“Aggiungi un posto a tavola” è una favola che parla d’amore, di accoglienza, di vita nuova da inventare e, possibilmente, migliorare, di esseri umani che hanno la possibilità di creare un mondo nuovo… e perché no? anche di fede… minuscola per la scrittura ma assolutamente maiuscola se intesa come fiducia in se stessi, nel prossimo e nel futuro”. Sintetizza così Gianluca Guidi quella che dal 1974 (le star erano papà Johnny, Panelli e Bice Valori, Ugo Maria Morosi e Daniela Goggi) è la commedia musicale di maggior successo sui palcoscenici italiani, forse quella più amata dal pubblico, se si pensa alle oltre trenta edizioni e ai circa 15 milioni di spettatori sparsi in tutto il mondo, dall’Inghilterra all’Argentina, dalla Finlandia al Cile, dal Messico alla Russia, che l’hanno applaudita. Da noi si è giunti alla settima edizione, che vede Guidi (già Don Silvestro nel 2009, adesso è arrivato al giro di boa dei cinquanta) prendere appieno il testimone passatogli dal padre, nella doppia veste di interprete e regista, con la volontà di un grande rispetto nei confronti dell’antico disegno di Garinei e Giovannini, uniti nella scrittura a Jaja Fiastri, ma pure con l’intento di sfrondare e di attualizzare quanto di più legato a quell’epoca o alle corde dei primissimi interpreti ci possa ancora essere.
All’Alfieri da domani (alle ore 20,45, repliche sino a domenica 14) allora nuovamente lo scontento del Padreterno, la minaccia di un nuovo diluvio universale, le telefonate intimidatorie dell’alto, il piccolo paese di montagna chiamato a nuova culla del mondo con l’amore di Clementina per il giovane sacerdote che dovrà passare tra mille difficoltà pur di continuare a rimanere tutto d’un pezzo e con una troppo libera Consolazione che con quel suo mestiere vecchio quanto il mondo viene a rovinare i piani di una nuova procreazione. E tanto altro ancora – con argomenti all’interno che hanno attraversato i decenni, come il celibato dei preti, allora insormontabile più di adesso, o il tema dell’accoglienza, quantomai attuale – sotto le note di Armando Trovajoli (come dimenticare l’inno del titolo o “Notte da non dormire”, “Peccato che sia peccato” o il festoso “Concerto per prete e campane” che ci hanno accompagnato dalla prima edizione!) oggi guidate da Maurizio Abeni, già assistente del maestro, pronto a dirigere l’orchestra dal vivo di sedici elementi, sotto quella scenografia ingegnosa di Giulio Coltellacci ripresa da Gabriele Moreschi, grande sorpresa per l’epoca, con tanto di doppio girevole e l’arca che invade maestosa il palcoscenico, in attesa della finale colomba riconciliatrice. Del vecchio team è rimasto Enzo Garinei, per 500 repliche divertentissimo sindaco Crispino e oggi a sostituire il mitico Renati Turi nella “voce di Lassù”; Emy Bergamo è Consolazione, Marco Simeoli il nuovo sindaco, Piero di Blasio Toto, mentre Clementina ha oggi la voce e i tratti di Beatrice Arnera, uscita fuori da affollati e precisi provini. Le coreografie portano ancora la firma di Gino Landi e vedono all’opera 17 artisti, cantanti e artisti.
Guidi ricorda ancora perfettamente la magia che assaporò bambino di sette anni, meravigliato nella poltrona rossogrigia del Sistina romano. “Sono un testo e delle musiche che mi hanno accompagnato per anni, che ho seguito a ogni edizione, che mi sono cari, quasì un’eredità di famiglia. Oggi ho ritrovato per questa nuova messinscena del teatro Brancaccio un livello di professionalità altissimo che mi ha profondamente stupito, senza la necessità da parte mia di particolari richieste, ho trovato tutto sul piatto servito e apparecchiato come nel ristorante di un grande chef, e nella piena libertà nella scelta degli attori: e con uno sforzo produttivo non indifferente che ci ha premiato dal debutto di ottobre in varie piazze con una serie di esauriti”.
Elio Rabbione