Le opere dell’artista che seppe interpretare l’evoluzione del costume e della società italiana, dal dopoguerra alla fine degli anni ottanta
Fino al 5 giugno si può visitare al Museo Monumento al Deportato Politico e Razziale di Carpi (Mo), a Palazzo dei Pio, in piazza dei Martiri, la mostra “Il mondo di Alberto Longoni”. L’esposizione, curata da Michela Corizza e Marzia Luppi, è promossa dal comune modenese e dalla Fondazione Fossoli, che ha come obiettivo la diffusione della memoria storica dell’omonimo ex-campo di concentramento in terra emiliana. Alberto Longoni, nato a Milano nel 1921 ( e morto nel 1991 a Miazzina, nel Verbano) durante la guerra , militare a Creta, fu fatto prigioniero dei tedeschi e internato in Germania nel campo di concentramento di Buchenwald, a due passi da Weimar, dove incontrò una ragazza polacca, Lidia Josepyszyn, che diventò poi sua moglie. Una esperienza durissima, tremenda, che si può leggere proprio nella prima sala del Museo al Deportato di Carpi, dove si trova un suo graffito grande come tutta la parete che raffigura centinaia di deportati così come essi diventavano nel campo: magri, ridotti a pelle e ossa, con gli occhi vuoti e privi di espressione, senza bocca. In occasione dell’inaugurazione, il 24 aprile scorso, Michela Cerizza, co-curatrice della mostra, nonché nipote dell’artista, ha ricordato come suo nonno, quando tornò a casa dal campo di concentramento, pesasse 35 chili, sottolineando come, nonostante tutto, non avesse “ mai menzionato l’odio come stato d’animo per spiegare l’orrore in cui era stato coinvolto. Lui faceva e fa emergere, tramite le sue opere, la vittoria dell’amore attraverso il viaggio, il sogno, i paesaggi”. La scelta di ospitare la mostra al Museo del Deportato, dove sono state selezionate opere realizzate da Longoni nell’arco di quarant’anni, dal 1949 al 1989, assume un significato del tutto particolare ed evocativo. “La Sala dei nomi è una cattedrale laica – ha detto il sindaco di Carpi , Alberto Bellelli, riferendosi alla celebre stanza del Museo dove sono graffiti i nomi di oltre tredicimila italiani morti nei campi di concentramento europei – e riportare qui Longoni significa un ritorno alle radici dello stesso Museo”. L’esposizione rappresenta un tributo a un artista “che ha saputo rappresentare la sera del tempo, ma anche lo spiraglio della speranza”, come ricordato dal presidente della Fondazione Fossoli, l’on. Pierluigi Castagnetti. Alberto Longoni, trasferitosi a metà degli anni ottanta in Ossola, a Emo di Crodo , scrisse ed illustrò libri ( tra i quali “Il gioco delle perle di vetro” di Hermann Hesse, una delle opere che contribuirono ad attribuire all’autore di “Siddharta” il Nobel per la letteratura ), eseguì incisioni, graffiti, dipinti, illustrò riviste italiane e straniere, copertine di dischi, realizzò multipli, ceramiche, sculture e collaborò all’architettura di giardini. Se si considera la sua imponente produzione artistica, che lo portò a collaborare con le più importanti case editrici e le più prestigiose riviste italiane ed europee, oltre a scrivere e illustrare straordinari libri per l’ infanzia, sorge spontanea una domanda (che è anche una richiesta): perché non pensare, da parte delle nostre istituzioni culturali, ad un evento che consenta di ammirare le sue opere anche in Piemonte? Sarebbe davvero un importante occasione per celebrare un artista che, con le sue opere, ha accompagnato ed interpretato l’evoluzione del costume e della società italiana, dal dopoguerra alla fine degli anni ottanta.
Marco Travaglini
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