Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera- Pagina 2

Vittoria Castagnotto in un corto d’autore dagli scenari torinesi

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Nel cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri” di Francesco Marzio, la conduttrice interpreta Anita, una ragazza vittima di violenza.

 

Torino con le sue meraviglie, le sue strade eleganti e suggestive ha fatto da sfondo ad un film breve che, con intensità, privo di superflue forme stilistiche , ma dotato di un’ autenticità toccante, racconta dei risvolti drammatici, spesso silenziosi e poco visibili, della pandemia.

Il cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri”, visibile su YouTube, ci fa vivere da vicino, attraverso le interpretazioni di tre giovani operosi, il terribile problema della violenza sulle donne, fenomeno che si è amplificato durante le chiusure, e quello della perdita del lavoro, dello smarrimento e del senso di incertezza in cui molte persone sono state gettate, soprattutto coloro che erano già in difficoltà.
Nel film emergono però anche alcuni elementi sociali positivi, riemersi durante questo difficile periodo, come la solidarietà, la sensibilità e il senso del mutuo soccorso, quello che ti fa correre in aiuto o in difesa dei deboli, che fa risvegliare la coscienza e che ci dice che non tutto arriva solo per nuocere.

Vittoria Castagnotto interpreta Anita, una dei tre protagonisti, una dei tre giovani attori che hanno partecipato a questo film, lodevolmente pro bono, per denunciare nuove e precarie condizioni di vita, per parlare di degrado sociale che sfocia nella violenza, per muovere il senso della responsabilità di fronte a fenomeni che si sono sviluppati, spesso senza fare troppo rumore, durante questa lunga pandemia che ha interrotto le nostre vite.
Giovane conduttrice tv e attrice, Vittoria Castagnotto dopo varie esperienze in diverse reti locali, come Grp e Rete 7, è oggi uno dei volti più importanti delle trasmissioni sportive di 7Gold.
Nata a Moncalieri 26 anni fa, una laurea in Economia Aziendale, 18 anni di danza classica alle spalle, oggi è molto attiva sui social, ha più di 200 mila follower su Instagram e conduce una rubrica di filosofia su Twitch. Vittoria ha seguito, inoltre, un corso di doppiaggio alla Pulsart Academy di Torino e uno in Lettura Creativa, è madrina del Torino Calcio FD, una iniziativa della squadra dedicata ai disabili. Una professionista in continuo movimento dunque, impegnata nel sociale e appassionata anche di latino, durante ogni puntata del suo programma su 7GoldSport, infatti, cita un proverbio in questa lingua antica ma sempre attuale.

3 domande a Vittoria Castagnotto

Vittoria cosa ti ha convinto a interpretare Anita, a partecipare a questo cortometraggio?
Francesco Marzio, il regista, cercava una persona che fosse sensibile, per carattere ma anche per esperienza diretta, ai temi trattati nel cortometraggio, la perdita del lavoro durante la pandemia, con un particolare riferimento al mondo della musica e dello spettacolo, e quello della violenza sulle donne, fenomeno che purtroppo è cresciuto durante le chiusure. Mi sono sentita subito coinvolta, durante il primo lockdown, infatti, diversi progetti a cui stavo lavorando sono stati sospesi, sono rimasta ferma e ho provato un grande senso di precarietà nonostante abbia reagito e pensato a come potermi reinventare senza subire troppo gli effetti della situazione. Riguardo al tema della violenza sulle donne, quello ce lo sentiamo addosso un po’ tutte, ci riguarda come esponenti del genere. Questo tipo di sopruso è spesso dietro l’angolo, pronto ad umiliare e mortificare, per esempio quando subisci apprezzamenti di bassissimo livello, battute volgari che ti fanno sentire sminuita, pressioni sul lavoro fino ad arrivare a subdoli inganni e vere proprie aggressioni.

