IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni Lo scrittore ottantacinquenne Ferdinando Camon che io, in verità, ritenevo – sbagliando grossolanamente – che fosse già defunto da tempo insieme alla sua opera, ha battuto un colpo, scrivendo un vergognoso articolo in cui attacca con parole da vilipendio l’Inno nazionale italiano, sostenendo che esso andrebbe sostituito con “Bella ciao“, una tesi peregrina, politicamente e storicamente delirante. All’inizio del pezzo sembrava che scherzasse, ma purtroppo intendeva scrivere seriamente.
Non merita ripetere quanto ho sostenuto nei giorni scorsi su questo giornale sulla proposta incredibile di alcuni deputati della sinistra che vorrebbero rendere obbligatoria per legge “Bella ciao“ dopo – bontà loro – l’Inno di Mameli , come fece il fascismo nel 1925 con il canto di “Giovinezza “dopo la “Marcia Reale“. Ma non merita, a maggior ragione, controbattere a Camon che esordi’ significativamente con l’appoggio di Pasolini che al suo confronto appare un grande. Le offese che arreca all’Inno di Mameli, un inno che nacque nel fervore di un Risorgimento che Camon ignora, sono così insulse da non meritare replica. Merita una replica invece chi gli pubblica i suoi articoletti su quella che non è più “La Stampa“, ma la nuova versione dell’”Unita‘“. Dando spazio a quelle idee in verità leggermente senili, quei giornalisti cancellano totalmente la storia del giornale, dandolo in mano ai Camon e alla Murgia. “Bella Ciao“ inno nazionale italiano e’ un eresia priva di senso. Anche molti resistenti non si riconobbero in quella canzone che Giorgio Bocca scrive di non aver mai sentita cantare durante il suo partigianato. L’avere la faccia tosta di volerla sostituire all’Inno di Goffredo Mameli che morì in seguito alle ferite riportate nella difesa della Repubblica romana di Mazzini, rivela anche un’ignoranza storica grossolana che crea una cesura netta tra primo e secondo Risorgimento che molti resistenti hanno invece ritenuto affini . I catto – comunisti non riescono a capire il senso della storia italiana a cui sono stati estranei ed a cui continuano ad essere gramscianamente ostili. Senza accorgersene stanno lavorando alacremente al successo del centro – destra . Chi è a sinistra e ha mantenuto il buon senso deve invitare questi residuati bellici ad astenersi dallo scrivere queste amenità che offendono gli Italiani. Occorre metterli a tacere almeno per un po’ nell’interesse della sinistra .
Bocca scrisse di non averla mai sentita cantare durante il suo partigianato. Ha acquisito notorietà attraverso l’ Anpi dopo la guerra e caratterizzò i partigiani garibaldini. Ebbe anche fama internazionale attraverso il festival della gioventù di Praga durante il periodo staliniano. La vera canzone della Resistenza e’ “Fischia il vento“ composta dal medico partigiano Felice Cascione, medaglia d’oro al Valor Militare che fu eroico capo partigiano in Liguria che adatto’ un testo ad una musica russa. Anche questa canzone divenne identificativa della Resistenza garibaldina. “Bella ciao“ appartiene ad un ‘altra storia m, precedente alla Resistenza (le mondariso) e si lego ‘ dopo la guerra all’Anpi.
Fornaro che oggi è nella estrema sinistra radicale , viene dal PSDI e appartenne alla corrente di Pier Luigi Romita, figlio del ministro degli interni Giuseppe all’epoca del referendum, che apparve subito, per sua stessa ammissione, non arbitro imparziale, prima e nel corso del referendum istituzionale , quando non ebbe remore – lui garante sulla carta dell’imparzialità del confronto elettorale – a dichiararsi accesamente repubblicano, agendo di conseguenza.
celebrativi che non hanno nulla di storico. E‘ un provinciale alessandrino che è rimasto tale, malgrado l’esperienza romana di senatore e deputato. Nel suo libro non porta documenti nuovi che dimostrino la regolarità del referendum dal quale furono escluse intere province e tanti prigionieri di guerra. La Repubblica, anche accettando i risultati di Romita, ebbe una maggioranza comunque risicata. La differenza tra i voti validi e i votanti era un fatto dirimente che non venne mai chiarito. La Repubblica nacque nel modo peggiore possibile e recuperò solo con De Nicola ed Einaudi. Se Umberto II avesse fatto valere la legge con la quale venne indetto il referendum, Romita sarebbe finito in galera. Umberto non volle reagire e sciolse i militari dal prestato giuramento con un sacrificio personale di superiore nobiltà A 75 anni da quei fatti abbiamo diritto a storie credibili. Non lo sono quelle monarchiche prodotte dall’ala aostana dei sostenitori dei Savoia, ma quella di Fornaro è una non storia. Gianni Oliva scrisse una storia del referendum, considerando i torti e le ragioni con equanimità. Non c’era bisogno che Fornaro partorisse un altro lavoro, perché il suo libro è un’opera partigiana e inaffidabile, paragonabile a certi libri sulle foibe che recentemente le hanno giustificate. Anzi appartiene allo stesso disegno politico. Questi non sono storici, ma agitatori politici. Fornaro si accontenti di fare il deputato fino alla fine della legislatura. Poi scomparirà anche dalla politica e potrà godersi la meritata pensione. Gli consigliamo fin d’ora, di non scrivere altro. Il suo ultimo libro dice, una volta per tutte, che non è uno storico. Come consigliava Voltaire, torni a coltivare il