Il pentito Domenico Agresta ha ricostruito, nella propria testimonianza nel processo milanese a carico di Rocco Schirripa, quale sarebbe stato il movente dell’omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia del 1983. Secondo le sue dichiarazioni, alcuni esponenti della famiglia della ‘ndrangheta Belfiore “entrarono nel suo ufficio per convincerlo ad aggiustare processi e indagini, ma lui gli urlò addosso e gli sbatté la porta in faccia. Venne ucciso proprio per la rabbia di essere stati cacciati così, lo uccisero perché era inavvicinabile e incorruttibile”. Interrogato dal pm della Dda di Milano Marcello Tatangelo, davanti alla Corte d’Assise, Agresta ha confermato quanto già dichiarato a verbale nei mesi scorsi: aveva saputo in carcere che ad ammazzare Caccia furono Rocco Schirripa e Francesco D’Onofrio, ex militante di Prima Linea, considerato vicino alla ‘ndrangheta e indagato come esecutore dell’omicidio. La coppia secondo Agresta, insieme avrebbe “commesso tanti omicidi”
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