L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

A cura di Laura Goria

Adam Gopnik “Io, lei, Manhattan” – Guanda-   euro 19.oo

E ‘ un inno al fascino di New York questo splendido memoir di Adam Gopnik, firma di punta del settimanale “New Yorker”. Più precisamente è una cavalcata d’amore per la fantastica Manhattan degli anni 80; quando, appena 20enni, lui e la moglie Martha Parker arrivano dritti dal Canada. Due giovani provinciali con pochi soldi e ambizioni tante. Lei è iscritta alla Columbia University e sulla strada per diventare una film maker di successo; lui dottorando di storia dell’arte, ma con il sogno di scrivere pezzi di costume sul “New Yorker”. Gli inizi del loro inossidabile amore hanno il non facile apprendistato nello spazio ultraridotto di un seminterrato di 9 metri quadrati nell’Upper East Side, “la definizione dell’impossibile”.

Pagine intense che vi portano direttamente in quello scantinato pieno di amore, ironia, intelligenza, passione e abilità nella difficile arte di riuscire a imbastire (senza azzannarsi) una convivenza nel minimo spazio vitale possibile. All’epoca Manhattan era proiettata in altezza, verso il cielo: aspirazioni, energia, ambizione e creatività erano un mix che funzionava alla grande. Poteva accadere di tutto. Gopnik iniziò con impieghi, a tratti dai risvolti comici, alla Frick Library, poi come guida al MoMA (piacevolissimo parlare di arte, ma decisamente poco remunerativo) infine decide di cercarsi “un lavoro vero, che pagasse”. E’ così che approda alla prestigiosa rivista maschile GQ dove cercavano qualcuno che rivedesse i testi….e dato che le sue qualifiche erano pari a zero, si aggiudicò il posto. Erano anni in cui era più fluido il passaggio da un lavoro all’altro, salivi le scale mobili della carriera fino al top “e neanche il tempo di voltarsi, eri alla guida di una casa editrice”.

Gli amici della coppia sono giovani romanzieri i cui libri vengono pubblicati, artisti talentuosi le cui opere vengono esposte ed hanno quotazioni di tutto rispetto. Manhattan era il luogo magico in cui potevi farcela. Capitava anche che il grande fotografo Richard Avedon (Dick) diventasse amico della coppia e mentore carismatico di Gopnik, (un’amicizia ininterrotta da quando si conobbero nel 1985 fino alla morte di Avedon nel 2004). Una sorta di padre adottivo che li introdusse nel mondo del potere e del glamour newyorkese. Uomo dall’immensa sensibilità estetica che immortalava immagini con una vecchia macchina fotografica 12 per 8 (la stessa usata da Matthew Brady per fotografare Lincoln e la Guerra di secessione). Gopnik erige quasi un monumento ad Avedon in pagine bellissime in cui racconta le loro passeggiate su e giù per Manhattan, la sua genialità nell’approcciarsi alla vita e alle persone (emblematiche e divertenti le pagine dedicate al loro incontro con “l’uomo delle spille”…godetevelo).

Poi la coppia, dal bugigattolo dell’86esima, infestato da scarafaggi, trasloca in un arioso loft di SoHo di 140 metri quadri: è terreno di scorribande di topi…ma vuoi mettere il fascino di vivere in un edificio con la facciata in ghisa (tratto architettonico tipico di quell’isola newyorkese)… Ed ecco il via a capitoli in cui Gopnik racconta l’evoluzione del quartiere: conteso da artisti e gallerie, sconfinante negli anni con TriBeCa, tra pop art, scrittori ed editor di grande prestigio. Tanti i nomi di personaggi famosi che Gopnik ha incontrato e di cui parla in modo da trascinarvi in quell’epoca e in quei luoghi, decisamente unici. Adam Gopnik ha vinto ampiamente la sua corsa al successo, ha ottenuto svariati premi come giornalista e scritto alti 8 libri prima di questo….tutti da leggere.

 

Ken Follet “Notre Dame”   -Mondadori- euro 9.00

Ken Follet, uno degli scrittori di maggior successo a livello mondiale, rende omaggio alla cattedrale di Notre Dame di Parigi che il 15 aprile scorso è stata devastata da un terribile incendio. E lo fa con

questo pampleth, il cui ricavato è destinato al fondo per la ricostruzione, come pure i suoi diritti d’autore. Proprio lui, che ha scritto il best seller “I pilastri della terra” -dedicato alla cattedrale di Kingsbridge- è stato particolarmente schioccato dal disastro. Incollato come tutti noi davanti agli schermi tv, ha assistito sgomento alle immagini della devastazione.