Da dove bisogna partire per fermare la violenza sulle donne?
La famiglia ha un ruolo fondamentale. Alle ragazze si dovrebbe insegnare a non fidarsi di chiunque, a comprendere persone e contesti, a valutare le situazioni. Ai ragazzi si dovrebbe trasmettere il rispetto incondizionato per le donne e tramandare il senso di protezione, non di prevaricazione.
In generale poi è necessario ridare valore alle persone e alle cose. Viviamo nell’era del “tutto e subito”, qualsiasi cosa vogliamo possiamo averla facilmente, anche solo con un click, e quando non la otteniamo proviamo frustrazione e un pericoloso senso di impotenza che può sfociare nella rabbia. Sarebbe utile tornare a desiderare, a sentire maggiormente il senso del dovere, a rivalutare l’impegno e la responsabilità.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e quale è il sogno per cui lavori ogni giorno?
La televisione mi affascina, mi piace l’evoluzione che sta avendo, la sua direzione verso la social o techno tv, programmi interessanti da vedere sui diversi dispositivi come computer o cellulari.
Mi piacerebbe la conduzione di programmi che combinino l’intrattenimento con la cultura, lo svago e l’informazione, un format innovativo dove l’apprendimento e la distrazione possano coesistere. Oltre a presentarli mi piacerebbe esserne anche l’autrice.
Qualche anno fa ho avuto occasione, in due trasmissioni che ho condotto per GRP, Mondo Toro e Cartellino Rosso, di cimentarmi anche come ideatrice di rubriche e giochi all’interno dei programmi. Mi è piaciuto molto e mi sono sentita coinvolta attivamente nel progetto.

ph Gabriele Mascaro

Linkedin per chi cerca un (nuovo) lavoro

IL PUNTO DI VISTA  Le interviste di Maria La Barbera 

Pamela Serena Nerattini ci svela come utilizzare al meglio il famoso social e trasformare il proprio percorso professionale.

“La guida che avrei voluto leggere quando presi la decisione di dare una svolta alla mia vita” scrive in copertina l’autrice, avevo bisogno di non sentirmi sola, sbagliata e di acquisire sicurezze” aggiunge all’interno. E’ proprio così, quando decidiamo di cambiare vita, soprattutto se lasciamo delle certezze, ci assalgono mille dubbi, cerchiamo coraggio, rassicurazioni  e andare oltrequelle credenze, limiti e schemi autosabotanti radicati nella nostra mente.

Quando si avvia un percorso di cambiamento è necessario comprendere gli obiettivi che intendiamo perseguire, individuare le competenze maturate e preparare con cura il curriculum o la presentazione con cui faremo ingresso nel mercato del lavoro, proprio come in una “apparizione sul palcoscenico”.

Questo libro non è una semplice raccolta di suggerimenti su come rispondere agli annunci, ma un manualedidattico per mettersi nella giusta condizione per farsi conoscere da recruiter e potenziali datori di lavorointraprendendo non solo una comune ricerca di occupazione, ma rendendosi appetibili e creandointeresse intorno alla propria figura professionale. Nonsiamo in presenza del solito libretto di istruzioni per imparare ad usare al meglio Linkedin dunque, ma di un vademecum metodologicamente spiegato per gestire al meglio un possibile percorso  di evoluzione lavorativa attraverso una prospettiva nuova capace di farci sfruttare al meglio tutte le nostre potenzialità e di farci evitareerrori e perdite di energie. Un manuale operativo, dunque, dove, anche grazie ai preziosi interventi di coach, psicologi e facilitatori si approfondiscono aspettiimportanti necessari alla creazione del personal brandinge della reputazione online. Durante la lettura si ha la sensazione che l’autrice sia personalmente a spiegare e ad accompagnarci , forse per il linguaggio utilizzato, semplice ma efficace, o probabilmente per la consapevolezza del fatto che chi scrive è passata in prima persona per la complessa esperienza dellametamorfosi lavorativa superando ostacoli e insicurezze.

3 domande a Pamela Serena Nerattini


Dottoressa Nerattini come è nata l’idea di scrivere questo libro?

