TOM TOM TORINO (7)

La nobile Giulia che aiutava i poveri

ALLA SCOPERTA DEI NOMI DI VIE E PIAZZE /

di Simona Pili Stella

 

L’impegno che Giulia di Barolo dimostrò nei confronti delle donne carcerate (si occupò dell’istruzione, dell’abbigliamento, dell’igiene) arrivò a tal punto che, il 30 ottobre 1821, il ministero la nominò soprintendente del carcere

 

Giulia_di_BaroloContinuando con il nostro piccolo spazio dedicato alle vie che costituiscono la nostra città, oggi parleremo della marchesa Giulia Falletti di Barolo.Traversa di corso San Maurizio e parallela a via Vanchiglia e a via Buniva, via Giulia di Barolo rientra a far parte della cosiddetta zona “Vanchiglia”, diventata ormai molto conosciuta ai giovani per la presenza di numerosi locali. Essendo molto vicina a Palazzo Nuovo, al liceo classico Gioberti e all’aula studio Verdi, questa via è abitata e frequentata principalmente dalla gioventù torinese.

 

Giulia Falletti di Barolo (nota da nubile con il nome di Juliette Colbert di Maulévrier), nacque a Vandea il 27 giugno del 1785. Discendente da una nobile famiglia che trovava le sue origine nel consigliere del famoso Re Sole, Giulia rimase orfana di madre all’età di sette anni e vide molti dei suoi parenti (tra cui l’amata nonna) salire al patibolo durante la Rivoluzione francese.Sfuggita con la sua famiglia alla ghigliottina, il 18 agosto 1806 si unì in matrimonio al marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo e qualche anno più tardi, nel 1814, si trasferì a Torino a Palazzo Barolo.

 

Nonostante il nobile rango a cui apparteneva e il mondo sfarzoso che la circondava, Giulia (insieme a suo marito) si dedicò principalmente alla beneficenza e alle opere caritatevoli. Aprì le porte del suo palazzo a mendicanti e disagiati: la loro dimora si trasformò di giorno in una mensa per i poveri (dove lei serviva personalmente il cibo), mentre la sera tornava ad essere il salotto più ambito della città dove famosi intellettuali e nobili, si riunivano per discutere e conversare di polita, arte e letteratura. Per parecchio tempo Giulia e suo marito ospitarono a Palazzo Barolo il patriota Silvio Pellico, reduce dalla lunga prigionia nella Fortezza dello Spielberg.Nel corso della loro vita i due coniugi intrapresero molte iniziative benefiche come ad esempio la creazione di scuole gratuite, l’assistenza ai poveri e anche ingenti donazioni per quello che sarebbe diventato il Cimitero monumentale di Torino. L’impegno che Giulia di Barolo dimostrò nei confronti delle donne carcerate (si occupò dell’istruzione, dell’abbigliamento, dell’igiene) arrivò a tal punto che, il 30 ottobre 1821, il ministero la nominò soprintendente del carcere.

 

Nello stesso anno fondò, nel quartiere popolare di Borgo Dora, una scuola per ragazze povere, mentre nel 1823 fondò al Valdocco l’Istituto del Rifugio, un luogo creato per aiutare ed ospitare le ragazze madri. Nel 1825 adibì una parte di Palazzo Barolo come asilo per i figli dei lavoratori: fu la prima opera di questo tipo che venne fatta in Italia.Suo marito morì nel 1838 a seguito dell’epidemia di colera che aveva colpito il Paese nel 1835 e a cui entrambi avevano prestato generosamente soccorso. Nel 1845 aprì l’Ospedaletto di santa Filomena per bambine disabili, mentre nel 1847 fondò una scuola professionale, presso il proprio palazzo, per le ragazze di famiglia operaia.

 

La sua ultima opera di beneficenza fu la costruzione della chiesa di santa Giulia, nel popolare quartiere di Vanchiglia; morì a Torino il 19 gennaio del 1864. Nel corso della sua vita la marchesa Giulia di Barolo si distinse per la sua bellezza ed intelligenza e soprattutto per la sua generosità nei confronti dei meno fortunati; pare che dedicò alle opere di beneficenza complessivamente 12 milioni di lire, una somma pari al bilancio di uno stato del tempo. Il 21 gennaio del 1991 è stata avviata la pratica di beatificazione. Una nota curiosa per gli amanti del vino, è che fu grazie agli investimenti terrieri e alla passione dei due coniugi per le vigne delle Langhe, che oggi possiamo gustare il prezioso e pregiato Barolo piemontese.