“Vita di Galileo” di Brecht diretta e interpretata dall’attore e regista. Il continuo anelito dell’autore nel ricercare la verità, alla luce del dramma della seconda guerra mondiale e delle bombe atomiche in Giappone
Sarà una celebre opera di Bertold Brecht, “Vita di Galileo” a inaugurare la stagione 2015-2016 del Teatro Stabile di Torino, al teatro Carignano di Torino, martedì 6 ottobre prossimo, alle 19.30. Con questo grandioso affresco, composto di ventisei interpreti e tre musicisti dal vivo, Lavia affronta per la prima volta, come regista e interprete, questo dramma di Brecht in uno spettacolo che debutta in prima nazionale. “Vita di Galileo” si apre a Padova nel 1609, dove lo scienziato detiene la cattedra di matematica dal 1592. Proprio qui Galileo viene in contatto con il canocchiale, inventato l’anno precedente in Olanda, e lo perfeziona, giungendo alla sua prima grande scoperta, l’esistenza dei quattro satelliti di Giove. Come pone in evidenza il drammaturgo tedesco nella scena III, si tratta della prima grande prova capace di mettere in crisi il sistema tolemaico, secondo cui il Sole e tutti gli altri pianeti ruotano intorno alla Terra, centro immobile di tutto l’universo.
Giunto a Firenze alla corte di Cosimo de’ Medici, Galileo è desideroso di presentare al granduca il canocchiale, ma gli aristotelici con cui si scontra spostano la disputa su di un piano puramente filosofico, mostrando tutto il loro disprezzo per le prove sperimentali. Il Collegio romano, invece, grazie alla curiosità del futuro Papa Urbano VIII, conferma le scoperte di Galileo. Proprio Urbano VIII, una volta divenuto Papa, proverà avversione a opporsi ai risultati filosofici galileiani, che costituiscono, tuttavia, per la loro tendenza a rimettere sempre tutto in discussione, un serio pericolo per l’ordine su cui si fonda la Chiesa.
Nella seconda versione, scritta da Brecht in lingua inglese, fra il 1944 e il 1947, la figura di Galileo subì una profonda revisione. Dopo lo scoppio della bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki, Galileo non verrà, infatti, più considerato dal drammaturgo di Augusta l’abile scienziato con il vizio della verità, ma colui il quale, con l’abiura, aveva rinunciato a scardinare il potere costituito, incarnato dall’autorità ecclesiastica. Aveva svuotato la nuova scienza delle potenzialità utili per la trasformazione della società. Secondo Brecht il “crimine” di Galileo può essere considerato alla stregua del “peccato originale delle moderne scienze naturali” , mentre la bomba atomica è il prodotto finale della sua omissione verso la società. La prima versione della “Vita di Galileo” venne completata da Brecht in Danimarca tra la fine del 1939 e l’inizio del ’39, per venire rappresentata, per la prima volta, a Zurigo nel 1943.
In questa prima stesura Brecht aveva già mutato idea su Galileo, che veniva presentato in modo ambiguo, non più in forma eroica, ma come colui il quale aveva effettivamente paura della morte, nel sostenere le proprie argomentazioni scientifiche di fronte all’Inquisizione, motivo che lo spinse a ritrattare le sue convinzioni copernicane. Vita di Galileo approdò in Italia al Piccolo di Milano nel 1963, con la magnifica regia di Giorgio Strehler, con Tino Buzzetti nel ruolo di Galileo. Si trattò di uno spettacolo che cambiò la vita di Gabriele Lavia, facendogli prendere la decisione di fare teatro, di dare un indirizzo alla sua vita e di entrare all’Accademia d’Arte drammatica Silvio D’Amico.
“Brecht – afferma Lavia, che è regista e interprete del dramma – pone una domanda: che cos’è la verità? La risposta è che l’essenza ( la possibilità) della verità è la libertà. Non si può trovare la verità, se non a costo duro, difficile e doloroso della libertà. La libertà non è fare quello che si vuole, ma è la limitatezza della conoscenza. Brecht è un politico e parla della verità della polis, dello stare al mondo insieme agli altri. Il grande insegnamento che ci dà il drammaturgo tedesco è che l’uomo ha il diritto di sapere e di capire, in uno scambio costante”
Mara Martellotta
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