E’ stato definito “un evento unico nel suo genere”. E mai definizione fu così veritiera, per l’imponenza quantitativa e la qualità del progetto. Che certamente avrà richiesto una montagna di coraggio oltreché impegno da vendere e una profonda competenza storico-scientifica da parte dell’intera organizzazione. Ideata e coordinata da Andrea Busto, direttore del MEF – Museo Ettore Fico di Torino e curata da un team di sette storici e critici dell’arte di comprovata levatura ( da Luca Beatrice a Lorenzo Canova a Claudio Cerritelli e a Marco Meneguzzo in buona compagnia con Elena Pontiggia, Luigi Sansone e Giorgio Verzotti), la rassegna “100% Italia. Cent’anni di capolavori” vuole raccontare – fino al 10 febbraio del prossimo anno – un secolo d’arte in Italia, il made in Italy assolutamente doc dell’arte novecentesca, dagli anni immediatamente precedenti al 1915, anno d’avvio per il nostro Paese della Grande Guerra fin quasi ai giorni nostri: in sostanza, da quando i Futuristi proclamavano a gran voce di voler “bruciare i musei e le biblioteche” per dare un calcio alla storia passata, fino a quel 25 febbraio 2015 quando i jiadisti tradussero tragicamente in fatti le altisonanti buriane di “Marinetti & co.”, bombardando Ninive e distruggendo i reperti archeologici del Museo di Mosul. Il viaggio, sia pur compiuto a volo d’arte, è imponente e quasi spaventa per la complessità e l’ampiezza del percorso. A voler “evidenziare il ruolo preminente dell’arte italiana, che ha saputo segnare profondamente – sottolineano gli organizzatori – la creatività europea e quella mondiale” lungo il corso del “secolo breve”, le opere esposte sono ben 630 (a firma di oltre 400 artisti, autentiche icone della storia dell’arte del secolo scorso), tre le città coinvolte – Torino, Vercelli e Biella – e sette le sedi espositive. In mostra, un patrimonio inestimabile, in molti casi inedito e che difficilmente potrà essere rivisto in un unico “blocco” dal momento che tutte le opere provengono da collezioni private, dagli archivi di musei e fondazioni, oltreché dall’Associazione Nazionale delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, dall’Associazione Fondazioni e Casse di Risparmio, nonché dalle Gallerie d’Italia di Intesa San Paolo.
Sono quattro, nel capoluogo piemontese, i punti espostivi dedicati ad alcune fra le correnti artistiche più significati del nostro Novecento. Al MEF (via Cigna, 114 – tel. 011/853065) vanno di scena Novecento, Corrente, Astrazione e Informale, con un lungo elenco di artisti in parete che vanno, solo per citarne alcuni, da Felice Casorati ad Arturo Martini (con un bellissimo “Ritratto di ragazzo” in terracotta del ’21), passando per Sironi e Dudreville (suoi gli iperrealistici “Occhiali” datati ’25). E poi ancora i Sei di Torino, le “nature morte” di Carena e Guttuso, e i pittori dell’astrazione, da Spazzapan a Carol Rama a Giò Pomodoro, fino all’informale gestualità di Vedova o al “Sacco” di Burri e al “Concetto spaziale” di Fontana. A seguire (e consapevolmente tralasciandone altri), Pinot Gallizio, Fico, Cherchi con le sue sculture e Garelli e Cordero. Nelle sale del MEF Outside (via Juvarra, 13 – tel. 011/0343229) è invece la Pop Art a raccontarsi attraverso le opere dei nostri “grandi”, da Schifano ad Angeli a Gribaudo a Nespolo, mentre al Mastio della Cittadella (via Cernaia, 1- tel. 011/01134494) troviamo gli esponenti dell’Arte Povera (da Celant all’ “Illuminazione Zen” di Rotella) e alcuni fra i più emblematici rappresentanti dell’Optical, del Minimalismo e del Concettuale, fra i quali Pistoletto, Salvo, Paolini, Boetti, Mario e Marisa Merz con Gilardi, Penone e Anselmo. A chiudere a Torino, sono la Transavanguardia, Nuova Figurazione e International con opere esposte a Palazzo Barolo ( via Corte d’Appello 20/c – tel. 011/2636111) a firma di Nicola De Maria, Paladino, Chia, Mondino insieme a Cattelan, Mainolfi, Stoisa e altri.
Nella Città del Riso, la mostra trova ospitalità con tutte le suggestioni della Metafisica, del Realismo Magico e della Neometafisica, negli spazi del Polo Espositivo “L’Arca” (piazza San Marco, 1 – tel. 0161/596363). Siamo ovviamente nel regno incontrastato di Giorgio De Chirico (fra le opere esposte l’epica “Battaglia sul ponte”, realizzata dal “Pictor Optimus” nel ’69), ma anche di Morandi e di Savinio e dei “Fiori” di De Pisis, così come dell’incanto sospeso de “La famiglia. Dopo il temporale” firmata nel ’34 da Antonio Calderara.
In Palazzo Gromo Losa (corso del Piazzo, 22-24 tel. 015/2520432 ), il Novecento dell’arte italiana ha le forme, i colori forti e l’irrequieto dinamismo del Futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e di Umberto Boccioni ma anche di Soffici e Sant’Elia e Carrà su tutti; mentre al Museo del Territorio ( via Quintino Sella, 54/b – tel. 015/2529345) spiccano in parete i dipinti di Diulgheroff, Depero, Farfa e Mino Rosso. Sono le avanguardie del Secondo Futurismo: quello seguito alla morte di Boccioni nel 1916 e al contemporaneo avvicinamento di Severini e Carrà alla sintassi cubista.
Gianni Milani
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