


RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Elizabeth Strout “Lucy davanti al mare” -Einaudi- euro 19,00
L’esile scrittrice 68enne Elizabeth Strout, che vive tra New York e il Maine, è una delle autrici contemporanee più amate. Vincitrice del Premio Pulitzer nel 2009 con “Olive Kitteridge”, ha l’immensa capacità di raccontare la vita attraverso toni, pensieri e descrizioni appena sussurrati, che rendono il quotidiano teatro di un quadro molto più ampio. Tante pennellate lievi, ma potentissime.
Questo è il suo quarto romanzo dedicato a Lucy Barton, personaggio immaginario e suo alter ego. Scrittrice di successo, grande cuore materno nei confronti delle due figlie ormai adulte, due matrimoni alle spalle e la tendenza a qualche attacco di panico.
Dopo aver sposato e messo su famiglia con William, ha dovuto affrontare il divorzio. Poi la vita le ha messo sul cammino un secondo amore, l’amabile musicista David che però il destino le ha strappato troppo presto. Ora è una vedova pressoché inconsolabile.
A scompigliare ulteriormente le carte si mette il Covid. Siamo all’inizio della pandemia e William, che è uno scienziato (e reduce da un altro divorzio), capisce subito la portata drammatica del virus. Riesce a convincere Lucy a chiudersi insieme a lui in una casa nel Maine affacciata sull’Oceano. Nell’immaginaria Crosby in cui aveva ambientato “Olive Kitteridge” (che tra l’altro viene citata in più parti dell’ultimo romanzo).
Il romanzo è un po’ la cronistoria dello spaesamento dell’abitudinaria Lucy in una casa che non sente sua, alle prese con stati d’animo alterni, senza mai dimenticare da dove viene e la povertà traumatica della sua infanzia. Il suo tempo è scandito da rituali minimi: passeggiate, il progressivo riavvicinarsi a William, le notizie di cronaca. Ma anche i dispiaceri che stanno affrontando le figlie, inquiete e sfuggenti.
William fin dalle prime avvisaglie della pandemia ha spinto le figlie Chrissy e Becha, con i loro mariti, ad allontanarsi dai centri urbani per mettersi in salvo. Poi, una abortisce per la terza volta, si dispera, diventa scheletrica ed ha un amante. L’altra invece viene lasciata dal marito, pseudo poeta mediocre e geloso del successo letterario della suocera.
Teatro di tutto il romanzo è una tavolozza di colori della natura, tra mare in burrasca o calmo, cieli azzurri che virano in tempesta. Ma anche notizie di morte e pazienti intubati in lotta per sopravvivere.
Gaëlle Nohant “L’archivio dei destini” -Neri Pozza- euro 20,00
Dietro le pagine di questo libro ci sono oltre tre anni di lavoro in cui l’autrice ha svolto un’enorme indagine documentaristica, incontrato testimoni non solo in Polonia e Germania.
Fulcro delle sue ricerche sono gli Archivi Arolsen, noti anche come International Tracing Service, il più grande centro di documentazione e ricerca sulle persecuzioni naziste. E’ stato creato dagli Alleati alla fine della Seconda guerra mondiale, ed ha sguinzagliato dei detective col compito di indagare sui destini delle vittime del nazismo, su richiesta dei loro parenti. Tracce ovviamente difficili da seguire quando le camere a gas, i forni crematori e le fosse comuni hanno inghiottito famiglie intere.
I personaggi del libro sono quasi tutti di fantasia, ma le loro esperienze sono quelle vissute davvero da chi è stato travolto dal furore nazista. Tutto quanto viene narrato è basato sulla realtà storica. Tanto più che la Nohant si è avvalsa della collaborazione e dell’amicizia di persone come Nathalie Letierce-Liebig, che da 40 anni lavora alla Missione di Ricerca e Chiarimento dei Destini e si occupa della Missione Memoria Rubata.
