“Mezzanotte e 7 minuti. Il cane era disteso sull’erba in mezzo al prato di fronte alla casa della signora Shears”. Di cronometrica precisione, così ha inizio Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte dell’americano Mark Haddon, milioni di copie vendute e tradotto in venti lingue, nel 2012 adattato per il teatro dall’inglese Simon Stephens, sette Laurence Olivier Awards a Londra e quattro Tony Awards al debutto newyorkese, approdato oggi (nella traduzione di Emanuele Aldrovandi) sui palcoscenici italiani, felice quanto provvida intuizione e coproduzione tra il milanese Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale (in scena sino al 27 gennaio alle Fonderie Limone di Moncalieri). Spettacolo che ti potresti ritrovare tra gli spettacoli dell’anno alla consegna dei premi teatrali di fine estate.
Una storia nella vita di Christopher, ragazzo quindicenne, Christopher che soffre della sindrome di Asperger, che ama Sherlock Holmes e la matematica (ne conosce i segreti, ne risolve i difficili problemi e ne elenca le dimostrazioni, come una seconda veste, come un gioco), che non può soffrire il giallo e il marrone, che urla se qualcuno lo tocca, che s’arrabbia se ritrova cambiato l’ordine dei mobili nella sua stanza, che non sopporta se due diversi cibi si mescolano nel suo piatto, Christopher che vive fuori Londra con il padre e che una sera ritrova il cane Wellington della loro vicina, la signora Shears, infilzato con un tridente. È l’occasione per emulare il proprio eroe, per dipanare le tante domande che s’aggrovigliano in quel giallo di quartiere (e la soluzione ci sarà), chiedendo, andando di porta in porta. Ma il padre non vuole, glielo proibisce con rabbia, specialmente dalla signora Shears non dovrà più mettere piede. Ma c’è anche tempo per Christopher di affrontare un altro giallo, assai più intimo: suo padre, un giorno, gli ha detto che la mamma è morta, dopo un lungo ricovero in ospedale, è stato il cuore, e Christopher che è ben lontano dal poter concepire una bugia gli ha creduto. Senza chiedere, immediatamente. Un tradimento, silenzi e bugie, una parvenza d’ordine sgretolata. Ma un giorno, nella camera del padre, sotto una scatola di camicie, ne trova un’altra e in quella un pacco di lettere di sua madre, recenti, che gli chiede perdono e gli dice di amarlo sempre, anche se lo ha abbandonato. Non lui, no, ma suo padre, e si è rifatta una vita a Londra, con il marito della signora Shears. Con un viaggio che per Christopher pare un’impresa, il treno e la metropolitana, la carta di credito presa al padre, le informazioni da chiedere a persone sconosciute, la ressa e chiunque pronto a toccarti e a spingerti, lui la raggiunge.
Ian McEwan ebbe a scrivere che “Mark Haddon riesce in un’impresa eccezionale: il ritratto di un adolescente emotivamente dissociato. La sua è una scrittura seria eppure divertente, che possiede il raro dono dell’empatia”. E quella scrittura la si ritrova tutta nello spettacolo che Elio De Capitani e Ferdinando Bruni offrono allo spettatore oggi nella versione italiana, ne fanno una cronaca fedele ma appena possono virano con intelligenza verso una favola, alleggerendo ogni cosa con un sommesso divertimento (c’è anche un finale che ti fa sognare il musical), cercano il sorriso e la risata ma anche la riflessione, sanno ricostruire con estrema esattezza le paure e la caparbietà, i pensieri e le parole e gli atteggiamenti del protagonista del romanzo, tenero e solitario, emblema della diversità, che è uno sbalorditivo Daniele Fedeli, un Christopher eccezionale racchiuso in un mondo guidato e guastato dagli adulti, autentico in ogni suo atteggiamento, senza vuote scopiazzature, in ogni momento alla ricerca della nota vera. L’esemplarità dello spettacolo è anche opera sua. Pure la scena di Andrea Taddei, quell’enorme libro che ci pare di sfogliare, pieno delle illustrazioni in bianco e nero (e non soltanto, anche il ragazzo con la sua felpa rossa riesce a trovarvi posto all’interno) inventate da Bruni, ci riporta alla dimensione favolistica, in un’invenzione continua di oggetti, di tratti, di silhouette: al centro un coro di nove attori impegnati in un solo ruolo o a ricoprire i tanti personaggi che incrociano la vita di Christopher. L’insegnante Siobhan di Elena Russo Arman, la madre di Alice Redini, Cristina Crippa e la sua svaporata Mrs Alexander, la Mrs Shears di una impareggiabile Debora Zuin, e ancora Corinna Agustoni, Davide Lorino, Marco Bonadei, Alessandro Mor e Nicola Stravalaci, tutti a siglare il successo della serata, applauditissima.
Elio Rabbione
Le foto dello spettacolo sono di Laila Pozzo
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