QUANDO IL POLITICALLY CORRECT VA A BRACCETTO CON I FANNULLONI

scuola bambino

tetiPUNTI DI (S)VISTA / di Tersilla Garella

 

Studenti svogliati, arroganti, presuntuosi e saccenti, che si rigirano tra le mani dei cellulari da centinaia di euro senza ancora aver scoperto il reale valore del denaro. Che fanno a gara per essere i più ribelli. Perché se sei ribelle sei anche più popolare e “figo”

 

Ci sono poche certezze nella vita. Con l’inizio del nuovo anno scolastico, una di queste è sicuramente la comparsa, sui giornali e in televisione, di notizie a riguardo di insegnanti ripresi per aver fatto uso di un linguaggio non proprio politically correct. Sosteneva Freud che i mestieri più difficili in assoluto fossero nell’ordine il genitore, l’insegnante e lo psicologo. Eppure, visti i tempi che corrono, sembra che al giorno d’oggi il ruolo di genitore ed insegnante siano parimenti ardui. Essere genitori di questi nuovi adolescenti è senz’altro impresa ostica, ma esserne gli insegnanti, forse, lo è ancora di più. Studenti svogliati, arroganti, presuntuosi e saccenti, che si rigirano tra le mani dei cellulari da centinaia di euro senza ancora aver scoperto il reale valore del denaro. Che fanno a gara per essere i più ribelli.

 

Perché se sei ribelle sei anche più popolare e “figo”. Insegnanti sempre più ostacolati nel proprio lavoro dai genitori di queste creaturine, che non accettano che il proprio figlio sia uno scansafatiche e rigettano sul professore parte della colpa e tutto il proprio scontento. Certo, ci sono insegnanti impreparati – non lo si può negare-, ma ci sono anche pessimi genitori, che anziché assegnare castighi ai figli preferiscono chiudere un occhio, coscienti del fatto che castigare i figli significhi castigare anche un po’ se stessi. E nessuno ha più voglia di rinunciare alla propria vita e al proprio svago, a cui sono concessi già pochi momenti. Mi torna ancora in mente la notizia di quell’insegnante ad Ivrea, che rischiò il posto per aver esortato i suoi allievi a smetterla di fare gli scemi. Il docente deve anche essere in grado di insegnare come si sta al mondo. L’etica. Il rispetto. L’umiltà.

 

E gli insegnanti, quelli meritevoli di questo nome, quelli che ogni giorno sacrificano un po’ di sé per trasmetterlo a questa generazione di smidollati, forse hanno tutto il diritto di chiamare “scemo” lo studente che le capacità per apprendere le avrebbe pure, ma non si applica e, non contento, fa seguire a ciò un atteggiamento di sfida e strafottenza. Perché voi come lo definireste uno così? Furbo? Sfatiamo il mito: la buona scuola inizia a casa. Tra le quattro mura domestiche. Basterebbe soltanto una maggiore severità. Sì, la severità. Che con noi funzionava alla grandissima. Quando ancora i nostri genitori erano prima di tutto genitori, e poi amici. Spero proprio un giorno non molto lontano di leggere questa incredibile notizia sul giornale: “Tornano di moda le punizioni impartite ai figli fannulloni.” Buon anno scolastico, insegnanti. Una minoranza, seppur esigua, è dalla vostra parte.

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