ha abituato ma amplia i suoi interessi al secolo successivo, un lungo quanto prolifico periodo dell’arte italiana giù giù quasi sino ai giorni nostri, un terreno fertile di proposte e di esperienze pittoriche, un percorso che ha visto l’affermazione di varie correnti, dal Liberty al Divisionismo sino all’Informale. Un’esposizione che deve gran parte della sua ricchezza al lascito della collezione dello storico e critico d’arte Marco Rosci, collaboratore per venticinque anni de La Stampa, curatore di mostre d’arte moderna e contemporanea, autore di importanti testi e professore universitario, scomparso pressoché novantenne a Novara nel 2017.

 

Roberto e Jacopo Aversa hanno raccolto oltre trenta artisti, con grande ricchezza di tecniche e di formati, di volti e di paesaggi, di classicità e di sperimentazioni, da Nino Aimone a Bruno Cassinari, da Felice Casorati a Salvatore Fiume a Dario Fo, da Pinot Gallizio a Nedda Guidi a Ugo Nespolo, da Alessandro Lupo a Francesco Messina a Enrico Paulucci, da Carol Rama a Piero Ruggeri a Luigi Spazzapan, da Andrea Tavernier a Felice Vellan a Cesare Maggi. In un itinerario che potrebbe partire dalla “Preghiera” di Cesare Ferro, posta nella prima sala, un abito scuro, la espressività raccolta e indagatrice quasi di due occhi in un viso di donna, due mani giunti che dimostrazione la leggerezza ma altresì la solennità del momento di raccoglimento. Ma non vanno dimenticati “I fiori della mamma”, un pastello su tela di Giovanni Battista Carpanetto, il messicano Rufino Tamayo, che fondeva le tradizioni del proprio paese con le correnti che si sviluppavano in Europa, le proposte dello svedese Bengt Lindström, con la sua pittura ispirata ai miti e alle leggende della Lapponia, nato in un piccolo villaggio del Norrland e, attraverso gli studi e la passione per la pittura, approdato a Stoccolma e quindi a Copenhagen e Chicago e Parigi, affascinato dagli affreschi di Cimabue e Giotto ad Assisi, varie mostre in giro per il mondo, da Barcellona a Tokio, da Seul a Colonia a Milano.

Come Franco Costa, uno dei più importanti autori di manifesti del secondo Novecento, formatosi tra Zurigo e Parigi e il Sud America, collaboratore dei maggiori stilisti, da Valentino a Lancetti a Dior, legato a nomi quali Fellini, Stanley Kubrick, Matisse e Picasso, nel 1980 divenuto artista ufficiale della America’s Cup; come le opere di Mirko Basaldella e di Nedda Guidi, all’interno di questo panorama novecentesco che in questa Torino di primavera sta interessando gallerie e fondazioni di prestigio.

e. rb.

Nelle immagini: con la “Preghiera” di Cesare Ferro, in esposizione alla galleria Aversa, tra gli altri, anche opere di Pinot Gallizio e Nedda Guidi.

Selezionati gli artisti e le artiste di Futures 2024

Gli artisti e le artiste selezionate nel 2024 nell’edizione di Futures sono Anna Adamo, Giorgio di Noto, Giulia Vanelli, Ivo Sekulovski e Lucrezia Zanardi. Si tratta del programma europeo indirizzato alla promozione della fotografia contemporanea del quale Camera è l’unico rappresentante in Italia.

Attraverso un percorso di rafforzamento della propria ricerca artistica e attività di accompagnamento di natura espositiva, educativa, promozionale e relazionale, pensate su scala nazionale e Internazionale, il programma permetterà loro di entrare in contatto con oltre cento artisti provenienti da venti nazioni diverse e con gli staff curatoriali dei 21 musei e fondazioni per la fotografia che fanno parte della piattaforma.

Le artiste e gli artisti che parteciperanno alla settima annualità di Futures sono stati individuati da Walter Guadagnini, direttore artistico di Camera, e da Giangavino Pazzola, curatore associato del centro e coordinatore del programma.

Al fine di compiere una mappatura esaustiva e individuare le esperienze più significative e innovative nel contesto italiano, Camera ha deciso, per la prima volta nella storia di coinvolgere nell’individuazione delle candidature altri tre esperti del settore: la curatrice e fondatrice di Leporello.photobooks et al., Chiara Capodici, l’editore Tommaso Parrillo, fondatore di Witty Books e Giulia Pollicita, ricercatrice e curatrice della Fondazione Morra Greco.

 

Mara Martellotta