A questa incredibile donna è ispirata la figura della protagonista del libro, Irene, per la quale il lavoro di ricerca svolto è una vocazione ed un impegno che pervade tutta l’esistenza. Il suo compito è restituire le migliaia di oggetti raccolti nel centro dopo la liberazione dei campi di sterminio. Cose materiali, per lo più di uso comune strappate alle vittime: fedi nuziali, foto, portafogli, orologi,…..
Tutti reperti di immenso valore simbolico, testimonianze silenziose, ma urlanti orrore e testamenti di vite falciate. Grazie a loro i defunti riacquistano il loro posto nel cuore delle famiglie.
Irene cerca in tutti i modi di rimettere insieme legami familiari interrotti dalla guerra, recupera poco a poco, con fatica, sensibilità e grande emozione, alcuni frammenti della quotidianità di chi è scomparso. Così facendo, le loro esistenze non restano limitate solo al tragico destino; ogni vita per breve e tremenda che sia è unica e preziosa.
Un libro magnifico e struggente che riunisce e riconcilia membri di famiglie attraverso generazioni. Mette anche il dito in piaghe dolorosissime come quelle dei bimbi ebrei strappati alle madri per essere dati in adozione a famiglie ariane. Molti di loro neanche ricorderanno più la lingua di origine, mentre i loro discendenti rintracciati da Irene saranno letteralmente scioccati di fronte ai segreti che la storia ha infilato nelle loro famiglie,
Serena Dandini “La vendetta delle muse” -HarperCollins- euro 18,00
Le muse raccontate da Serena Dandini sono state creature dotate di grande ingegno e talento, ma la storia ha steso un velo di indifferenza su di loro; ed ecco che l’autrice ha deciso di scrivere per rivendicarne la grandezza e un po’ anche per vendicarle.
La selezione è avvenuta in base alle preferenze dell’autrice che ha ricostruito un pantheon di figure femminili a lei particolarmente care, che i libri di storia non citano spesso. Grandi donne rimaste per lo più invisibili.
Alcune, come Colette, si sono vendicate da sole; mentre altre sono state considerate delle rovina famiglie, ragazze cattive. Tra queste ci sono Alma Mahler e la Gala di Dalì; ambiziose che hanno coltivato questa loro caratteristica contravvenendo alla regola secondo la quale le donne dovrebbero fare passi indietro per lasciare ampio spazio agli uomini.
Sono state capaci di trasformare in forza le loro debolezze, coraggiose nell’infrangere parecchi tabù, incluso quello di stare con uomini molto più giovani.
A determinare i loro percorsi è stata soprattutto l’ostinazione nell’inseguire i loro sogni. Una su tutte, la splendida Hedy Lamarr, prima donna a comparire nuda sugli schermi nel film “Estasi” nel 1933. Poi diventata l’attrice e la donna più bella del mondo; ma dalla sua aveva anche un quoziente intellettivo fuori dal comune.
Studiò un sistema radiocomandato a distanza che nel 1940 ancora non esisteva; meccanismo ultrasofisticato che consentiva alle frequenze radio di cambiare in continuazione ed ostacolare le intercettazioni del nemico. Un’arma che avrebbe potuto contrastare le aggressioni di Hitler e che è alla base di tutta la tecnologia odierna. Insieme al musicista George Antheil mise a punto un “Sistema di comunicazione segreto per missili radio controllati” che però restò inutilizzato fino al 1958.
Le radiofrequenze studiate da Hedy Lamarr troveranno poi applicazione nelle nuove tecnologie militari, mediche, ma anche nel Wi-Fi e nella telefonia mobile e in tanti altri dispositivi che usiamo oggi. Giusto per dire la grandezza di una donna.