Volevo scrivere qualcosa che affrontasse il tema del cambiamento, un processo che spesso genera confusione e  timore. La mia esperienza di trasformazione professionale all’inizio mi ha fatto sentire smarrita edincerta soprattutto per  la mancanza di un network che mi facilitasse il percorso; conoscere le reali potenzialità di Linkedin, le sue  ampie capacità di networking mi avrebbe aiutato a percorrere un cammino in maniera organica ed efficiente. Naturalmente i risultati non arrivano subito, non è una bacchetta magica, ci vuole costanza, impegno e tempo, ma posso assicurare chequesto social network aiuta nella creazione di una rete, nella scoperta di mentori autorevoli ed a comprendere se quello che inseguiamo è raggiungibile nelle modalità con cui lo immaginiamo o se dobbiamo apportare delle modifiche al nostro screening.

A chi è rivolto il libro?

E’ diretto a chi è in cerca di lavoro, sia di primaoccupazione ma anche a coloro che si voglionoriposizionare o trovare qualcosa che gli piace di più.

Non c’è un target preciso, non ci sono condizioni speciali come l’età o lo status, chiunque, attraverso questo strumento se utilizzato con il giusto metodo, può moltiplicare le sue possibilità di trovare un lavoro o di cambiare quello attuale se non  è soddisfatto. L’obiettivo è di far conoscere a tutti, dai neolaureati ai professionisti con diverse competenze e anni di lavoro, i criteri e le possibilità per utilizzare Linkedin, avvalendosi di tutte le sue facoltà. Questo è il primo volume, il livello base, a breve uscirà il secondo libro con informazioni di livello avanzato.

Ci può anticipare qualche suggerimento utile per cominciare?

Il primo consiglio è iscriversi, usare Linkedin se si cerca lavoro.

Un’altra indicazione importante è di non scrivere nellostato attuale “disoccupato” o in “cerca di lavoro”, è determinante invece sottolineare le proprie esperienze, gli studi e anche le soft skill ovvero le caratteristiche della personalità, le abilità e i tratti caratteriali considerati  importanti nel mondo del lavoro.

Studiare gli annunci di lavoro che ci interessano per capire come sono strutturati e individuarne le parole chiave è molto utile invece per scrivere correttamente il profilo creando un match, una corrispondenza, con le offerte e le esigenze di chi fa selezione.

Prosegue la campagna vaccinale in Piemonte. L’impegno dell’esercito

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Il Tenente Colonnello Antonio Liguori, responsabile territoriale per l’Esercito Italiano, ci racconta l’evoluzione del piano di immunizzazione.

Il Piemonte è una tra le regioni che sta vaccinando più efficientemente, la prima  nel rapporto tra residenti e quantità di cittadini  che ha ricevuto il vaccino nelle due dosi. Il Generale Francesco Paolo  Figliuolo, molto legato alla città di Torino, durante la sua visita il 14 e 15 aprile scorso ha dichiarato che la nostra regione è attrezzata e capace abbastanza da poter arrivare a fine aprile a vaccinare 40.000 persone al giorno.
Il Tenente Colonnello Antonio Liguori, responsabile territoriale per l’Esercito Italiano, ci spiega come la Forza Armata sta partecipando, in diverse modalità, alla lotta alla pandemia mettendo a disposizione uomini e strutture in supporto della società civile.

3 domande al  Tenente Colonnello Antonio Liguori

Come ha contribuito fino ad ora l’Esercito alla lotta alla pandemia, il Covid-19? 

Fin dall’inizio di questa emergenza sanitaria L’Esercito, così come le altre Forze Armate ed Istituzioni,  è sceso in campo prontamente per fronteggiare il virus. Nella prima fase ha garantito, con i propri mezzi, il trasporto dei materiali sanitari necessari in tutta Italia, ha sanificato i luoghi, come le RSA,  dove questo patogeno ha colpito maggiormente e con l’operazione “Strade Sicure” ha garantito, e continua a farlo, il rispetto delle norme anti-covid.
A partire dal mese di ottobre, in supporto al Servizio Sanitario Nazionale, per volere del Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini, sono stati allestiti con l’operazione IGEA, i Drive Through Difesa (DTD) per svolgere la fondamentale attività di screening attraverso l’effettuazione dei tamponi. A dicembre è iniziata invece l’operazione EOS per lo stoccaggio e la distribuzione dei vaccini.
Oggi l’operazione EOS continua la sua attività con l’attivazione di Presidi Vaccinali Difesa (PVD), ottenuti dalla conversione dei Drive Through, e con la costituzione del Presidio Vaccinale della Difesa presso l’Allianz Stadium di Venaria.
Il ruolo guida di pianificazione e condotta delle Operazioni IGEA ed EOS è affidato al Comando Operativo di Vertice Interforze in coordinamento con le Istituzioni,  con le Autorità Sanitarie Locali e con la Protezione Civile così come di tutte le attività connesse all’emergenza sanitaria al fine di vaccinare il più alto numero di cittadini italiani.

