Il Festival delle Colline

Dedicato alla donna, senza dimenticare l’universo pasoliniano
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Nell’immagine/simbolo che gli artisti torinesi Botto & Bruno hanno regalato alla XXI edizione del Festival delle Colline s’allineano un paesaggio industriale, l’inquinamento e i miasmi, pozzanghere acide in cui non riflette il personaggio dal volto coperto, un ultimo ciuffo d’erba: è il degrado senza se e senza ma, è la nostra storia di oggi, la nostra povertà, è l’aridume che ci circonda. Non abbiamo neppur più una faccia, l’abbiamo persa. Allora, come s’avvicina il teatro, italiano e non soltanto dalla Romania e dalla Francia, dalla Grecia e dallIran e da Israele provengono gli spettacoli, gli artisti sono argentini, somali, tedeschi -, a questo deserto pressoché incolmabile? Sembra che un avvenire sia affidato alle mani e alla sensibilità delle donne, su di esse convergono in maniera quasi totale il pensiero, la scrittura, le messe in scena, le interpretazioni, per descrivere, per sottolineare, per cercare un perché o proporre delle soluzioni. In prima persona, svelandosi, trasmettendo ad altri le proprie esistenze oppure impaginando storie altrui, le disfatte e le speranze, le certezze e forse i sogni.

Si va in scena il 2 giugno, per proseguire fino al 21, con gli aiuti e le collaborazioni dello Stabile torinese Teatro Nazionale e della fondazione Piemonte dal Vivo, della Compagnia di San Paolo, degli Istituti francese e rumeno, della Fondazione per la Cultura Torino e via seguitando e con lospitalità dell’Astra, della Casa Teatro Ragazzi, del Carignano e del Gobetti, quest’anno ampliabile a Fonderie Limone di Moncalieri, a Lavanderia a Vapore di Collegno, a Fabbrica delle “e” e al Caffè Elena che vedrà Giulietta Debernardi e Marco Mazza di Scarlattine Teatro alle prese con “Hamlet Private” scritto e diretto da Martina Marti, un’idea nata nella fredda Finlandia e portata a Torino, un gioco di domande e risposte tra la figura del principe danese, un mazzo di tarocchi e lo spettatore. E’ il via ad un percorso triennale del MiBACT rintracciato e sviluppato intorno alla figura femminile, ha sottolineato ieri alla presentazione Sergio Ariotti, direttore artistico del festival, un indirizzo completato “con una riflessione diffusa sull’identità di genere, sull’orientamento sessuale e sui contrasti che certe scelte individuali comportano in ambito sociale, sulle difficoltà ad affermarle”. Ventidue titoli ai nastri di partenza, da “Alearga” interpretato e diretto dalla rumena Nicoleta Lefter, dove una donna con lo scandire del tempo s’interroga sulla propria identità e sulla propria esistenza, in un movimento continuo che per lei è vita, a “Roberta cade in trappola” con Roberta Bosetti, dove si fanno i conti con le promesse del passato, tramandateci dalle bobine di un vecchio registratore Geloso; da “Vanja, 10 years after”, uno degli spettacoli più attesi, presentato dagli artisti greci del Blitz Theatre Group, dove i personaggi superstiti di Cecov, chiusi nella grande casa o in un luogo indefinito, ripetono ancora i loro gesti senza tempo, nell’ossessione del vuoto dell’esistenza, a “Un mage en été”, travolgente successo francese, dovuto alla scrittura di Olivier Cadot e interpretato da quello che Ariotti ha definito “il più bravo attore francese della sua generazione”, Laurent Poitrenaux, un moderno Robinson che ha eletto la propria stanza a personale isola, tutto il suo mondo, pronto ogni attimo a cogliere l’essenza del vivere; da “Killing Desmona”, uno sguardo al più celebre femminicidio della storia, con le coreografie e la regia di Michela Lucenti, a “La donna che cammina sulle ferite dei suoi sogni” ovvero Letizia Battaglia fotografa da sempre in prima linea a storicizzare la lotta alla mafia, a “Donne che sognarono cavalli” dell’argentino Daniel Veronese, produzione Sardegna Teatro, in cui la giovane figlia di desaparecidos tenta dolorosamente di ricostruire il passato della sua famiglia.

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Un omaggio a Pasolini si suddividerà tra la proiezione di “Porcile” al cinema Massimo, e gli spettacoli “PPP. Ultimo inventario prima di liquidazione” di ricci/forte, un primissimo piano, un omaggio allo scrittore e alla sua continua ricerca di valori, un ritratto dovuto ad attori italiani, francesi e portoghesi, e “Orgia”, testo teatrale diretto da Pasolini stesso proprio a Torino nel 1968, un’opera dove carnefici e vittime si scambiano i ruoli, dove chi riesce a comunicare lo fa con il solo linguaggio violento del corpo, dove chi rivendica la propria identità lo fa con il travestimento. Certi personaggi in cerca d’identità affollano ancora le recite del festival: “Geppetto e Geppetto”, scritto e diretto da Tindaro Granata (coproduzione Festival delle Colline e Stabile di Genova), una coppia al maschile, Tony e Luca, e la loro voglia di avere fare un figlio, Il lamento di Monica Bacio, ovvero rivendicare il diritto di essere ciò che sentiamo di essere attraverso le parole e le briciole autobiografiche di Lorenzo Fontana, “1983 Butterfly” con la rivisitazione della vita del diplomatico francese Boursicot innamorato nella Pechino degli anni Ottanta del secolo scorso di Shi Pei Pu, poi rivelatosi un uomo. In ultimo, ma non per importanza certamente, “Scende giù per Toledo”, interpretato e diretto da Arturo Cirillo, insuperata testimonianza di Patroni Griffi sui femminielli napoletani.

Elio Rabbione

 

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