Giovedì 8 novembre
Continuano gli incontri, occasione di confronto e dibattito sull’attualità, programmati a corollario di World Press Photo, la mostra internazionale di fotogiornalismo portata a Torino dall’ Associazione C.I.ME. – Culture e Identità Mediterranee (con il patrocinio della Regione Piemonte, Città di Torino, Camera di Commercio di Torino, Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Stampa Subalpina, Centro Giornalistico Pestelli e Lettera Ventitré) e ospitata, fino a domenica 18 novembre, negli spazi dell’ex-Borsa Valori di via San Francesco da Paola 22. Giovedì 8 novembre alle 18,30 con ingresso libero si dibatte de: “I conflitti dimenticati. Quelli passati, ma ancora troppo vicini per essere realmente risolti, e quelli in corso ma troppo lontani dai nostri occhi. I casi del Kosovo e del Sud Sudan“. A relazionare saranno Daniele Marchi della ”Fondazione Alexander Langer” di Bolzano, Ilaria Blangetti, giornalista professionista cuneese del collettivo “Seedspictures” e poi Luca Prestia e Francesco Doglio, fotogiornalisti anche loro del collettivo “Seedspictures”; moderatore, Stefano Tallia, giornalista Rai e segretario della Stampa Subalpina, da sempre sensibile a queste tematiche. Il collettivo “Seedspictures” parlerà del reportage realizzato in Kosovo in occasione del decennale dell’autoproclamata indipendenza dalla Serbia, festeggiato il 17 febbraio 2018. Un viaggio all’interno di un Paese ancora pieno di contraddizioni, tra le speranze dei suoi giovani e le difficoltà di un passato ancora troppo vicino. Un “neonato”, come recita il monumento più famoso del Paese, alla ricerca di un’identità e di un futuro meno incerto. Il collettivo presenterà anche un estratto della mostra “Kosovo 2008-2018. Il Paese intrappolato” che verrà inaugurata a Cuneo, a Palazzo Santa Croce, il prossimo 13 novembre e sarà visitabile dal 16 dello stesso mese fino al 9 dicembre (venerdì, sabato e domenica, dalle 17 alle 19). Daniele Marchi della “Fondazione Alexander Langer” richiamerà invece l’attenzione sul Sud Sudan dove ha trascorso un lungo periodo con “Nonviolent Peaceforce”, occupandosi di sviluppare strategie di protezione non violenta assieme alle comunità locali in un Paese che, come nel caso di tanti altri appartenenti al continente africano (ma non solo) e martoriati da conflitti senza fine, non rientra quasi mai nei dibattiti pubblici in Italia.
g.m.
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