Patricia Cornwell “Cause innaturali” -Mondadori- euro 22,50
Tutto inizia con il macabro ritrovamento dei resti orribilmente mutilati di due campeggiatori ritrovati in una zona selvaggia della Virginia settentrionale. Le vittime sono Huck e Brittany, che erano ricercati dai federali per il riciclaggio di denaro e terrorismo, dal momento che fiancheggiavano il gruppo filorusso “The Replubic.
Quello che gli investigatori trovano nell’accampamento semi segreto delle vittima fa pensare ad un violentissimo attacco a sorpresa computo da più assassini particolarmente spietati e sadici. A far luce sull’accaduto troviamo Kay Scarpetta e la nipote Lucy.
Il più antico festival sui temi LGBTQI+ d’Europa e terzo nel mondo
I FILM PREMIATI | LE MOTIVAZIONI
ALL THE LOVERS/ OTTAVIO MAI AWARD FOR THE BEST FEATURE
Presidente di giuria: Roberta Torre
LES TORTUES/TURTLES di David Lambert
Sorretto da una scrittura serrata e da un ritmo incalzante, un film che ci conduce all’interno di una relazione e dei suoi struggenti addii. Un film che da voce a una generazione difficilmente rappresentata nell’immaginario cinematografico e che ancora oggi conserva la preziosa memoria della storia LGBTQI+, ma al contempo allarga la visuale a un sentimento d’amore universale: il matrimonio e il divorzio come diritti che appartengono a tutte e a tutti.
Il racconto della sessualità e i mutamenti del corpo con l’avanzare degli anni ci conducono alla scoperta di nuove dimensioni della vita.
MENZIONE SPECIALE
ÚSVIT /WE HAVE NEVER BEEN MODERN di Matej Chlupacek
La giuria del concorso lungometraggi ha deciso di attribuire una menzione speciale al film ÚSVIT/We Have Never Been Modern. Per la rappresentazione dell’intersessualità messa in scena con una cinematografia formalmente impressionante, che riesce a calare nel lontano 1937 una tematica particolarmente attuale.
REAL LOVERS / REAL LOVERS AWARD FOR BEST DOCUMENTARY
Presidente di giuria: Alexander Mello
M IS FOR MOTHERS di Lívia Perez
Per la sua capacità di partire dal contesto quotidiano di un percorso verso la genitorialità per esplorare tematiche più profonde e sfaccettate; per la sua messa in scena delicata e al tempo stesso viscerale; per la sua forza nell’affermare lo sguardo e l’esperienza femminile nello scenario contemporaneo sia a livello politico che a livello cinematografico. Il premio della giuria Real Lovers 2024 va a M is for Mothers di Lívia Perez.
FUTURE LOVERS / FUTURE LOVERS AWARD FOR BEST SHORT FILM
Presidente di giuria: Luca Bianchini
TU TIJERA EN MI OREJA di Carlos Ruano
Per la capacità di giocare con gli stereotipi e di ribaltarli, con una storia avvincente, dai dialoghi serrati, che affronta comicamente il tema della vergogna e della vendetta, vince il concorso Future Lovers 2024, Tu Tijera En Mi Oreja di Carlos Ruano.
MENZIONE SPECIALE
UNA NOTTE di Alessio Vasarin
“Ho visto lui che bacia lui, che bacia lei che lo dice a me”, canterebbe Annalisa. In una città un po’ onirica, tra silenzi e strane apparizioni, la verità appare l’unica via d’uscita. Ma la notte non porta consiglio. Menzione Speciale della Giuria Future Lovers 2024 A Una Notte di Alessio Vasarin.
GIURIA YOUNG LOVERS – PREMIO MATTHEW SHEPARD
DUINO di Juan Pablo Di Pace e Andrés Pepe Estrada
Raccontare è sempre raccontarsi, per cercare di dare, attraverso la propria esperienza, risposte che diventano universali; un film che racconta la fame di vita, di sperimentazione e di amore dell’adolescenza e il suo ripercuotersi urgente nell’intera esperienza umana; un film onesto, nel più alto significato che questa parola può valere per l’arte.