Come è strutturato il piano delle vaccinazioni in Piemonte? 
L’attività organizzativa e di pianificazione è una prerogativa delle Istituzioni locali, in questo caso della Regione Piemonte. Per quanto riguarda la Difesa, ed in particolare l’Esercito, a seguito della richiesta della struttura commissariale della Regione Piemonte di convertire il DTD dell’Allianz Stadium di Venaria in punto di somministrazione di vaccini, grazie alla professionalità dei nostri reparti acquisita in anni di esperienze operative in patria e all’estero, in sole 48 ore e in collaborazione con l’Arpa Piemonte, Protezione Civile e Croce Rossa, abbiamo trasformato l’hot spot tamponi in un Presidio Vaccinale dove operano 3 Ufficiali Medici e 4 Sottufficiali Infermieri.
Inoltre dal 14 aprile, per dare ulteriore impulso alla campagna vaccinale, l’Esercito è presente  con il proprio personale sanitario, 5 Ufficiali Medici e 8 Sottufficiali Infermieri, presso l’hub vaccinale del Lingotto Fiere allestito dalla Regione Piemonte.

Cosa vuole dire, come medico e come esponente dell’Esercito Italiano, alle persone che stanno vivendo oramai da un anno questa situazione e come si sente di rassicurarle per vivere le difficoltà in maniera più razionale senza lasciarsi prendere dall’emotività? 

Mi sento di dire però di guardare con estrema fiducia all’unico strumento attualmente in nostro possesso per tutelare noi stessi e i nostri cari: il vaccino.
E’ importante  attenersi e rispettare le misure sanitarie messe in campo dal Governo per continuare a proteggersi ed a proteggere gli altri.

 

Conseguenze psicologiche ed emotive della pandemia, come non farsi travolgere

IL PUNTO DI VISTA / Le interviste di Maria La Barbera

Stress, ansia e psicopatologie da isolamento, la Dottoressa Elisabetta Lagna ci parla degli effetti collaterali del Covid

Questa pandemia ci fa preoccupare molto, cerchiamo, attraverso misure di sicurezza legittime ma snervanti, di non contrarre questo virus malevolo che ci sta cambiando la vita; viviamo in isolamento, lavoriamo da casa, il nostro divano è diventato il nostro ufficio, le relazioni sociali sono state sostituite da incontri virtuali che forse all’inizio potevano rappresentare una novità spassosa, ma ora sono diventati frustranti e innaturali. I bambini, i ragazzi e gli anziani rappresentano quella categoria di persone che più sta subendo questa situazione di reclusione e mancata libertà a causa della loro dipendenza fisica da altre persone e della fragilità, anche emotiva, legata alla loro età. All’inizio lo shock era collegato alla sorpresa con cui il virus ci aveva colto, all’impreparazione alla chiusura totale e alla inesperienza rispetto alla difesa dall’infezione. Ora, dopo un anno di lockdown alternato, difficile e demoralizzante, è in atto una cronicizzazione del trauma, una pericolosa deriva verso l’abitudine e il senso dell’ineluttabilità rispetto la clausura, che si sta manifestando attraverso una serie di disturbi e psicopatologie allarmanti. E’ vero che inizia ad esserci una luce, una speranza all’orizzonte grazie al vaccino e le cure, ma cosa ha prodotto al nostro cervello tutto questo? Quali sono i danni psicologici e cognitivi che si stanno rivelando sempre più frequentemente?
La Dottoressa Elisabetta Lagna, psicoterapeuta a Torino, ci racconta cosa sta avvenendo all’interno della nostra mente a causa della paura generalizzata, dell’incertezza sul futuro ma anche in conseguenza a diverse nuove abitudini come la richiesta di controllo continua sul nostro corpo, l’ossessione per la sanificazione e la distanza sociale.

