Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Valérie Perrin “Il quaderno dell’amore perduto” -Nord- euro 14,90
Di questa autrice (anche sceneggiatrice e fotografa, moglie di Claude Lelouch) abbiamo amato “Cambiare l’acqua ai fiori”, e la sua indimenticabile protagonista Violette Toussaint, custode di un cimitero che è il crocevia di svariati incontri e destini. Sull’onda di questo successo, ora, l’editrice Nord rispolvera il suo primo romanzo “Il quaderno dell’amore perduto”, coinvolgente affresco sul potere della memoria, ambientato sempre nella provincia francese.
La storia è ispirata alla vita del nonno paterno della scrittrice, che si chiamava (come nel libro) Lucien Perrin, deportato a Buchenwald.
Voce narrante è quella di Justine Neige, sensibilissima aiuto infermiera 21enne nella casa di riposo Le Ortensie. Ha perso i genitori e gli zii (il padre e lo zio erano gemelli) in un misterioso incidente d’auto quando era piccola, ed è cresciuta con i nonni e il cugino orfano Jules.
Justine ama prendersi cura degli anziani, adora ascoltare le storie delle loro vite ed è particolarmente legata all’ospite della stanza 19, Hélene; soprannominata “la donna della spiaggia” perché immagina di stare sotto un ombrellone a leggere romanzi con un gabbiano che la segue ovunque, annuncia scomparse e ritorni, le tiene compagnia.
Justine annota in un quaderno azzurro tutto quello che l’anziana signora le svela del suo passato. Ed è una narrazione bellissima.
Hélene era stata un’avvenente ragazza, figlia di una sarta che le aveva insegnato i trucchi del mestiere. Non aveva mai capito perché facesse tanta fatica a mettere insieme le lettere nel modo giusto (scoprirete perché), ma quando si innamora follemente di Lucien, figlio di un organista cieco, impara a leggere in braille. I due si incontrano segretamente in chiesa, aspettano di restare chiusi tra incenso e candele e lui le insegna “a toccare l’alfabeto”. La loro è una storia d’amore incredibile che dovrà fare i conti con le atrocità della guerra, l’arrivo dei tedeschi, anni di attese angoscianti, un amore che resisterà a tutto.
E mentre Justine raccoglie le fila della rocambolesca vita di Helene, in parallelo segue anche le tracce di un terribile segreto della sua famiglia che finirà per spiegare come e perché lo schianto di un auto contro un albero le ha strappato i genitori. Aspettatevi pagine che vi travolgeranno.
Charlotte Wood “Il weekend” -NN5- euro 18,00
E’ un piccolo gioiello questo romanzo della scrittrice australiana Charlotte Wood, che in patria è annoverata tra le 100 donne più influenti. 226 pagine dedicate all’amicizia, ai turbamenti dell’età che avanza e non fa sconti né alla mente, né al fisico, rimpianti, fallimenti e voglia di vivere nonostante le difficoltà.
L’amicizia è quella tra quattro 70enni che si erano conosciute nel periodo aureo dei loro 30 anni, e più diverse tra loro non potrebbero essere. Sylvie è morta da poco e alle altre tre tocca il gravoso, noioso, triste compito di svuotare la sua casa al mare: uno scrigno di ricordi, suppellettili, cibi scaduti e ciarpame vario. Tutti gli strascichi di una lunga vita. Lei era il vero collante della loro amicizia e, in sua assenza, le superstiti faticano a ritrovarsi, condividere ricordi belli e brutti, e perdonarsi le reciproche pecche, superare vecchi rancori.
Nei 3 giorni che trascorrono insieme nella casa toccata dalla morte, rimettono insieme i racconti delle loro vite.
Scopriamo così che la rigida Jude -ligia alle regole, organizzata, abituata a comandare e sempre critica verso le altre – ha una vita privata decisamente sfilacciata. Da anni è l’amante semi-segreta di un uomo sposato, Daniel, per nulla propenso a lasciare la famiglia per lei. E la casa al mare di Sylvie era stata per anni il suo rifugio con lui.
Adele è un’attrice in disarmo, in passato artista di successo sogna ancora di calcare le scene, vive al di sopra delle sue possibilità ed ha una cura maniacale della forma fisica…al limite del ridicolo.
Poi c’è Wendy, scrittrice, vedova, un po’ sconclusionata, maldestra e sciatta, vive ancora sugli allori delle sue passate pubblicazioni ed è legatissima a un anziano cane malconcio, regalatole da Sylvie.
Durante il week end le 3 non mettono mano solo agli oggetti e ai ricordi dell’amica scomparsa, non buttano via solo cose ormai inutili nei sacchi neri e non riempiono solo sporte per i mercatini di beneficenza.
