Parte la tournée italiana e internazionale de “La tempesta”,

Dopo il debutto torinese. Regista Alessandro Serra

 

“La tempesta” di William Shakespeare per la regia di Alessandro Serra, nuova produzione esecutiva del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, dopo il suo debutto torinese, che si è tenuto in prima nazionale alle Fonderie Limone di Moncalieri il 15 marzo 2022, sarà in tournée in Italia e all’estero.

Le recite a Torino andranno avanti fino a domenica 3 aprile 2022, dopo di che lo spettacolo andrà in scena a Reggio Emilia (5 – 6 aprile) e a Roma (28 aprile – 15 maggio), per continuare con le date in Lituania, a Klaipeda (31 maggio – 1 giugno), in Francia, al Festival d’Avignon (17 – 23 luglio), che è tra i coproduttori internazionali dello spettacolo insieme a MA scène nationale – Pays de Montbéliard, e poi in Polonia a Danzica, al Gdansk Shakespeare Theater (27 – 28 luglio).

“Dopo due anni di sosta forzata, con La tempesta diretta da Alessandro Serra il Teatro Stabile di Torino ritrova finalmente una dimensione europea di ampio respiro – dichiara il Direttore Filippo Fonsatti. “Oltre alle date già programmate nel corso del 2022 in tre diversi Paesi, stiamo lavorando per esportare la produzione in altre prestigiose sedi. Ed è una fortunata coincidenza – conclude Fonsatti – che la ripresa della circolazione delle opere e degli artisti in questi tempi di guerra avvenga con l’ultimo capolavoro di Shakespeare, che ci parla di compassione, di perdono, di pace”.

La tempesta è una produzione del Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale, ERT – Teatro Nazionale, Sardegna Teatro, Festival d’Avignon, MA scène nationale – Pays de Montbéliard, in collaborazione con Fondazione I Teatri Reggio Emilia e Compagnia Teatropersona.

Dice Alessandro Serra: “Nella Tempesta tutti cercano di usurpare, consolidare o innalzare il proprio potere. Prospero trascura il governo, cioè gestisce male il potere. E subito suo fratello trama contro di lui insieme al re di Napoli e lo condanna a una morte per acqua. Gonzalo lo salva, fornendogli segretamente la fonte di un potere ben più grande di quello politico: la magia. Ma chi è sradicato non può che sradicare, dice Simone Weil, e così non appena giunto sull’isola, Prospero usa il suo potere magico per sottrarla a Caliban, che prima adotta come figlio e poi trasforma in schiavo. Lo stesso farà con Ariel: lo libera dalla schiavitù ma lo condanna a servirlo per dodici anni. Persino il suo atteggiamento nei confronti di Ferdinando e Miranda è dettato da un mero interesse dinastico. Anche nella Tempesta, come in tutti i romances, c’è il tema dell’unione di due regni. Non appena mettono piede sull’isola Antonio convince Sebastiano a uccidere suo fratello per divenire re di Napoli. Solo Gonzalo, in un mirabile monologo scritto da Shakespeare con le parole di Montaigne, vaneggia di una società ideale senza violenza in cui ogni bene sia in comune, senza alcuna sovranità, in simbiosi con la natura.

Ed è proprio di fronte alla natura che nella prima scena si ribaltano le gerarchie: in un mare in tempesta comanda il Nostromo, non il re, perché Che gliene importa ai cavalloni del titolo di re! Ma in realtà chi comanda davvero è la natura, e quando la natura decide di riprendersi il suo spazio i marinai non possono che intonare il loro saggio requiem: È tutto inutile, preghiamo! Siamo fottuti! Tutti sono sul punto di morire annegati, ma in realtà non muore nessuno, è più un’immersione battesimale, un’iniziazione nel proprio labirinto interiore al termine della quale, dice Gonzalo, noi tutti ritrovammo noi stessi quando nessuno era più padrone di sé.

Nella tempesta il sovrannaturale si inchina al servizio dell’uomo, Prospero è del tutto privo di trascendenza, eppure con la sua rozza magia imprigiona gli spiriti della natura, scatena la tempesta, e resuscita i morti. Ma sarà Ariel, uno spirito dell’aria, ad insegnargli la forza della compassione, e del perdono. Lo credi davvero, spirito? Io sì, se fossi umano.

Su quest’isola-palcoscenico tutti chiedono perdono e tutti si pentono ad eccezione di Antonio e Sebastiano, non a caso gli unici immuni dalla bellezza e dallo stato di estasi che pervade gli altri. Il fatto che Prospero rinunci alla vendetta proprio quando i suoi nemici sono distesi ai suoi piedi, ecco questo è il suo vero innalzamento spirituale, il sovrannaturale arriva quando Prospero vi rinuncia, rinuncia a usarlo come arma.

Ma il potere supremo, pare dirci Shakespeare, è il potere del Teatro. La tempesta è un inno al teatro fatto con il teatro la cui forza magica risiede proprio in questa possibilità unica e irripetibile di accedere a dimensioni metafisiche attraverso la cialtroneria di una compagnia di comici che calpestano quattro assi di legno, con pochi oggetti e un mucchietto di costumi rattoppati. Qui risiede il suo fascino ancestrale, nel fatto cioè che tutto avviene di fronte ai nostri occhi, che tutto è vero pur essendo così smaccatamente simulato, ma soprattutto che quella forza sovrumana si manifesta solo a condizione che ci sia un pubblico disposto ad ascoltare e a vedere, a immaginare, a condividere il silenzio per creare il rito. L’uomo avrà sempre nostalgia del teatro perché è rimasto l’unico luogo in cui gli esseri umani possono esercitare il proprio diritto all’atto magico.”

 

 

 

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