3 domande alla dottoressa Elisabetta Lagna

Dottoressa Lagna quali sono le conseguenze di questa paura da Covid?
Sicuramente una cronicizzazione dei disturbi dell’ansia, dovuta anche ad una mancanza di prospettiva futura, insonnia, mal di testa e aumento della produzione di cortisolo nel sangue, l’ormone dello stress. Il mio studio ha avuto un aumento di richieste d’ascolto e di trattamento considerevole legato alla morte di congiunti per Covid, al rischio suicidario di giovani tra i 20 e 30 anni e alle crisi coniugali. Tra i disturbi recenti strettamente legati alla pandemia invece c’è il Long Covid, ovvero il persistere di sintomi, i numeri parlano di tre persone su quattro, di coloro che hanno contratto il virus ma sono scientificamente guariti, questi segnali presumibilmente legati al Covid perdurano almeno per altri 6 mesi. L’isolamento e la mancanza di socialità hanno sicuramente peggiorato la situazione di persone già fragili, hanno portato la percentuale di abbandono scolastico intorno al 28% e, non meno importante, hanno creato prigioni vere e proprie per chi subisce maltrattamenti in famiglia ed è stato costretto ha convivere con l’abusante.

Quali sono i risvolti psicologici della pandemia e gli effetti della DAD, la didattica a distanza, sui più giovani?

I papà e le mamme più ansiosi hanno trasmesso le proprie ai paure ai loro figli, soprattutto ai bambini, che a loro volta temono più che mai la morte dei genitori perché sintonizzati sugli stessi loro stati emotivi. Le conseguenze di questo stress sono iperattività, malattie psicosomatiche come le dermatiti, abbassamento delle difese immunitarie. C’è stato inoltre un forte aumento dell’uso dei social network che troppo spesso sono veicoli di immagini emotivamente attivanti che fomentano la paura, la tensione e la stanchezza.
La scuola invece dovrebbe potenziarsi maggiormente con l’aiuto di esperti e piani educativi innovativi, passare automaticamente in Dad senza spiegare la situazione non è sufficiente, i ragazzi sono demotivati e il loro rendimento peggiora. E’ importante informare i bambini e i ragazzi, ovviamente con le dovute modalità, riguardo a cosa sta realmente accadendo per abbassare il livello di stress, ridurre l’ansia e scongiurare l’abbandono della scuola.

Cosa possiamo fare per vivere e superare questa situazione senza che ci travolga? E’ possibile crearsi una bolla si serenità?

E’ importante migliorare, per quanto possibile, la qualità della vita, fare le cose che ci piacciono e ci fanno stare bene, senza rincorrere l’impossibile e ambire all’irraggiungibile. Non è retorica dire che dobbiamo rivalutare le cose semplici perché quello che avevamo, e che ancora abbiamo ma spesso non consideriamo, era, ed è, un dono. Questa pandemia ci sta lasciando un insegnamento, ci sta dicendo che non siamo immortali, che non staremo sempre bene e che le cose materiali e il potere non possono darci tutto, soprattutto la salute e la felicità. Non è un discorso ad effetto, né un luogo comune, il virus, in un certo senso, ci sta rieducando ci sta riportando all’ essenzialità, al sostanziale e soprattutto a vivere il presente, qui ed ora, dando così un significato più profondo alla nostra esistenza. E’ necessario inoltre ridimensionare il tempo che dedichiamo alle notizie e agli aggiornamenti legati al Covid, evitare di vedere tutti i telegiornali, i programmi televisivi e video sui social network che ci suggestionano, ci spaventano senza aggiungere né protezione né sicurezza. Se vogliamo avere informazioni meglio leggerle che subire un bombardamento di immagini angosciante. Passiamo più tempo all’aria aperta, procuriamoci vitamina D, limitiamo il più possibile l’isolamento sociale e interpersonale.

 

 

La crisi, l’incertezza e la paura di non farcela

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera

Luigi Bubba, titolare dello storico Caffè Arsenale di Torino, ci racconta l’apprensione e il senso di precarietà di questo periodo.

