STORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto
In molti paesi democratici con radici culturali e storiche anglosassoni non si perdona al politico d’aver raccontato una bugia. Paesi dove la riforma luterana ha “imposto” questa elementare regola: chi mente non può e non deve governarci perché deve meritare la nostra fiducia. In Italia siamo più approssimativi. Oscilliamo tra Savonarola e una sorta di tollerante giustificazionismo. Tra forcaioli e garantisti. Chiara Appendino ha ricevuto dei rimborsi dal Comune di Torino perché dipendente della ditta Lavatelli di proprietà del marito. Fin qui nulla di grave o preoccupante, lo prevede la legge. La determinazione che stabilisce il rimborso recita testualmente : ” gli oneri per i permessi retribuiti per i lavoratori dipendenti da privati per l’espletamento del mandato amministrativo, sono a carico dell’ente presso il quale gli stessi lavoratori esercitano le funzioni pubbliche e che detto ente, su richiesta del datore di lavoro, è tenuto a rimborsare il datore di lavoro”. Fin qui nulla di grave… ma comincia forse ad esserci qualcosa di preoccupante.La candidata bocconiana è stata “costretta” ad essere assunta dal marito. Del resto qualcosa di analogo è avvenuto con Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, assunto da una società del padre per poi fare il Presidente della Provincia e poi il Sindaco . Ed il tutto, da solo preoccupante diventa anche grave. Ma come, una “grillina” si comporta come il “detestato” segretario del Pd? Sembrerebbe! Ma siamo italiani che danno sempre il beneficio del dubbio. Sarebbe sufficiente che venissero date delle spiegazioni. Mi sembra che questa si chiami trasparenza.In assenza rimane nella nostra memoria la frase del “mitico” divo Giulio Andreotti : “Pensare male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre.