Ma una cosa in comune l'hanno avuta. Contavano di più della Famiglia Agnelli nella gestione dell'azienda

Torino e la Fiat da Valletta a Marchionne

Avvicendamento ai vertici della Fiat. Strano, ma nessuno ricorda Vittorio Valletta. Sono tanti gli anni che separano la direzione di Valletta e quella di Marchionne. Diverse le epoche e diversissimi gli stili. Il primo torinese al cento per cento. Fino ad intitolare un intero quartiere di alloggi popolari, molti costruiti direttamente dalla Fiat. Normale,  ai miei tempi, dirsi andiamo a “menar le mani” con quelli delle case Fiat. Per poi correre a gambe levate, visto che quelli erano più tosti di noi. Marchionne cittadino svizzero e  pendolare tra Torino, Svizzera e Detroit. Sempre sull’ aereo. Valletta che al massimo gli aerei li costruiva per l’esercito Italiano. Eppure Valetta coniò la famosa frase: quello che va bene per la Fiat va bene per Torino e per l’Italia. Valletta che raramente si recava a Roma e sempre in vagone letto. Ma una cosa in comune l’hanno avuta. Contavano di più della Famiglia Agnelli nella gestione dell’azienda. Loro, i manager, contavano di più dei ” padroni” della Fiat. E su una cosa erano diametralmente opposti. Valletta viveva l’orizzonte suo oltre Torino, fino a Rivalta.  Marchionne ha dato del tu sia ad Obama  che a Trump. Torino con Valletta aveva a Mirafiori oltre 60 mila operai. Ed oggi gli scarsi 5000 che ogni tanto vanno in produzione. Il rapporto tra Marchionne e la famiglia Agnelli é dunque rapporto tra Marchionne e Torino. Con il suo quasi irriverente pulloverino rigorosamente blu scuro tendente al nero. Ora critiche o esaltanti giudizi. Non prendiamo neppure in considerazione chi quasi gioisce.  Indubbiamente non ha ottenuto grandi risultati occupazionali, ma aveva un compito che ha egregiamente portato a termine. Prima della sua gestione la Fiat era in stato comatoso. Non ha portato i libri in tribunale per puro miracolo.
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Ora l’azienda  è risanata. Del resto Marchionne ha sempre detto: gli azionisti sono i miei “padroni” e punto di riferimento.  E non ha licenziato solo operai. Anzi, ha iniziato dalla dirigenza. La mattina lavorativa cominciava al Lingotto alle 6 del mattino. I  dirigenti convocati a quell’ora erano certi di diventare ex dirigenti Fiat. Chi dalle 9 in poi sperava di rimanere. Un uomo duro che non era lì ” per raccogliere le margherite”. I suoi detrattori hanno due cavalli di battaglia. La Fiat ha ricevuto moltissimi contributi statali e  non é stata conseguente dal punto di vista occupazionale. Ma ecco che Fiat si chiama Fca, tutta un’ altra cosa. Questo doveva fare Sergio Marchionne e questo ha fatto Sergio Marchionne. E gli azionisti gli sono grati. In verità con la sua sostituzione le azioni sono un p0′ scese. Ma per ora tutto sotto controllo. E non bisogna essere geniali nel leggere la scelta di Mike Manley nel segno della continuità.  Fca sempre più americana e sempre meno italiana. E per Torino grosse difficoltà nell’ attuare il piano industriale previsto. Un solo modello non basta a mantenere le linee di produzione a Mirafiori e Grugliasco. Federico Bellomo segretario Fiom è  realisticamente pessimista. Dario Basso segretario Uilm volonterosameente speranzoso. Con un solo punto fermo: per ora gli operai a Mirafiori diminuiscono  mille trasferiti a Grugliasco) non per produrre ma perché possono stare ancora in cassa integrazione. 
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E la politica ed i politici che fanno? Che dicono? Il loro sport preferito negli ultimi 25 anni? Silenzio e latitanza. Da Torino a Roma con la orgogliosa e tragica coerenza. Il solito ed isolato Chiampa tenta di dare la sveglia ad una città come Torino, che assiste impotente alla sua totale deindustrializzazione.  Altri Stati e altri governi sono intervenuti per “salvare” la propria economia.  Persino il tanto vituperato  Donald Trump ci tenta. Magari a modo suo ma ci tenta. Come ha fatto Obama chiamando Sergio Marchionne dopo che era diventato amministratore delegato di Fiat. Politica sospesa tra massimalismo parolaio e sudditanza compiacente. Due facce della stessa medaglia.  Noi torinesi non siamo contenti che chiuderà ( forse) Mirafiori. Non siamo contenti che Tne (proprietaria di un pezzo di Mirafiori) sia stata un flop totale. Tne con tanti soldi pubblici di fatto buttati via perché non hanno prodotto posti di lavoro. Sergio Marchionne può essere simpatico o antipatico. Ma non si può ascrivere a Lui il fallimento o la non esistenza di politiche industriali.  E’ colpa di una politica che si è voltata da una parte sorridendo. E,  almeno storicamente ha avuto torto Vittorio Valetta: ciò che va bene per Fca non é andato bene anche per Torino e l’ Italia.
Patrizio Tosetto