Il pescatore e la sirena

sirenaIl pescatore si chiese avvicinandosi se avesse finalmente acciuffato la Sirena o se l’avesse persa per sempre

 

C’era una volta un pescatore, con gli occhi azzurri come l’acqua salata del 
mare di Capri, distesa che assaporava col caffè in bocca appena alzato, dalla 
minuscola finestra a oblò del suo appartamento a strampiombo sul golfo.

 

La mattina era notte per il pescatore, che si alzava alle cinque in punto, 
faceva colazione con burro aringhe e pane e nero, caffè forte e denso come oro 
nero, aromatico, liquido.

 

La forza delle braccia, abbronzate e asciutte, il viso indurito dal sole e 
dal vento, i capelli arruffati e schiariti dal sale marino, i pensieri ancora 
ingarbugliati e gli occhi semiaperti;  mentre l’oscurità si striava di rosa e 
arancio, un pensiero puntuale lo coglieva.

 

Era un pensiero blu scuro, rivolto a una figura di donna inconsistente e vaga, 
come la nebbia dell’aurora che si tuffa nelle onde più nere, un pensiero 
ondulatorio, che viene e che va, una spuma marina.

 

Nel mezzo del mare l’aveva sentita parlare tra sè sommessamente, pareva una 
donna girata e appoggiata a uno scoglio,  con la schiena nuda un pò curva e e i 
capelli blu intrecciati e ammassati come alghe marine.

 

Il primo giorno sembrava una visione, uno scherzo causato dalla stanchezza, il 
secondo un sogno continuato dalla notte, il terzo giorno invece aveva iniziato 
a credere che fosse reale; il pescatore desiderava toccarle i capelli e la 
schiena di perla, o sentirne meglio la voce sottile, appoggiare la propria 
testa stanca sulla spalla chiara di lei, rotonda e affusolata, come di 
conchiglia.

 

Ascoltare le sue storie, intrecciare i propri pesanti pensieri alla leggerezza 
profonda e acquatica della creatura impalpabile. Ma più la chiamava più lei restava girata e sorda al suo richiamo.

 

Un giorno la rete scintillava bagnata e vuota di pesci, splendeva come una 
trama fine di cristalli;  il pescatore  guardava assorto la rete, ed era tutto 
pieno del canto della donna girata. Quel giorno pareva gonfio di melanconia, 
pieno di pioggia come il cielo pesante e grigio, clima raro per quei luoghi 
assolati.

 

Fu un attimo. La rete venne lanciata con la maestria del pescatore oltre lo 
scoglio e la creatura sonora fu catturata al suo interno.

 

No, in tanti anni il pescatore non potrà dimenticare quel suono spezzato all’
istante o quegli occhi impauriti, nè il colpo di coda di una Sirena  -come 
aveva potuto non capirlo prima?-  rapita.

 

Il suo canto si levò alto come un soffio di tromba acuto e argentino, per l’
ultima volta. I capelli scintillarono blu in onde infinite, per l’ultima volta. 
La coda di pesce cangiante perse il movimento, si sciolse, liquefatta come cera 
calda verde pino.

 

I capelli divennero semplici capelli, caduta la coda apparvero le gambe, e la 
voce, quella caverna di sensazioni forme e colori, divenne una voce sottile di 
donna normale.

 

Il pescatore si chiese avvicinandosi se avesse finalmente acciuffato la Sirena 
o se l’avesse persa per sempre.

 

Federica Billone

 

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