A Porta Nuova due donne a bordo di una Jeep Compass, hanno imboccato per sbaglio l’ingresso alle scale che portano alla metropolitana
Va bene che si dice che con un Suv si possa andare ovunque, su ogni tipo di strada, ma probabilmente l’automobilista che poche ore fa ha imboccato con la sua Jeep la scala di accesso per la metropolitana, ha preso un po’ troppo alla lettera il “famoso detto”. E’ successo questa mattina a Porta Nuova, all’ingresso di Piazza Carlo Felice che si affaccia su via Sacchi. Due donne a bordo di una Jeep Compass, hanno imboccato per sbaglio l’ingresso alle scale che portano alla metropolitana, rimanendo incastrate con la loro macchina. Fortunatamente, nonostante quel tratto di marciapiede di corso Vittorio Emanuele II sia sempre molto frequentato, non ci sono stati feriti e gravi conseguenze, se non un grande spavento da parte degli utenti del metrò e dei passanti.
Secondo una prima ricostruzione la donna alla guida dell’auto (probabilmente poco pratica della zona) voleva imboccare la rampa che portava all’ingresso del nuovo parcheggio sotterraneo di Porta Nuova inaugurato poche settimane fa, ma invece di seguire le indicazioni per il sotterraneo si è affidata alle indicazioni della segnaletica orizzontale gialla rivolta ai non vedenti e che conducevano all’ingresso della metropolitana invece che al parcheggio. Quando le due donne si sono accorte dell’errore ormai era troppo tardi poiché avevano già imboccato la rampa delle scale. Sul posto sono immediatamente intervenuti i tecnici della Gtt e alcune volanti della polizia municipale di Torino.
Simona Pili Stella

che naviga sicuro nel suo mare, un attore che fila via diritto senza ostacoli. Ma gli ostacoli ci sono. E per quegli ostacoli ci vuole un coraggio che forse ancora Brignano non ha. Quello di sfrondare, di saper rinunciare alla battuta più ammiccante, al pezzo che può sfacciatamente piacere ma che può anche far rischiare allo spettacolo una qualche scivolata (il padrino alle prese con i suoi scagnozzi e con una mira poco raccomandabile), al divertimento che ti si rivolta contro (persino il balcone di Romeo e Giulietta, nelle mani dell’attore, potrebbe avere altre soluzioni e altre immediatezze), alla lunghezza eccessiva che dovresti avvertire necessaria di una interruzione, di un alto là intelligente. Sei autori (oltre Brignano, Mario Scaletta, Renato Cassini, Manuela D’Angelo, Massimiliano Giovanetti e Luciano Federico) – e un signor regista dal fondo della sala buia – dovrebbero darsi di gomito e sottolinearsi a vicenda tutto quello che una bella matita blu dovrebbe correggere, evitando di prendere fuori misura da un repertorio che deve essere più che abbondante. Perché lo spettacolo è bello, il
tecnicismo perfetto delle scenografie è una gioia per gli occhi, che il palcoscenico si riempia di colori o giochi con le geometrie del bianco e nero, i solisti riempiono coreografie in vero stato di grazia, la Giulietta di Ilaria De Rosa è una piccola favola di umorismo, e l’Enrico (nazionale?) è degno davvero degli applausi che gli arrivano ad ogni momento a manciate. Per cui, a quello spettacolo, risparmiamo qualche caduta, non roviniamolo.
Un operaio è morto mentre era al lavoro in un cantiere sull’autostrada A32 Torino-Bardonecchia, nei pressi della galleria Cels di Oulx.
Massimiliano Allegri , dopo la vittoria con l’Atalanta, chiede su Twitter alla Juventus di tenere alta l’attenzione 
innovativo di questo dramma. Ci resterà per sempre nella memoria la versione cinematografica con Natalie Wood e George Charkiris nel ruolo del capo dei portoricani, e Rita Moreno, che vinse un Oscar. La canzone (song) rappresenta la base formale di questo genere e tende in questo musical a espandersi, sia come elemento autonomo, sia come appendice del brano cantato. La partitura offre nel primo atto esempi di melodia memorabile nelle due sezioni Maria (Tony) e Tonight-Balcony Scene, capace di acquistare un risalto drammatico straordinario seguita dai ritmi latino americani e dal caleidoscopio orchestrale di “America”. La bravura degli interpreti Kevin Hack nel ruolo di Tony e di Jenna Burns nei panni di Maria è indiscussa. La partitura si concentra sulla ricorrenza di intervalli e sul ritorno dei motivi, all’interno di un’indubbia unità tematica ricorrente e di una forte coesione drammaturgica fra i temi che intrecciano “Maria”, “Tonight”, “Cool”, “Somewhere”. West Side Story è percorsa da una familiarità tra i motivi che ne rende partecipe l’ascolto, facilitandolo. Questo procedimento è stato spesso utilizzato da Bernstein, anche in “Wonderful Town” e “Candide”. Questo musical dimostra quindi una profonda unità di stile e di ispirazione; se la musica e le esigenze vocali risultano complesse, i lyrics appartengono pienamente al regno di Broadway. Canzoni come “Maria”, “Tonight”, “America” hanno oltrepassato la vita all’interno del musical, per assumere una dimensione molto più ampia di quella di origine, vivere di vita propria e, grazie a loro grandi intrepreti, divenire universalmente note.
