"Lei sa dove Renzi ha portato Hollande a pranzo? Ma naturalmente nella tipica trattoria italiana di Bottura. E la Merkel? All'Enoteca Pinchiorri di Firenze"

Harry’s Bar, ci scrive Cipriani: “Ristorazione, che decadenza”

Arrigo Cipriani, patron del mitico Harry’s Bar di Venezia, ha risposto a Pier Franco Quaglieni che, nella “Rubrica della domenica” pubblicata oggi sul Torinese, aveva scritto sulla decadenza della ristorazione a Torino. Il celeberrimo locale di Venezia è noto per essere stato frequentato da personaggi del calibro di  Arturo Toscanini, Georges Braque, Truman Capote, Charlie Chaplin, Peggy Guggenheim, Orson Welles.

 

LA LETTERA DI CIPRIANI A QUAGLIENI

Gentile Professore,

Ho letto con molto interesse nella Sua arguta rubrica domenicale il pezzo sui ristoranti torinesi  in decadenza. Certamente è causa della crisi, ma anche del decadimento del gusto. Ecco, non solo quelli torinesi sono in decadenza. Allargherei il giudizio a tutto il Paese. La decadenza Bourgeois parte dall’alto. Lei sa dove Renzi ha portato Hollande a pranzo? Ma naturalmente nella tipica trattoria italiana di Bottura. E la Merkel? All’Enoteca Pinchiorri di Firenze, altro gioiello della sintesi nouvelle provinciale.  Appena uscirà la pubblicazione Le invierò un mio libretto che riassume l’argomento di alcune mie lezioni a ca’ Foscari. Il titolo “L’elogio dell’accoglienza”. Nel testo cerco di costruire un ristorante privo di tutte quelle imposizioni che limitano la libertà dei clienti e che sono l’oggetto principale dello sbalordimento narcisistico offerto dai cuochi stellati della Guida dei copertoni francesi.

Un caro saluto e, spero, a presto.

Arrigo Cipriani

L’ARTICOLO DI QUAGLIENI

Arrigo Cipriani controcorrente 
Sono amico di Arrigo Cirpriani , patron dell’harry’s Bar di Venezia, una sorta di nuovo Marco Polo che porta nel mondo il gusto e la cultura veneziani. Qualche anno fa ebbe il Premio Pannunzio, due anni fa ad Alassio il Premio Mario Soldati. Per il Premio Pannunzio andammo al “Cambio” di Torino e fu una grande delusione. Il maestro che è uomo elegante, non disse nulla del cibo, ma a Natale mi inviò un panettone di sua produzione, scrivendomi soltanto: assaggi la differenza. Quello che gli offrimmo era un po’ raffermo, incredibilmente raffermo. Cambiammo ristorante per il Premio dopo tanti anni .Mi spiacque, ma non fu possibile fare diversamente.  Oggi Cipriani governa un piccolo colosso con 400 cuochi e 26 ristoranti nel mondo. In una recente intervista ha dichiarato che “cucina italiana è diventata brutta copia di quella francese . Se la prende con Marchesi , Cracco, Cannavacciuolo, Bottura, Vissani, con i piatti rettangolari , lunghi, storti e le forchette grosse e di forma strana. Esprime odio per i menu degustazione che obbliga a mangiare quello che vuole lo chef . E ovviamente denuncia l’anomalia di chef stellati che non stanno mai in cucina, ma sempre in televisione, anche a fare pubblicità di patatine e di acque minerali. Nessuno come Arrigo ha titolo per denunciare una situazione di degrado impastata a suprema arroganza. Io non vado dagli chef stellati. Li ho provati tempo addietro, ma non mi lascio fregare. C’era un modesto Combal alla frazione Malatrait di Almese ,lungo la strada del Colle del Lys. Si stava benissimo. Era lo stesso cuoco che poi si trasferì, lasciando lo stesso nome, a Rivoli. A Rivoli mi invitarono due volte. Pensavo di trovare la stessa persona, ma la mia era un’illusione. I cuochi stellati non sono più uomini normali. Posso dire che io rimpiango la vecchia trattoria iniziale? Semplice, con pochi piatti semplici e cucinati in maniera impeccabile. Cipriani una volta mi disse che era necessario riscoprire le antiche trattorie ancora rimaste incontaminate dal tempo. Forse non ci sono più anch’esse, neppure in provincia dove il precursore gastronomico per antonomasia Soldati individuava la salvezza rispetto alle città. Oggi anche in provincia, salvo poche eccezioni, si mangia male. Purtroppo. Alla fine io sto riscoprendo l’abitudine antica di mangiar a casa mia; andar fuori a cenare mi è sempre piaciuto molto, ma non accetto più di mangiar male e spesso anche di essere “derubato”.

Pier Franco Quaglieni