Presentazione della nuova stagione 2016/17 del Teatro Stabile di Torino -Teatro Nazionale, un bel panorama di “storie su misura” per ogni spettatore di ogni età e ceto. Un teatro per tutti, assembleare lo definirebbe Mario Martone, direttore artistico, reduce dal quel trionfo registico/scenografico e interpretativo che è stato Morte di Danton (e ancora lo sarà, lo spettacolo toccherà l’anno prossimo Firenze, Napoli e Roma), per quest’anno orfano di messe in scena in loco, ma che non sta certo con le mani in mano – lo animano anche con successo i percorsi lirici -, se consideriamo quel Sindaco del Rione Sanità eduardiano, che vedremo al Gobetti a marzo, con cui il regista affronta per la prima volta il teatro del grande napoletano, spettacolo coprodotto dal nostro Stabile con la compagnia di Luca De Filippo (che proprio poco prima della morte aveva sbrigliato diritti e permessi) e con Nest, un gruppo teatrale che da più di un decennio agisce sul territorio napoletano a favore delle categorie ritenute socialmente più deboli. Una presentazione che allinea un presidente Vallarino Gancia emozionato alla sua prima conferenza stampa nel ruolo di ma che con forza riafferma i concetti di innovazione, internazionalizzazione, di reinvenzione continua del territorio, uno staff al timone schierato per ricevere ancora una volta apprezzamenti e solidarietà, un bel gruppo d’attori e registi che saranno l’anima della stagione, un alternarsi di fine mandati e necessari ricordi (come il Braccialarghe della Cultura) e climi quasi da favola d’antan (come la Parigi, assessore alla Cultura regionale non in scadenza, pronta a mettere tutto il peso su quella “armonia” che vede circolare all’interno di maestranze e istituzioni), un direttore artistico Filippo Fonsatti – di freschissima nomina quale presidente dello Spettacolo dal vivo – che snocciola risultati più che felici e rassicuranti, con le 537 aperture di sipario per la passata stagione, per gli abbonati cresciuti a circa 18.000, per la totalità degli spettatori in sede che supera i 152 mila con un aumento del 19% rispetto all’anno scorso, per i ricavi che sono a 2 milioni 184 mila (+24%).
Sei nuove produzioni esecutive, 4 coproduzioni, 4 riprese. Delle prime, s’inaugura l’11 ottobre al Carignano con Il giardino dei ciliegi cecoviano, regia di Valter Malosti, per proseguire via via con Sogno d’autunno di Jon Fosse per la regia di Valerio Binasco e l’interpretazione di quella eccellente attrice di cinema e teatro che è Giovanna Mezzogiorno, con Misura per misura riproposto da Jurij Ferrini, con La bella addormentata nel bosco rivolto con la regia di Elena Serra soprattutto ad un pubblico di giovani, con Qualcuno che tace. Il teatro di Natalia Ginzburg, in collaborazione con il Circolo dei Lettori, ciclo di letture sceniche per ricordare il centenario della nascita della scrittrice torinese che getterà uno sguardo su “Dialogo”, “La segretaria” e “Ti ho sposato per allegria”, al Gobetti a novembre. Dulcis in fundo, gran colpaccio dell’agguerrito Fonsatti, con un cast ancora tutto da definire, Il nome della rosa che Stefano Massini ha tratto dal romanzo di Umberto Eco, andando alla ricerca di una precisa tessitura drammaturgica, coprodotto da Torino e Genova per la regia di Leo Muscato.
Da sottolineare ancora il progetto internazionale che quest’anno si avvale di una terna di prestigiosissime offerte. Gob Squad, eccellente collettivo di artisti inglesi e tedeschi, porta in scena una versione rivisitata di Guerra e pace / War and peace: lo spettacolo, coprodotto dallo Stabile con la Volksbühne di Berlino e la Kammerspiele di Monaco di Baviera, è una sfilata di personaggi tratti dal grande romanzo di Lev Tolstoj che interagiscono con il pubblico grazie a un sistema di telecamere a circuito chiuso. Altra proposta l’Amleto dei britannici Tiger Lillies e dei danesi Theatre Republique, regista Martin Tulinus, un misto di cabaret e humour nero, di musica e immagini. Per terminare con La tempesta shakespeariana diretta dal rumeno Silviu Purcarete e proposto dal National Theatre Marin Sorescu di Craiova. Tra le ospitalità, ricordiamo almeno Filippo Timi alle prese con tutti i personaggi maschili dell’ibseniano Casa di bambola, Lehman Trilogy testamento teatrale di Luca Ronconi, Lavia e il pirandelliano Uomo dal fiore in bocca, l’Orestea di Eschilo con Elisabetta Pozzi, quel Tony Pagoda che Paolo Sorrentino ha tratto dal proprio romanzo “Hanno tutti ragione” e che vede Iaia Forte negli abiti maschili – maschiaccio napoletano e cantante fanfarone – di un uomo che fa i conti con un successo antico e con le delusioni d’amore, in un mare di riflessioni invaso da una disperata, calda vitalità.
Elio Rabbione
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