La giuria Young Lovers assegna il premio Matthew Shepard a DUINO di Juan Pablo Di Pace e Andrés Pepe Estrada.
PREMIO GIO’ STAJANO
ÚSVIT/WE HAVE NEVER BEEN MODERN di Matej Chlupacek
Per aver raccontato la rarità e la preziosità di un tema sinora poco affrontato cinematograficamente come quello dell’intersessualità, con grande delicatezza e scientifica incisività negli anni ’30 del novecento. Una fotografia struggente e una storia queer di un mondo che cambia, sempre in tensione tra modernità e tradizione e dove la figura femminile di Helena è uno schiaffo al perbenismo della civiltà odierna, che nel nuovo millennio non ha ancora completamente accettato l’amore tra due uomini o tra due donne o l’identità trans e non binaria.
PREMIO TORINO PRIDE
THE JUDGMENT di Marwan Mokbel
The Judgment ci ha completamente devastatə. C’è molta politica, sviluppata sul terreno fertile di una antropologia culturale evidente e tanti temi affrontati, primo tra tutti il costante rapporto tra religione ed omosessualità, sia in negativo (il peccato) che in positivo (l’amore). La rappresentazione delle due visioni sul proprio orientamento sessuale è affidata alle due madri dei due fidanzati; entrambe usano la religione ma in due modi opposti, la prima giudica, la seconda accoglie e propone una visione più personale e intima che aiuta il protagonista ad accettarsi. È bello vedere raffigurate le diverse visioni e le diverse famiglie. C’è amore, tanto amore, così come c’è dolore, un dolore psicologico che lascia segni sul corpo. C’è cura, come sofferenza che porta all’accettazione. Il trauma è stato affrontato e finalmente il protagonista è pronto a meritarsi l’amore.
I PREMI DEL PUBBLICO
AUDIENCE AWARDS
ALL THE LOVERS
DUINO di Juan Pablo Di Pace e Andrés Pepe Estrada
REAL LOVERS
CE QUI NOUS LIE / THE BOND BETWEEN US di Sonam Larcin
FUTURE LOVERS
IT BURNS di Kate Maveau
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Il Lovers Film Festival è realizzato dal Museo Nazionale del Cinema di Torino e si svolge con il contributo del MiC,della Regione Piemonte e del Comune di Torino.
GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Settimana in cui i principali concerti sono quelli del Torino Jazz Festival. Al teatro Alfieri suona il trio del contrabbassista Dave Holland. Al Lambic secondo concerto consecutivo per Dolcenera.
Martedì. Per il TJF al Colosseo suona il quartetto di Christian McBride mentre all’Osteria Rabezzana si esibisce il trio di Gianni Virone.
Mercoledì. All ‘Hiroshima Mon Amour “sold out” per i Tre Allegri Ragazzi Morti. Per il TJF al Colosseo suona il trio di Gonzalo Rubalcaba. All’Off Topic è di scena il trio di Giovanni Falzone. Al Blah Blah si esibiscono i The Clamps mentre all’Arteficio sono di scena i Satoyama.
Giovedì. Giornata del 25 aprile al TJF con “Musica della Liberazione” con l’esibizione di Fatoumata Diawara al teatro Regio. All’Audiodrome di Moncalieri suonano i Marduk. Per il TJF all’Hiroshima si esibisce Steve Lehman mentre al teatro Vittoria è di scena Marta Warelis. Al Blah Blah suonano i Retarded mentre al Cafè Neruda si esibisce il trio di Mauro Ottolini.
Venerdì. Per il TJF Antonello Salis e Matteo Scarpettini al Folk Club . Il duo Hawkins- Wright al Piccolo Regio mentre al Bunker suona il sestetto Ghost Horse. All’Hiroshima si esibisce Coca Puma. Allo Ziggy si esibiscono i JE T’Aime. Al Cap 10100 è di scena Bassi Maestro mentre all’Off Topic è di scena Highsnob.