cittadini le risposte che si attendono, mettendo al centro i valori della partecipazione e della condivisione. Ci affidiamo al Presidente della Repubblica per un percorso che consenta alle Istituzioni di tornare a comprendere gli italiani”. E’ il commento che la sindaca di Torino,
Amareggiato il presidente della Regione,
Ora ci penserà il Presidente Mattarella
notte ripaga di anni di sacrifici e lotte. Questa notte dimostra che la passione e battaglia politica, in questo mondo dominato dai media e dai soldi, ha ancora valore e senso. Grazie a tutti i compagni di viaggio di questa avventura, abbiamo fatto qualcosa di straordinario. Abbiamo salvato la democrazia e l’autonomismo nel nostro Paese.
Il referendum sulla riforma costituzionale ha registrato anche in Piemonte la vittoria del No
tante volte nella geometria delle tue vie; mi sono domandata come fosse possibile che in una città che conta 870.702 abitanti ci fosse così tanto silenzio.
proposito di cena, quando ho realizzato l’esistenza di una cosa chiamata “apericena”, i miei occhi sono diventati giganti come quelli di un bambino davanti ad un giocattolo nuovo. Con una decina di euro circa avrei potuto bere e mangiare quello che volevo. Utopia. Ancora oggi ho difficoltà a moderarmi e lo si nota dalla pila di piatti che c’è al mio tavolo e a quanto sia più lunga di quelle presenti sugli altri tavoli. Mi sono sentita grande nelle aule della tua università, quando, tra i libri, sognavo ciò che sarei diventata.
Mi sono sentita potente quando poi ho stretto tra le mani quella pergamena. Ho giocato ad essere radical chic bevendo il bicerin nei tuoi bar e ho imparato il gusto minimal degli abiti che ti piacciono tanto, poche linee, pochi colori; l’essenziale. Ho dimenticato l’esistenza dei tacchi, perché tu vai vissuta passeggiando, a piedi o con l’aiuto del tram. Una città grande, ma che sembra tanto piccola. Tutto ha il suo posto. E il mio posto me lo sono pian piano trovato anche io. Certo è cara Torino che un po’ mi hai illuso. Promettevi grandi sogni e speranze, una stabilità tanto bramata, e poi? Figlia anche tu di un Paese che i sogni li sta bruciando, ti stai a poco a poco rialzando, ma ancora sguazzi nella precarietà. Ma io non ti abbandono. Io le vedo le tue risorse. In te
vedo l’idea, vedo l’ingegno, vedo l’iniziativa. Vedo una città che si rinnova continuamente, pur restando sempre la stessa. Vedo menti fertili. Vedo giovani, tanti giovani che ti scelgono, ti raggiungono da ogni parte del mondo e con te restano. Sei una città che accoglie, non una città da cui si fugge. Sei una città che protegge. Sei una madre ferma e decisa, a volte dura, ma che ascolta. Coccoli con le tue luci soffuse e le tue piazze eleganti e, ad ogni avversità trovi la soluzione per fronteggiarla. Perché si sa, a Torino piove, ma ci sono portici che ti coprono ovunque; perché si sa, a Torino sono tutti “freddi” e poi trovi calore ovunque e in chiunque.
Il rosa del tuo cielo al tramonto che colora il Po e la collina che su di esso si affaccia è stata la cornice di tante mie riflessioni e decisioni. È lì, seduta su una panchina dei murazzi, che ho scelto chi e cosa amare. Ed è lì che ho scelto di nuovo te. Io ci sono Torino, continuerò a regalarti le mie energie, la passione che mi muove nel fare le cose, continuerò a guardare attraverso i tuoi occhi. Come la Mole: una punta che si innalza verso il cielo e, senza presunzione o eccessiva imponenza, lo domina, mi hai insegnato a non perdere mai di vista l’obiettivo, a continuare ad inseguirlo con caparbietà, ma in modo umile e delicato.Tenendomi stretta le mie origini e l’amore che ho per la mia terra, ti dico grazie. Grazie per avermi accolta. Per accettare le mie “diversità” e per farmi sentire parte di te senza snaturarmi. Grazie per avermi adottata. Io ti amo di un amore che non è di sangue, che è partito dalla testa, ma a poco a poco è entrato nelle viscere.
S’intitola “Il Piccolo Telegrafista delle Ferrovie Nord Milano” l’ultima pubblicazione di Pietro Pisano, edita nella collana “