Ormai immersi nell’atmosfera natalizia, tutti noi giriamo come trottole alla ricerca dei regali, del cibo da preparare nella cena della vigilia o nel pranzo del 25, del vestito da indossare in quelle occasioni (non sia mai usare quello dell’anno scorso) o, semplicemente, per passare a salutare amici, negozianti e così via.
Siamo talmente presi dal meccanismo del consumismo natalizio da non accorgerci o, più facilmente, da non dare peso al fatto che una festa cristiana, dove si celebra la nascita (insieme al Padre ed allo Spirito Santo) del proprio oggetto di culto, sia sempre meno festa religiosa e sempre più inno al consumismo.
Si inizia ad ottobre con i primi panettoni che neppure tanto timidamente troneggiano sugli scaffali dei supermercati, proseguendo con pubblicità su ogni mezzo (stampa, mezzi di trasporto, TV, social) per arrivare ai negozi pieni di articoli natalizi senza l’acquisto dei quali sembra di non poter vivere.
Non discuto sul fatto che l’aspetto religioso venga trascurato perché chi sia veramente osservante continuerà a praticare (Avvento, Messa di mezzanotte, ecc) quanto sul fatto che siamo totalmente anestetizzati da non accorgerci di come siamo diventati schiavi del consumismo.
I prezzi lievitano enormemente proprio perché la gente, comunque, compra; persino i parcheggi con le strisce blu (Torino insegna) nel periodo prenatalizio diventano a pagamento anche nei festivi perché la gente in centro ci va ugualmente, con la propria auto, e paga 2,80 euro l’ora per non essere da meno degli altri, per non sentirsi di serie B, per paura di perdere qualche “offerta”.
Tonnellate di cibo preparato per la cena del 24 finiranno sicuramente nei rifiuti perché abbiamo paura che non basti mai, abbiamo paura di passare per tirchi nei confronti dei commensali; che dire del maglione natalizio che andrà a sommarsi ai maglioni natalizi degli anni precedenti comprato perché, dai cinesi, costa solo 19 euro? E che dire del prosecco o, a scelta, dei vini fermi acquistati in quantità da ubriacare una caserma di alpini che andranno alla fine solo dopo mesi?
E se non compriamo (una minoranza sparuta che non acquista esiste) dobbiamo comunque andare in centro a vedere le vetrine, a vedere altra gente, per entrare nei negozi e farsi gli occhi sapendo che “anche quest’anno il Natale è magro, pochi soldi e troppe spese”.
Che dire? Un tripudio di consumismo, schiavitù, shopping compulsivo, bisogno di appartenere e altro ancora rendono questi eventi (Natale è il più eclatante ma non è l’unico) una vera festa pagana che ha sostituito il suo significato originario dove, alla faccia della carità cristiana, se durante il nostro shopping ci viene chiesto qualche spicciolo rispondiamo che li abbiamo finiti.
Aggiungiamo a questi aspetti quello, non da meno soprattutto a Torino, dell’inquinamento che tutte le auto che si riversano in centro producono ed abbiamo un’idea di come si agisca senza pensare, di come la nostra personale esigenza (che esigenza non è, al massimo è voglia) abbia la prevalenza sull’interesse di tutti, quindi anche nostro, di migliorare la qualità della nostra vita, di come non si sia più capaci di effettuare rinunce anche minime o sacrifici (mezzi pubblici al posto dell’auto privata) essendo ormai schiavi senza catene in un meccanismo più grande di noi.
Quando quelli della mia generazione erano bambini, il Natale era visto come una vera festa, quando i regali si scartavano soltanto il mattino del 25 e, spesso, erano portati nella notte tra 24 e 25 da babbo Natale (che solitamente era lo zio o il vicino di casa, a cui erano state date le chiavi) così da conferire a quella festa una sacralità, da attivare un’attesa che rendeva la festa più sentita, più importante. Quanti di noi oggi ricevono i regali la mattina del 25 e non prima? Chi di noi non scarta i regali appena li riceve, magari con giorni di anticipo?
E’ evidente che si sia messo in moto un meccanismo che mette al primo posto gli acquisti, utilizzando in questo caso la festa di Natale ma poteva essere una qualsiasi altra festa; il giorno in cui per Ferragosto ci si scambierà regali vedrete che già a fine luglio ci sarà la corsa agli acquisti.
Da notare che subito dopo Natale inizia il periodo dei saldi, dove almeno teoricamente si spenderà molto meno di quanto abbiamo spesso sotto Natale per acquistare le stesse cose; escludendo gli acquisti destinati ai regali, non possiamo aspettare i saldi per riversarci nei negozi?
Le luci di artista di Torino, un tempo accese in prossimità dell’8 dicembre, sono andate via via anticipando la loro accensione al 1° novembre ed ora vengono accese prima di fine ottobre; è necessario, in un periodo di crisi qual è il nostro, impegnare kw di elettricità che si potrebbero risparmiare accendendo tutte quelle luci anche soltanto un mese dopo? Le persone sentirebbero che è meno Natale se solo riportassimo gli eventi alle date corrette.
Quando dalle statistiche emerge che il 70% delle persone in Italia è analfabeta funzionale, ho l’impressione che siano arrotondate per difetto.
Sergio Motta
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