Sabato. Al Comala si esibiscono gli Yo Yo Mundi. Per Il TJF tributo a Duke Ellington per il quartetto del sassofonista Francesco Bearzatti al Cap 10100. Tributo a Tony Williams al teatro Monterosa del quintetto di Roberto Gatto. Doppio concerto alle 11.30 e alle 16 alla Casa Teatro Ragazzi per Sakina Abdou. Al Blah Blah si esibiscono gli Acid Mammoth.
Domenica. Al Peocio di Trofarello suonano Angel Vivaldi, Rowan Robertson, Florian Opahle e Nick Johnston. Per Il TJF all’auditorium del Lingotto arriva il “funambolico” John Zorn con il suo New Masada Quartet. Da segnalare riguardo John Zorn, 3 documentari al cinema Massimo venerdì, sabato e domenica. Nel pomeriggio in Sala 500 suona Roscoe Mitchell con Michele Rabbia. Allo Ziggy si esibiscono si esibiscono gli EyeHategod mentre al Blah Blah sono di scena i Dome La Muerte.
Pier Luigi Fuggetta
Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, uno dei padri della patria, oltre ad essere sempre pronto – come dice Massimo Bubola nel testo della sua bella canzone, “Camicie rosse” – “a menare le mani per la libertà”, nutriva uno sconfinato amore per gli animali. Ed è questo, probabilmente, uno degli aspetti meno conosciuti della sua complessa e poliedrica personalità. Un amore, il suo, che lo spinse nel 1871 a fondare, assieme alla contessa di Southerland, la “Società Reale per la protezione degli animali“, divenuta poi l’attuale Enpa.
Sfogliando le note storiche dell’ Ente Nazionale per la Protezione degli Animali – che custodisce documenti e lettere firmate di suo pugno da Garibaldi – si scopre infatti che le origini stesse dell’associazione vanno fatte risalire al 1° aprile 1871, anno in cui Giuseppe Garibaldi, su invito di una nobildonna inglese – lady Anna Winter, contessa di Southerland – incaricò con una lettera inviata da Caprera il suo medico personale, dottor Timoteo Riboli, di costituire una società per la protezione degli animali, annoverando la signora Winter , il medico e se stesso come soci fondatori e presidenti onorari. Un atto fondamentale che costituisce il più antico documento conosciuto contro il maltrattamento degli animali.
Fu così che nacque la “Società Reale per la Protezione degli Animali“, con un ufficio provvisorio a Torino, al primo piano del n. 29 di via Accademia Albertina, di cui la storica tipografia di Vincenzo Bona stampò, nel 1872, uno Statuto Sociale, stilato in lingua italiana, inglese, francese e tedesca.
Marco Travaglini
Il 21 aprile in via Foggia 11/a, a Torino
In via Foggia 11/a, a Torino, a cura di Laura Milani, Stefano e Davide Cerruti, si terrà un’installazione urbana, il cui svelamento avrà luogo il 21 aprile 2024 dalle 18 alle 21:30.
“Amare è l’occupazione di chi non ha paura”.
Con questi versi termina la poesia di Davide Rondoni “Conoscere il respiro esattamente”, che nella sua interezza diventa installazione sulla facciata del building di via Foggia 11/a. I versi, pubblicati in una raccolta uscita per Guanda nel 2003, sono state offerti dal poeta a Laura Milani, un momento privato che si trasformerà in atto pubblico, grazie alla visione dei proprietari Laura Milani e Stefano Cerruti, ideatori del progetto, che hanno deciso di trasformare il testo in un’installazione permanente. Complice l’opportunità del superbonus 110, l’approccio urbano è stato superato da un concetto artistico sempre presente, capace di trasformare un’esigenza pratica in un’occasione unica e collettiva. Poesia, arte e architettura si fondono in un progetto che diventa a sua volta un regalo di bellezza alla città, un’opera di rigenerazione urbana che si fonde con una visione artistica dell’abitare, un dialogo silenzioso con il mondo nel contesto di Torino, che haabituato da anni cittadini e turisti a pause inusuali nei percorsi del Museo di Arte Urbana o con le Luci d’artista nel periodo natalizio. Un tributo alla poesia, ma anche all’amore e al coraggio.
“Amare è l’occupazione di chi non ha paura” chiude con questi versi la poesia. Il componimento verrà disvelato ogni giorno per 15 minuti, dalle 16 alle 22.
“È un onore per un poeta vedere che la poesia divenga segno stabile e dono permanente – commenta il suo autore Davide Rondoni – il fatto che avvenga a Torino, città che ha dato i natali a grandi poeti, mi pare bellissimo. È anche un segno che va oltre la mia minima importanza. Senza parole che cerchino il segreto della vita, senza poesia, la città e la convivenza diventano soltanto calcolo, consumo e discordia. La poesia è un dono del cuore che non richiede grande fatica ed è un bel gesto da parte degli abitanti di una casa, invece di pavoneggiarsi per la loro bella dimora, di donare una poesia a chi passa. La poesia non si consuma, è un segno di stima per le persone che lo riceveranno, per la loro umanità che non merita solo marchi, pubblicità, chiacchiere o slogan”.
Durante l’evento, Rondoni leggerà alcuni testi del suo libro “Rispondimi, bellezza – poesie per artisti, maghi, sibille e visioni”(Pellegrini Editore), e sarà distribuita una copia della poesia – installazione, oltre a un segnalibro che riporta il titolo del componimento, i dettagli dell’evento e un qr code che rimanda all’immagine dell’opera.
Il 21 aprile si terrà, dalle 18 alle 22, il cocktail di benvenuto, esclusivamente su invito.
Mara Martellotta
CALEIDOSCOPIO ROCK USA ANNI 60
A differenza di parecchie altre etichette statunitensi di rock anni ‘60 che in “ottica di mercato” preferivano diversificare i generi per venire incontro ai gusti variegati del vasto pubblico, troviamo qua e là case discografiche che intrapresero altre strade, storicamente più meritorie. Alcune di queste furono veri e propri “pionieri” del garage rock minore, favorendo a più riprese bands emergenti talvolta poco esposte al di fuori dei confini dello Stato in cui erano sorte. Tra queste etichette possiamo annoverare per esempio “Phalanx”, “label” medio-piccolo dell’area di Portage (Michigan) associata a Cap Studios, attiva tra 1965 e inizio 1967, che seppe inserirsi in anni di grande fervore e vivacità musicale, tempi in cui l’evoluzione di stili e gusti musicali si muoveva a ritmi vertiginosi e rapidissimi. Tra sud-ovest del Michigan, Indiana e parte dell’Ohio (il “mitico” Midwest) si muoveva una miriade di gruppi garage, impegnati ad accaparrarsi “locations” e luoghi di animazione musicale, a volte in agguerrita concorrenza; alcune di queste bands seppero trovare in “Phalanx” una soluzione (anche a buon mercato) per incidere propri brani originali, senza dover patire l’opprimente ansia del “grande salto”. E’ importante segnalare che col “garage rock revival” che decollò specialmente dalla seconda metà degli anni ‘80 ed il fiorire di “compilations” analitiche sul garage USA anni ‘60, “Phalanx” comparve e compare tuttora in svariate raccolte a tema per gli appassionati del genere [tra cui “Michigan Mayhem!”; “You’re So Square”; “Garage Beat ‘66. Vol. 1”; “Mind Blowers”; “Sigh Cry Die: 29 Tales of Woe and Despair”; “Glimpses. Vol. 1 & 2”; “Hoosier Hotshots. Indiana in The Garage Era”; “Quagmire. Vol. 2. Sixties Punk in the USA!”].