 

Un incasso giornaliero attuale di 80 euro contro i 600 del 2019, 20 coperti (forse) in zona gialla, rispetto ai 60 di 2 anni fa, personale più che dimezzato, ora sono rimasti solo in due a gestire il bar, Luigi e Marco, prima di questa pandemia erano in 5. Cucinano, servono i clienti, preparano cappuccini (tra i più buoni e cremosi di Torino tra l’altro!), puliscono, fanno consegne a domicilio, tutto in aderenza alle attuali norme. Oltre a resistere e darsi da fare praticano la solidarietà, quella vera e concreta, regalando brioche e panini a chi ha bisogno, a chi non può permettersi più nulla, neanche un caffè.


Il Caffè Arsenale è un bar storico di Torino (nella Galleria Tirrena) aperto sin dagli anni ’70, che ha visto, grazie alla sua posizione ma anche ad una gestione amichevole e professionale, il passaggio di avventori importanti come artisti, sportivi, personaggi della cultura e della politica, l’affezione delle persone che orbitano in zona, come i lavoratori dell’INPS e gli allievi della Scuola di Applicazione dell’Esercito, l’apprezzamento di chi passa da lì per caso.
Nel 2020 le perdite di questo bar, come del resto di tutti gli appartenenti alla categoria, si sono aggirate intorno al 70%, “ i sacrifici che si sono fatti sono enormi, ora le forze si stanno indebolendo come d’altronde la fiducia” afferma Luigi, il titolare.
Proprio parlando con lui cerchiamo di capire cosa sta succedendo e cosa ci si aspetta per superare questo momento pandemico che ha aggravato seriamente la crisi di esercizi commerciali come questo.

 

3 domande a Luigi Bubba

 

Luigi cosa è accaduto nel 2020 al Caffè Arsenale, come sta andando ora?

E’ successo che la pandemia, il Covid-19, ha creato e sta continuando a produrre enormi danni economici alla categoria dei bar e della ristorazione. All’inizio abbiamo stretto i denti, dato fondo alle nostre risorse economiche, frutto di anni di sacrifici e di lavoro, ora però siamo allo stremo. Nonostante gli sforzi, la comprensione e l’aiuto delle persone, per esempio il proprietario del locale che mi è venuto incontro sull’affitto, siamo arrivati al limite. Si vive nell’incertezza a causa delle continue chiusure e aperture in funzione dei colori delle regioni, ma anche delle conseguenze dello smart working che ridimensiona i flussi delle persone in giro per la città, la paura è di non farcela, di chiudere definitivamente; se poi hai una famiglia, dei figli da mantenere e da far crescere il timore diventa panico.

Cosa dovrebbe fare lo Stato per aiutare realmente la vostra categoria?

A parte i sussidi e i ristori, che comunque sino ad ora non hanno assolutamente coperto le perdite economiche ponendoci nella difficile condizione di mettere mano ai risparmi o in alcuni casi di rinunciare drammaticamente alla attività, sarebbe molto utile sospendere il pagamento di alcune utenze o perlomeno mettere in fattura solo gli effettivi consumi eliminando tutte le altre voci come le spese fisse e le imposte; parallelamente si dovrebbero agevolare anche i proprietari dei locali, per esempio attraverso il credito di imposta, in modo tale che anche loro possano ridimensionare le perdite dei ridotti o mancati affitti.

Cosa è cambiato in termini sociali e come si sono modificate le abitudini delle persone durante la pandemia?
Oltre ad avere perso parte della clientela che non può più permettersi di fare colazione o pranzare al bar per questioni economiche, si sono innescati comportamenti “nuovi” da parte di molte persone che hanno, legittimamente, paura e quindi frequentano molto meno il bar e quando lo fanno agiscono con molta prudenza sanificando le mani molte volte, per esempio, o rinunciando, anche quando permesso, al caffè in tazza chiedendolo invece nel bicchiere usa e getta.
La gente è terrorizzata perché oramai , nello scenario attuale, i nostri locali sono identificati quasi esclusivamente come luoghi di trasmissione del virus e questo anche a causa di una comunicazione non sempre comprensibile ed a volte forse troppo allarmante.

