Pirandello e Bunuel per ragionare della nuova pazzia

Filippo Fonsatti conteggia che Così è (se vi pare) manca dal palcoscenico del Carignano da più di dieci anni. Da martedì prossimo lo spettacolo prodotto dallo Stabile di Torino Teatro Nazionale e diretto da Filippo Dini – primo appuntamento pirandelliano per il 45enne attore/regista – è pronto a prendere il largo, quattro settimane a Torino, comprese le festività natalizie e quelle del nuovo anno (“e questa è per noi davvero una scommessa su cui puntare: ma lo facciamo con tranquillità, dal momento che già abbiamo superato le cifre di pubblico e di abbonamenti della scorsa stagione”, sottolinea ancora Fonsatti) e poi per ora un mese di tournée, da Trieste a Napoli, da Pistoia a Genova.

C’è quasi un “timore reverenziale” nel mettere in scena un testo che nelle intenzioni di Dini regista (ma suo è anche il personaggio del raisonneur Laudisi) – scomoda pure, a partire dalla locandina, guardare per credere!, i geni di Leonardo e di Bunuel con il suo perseguitato Viridiana. Il pirandellismo coniugato in questo avviato secolo con un gioco al massacro inscenato in un interno borghese, un giallo irrisolto, un finale tagliato via dove niente altro riecheggia se non la risata di Laudisi che manda con un calcio a quel paese una verità ricercata a lungo. Da chi, se non dal nuovo viso della pazzia, dai borghesi del paese, con i loro pettegolezzi, con le loro certezze senza ferite, in cui hanno trovano un (mesto) rifugio il signor Ponza (Giuseppe Battiston) e la signora Frola (Maria Paiato, mai più avvicinatasi a Pirandello dopo le prove in Accademia), con quell’altra donna, moglie dell’uno?, figlia dell’altra?, tenuta segregata in una casa fuori del paese. Forse tutto è un sogno, un gioco tragico quella verità costruita e immediatamente distrutta, quella realtà, per ognuno dei presenti tangibile, quelle parole di Ponza e di Frola che a fasi alterne incantano e convincono. “È una grande opportunità quella che lo Stabile torinese mi ha offerto, a me che forse, come molti della mia generazione, ho sempre avuto uno sguardo snob nei confronti dell’autore siciliano, con la sua lingua un po’ vecchia, con le sue trame non chiare ad una primissima lettura e invischiate, contorte, con quelle morali disseminate nei finali che parevano risapute, mai innovative”.

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Invece nei mesi di preparazione e di prove, Dini è andato nel fondo di un testo, ha scavato, ha immediatamente compreso l’importanza di quel termine, “oggi”- come non gli è sfuggito che ci troviamo di fronte ad una “parabola in tre atti” -, in cui l’autore ambiente la vicenda. La data non può essere il 1917, il ricevente la compagnia di Talli ed il pubblico milanese: il tempo è il nostro, “questo nostro tempo occupato a scoprire dove sia la verità”. Una verità simile a quella sbandierata sui social, “su Facebook e Twitter tutti raccontano una verità, la loro, quante verità esistono?”. Una verità laica, anche, che il regista supera, ponendosi fin da subito di fronte a quel titolo sicuro, assoluto nella sua prima parte e libertario nel resto, pronto a smentire. “Ho intravisto una componente surrealista, anche se so di essere in anticipo con i tempi, mi sono fatto domande circa l’inconscio che si sviluppa nei miei personaggi, ho cercato di individuare le enormi passioni che stanno al loro interno, ho voluto fare esplodere le differenti passioni di questo testo”. Nell’attualità che all’occhio del regista invade il dramma pirandelliano, Giuseppe Battiston, giunto al suo quinto appuntamento con lo Stabile, cerca di chiarire con personali parole come questo testo possa racchiudere un “noi” e un “loro”. “Noi, ovvero la casa del consigliere Agazzi e quanti la frequentano, siamo i regolari, con le nostre abitazioni, con l’ordine in ogni stanza, con i nostri rapporti ben costruiti, noi che quando entriamo nella vita delle persone facciamo domande e non ci rendiamo conto che tutto può diventare violenza, loro sono quelli che arrivano da lontano, sconosciuti, da un paese in cui un evento naturale ha distrutto ogni cosa, gettano la carta per terra, non sono trasparenti”. Ricollocare la “pazzia” dunque, se rimanga ancora in genero e suocera o se abbia ormai invaso questo “formicaio agitato” di pettegoli e di quanti vogliono scoprire l’assoluta verità.

 

 

Elio Rabbione

 

 

 

Foto di Laila Pozzo: una scena d’insieme di “Così è (se vi pare)” di Luigi Pirandello, produzione Teatri Stabile di Torino – Teatro Nazionale; gli interpreti principali dello spettacolo, da sinistra, Giuseppe Battisto, Filippo Dini (anche regista) e Maria Paiato

 

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