Qui di seguito la discografia Phalanx finora ricostruita, anche alla luce di recenti scoperte:
– (Kalamazoo’s) Hitch-Hikers “Makes Me Feel Good / Someday Baby” (804P-1000; 1000, 1001) [1965];
– The Headlyters “Girl Down The Street / Shop Around” (804P-1010; 1010, 1011) [1965];
– The Pastels “’Cause I Love You / Don’t Ya Know (What You Do To Me)” (804P-0631; 1006, 1007) [1966];
– The Ethics “Crazy Horse / Hall Of Fame” (804P-1002; 1002) [1966];
– The Deacons “Just Like A Shadow / Don’t You Just Know It” (804P-1016; 1016, 1017) [1966];
– Toronados “Alone / Let Me Be Your Man” (804P-5859; 1004, 1005) [1966];
– The Troyes “Why / Rainbow Chaser” (804P-0842; 1008, 1009) [1966];
– The Relics “Inside Outside / Skin Sin” (804P-1012; 1012, 1013) [1966];
– Toronados “She’s Gone / Rainy Day Fairy Tales” (1014) [1966];
– The Chessmen “You Can’t Catch Me / Mr. X” (804P-1018; 1018, 1019) [1966];
– The Olivers “I Saw What You Did / Beaker Street” (1022, 1023) [1966];
– The Ape Quartet “Tarzan / Sally Brown” (1024) [1966];
– Blues Inc. “Get Off My Back / Tell Me Girl” (1025) [1966];
– The Pickwick Papers “I Want To Do It / You’re So Square” (804P-1026; 1026) [1966];
– The Checkmates “Can’t Explain / Cherry Pie” (804P-1027; 1027) [1966];
– The Invaders “Set Me Free / Let’s Dance” (804P-1028; 1028) [1966];
– The Rainmakers “Tell Her No / You’re Not The Only One” (804P-1029; 1029) [1966];
– The Redwoods “Tell Me / Little Latin Lupe Lou” (804P-1030; 1030) [1966];
– The Soundsations “Shout” [LP] (PH-001) [1966].
Gian Marchisio
Si conclude la prima stagione del teatro Serenissimo di Cambiano sotto la nuova gestione di E20 in Scena, e del direttore artistico Stefano Mascani, con una commedia che sta riscuotendo un notevole successo: “Piccoli crimini condominiali” di Giuseppe della Misericordia, per la regia di Teo Guadalupi. Ussi Alzati e Barbara Bertato sono le due interpreti della commedia. L’improvvisa dipartita di un anziano vicino di casa scatena nelledue cugine il senso di rivalsa che da sempre covano contro lo Stato, contro i vicini e anche contro se stesse. La scelta più giusta per loro sembra quella di far sparire il corpo dell’uomo per continuare a incassare la sua pensione. Le due donne decidono così di prendersi, con cinica leggerezza, quello che pensano di meritare, cercando di costruirsi una vita più felice. Nella loro strategia c’è anche qualche altro vicino da far sparire e altrepensione da incassare…
“In questa commedia viene portato all’esasperazione un sentimento tipicamente italiano, quello di essere ingannati dallo Stato – dichiara l’autore della commedia Giuseppe della Misericordia- Le due protagoniste hanno l’occasione per la prima volta di prendersi una rivincita sullo Stato e ne approfittano in modo grottesco, fino a perdere il controllo o, inevitabilmente, a diventare vittime di se stesse. D’altronde le due donne non sono quasi mai d’accordo tra di loro, e di fronte a ogni decisione tentano comicamente la via del voto, ritrovandosi perennemente con le mani alzate e due voti contrari e inconciliabili”.
Una commedia diretta da Teo Guadalupi, con un ritmo serrato che divertirà moltissimo.
