In un libro il mondo fantastico delle leggende delle Alpi

Crosa alpiAlpi CrosaStreghe e folletti, uomini selvatici, peccati e peccatori

 

La fiamma scoppietta per legna odorosa. “Su,cara vecchietta,non dici qualcosa? Sei stanca? Coraggio…io voglio leggende soavi o tremende”. Paolo Crosa Lenz non poteva scegliere testo migliore di questa frase del poeta don Remigio Biancossi, sacerdote bognanchese, per  aprire il suo libro “Leggende delle Alpi. Il mondo fantastico in Val d’Ossola”. Il volume, edito dal domese Grossi, raccoglie duecento fiabe e leggende delle valli ossolane, frutto di trent’anni di ricerca da parte dell’autore. Un lavoro, come ricorda lo scrittore-alpinista “di ricerche d’archivio e di peregrinazioni sui monti, parlando con la gente e leggendo antiche carte”.La ricerca, utilizzando la metodologia della “storia orale”, è avvenuta tra il 1979 e il 1981. “ Tutti gli informatori non ci sono più, ma il loro contributo (fissato su nastro magnetico e trascritto dal dialetto) rimane nel tempo”, sottolinea Crosa Lenz. “Erano tutti gente di montagna, che non aveva visto il ‘grande mondo’ (al massimo Roma per il Giubileo del 1950 con il pellegrinaggio parrocchiale), ma pure, ad un giovane ricercatore, quel loro mondo interiore pareva ‘grande’. La raccolta è continuata per tre decenni, scrivendo la memoria di uomini e donne incontrati in peregrinazioni per boschi ed valli, chiedendo conferme a dicerie di paese o storie di alpeggi, di boschi e di animali, mettendo sempre da parte, come un bene prezioso, un vecchio articolo di giornale, una fotocopia di rivista o una nota bibliografica”. Così la ricerca so è trasformata in un atto d’amore verso questa terra di confine, di alte montagne, boschi e alpeggi, valli profonde e villaggi di legno e pietra. Portando in se un segno, una dichiarazione di rispetto profondo per le Alpi e la sua gente, che per secoli ha modellato la montagna e costruito un paesaggio rurale che oggi sta sbiadendo. In questo catalogo del mondo fantastico della montagna la memoria storica degli alpigiani, di pastori e boscaioli, costruisce l’identità di un territorio. “Niente è inventato, è la cultura tradizionale degli uomini delle Alpi che parla con la voce dei narratori”, afferma Paolo Crosa Lenz. Così, letti attraverso la lente della fantasia e dell’immaginario popolare, prendono corpo i sogni e le paure dei montanari, le diffidenze e un antico senso di solidarietà comunitaria, ma anche lo sguardo divertito verso la vita, l’accettazione di fatiche e sofferenze che  comporta il vivere nelle “terre alte”, seguendo i ritmi delle stagioni. Un elemento comune alle fiabe popolari – ricordano autore ed editore – è il “senso del meraviglioso”, proprio della cultura contadina (la “magia” sempre nuova di un seme che diventa frutto), che appare chiaramente nelle fiabe sui folletti e gli “uomini selvatici” dove la natura misteriosa dei boschi e delle montagne si anima e si personifica per entrare in contatto di incontro e di scambio con i protagonisti reali di questo ambiente, i montanari nei loro vari mestieri e attività. Così, attraverso il filtro della memoria, si sente l’eco profondo che viene da secoli di vita in montagna, di eventi realmente accaduti che – attraverso le memorie e la trasmissione orale dei racconti – si sono trasformati in leggende. Un patrimonio da non  disperdere e che può “aiutare a dare un senso e uno scopo al nostro vivere turbinoso”.

 

Marco Travaglini

 

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