Vogliamo definire l’operazione una gran festa teatrale? Senza dubbio. Per il grande divertimento, sfacciatamente sempre presente, per le gag senza tregua che sinora si son potute vedere (basta che di un boccale si faccia un inatteso microfono per innestare un nuovo meccanismo di allegria), e che seguiranno, per le zone d’ombra, anche pallide, che non esistono affatto, per l’irruenza dei protagonisti spadaccini
Sbalordiscono i numeri. Otto i registi che dirigono e cinque i drammaturghi che hanno scritto, 38 gli attori impegnati con 25 collaboratori e 11 tecnici, 96 costumi e 170 bottoni automatici con 260 metri di passamanerie, 30 spade per 25 duelli, 9 ore e 40 minuti di spettacolo, otto puntate per 56 repliche complessive per un totale di 11200 spettatori, sinora ogni replica sold out con gli spettatori alla ricerca dell’ultimo posto disponibile per familiari e amici che reclamano. Un vero successo. Inseguito, commentato, condiviso, consigliato, trasmesso. Già, perché Beppe Navello ha pensato bene (benissimo) di rispolverare per la stagione del TPE, tra le pareti dell’Astra, quella antica impresa sperimentata allo Stabile dell’Aquila – ne era il direttore – nella stagione 1986/87 di inscenare I tre moschettieri del vecchio Dumas (pure lui pubblicava a puntate), D’Artagnan e compagni di cuore e di spada con re e regina, con le mire del Richelieu e del damerino Buckingam, i languori di Costanza e gli intrighi di Milady, con un fitto incrociarsi di spade tra musiche e canzoni, con un gruppo di attori quasi tutti under 35 che non sanno davvero cosa voglia dire giocare al risparmio, il tutto immerso in uno spazio rivisitato (l’impianto scenico con balaustre tutt’intorno, scale semoventi, abbozzi di taverne, angoli del Louvre, strade insidiose, è firmato da Luigi Perego, come i costumi, bellissimi, stivali e cappelli piumati, trine e pizzi, lunghe collane, ampi mantelli dai più differenti colori) che inalbera con un colpo d’occhio da bocca aperta le case e i tetti della place des Vosges parigina, tra gli applausi di un pubblico che finora s’è letteralmente goduto le prime due puntate – regie rispettivamente di Navello e Gigi Proietti, seguiranno Piero Maccarinelli e Ugo Gregoretti a completare la vecchia guardia del progetto, già aquilana, e poi i giovani Myriam Tanant, Andrea Baracco, Robert Talarczyk e Emiliano Bronzino – con risate e contagiosa partecipazione. Nessun pericolo per chi entrasse a mezza strada nel racconto perché non manca neppure il riassunto delle puntate precedenti con la voce piacevolmente squillante della giovanissima annunciatrice Lia Tomatis, come non mancano, lo si fa per ogni megaproduzione che si rispetti, i siparietti per gli sponsor che han dato una mano all’iniziativa. Il passato scorre veloce sul pavimento a scacchiera che è al centro della sala, quello stesso in cui le vicende seguono alle vicende, il giovane guascone fa il suo ingresso in città su di un mezzo che è metà cavallo e metà bipattino simpaticamente scorrazzante e zigzagante, o dove a tratti piroettano le musiche di Germano Mazzocchetti eseguite al piano da Alessandro Panatteri, con canzoncine vivaci e coretti facilmente assimilabili offerti da belle voci; il presente da par suo scivola in modo leggero dando di gomito alla grande o spicciola attualità, dalle unioni civili ai selfie sempre lì a portata di mano.
Vogliamo definire l’operazione una gran festa teatrale? Senza dubbio. Per il grande divertimento, sfacciatamente sempre presente, per le gag senza tregua che sinora si son potute vedere (basta che di un boccale si faccia un inatteso microfono per innestare un nuovo meccanismo di allegria), e che seguiranno, per le zone d’ombra, anche pallide, che non esistono affatto, per l’irruenza dei protagonisti spadaccini (Luca Terracciano, Alberto Onofrietti, Diego Casalis e Matteo Romoli, irriverenti e inesauribili, disponibili agli zampilli di sudore) e per quel re Luigi da operetta che Gianluigi Pizzetti costruisce leggiadro e smemorato mossetta dopo mossetta, per quel padre di Sergio Troiano fintamente apprensivo ed estremamente rompiballe, pronto a consigliare (tutto unguenti e magliette della salute) e a comparire inaspettato da una vasca da bagno come di sotto il mantello regale, per la sottile e lunga anima nera, un misto di astuzia e perfidia, che è il cardinale di Antonio Sarasso, per i duetti sospirosi tra la Regina di Marcella Favilla e l’infido inglese che sta sotto il pennacchio ed i velluti di Riccardo Ripani. La vicenda, si sa, continua: segnatevi la terza puntata per il prossimo 8 marzo, avrà la firma di Piero Maccarinelli.
Elio Rabbione
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