TORINO CITTA’ DELLA RADIO, DEL CINEMA E DELLA TELEVISIONE
INTERVISTA AL PROFESSORE ALOVISIO
Fiat è Torino. Torino è Fiat. Dal 1899 il legame che unisce il capoluogo piemontese e la casa automobilistica è rimasto invariato. Nonostante il marchio Fiat abbia conquistato da anni il mercato internazionale è a Torino che la sua identità aziendale – e soprattutto quella umana – è nata.
Basta nominare qualche edificio torinese per ripercorrere le pietre miliari della storia Fiat: è nel Palazzo Cacherano di Bricherasio (Via Giuseppe Luigi Lagrange 20) che i soci fondatori firmarono la nascita dell’allora F.I.A.T., acronimo di Fabbrica Italiana Automobili Torino.
Il Lingotto (situato tra Via Nizza e Via Ermanno Fenoglietti) fu lo stabilimento scelto da Giovanni Agnelli per l’installazione della prima fabbrica, inaugurata nel maggio 1923. In seguito ad un incredibile aumento della produzione, la Fiat viene spostata nell’immenso stabilimento Mirafiori (in Corso Giovanni Agnelli 200, ora chiamato Stellantis Europa S.P.A. Automobilies), inaugurato nel 1939 durante il regime fascista.
Ad oggi, il Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, uno dei più antichi al mondo nel suo genere, ospita numerosissimi modelli, cimeli e materiale audiovisivo di case automobilistiche italiane ma anche internazionali. Si è conclusa da pochissimo la mostra temporanea 125 VOLTE FIAT. La modernità attraverso l’immaginario FIAT che ha ripercorso in modo completo ed innovativo la storia dell’iconico marchio italiano. Nel corso della mostra sono stati organizzati dei tal nei quali sono intervenuti esperti e docenti che hanno discusso il ruolo della Fiat in particolare nel mondo dell’audiovisivo e della comunicazione. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Silvio Alovisio, docente di cinema e comunicazione audiovisiva dell’Università di Torino, ospite dell’incontro “La Fiat nel Cinema” (125 talks #4 – Fiat nel Cinema) insieme a Maurizio Cilli – architetto e artista, moderati da Giuliano Sergio – storico dell’arte e curatore della mostra.
B: Durante il suo intervento al MAUTO sono stati proiettati alcuni filmati d’archivio realizzati dalla Fiat nella seconda metà del ‘900 nei quali si possono osservare i processi produttivi della fabbrica e i soggetti che la vivono. A cosa servivano questi materiali e che Fiat ci raccontano oggi?
A: Sin da quando comincia a interessarsi al cinema in modo attivo, la Fiat adotta una strategia ad ampio spettro per quanto riguarda la funzione delle sue produzioni. Quasi mai i suoi filmati hanno un solo obiettivo. Si tratta di una strategia multifunzionale che punta a diversi tipi di target. Fatta questa premessa, possiamo identificare la celebrazione della fabbrica, anche dal punto di vista estetico, come obiettivo principale. Guardando i primi filmati della Fiat all’interno della fabbrica, notiamo una tendenza all’uso del movimento di macchina, della panoramica, del carrello, del montaggio. Tutto ciò si nota in particolare nel film di Mario Gromo su Mirafiori (I nuovi stabilimenti Fiat Mirafiori (Mario Gromo, 1941). Il regista e critico dimostra di conoscere molto bene il montaggio della scuola sovietica degli anni ‘20, quindi rapido e concettualmente produttivo. Si tratta di un uso dei codici specifici del linguaggio per creare una estetizzazione dei processi di produzione. C’era quindi anche un elemento di promozione pubblica.
Frame tratti da I nuovi stabilimenti Fiat Mirafiori
Uno dei film più importanti prodotto dalla Fiat è Terra Mare Cielo -Velocità (Fiat, 1937) volto a celebrare la potenza pervasiva della casa di automobili, che non si arresta di fronte a nessuna dimensione. Il cinema si mette al servizio di questa celebrazione, utilizzando anche tecniche di propaganda dei regimi totalitari.
