Il coraggio di scrivere: intellettuali a confronto al Salone 2025

Uno degli appuntamenti più significativi del Salone del Libro 2025 si è svolto stamattina nella cornice della Sala Oval, dove si sono alternati alcuni tra gli intellettuali più autorevoli del panorama culturale contemporaneo: Paolo Flores d’Arcais, Francesca Mannocchi, Melania G. Mazzucco, Roberto Saviano, Yaroslav Trofimov, Chiara Valerio e Sandro Veronesi.
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Il filo conduttore dell’incontro è l’analisi dell’ arrestodello scrittore algerino Boualem Sansal, molto conosciuto per le sue posizioni critiche nei confronti del governo algerino. L’incontro, dal titolo Il prezzo della parole,  ha fatto riflettere il pubblico su come lo scrivere sia considerato un atto di coraggio, e chi sceglie di farlo criticando il potere non è mai del tutto al sicuro.
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Roberto Saviano ha preso posizione con forza, sottolineando come sia essenziale sostenere chi ha pagato con la prigione la propria libertà di parola. “Bisogna difendere chi si è esposto e denunciare l’ipocrisia dei governi europei che, mentre si dichiarano paladini dei diritti umani, stringono accordi con regimi autoritari che incarcerano attivisti e scrittori. Anche nelle democrazie si può colpire uno scrittore, perché non lo si può fermare con i voti”.
Melania G. Mazzucco ha letto alcuni passaggi da Madeline Miller, tratti da un saggio sulla libertà di espressione. Le parole citate – “difendere la libertà di stampa contro un governo corrotto” e “la verità, quando è tale, prima o poi riemerge, ed è capace di resistere a ogni tentativo di soppressione” – hanno rappresentato un potente inno al dissenso.
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Sandro Veronesi ha portato la voce della poesia, leggendo un testo del 1934 che ha evocato le ferite della storia e il potere eterno della parola scritta.
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Chiara Valerio ha voluto rendere omaggio alla figura degli obiettori di coscienza, dichiarando la propria ammirazione per Buon Sandal, da lei citato come esempio di coerenza e resistenza. Ha poi letto un passaggio da una prefazione incentrata sull’odio tratta dal Messaggero, ponendo una domanda che ha risuonato forte: “cosa possiamo fare noi semplici mortali in questo mondo?” .
Per ultima è intervenuta Francesca Mannocchi presentando un pezzo di Anna Politkovskaja, una delle poche giornaliste a raccontare gli orrori della guerra in Cecenia. Dopo essere stata catturata dai soldati russi, le fu lasciata solo la tessera da giornalista, simbolo della sua identità e missione. Il documentario Lettere ad Anna mostra come il dolore vissuto accanto alle vittime abbia segnato profondamente Anna, rendendola triste e sola. Mentre Putin e il suo governo riscrivevano la verità, lei si sentiva responsabile di testimoniare ciò che accadeva davvero. Diceva: “Forse ho sbagliato a scrivere tutto e a tenervi in mezzo all’orrore”, ma aggiungeva anche: “Racconto perché non dobbiamo far sì che sia troppo tardi”.
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VALERIA ROMBOLA’
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