La biglietteria del teatro Serenissimo è aperta sabato 20 aprile dalle ore 15
Info e prenotazioni: E20 in Scena 392 6405385
Mara Martellotta
Un omaggio a Venezia, naturale crocevia di popoli e culture che, nei secoli, ha corrisposto la vocazione di essere un ponte tra Oriente e Occidente. Si tratta di un paesaggio sonoro immaginario nel segno della contaminazione fra generi, ispirato alle opere barocche di Antonio Vivaldi.
Il nuovo progetto personalissimo proposto dal violoncellista e compositore Giovanni Sollima, martedì 23 aprile alle ore 20.30, si intitola “Al-Bunduqiyya. Il concerto perduto”. Dopo il fortunato esordio dello scorso anno, l’eclettico e virtuoso siciliano torna a Lingotto Musica in compagnia del violino concertatore di Federico Guglielmo, noto studioso di Tartini e della musica strumentale veneziana, e dell’orchestra il Pomo d’Oro, specialista nella prassi esecutiva storica e già protagonista in stagione nel 2023.
“Questo concerto – afferma Sollima – riprende nel titolo l’antico nome di Venezia quale luogo di convivenza, comunità e culture diverse provenienti dal Mediterraneo, dalle terre del Nord e dal levante. Si tratta di uno straordinario lavoro di montaggio di frammenti del passato, della musica classica e popolare, con l’obiettivo di aprire le composizioni a possibilità inedite e regalare alla musica una vita nel tempo attuale dell’esecuzione e dell’ascolto”.
Nel corso del concerto verranno eseguiti, di Vivaldi, il concerto per violino e violoncello RV 547, il concerto per violino e violoncello RV 544 e il recitativo dal concerto per violino RV 208. Di Giuseppe Tartini verrà eseguito il “Lieto ti prendo e poi”, aria del Tasso e gondoliera. Di Giovanni Sollima il Concerto Perduto, Moghul e The Family Three.
Il concerto in si bemolle maggiore RV 547 vede in evidenza la partecipazione del violino e del violoncello, dopo una breve introduzione lenta a carattere recitativo, gioiello risalente agli anni Venti del Settecento e scritto per soliste di spicco fra le trovatelle dell’Ospedale della Pietà. Esuberanza di fantasia inventiva e eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata dalla nettezza di disegno melodico, da una vivacità di fraseggio e di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri, e certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere una maniera di composizione nuova. Chiude la prima parte un altro brano popolare di impronta esotica, il canto abanese “Moje Bokura”, conosciuto a Venezia dalla fine del Seicento, dopo l’annessione del Peloponneso da parte della Serenissima. Nella seconda parte si ascolteranno anche due brani di Sollima, “Moghul” del 2018, che riecheggia suoni del lontano Oriente, e “The Family Three” del 2007, ispirato a riflessioni sull’ambiente e sul cambiamento climatico. Chiudono la serata due composizione del Prete Rosso, il concerto in fa maggiore “Proteo-ossia il mondo al rovescio” e il Recitativo dal concerto in re maggiore “Grosso Mogul”, che ricorda certe struggenti melodie zingare.
Fondato nel 2012, il Pomo d’Oro ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti, tra i quali l’Opus Classic, il Premio Abbiati, il Diapason d’Or e lo Choc de classica. Giovanni Sollima è il compositore italiano più eseguito nel mondo, collabora con artisti di fama mondiale come Riccardo Muti, Yo –Yo Ma, Patti Smith, Stefano Bollani e Paolo Fresu. Per il cinema, la televisione e la danza ha scritto e interpretato musiche per Peter Greenway, Bob Wilson, Carlos Saura, Peter Stein e Caroline Carlson.
Il concerto sarà preceduto dalla presentazione del volume “Vivaldi – il buio e la luce” di Orlando Perera, alla presenza, insieme all’autore, di Nicola Gallino, Sala Madrid, ore 18.30
Mara Martellotta