Finora abbiamo parlato di estetizzazione. Passiamo al secondo obiettivo, la formazione.
Il cinema viene utilizzato dalla Fiat per insegnare ai nuovi arrivati come si sviluppa un processo produttivo. Non solo: a partire dagli anni ‘60/’70, l’attenzione della Fiat si allarga dal processo produttivo ai soggetti del processo, ossia i lavoratori. Gli operai non sono più solo le comparse nei film macchina-centrici. La Fiat allarga la prospettiva, anche in conseguenza a un crescente movimento di autocoscienza dei lavoratori, che iniziano a riorganizzarsi sul piano sindacale.
Si ricorda anche una forte migrazione dal Sud. È per questa ragione che la casa dell’automobile modifica la sua linea narrativa e realizza film come Quel primo giorno in fabbrica (Sivio Maestranzi, 1972), una sorta di vademecum per il neoassunto Fiat. Questo film fu considerato talmente autentico e verosimile che la Fiat decise di non usarlo più come strumento di formazione in quanto aveva un effetto opposto a quello desiderato, aumentando l’angoscia di chi, in fabbrica, non ci era ancora entrato.
Passiamo alla terza ultima funzione, quella pubblicitaria.
Le due grandi categorie dei film Fiat sono quelle di prodotto e di produzione. Nel primo caso, non devono essere necessariamente legati alla fabbrica. Il veicolo può essere il punto finale di un racconto che comincia dal processo produttivo, come si vede ad esempio in Sotto i tuoi occhi (1931). Nel filmato si vede una macchina che esce dalla fabbrica fresca di produzione pronta per essere guidata.
Ci sono invece dei film nei quali si pubblicizza solo ed esclusivamente il prodotto, ad esempio i film di spedizione. Per mostrare l’efficienza di un suo autoveicolo la Fiat finge che esso possa compiere imprese intercontinentali, che nella realtà non riuscirebbe mai ad affrontare.
Mano a mano che la società cambia, anche la Fiat cerca di stare al passo con questo spirito del tempo. Ad esempio, quando le donne diventano consumatrici autonome, la Fiat cerca di conquistarsi la sua fetta di mercato femminile.
B: A tal proposito, le donne iniziano a comparire sempre di più nei film e negli spot Fiat. Anche nel cinema aumentano donne al volante: basta pensare ad Anna Magnani in L’Automobile (1971, regia Alfredo Giannetti),alla guida di una Fiat. Tali prodotti audiovisivi riflettono una graduale emancipazione o sono mera strategia di vendita?
Frame da L’Automobile
A: La Fiat è sicuramente intelligente nell’intercettare i cambiamenti della società, che vengono negoziate e disciplinate in funzione di una promozione commerciale. Il cinema della Fiat rispecchia con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni i mutamenti di 100 anni di storia italiana.
Non c’è dubbio che l’emancipazione femminile sia un processo che ha offerto molti benefici al capitalismo, in quanto la donna inizia a comprare autonomamente e diventa forza lavoro. Un esempio di questa tendenza nella comunicazione pubblicitaria della Fiat si nota già nel film Sotto i tuoi occhi già citato nel quale l’attrice esclama “voglio guidare io!” mentre prende il posto al volante al fidanzato. Allo stesso tempo, però, vengono realizzati spot opposti, che frenano la tendenza di emancipazione e si appoggiano a un fine prettamente commerciale, proponendo l’identificazione oggettistica tra donna e macchina. Lo si può vedere esplicitamente in quello del 1961 con Vittorio Gassman e Ilaria Occhini. (https://www.youtube.com/watch?v=OYqPkJgfbkU)
B: Parliamo ora di CineFiat, la casa di produzione cinematografica e televisiva nata nel 1952 e finalizzata alla realizzazione di prodotti audiovisivi targati Fiat.
Torino è la città che ha dato alla luce la Fiat, ed è chiaramente onnipresente nei film realizzati dall’azienda. Che rappresentazione se ne evince osservando l’evoluzione del rapporto tra Fiat e Torino?
A: Innanzitutto è fondamentale sottolineare che CineFiat è una realtà multi produttiva, che comprende iniziative sia amatoriali che professionali. Sicuramente l’immagine che Fiat voleva trasmettere è l’equazione virtuosa tra l’azienda e la città, una sorta di company town. Immagine che, tuttavia, non era così perfetta. La Fiat stessa non la percepisce più verosimile, anche a fronte della crescente conflittualità tra le classi sociali. Per questo, da un lato, CineFiat sposta le sue riprese fuori dal torinese, dall’altro, gli operai iniziano a raccontare la vita nella fabbrica dal loro punto di vista, culminando con la protesta dei 35 giorni del 1980.
B: Le macchine Fiat sono state comparse silenziose di innumerevoli film italiani e internazionali, portando sul grande schermo l’italianità per eccellenza e diventando un marchio immediatamente riconoscibile. Quanto ha contribuito il cinema nel consolidare la Fiat come ambassador del made in Italy?
A: Il cinema sicuramente ha avuto un ruolo di rilievo, soprattutto nei film in cui le macchine compaiono in vari contesti narrativi, in una sequenza o in paesaggio importante. C’è una presenza incredibilmente elevata non soltanto nel cinema italiano ma anche in quello internazionale, e questo vale soprattutto per la 500, ossia il modello che ha consentito maggiormente alla Fiat di diffondere il suo marchio. Italia e automobile è sempre stato un collegamento immediato nell’immaginario collettivo, anche del lusso, basta pensare a quante volte nei film compaiono una Lamborghini o una Ferrari. Una curiosità interessante è che le prime macchine Fiat non compaiono in film italiani, bensì in pellicole americane, già negli anni ‘10. Questo la dice lunga su come la Fiat puntasse fin da subito a mercati esteri, ad esempi quello americano, nonostante avessero una concezione di macchina molto diversa rispetto ad una Fiat 500.
B: Il passato non lascia dubbi sulla riuscita della collaborazione tra Fiat e cinema. Questo legame è ancora così forte oggi? O forse si presta una maggiore attenzione all’aspetto prettamente pubblicitario?
A: Sicuramente c’è una minore presenza della Fiat del cinema contemporaneo. Se negli anni ‘70 la Fiat non aveva neanche bisogno di pubblicizzarsi in quanto bastava inquadrare una via per notare l’iconico marchio su un’automobile, ora il mercato in Italia è molto più complesso. Anche per questo motivo Stellantis si concentra su strategie di marketing di livello internazionale, con un target obiettivo più mirato e video promozionali al passo con i tempi. Si ricordano ad esempio gli spot che vedono al volante celebrità come Leonardo Di Caprio e Jennifer Lopez.
B: L’ultima domanda non riguarda la Fiat, bensì un progetto da lei seguito volto alla riscoperta delle location del cinema muto. Nel corso di questa ricerca avete riconosciuto luoghi e spazi torinesi o comunque piemontesi?
A: Certo, abbiamo riscoperto tante zone di Torino che non si sapeva fossero state delle location, così come si è riscoperta una Torino che non c’è più e che il cinema muto ha invece documentato. Anche fuori città abbiamo fatto scoperte interessanti: ad esempio, Maciste in vacanza (1921, regia di Luigi Romano Borgnetto) – il cui protagonista si innamora della macchina, che chiama moglie – è girato in un castello che si è rivelato essere quello di Montaldo, mostrandolo com’era prima del restauro.
Poi abbiamo scoperto che a Trana sono stati girati moltissimi film, così come a Lanzo Torinese. La ricerca sta rivelando un Piemonte che non ci attendevamo e che continueremo a scoprire nei prossimi mesi di analisi.
Per chiunque fosse interessato a riscoprire la storia della Fiat attraverso il cinema e la televisione vi consigliamo due canali principali: il primo è Il Centro di Documentazione visitabile al MAUTO su appuntamento o online in seguito alla registrazione; il secondo è il canale Youtube Centro Storico Fiat, disponibile per tutti.
Beatrice Pezzella
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