Quaglieni: da Appendino a Sgarbi “Vi racconto il mio Salone”

Di Pier Franco Quaglieni, direttore del Centro “Pannunzio”, di cui oggi viene celebrato il 50° anniversario presso l’Università di Torino, volentieri pubblichiamo questo intervento sul Salone del Libro

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Tra ieri e oggi al Salone ho vissuto due giornate intense ed appassionate. Sicuramente il XXX Salone del libro è stato un grande successo che ha dimostrato come le velleità milanesi fossero poco fondate. L’evento sotto la Mole ha dimostrato che le sinergie torinesi sono in grado di produrre effetti davvero speciali. Il Salone di quest’anno si è rivelato un evento degno del trentennale, quando l’avventura di Angelo Pezzana e di pochi intrepidi poteva sembrare un azzardo. I tantissimi eventi che hanno arricchito le offerte del Salone hanno attratto un pubblico eccezionale. La sfida milanese si è rivelata alla fine anche  positiva perché ha costretto Torino a superare le difficoltà e ad proiettarsi in modo concorde su un obiettivo che è stato sicuramente  raggiunto. Il merito va equamente suddiviso tra quanti hanno dato un contributo importante al suo raggiungimento. Io che fui fortemente critico con la gestione Accornero, ritengo che anche la svolta di quest’anno sia stata molto produttiva.Il mio Salone è stato punteggiato da quattro  avvenimenti importanti. La partecipazione alla presentazione al salone off dell’ ultimo  libro di Alan   Freidman sull’America  che ha registrato anche al Salone  una partecipazione eccezionale. Friedman la delineato la sua America,quella della libertà e della democrazia liberale che oggi appare minacciata ,ma Friedman non ha fatto sconti a nessuno ed ha parlato anche criticamente della storia americana e della inadeguatezza della candidata  democratica Clinton che ha involontariamente favorito Trump. Il suo “Sogno americano” non si è mai pienamente realizzato perché l’America ha sempre avuto dei buchi neri:dal razzismo alla violenza. Il discorso di Friedman  non si può leggere come una crociata contro Trump che lui vede come una grave minaccia ma che è anche la conseguenza di una certa America preesistente a cui il nuovo presidente ha  dato voce. 

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Poi ho avuto modo di conoscere per la prima volta la sindaca Chiara Appendino. Un incontro rapido, cordiale, magari anche un po’ imbarazzato da ambo le parti. L’impressione che ne ho tratto è positiva. Ero andato ad ascoltarla al cinema Centrale quando aveva illustrato il suo programma per la cultura. Visitare gli stand è stato un atto  istituzionale significativo. Non ricordo altri sindaci che lo abbiano fatto, forse solo Valentino Castellani ebbe la stessa umiltà di girare per il salone come un visitatore qualunque. Poi l’incontro con Vittorio Sgarbi alla presentazione del mio libro. Ho visto tanta gente nuova, interessata al libro che Sgarbi con grande maestria ha illustrato, cogliendo i suoi  aspetti più politicamente scorretti ,a partire dal manifesto di oltre 800 intellettuali italiani che armarono la mano degli assassini del commissario Calabresi.  Sofri io non lo descrivo come un eroe, ma come un condannato con sentenza definitiva per l’uccisione di Calabresi. Abbiamo ricordato che ci siamo conosciuti  esattamente 30 anni fa all’inaugurazione del primo  Salone del libro che avvenne al teatro Regio.

 Ero vicino a  Mario Soldati e a Massimo Mila. Nell’intervallo del concerto Soldati che era laureato in storia dell’arte, mi presentò Sgarbi, definendolo una sicura promessa della critica d’arte italiana. Allora aveva la notorietà derivatagli dall’essere andato da Costanzo ad augurare la morte del suo maestro. Ma Sgarbi era soprattutto uno studioso di razza e gli anni lo hanno dimostrato. La profezia di Soldati si è avverata, anche se Vittorio è anche un uomo di cultura a 360 ° che sa spendersi con generosità per tante cause, in primis la difesa del paesaggio. Durante l’intervallo il musicologo Mila si espresse negativamente sul concerto e finimmo per  scappare prima del tempo per trovarci a cena in un ristorante della vicina  via Verdi. Fu una sera sfavillante di battute e ricca di riflessioni serie. Soldati e Mila,  un mondo che non c’è più e che nessuno è in grado di far rivivere a Torino. I maestri non sono stati rimpiazzati ed i loro successori al massimo sono diventati professori, spesso un po’ grigi, senza gusto per l’ironia e la gioia di vivere, per dirla con Soldati.

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La miglior conclusione del mio salone l’ho avuta, presentando allo Stand di Radio Radicale “Una libertà felice” ,una straordinaria di biografia di Marco Pannella. Insieme al curatore Matteo Angioli ,a Bruno Mellano e a Sergio Rovasio abbiamo ricordato in diretta Pannella ad un anno e un giorno dalla sua morte. Pannella non fu mai un ospite gradito del Salone, almeno da quanto posso ricordare. E’ stato bello ricordarlo da Torino dove Marco aveva fatto il servizio militare come soldato semplice. Non a caso  i suoi 80 vennero festeggiati a Torino per iniziativa del centro Pannunzio e del presidente del Circolo della Stampa Gianni Romeo.E’ stato ricordato cosa Pannella in termini liberali  abbia rappresentato per la storia italiana, un contributo di passione, di idee, di impegno senza risparmio di sé che Marco ci ha lasciato e che riguarda tutti, non certo soltanto i radicali. Pannella, detto in sintesi, simbolo dell’Italia civile che molti amiamo ed a cui guardiamo come modello alto di politica da opporre ai populismi odierni.Poi il Salone è stato tanto, tanto altro, un mix capace di aprirsi a tutte le voci. Girando per gli stand ci si rendeva conto di cosa est abbia offerto ai lettori. Gli editori presenti erano davvero rappresentativi di un’editoria italiana che certo non naviga in buone acque, ma rappresenta davvero tutte le sfumature di idee. Dall’editoria di estrema destra a quella di estrema sinistra, senza eccezioni.  Unico elemento criticabile del Salone è la musica a tutto volume che costringeva a parlare a voce altissima per sovrastare il rumore che circondava alcuni spazi di dibattito.  Sgarbi giustamente si è lamentato. E molti si sono trovati nelle  sue stesse difficoltà. C’è da augurarsi che il prossimo anno gli spazi degli incontri e delle presentazioni consentano a relatori e spettatori di poter parlare ed ascoltare senza il disturbo di una musica assordante che ci allontana dal senso della cultura come pensiero, cultura, confronto pacato di opinioni. La mancanza di appoggi o di leggii  crea problemi a chi deve leggere da un libro per citarlo. L’abitudine delle poltroncine invece dei tavoli sta imperversando non solo al Salone. Chi pensa di sostituire i tavoli tradizionali con le poltroncine non ha esperienza di cosa significhi parlare in pubblico  e non solo cinguettare in un salotto. Ma è cosa che a cui si potrà provvedere con calma.L’importante è che il salone sia salvo e che non siano riusciti a scippare a Torino  l’ultima eccellenza che gli rimane.  Oggi si aprono, nel clima dell’ultimo giorno del Salone,  le manifestazioni per i 50 anni del Centro “Pannunzio” a cui tanta gente in tutta Italia sta guardando con interesse.

Pier Franco Quaglieni

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