Quello che faranno è ben più profondo: rimettono insieme pezzi della loro amicizia, riportano a galla e poi affondano per sempre antichi sgarbi, bugie e rancori, fanno i conti con reciproci fallimenti e riannodano i fili del loro legame guardando al futuro con una marcia in più.
Michele Masneri “Steve Jobs non abita più qui” -Adelphi- euro 19,00
L’autore, giornalista e scrittore, attento soprattutto alle cronache di costume, raccoglie in questo libro i suoi articoli-reportage tra San Francisco e Los Angeles. Una sorta di moderno Grand Tour, in cui più che le rovine del passato, al centro, ci sono esempi di successo proiettati in un futuro sempre più high tech. Siamo nella dorata Silicon Valley, la terra di Google e il cono d’oro delle start up di maggior successo.
In 31 brevi capitoli viene raccontata la California: a partire dalla storia passata a quella più recente di San Francisco «…capitale gay dell’America…città giocosa ..ecosistema unico» che attira frotte di giovani.
Ci sono i reportage sugli homeless nella Contea di Santa Clara che raduna i vari comuni della Silicon Valley. E’ una delle zone in cui si concentra una gran bella fetta di ricchezza a livello mondiale ed è abitata dai nerd che per non fare i pendolari vivono in camper. Ma anche da miliardari della levatura di Zucherberg alle prese con le metrature per le case che sono minime e chi le ha non le vende. Lui ci ha messo anni a rastrellare 4 villette a Palo Alto e poi le ha unite.
Palo Alto, la cittadina famosa anche per l’alto tasso di suicidi tra i liceali, dalla quale arrivi in un attimo a «Stanford, l’università più celebre della costa ovest, che ha sfornato tutti i siliconvallici più illustri» e di cui Masneri racconta l’origine poco conosciuta, perché non tutti sanno che l’ateneo non esisterebbe senza la malasanità italiana.
Poi ci sono i racconti di tanti altri aspetti, come l’ossessione californiana per il fitness e il cibo, i sogni di grandezza degli autisti di Uber che pensano a start up foriere di successi miliardari, e le denunce di molestie di Susan Flowers, ingegnere 25enne impiegata di Uber che nel 2017 ha anticipato il #Mee Too… e molto altro ancora…
Machado de Assis “Memorie postume di Brás Cubas” -Fazi- euro 18,50
Questo è un autore da riscoprire e questo suo libro è il modo perfetto per farlo.
Joaquim Maria Machado de Assis è nato a Rio de Janeiro nel 1839 in una famiglia di meticci di umili origini: il padre imbianchino di origine portoghese, la madre donna delle Azzorre che muore quando lui è ancora piccolo, e la sua vita sarà segnata anche dalla morte della sorella. Queste tragedie unite a una salute precaria (soffriva di epilessia) daranno il tono alla sua visione del mondo permeata di pessimismo. Per sopravvivere si adattò a vari mestieri, ma proseguì con tenacia studi e letture.
Nel 1881 pubblica “Memorie postume di Brás Cubas” che insieme ad altri due romanzi – “Quincas Borba” e “Don Casmurro”- costituisce una sorta di trilogia. Ma ha scritto ben 31 volumi che costituiscono le sue “Obras Completas”, e fanno di lui uno dei massimi scrittori brasiliani i cui libri sono studiate nelle scuole.
In “Memorie postume di Brás Cubas” la narrazione inizia dalla morte del protagonista «…non sono propriamente un autore defunto bensì un defunto che fa l’autore, per il quale la lapide è stata una novella culla..». Prende il via con questa premessa il romanzo che attraverso le tappe più importanti di una vita intera, vissuta nei salotti dell’alta società carioca di metà 800, traccia anche un’affascinante ed arguta mappa dell’animo umano.
Brás, scapolo 64enne vissuto in ricchezza e salute, morto alle due del pomeriggio di un venerdì d’agosto 1869, viene accompagnato al cimitero da 11 amici e di qui parte il racconto che vanta uno stile personalissimo.
Essendo già morto si prende con calma tutto il tempo per raccontare la sua storia dalla quale esce il ritratto di un uomo ambizioso ma che ha fatto poco-nulla di importante, che ha guardato alla politica ma poi non si è mai impegnato, mentre ha cercato soprattutto l’amore.
C’è la passione che rischia di travolgerlo per la bella Marcela che lo ha amato «..per 15 mesi e 11 milioni…», poi l’intenso legame con Virgilia, sposata con un eminente uomo politico. E in mezzo i ricordi di altre persone amate, considerazioni sul senso della vita, l’arguta satira dell’indolenza e dello scarso impegno di un uomo come ce ne sono tanti, senza particolari imprese eclatanti che ne nobilitino l’esistenza. Ma anche se la sua vita non è stata particolarmente degna di nota, Brás pensa che l’unica vera disgrazia sarebbe quella di non essere mai nati.
Un libro che fa meditare.
Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE