Giuseppe Parlato amico e collega di studi

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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La notizia della morte di Giuseppe Parlato mi riempie di forti e  dolorose emozioni. Fummo  ambedue allievi di Alessandro Galante Garrone e di Narciso  Nada con cui ci laureammo all’Universita’ di Torino. Parlato aveva già allora idee sicuramente di destra o almeno considerate tali e quindi non ritenute degne di attenzione. Credo sia stato il referendum  sul divorzio del 1974 a segnare delle scelte divergenti: Parlato si espresse per l’abrogazione , io scelsi la difesa strenua del divorzio a fianco di Pannella. Nella nostra Università torinese non c’era posto per studiosi come Parlato, liquidato in modo sbrigativo  da Galante Garrone come un reazionario.  Cercai di parlare con Galante Garrone di Parlato, ma lui ebbe la stessa chiusura del giacobino “non mite” che ebbe poi con Vittorio Messori un altro mio amico.  Parlato ebbe il coraggio di rompere i ponti con Torino e approdò a Roma alla scuola di Renzo De Felice , anche lui un reietto e un perseguitato. Della scuola defeliciana fu uno dei più  coerenti seguaci. Ci incontrammo molte volte a Roma e a Torino dove lo invitai a parlare in più occasioni. Prima di lui invitai Gianni  Scipione Rossi che presentò un suo libro sulla destra e Israele in dialogo con Elena Lowenthal. Un dibattito che fece epoca. Parlato  ha sempre dimostrato  l’equilibrio dello storico scrupoloso in tante occasioni diverse, aperto al confronto sereno con tutti. Qualche suo lavoro non mi convinse e la  sua contiguità  – più apparente che reale – con l’Msi non mi piacque. Una volta venne presentato un mio libro alla Fondazione De Felice di Roma  da lui presieduta. C’era in prima fila la vedova di Er Pecora, l’on. Teodoro Buontempo che gentilmente mi applaudì. Provai un certo imbarazzo, poi la cena con Parlato fu l’occasione per rivederci dopo tanti anni. Parlammo per alcune ore in cordiale amicizia. La sua conversazione era sempre sfolgorante.  Venne anche a trovarmi al mare dove gli chiesi di fare una conferenza su Guareschi  che ebbe grande successo. Un assessore di origini comuniste lo presentò in piazza senza imbarazzo. Circa un anno fa, in occasione di un convegno sull’omicidio di Giovanni Gentile a Torino, ci sentimmo per definire il suo intervento. Mi disse che era ammalato di cancro , ma che non aveva nessuna voglia di morire e, citando Guareschi, mi disse che non sarebbe morto neppure se lo avessero ucciso. Non poté partecipare al convegno a cui mandò una magistrale  relazione che venne letta. Peccato che il mancato finanziamento al convegno della Regione Piemonte abbia impedito la stampa degli atti. Di lui resterà la sua passione inesausta per la ricerca storica e la sua onestà intellettuale. Sono virtù che non vedo molto praticate dai giovani intellettuali di destra che dovrebbero ispirarsi a lui come ad un maestro che ha pagato prezzi altissimi per essere sè stesso. Vorrei anche ricordare la sua ironia, ma non è questo il momento, perché il dolore per la sua scomparsa me lo impedisce.

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1 Comment

  1. Me ne ricordo benissimo. Alessandro Galante Garrone aveva lanciato la sua damnatio memoriae: ‘con me in Facoltà (Lettere) Parlato non si laureerà mai!’ Ma la Provvidenza volle che il fazioso Galante si ammalasse e stesse vari mesi assente… Così Giuseppe Parlato potè laurearsi con Narciso Nada, con una tesi sui Compromessi del 1821, non proprio un argomento ‘reazionario’….

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