Ed eccolo ripercorrere il suo legame con Notre Dame.

Aveva visitato la chiesa molte volte: la prima nel 1996, quando era un 17enne più interessato alle coetanee che non alla bellezza della struttura e al suo carico di storia. Tra le tante occasioni successive anche una toccante messa di Natale, con la moglie Barbara, insieme a migliaia di persone che affollavano la chiesa e condividevano qualcosa di profondo. Allora l’emozione era stata sapere che i nostri antenati avevano celebrato il Natale allo stesso modo, in quell’edificio, per più di 800 anni. L’occasione più recente, solo 4 settimane prima dell’incendio, mentre passava in auto lungo la rive gauche, ammirando il maestoso spettacolo delle 2 torri e degli archi rampanti.

All’origine del suo romanzo “I pilastri della terra” ci sono state approfondite ricerche che Follet ha fatto anche “sul campo”, salendo sui tetti di molte cattedrali e imparando molto sulla loro struttura, ma anche sui loro punti deboli. Nel 4° capitolo c’è la scena chiave dell’incendio che distrugge la cattedrale di Kingbridge; per descriverlo al meglio si era chiesto come potesse prendere fuoco una grande chiesa di pietra. E’ così che ha subito intuito la matrice delle fiamme che hanno devastato Notre Dame. Si è ricordato dei detriti che si accumulano negli anfratti, vecchi pezzi di legno e corda, cartacce abbandonate dagli addetti alla manutenzione e tanti altri elementi potenzialmente pericolosi se anche solo sfiorati da una sigaretta accesa o dalla scintilla provocata da un guasto elettrico.

Nelle pagine seguenti, scritte di getto tra il 19 e il 30 aprile 2019, ripercorre i momenti storici che hanno reso la cattedrale uno dei simboli di Parigi. Narra che per edificarla trascorsero 100 anni, e anche dopo non cessarono continue migliorie. Sottolinea il contrasto tra le vite povere e sacrificate delle centinaia di operai che vi lavorarono: costruirono torri alte 69 metri, mentre loro vivevano in capanne di legno e non avevano gli strumenti di precisione odierni, per cui si procedeva a tentativi e si commettevano anche errori. Racconta molto altro…e rimanda anche al romanzo di Victor Hugo “Notre Dame de Paris”…

 

Victor Hugo “Notre Dame de Paris”

Questa potrebbe essere l’occasione giusta anche per rileggere e scoprire un classico della letteratura, “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo. Scrittore francese (1802-1885) autore anche de “I miserabili” che gli diede fama imperitura in patria e all’estero. E subito dopo il rogo di aprile uno degli effetti collaterali è stato proprio un boom di vendite del tomo di Hugo in tutta la Francia.

“Notre Dame de Paris” è considerato un capolavoro della letteratura romantica e il massimo approdo del genere “gotico”. Hugo non aveva ancora 30anni quando diede alle stampe questo romanzo-cronaca dell’autunno del Medio Evo, espressione più che riuscita del suo grande amore per i monumenti del passato. E’ un torrente in piena nel descrivere il miserabile quartiere parigino intorno alla cattedrale, in un Medioevo fantastico, pittoresco, babelico, brulicante di personaggi ed echeggiante di suoni. E’ su questo sfondo e all’ombra della misteriosa macchina della cattedrale – che è la vera protagonista- che leggiamo le avventure della bella zingara Esmeralda che si guadagna da vivere ballando e predicendo il futuro. E di altri personaggi, come il campanaro deforme Quasimodo, Pierre Gringoire, il capitano Febo e l’intricato parterre dei mendicanti della corte dei miracoli, preti, scudieri del re, duca di Borgogna. Una storia corale pubblicata nel 1831, che non aveva pretese di esatta ricostruzione storica, ma in cui Hugo diede libero sfogo alla sua immaginazione, trasportata da un ritmo narrativo mozzafiato. E a rileggere oggi le pagine in cui sono descritte le fiamme fra le due torri della facciata (che in realtà oggi sono quelle meno intaccate) siamo percorsi da un brivido, perché quel pezzo di bravura suona anche sinistramente profetico. I critici dell’epoca non capirono la grandezza dell’opera, invece i lettori ne furono letteralmente stregati e questo diede fama e successo allo scrittore.

 

 

 

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