Oltre allo Stato, anche noi cittadini possiamo aiutare i bar acquistando, per esempio, un panino o una bevanda, anche se non ne abbiamo sempre necessità o voglia, oppure pagando un caffè sospeso a coloro che sfortunatamente hanno perso proprio tutto. Attraverso il nostro piccolo ma importante contributo, infatti, possiamo sostenere una categoria, che in quest’ultimo anno è stata tra le più penalizzate, ridandole speranza e respiro con l’auspicio che presto tutto ritorni come prima e che i bar ridiventino piacevoli luoghi di relax e ritrovo sociale.

Gli effetti del lockdown sulle abitudini alimentari

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera

La Dottoressa Elisabetta Gatti, medico dietologo, ci parla di nutrizione al tempo del Covid.

Il virus ha cambiato definitivamente la nostra vita. Questa imprevista e duratura pandemia ha stravolto le abitudini quotidiane portando con sé un cambio di paradigma che per molti aspetti sarà irreversibile. L’isolamento forzato, per esempio, ha prodotto un notevole incremento delle postazioni lavorative da remoto, smart working, viste le innegabili abilità della tecnologia, come l’interconnessione e l’elevato potenziale produttivo, ma grazie anche ad una nuova ed imperante “cultura manageriale” fondata sugli obiettivi e sulla formazione piuttosto che su rigidi orari di lavoro. La Dottoressa Elisabetta Gatti, medico dietologo a Torino, ci spiega come questa modalità di lavoro flessibile, fondata sull’autonomia di gestione e sulla responsabilità personale, ha cambiato anche le abitudini alimentari delle persone, a volte affinandole ma più spesso creando delle disfunzioni . “Da una parte”, spiega infatti la Dr.ssa Gatti, “e purtroppo in percentuale minore, troviamo chi ha approfittato di questa situazione per migliorare la qualità della propria alimentazione dedicando più tempo all’acquisto di prodotti freschi e alla cucina sana e casalinga, dall’altra, sfortunatamente in quantità maggiore, il consumo dei pasti principali, in presenza, a casa ha creato o peggiorato alcune abitudini scorrette”.
Tra le “cattive” pratiche alimentari, in questo periodo pandemico, si registra per esempio l’aumento del consumo di prodotti conservati e processati (cibo industriale contenente additivi, preparati attraverso cotture con oli di scarsa qualità o grassi saturi, saccarosio, fruttosio e sodio), l’incremento della vendita di bibite gassate, l’intensificazione dello spilluzzicamento di snack confezionati sia dolci che salati. Al di là di alcune positive e riconosciute prerogative collegate al lavoro da remoto, ci sono indubbiamente diverse conseguenze negative che l’isolamento socio-professionale sta arrecando alla popolazione. La tensione, l’inquietudine, la pigrizia ma anche la trascuratezza, infatti, stanno causando problematiche di natura differente tra cui comportamenti alimentari nocivi come l’emotional eating (fame emotiva) che porta gli individui a mangiare in modo incontrollato e ipercalorico. La chiusura delle palestre e la ridotta possibilità di fare attività motoria e sport ha diminuito, inoltre, il consumo calorico giornaliero provocando aumento di peso, ritenzione idrica e problemi più seri come danni alle ossa, alla circolazione e la comparsa o l’aggravamento del diabete. Cattive abitudini alimentari, poca attività fisica e debilitazione del sistema psicologico-emotivo, che spesso sfocia in vere e proprie depressioni, possono portare le difese immunitarie ad un livello basso con diverse conseguenze sul nostro organismo. Ma vediamo come proteggerci da consuetudini e pratiche poco salutari attraverso alcuni semplici accorgimenti e una condotta alimentare regolare.

3 domande alla dottoressa Elisabetta Gatti

Dr.ssa Gatti quali sono le abitudini alimentari corrette da ristabilire per mantenere una buona condizione fisica e mantenerci in salute quando si lavora da casa?
E’ necessario partire dalla spesa, abituarsi quindi ad acquistare prodotti freschi e di qualità, se invece non si riesce sempre ad andare al mercato si può ricorrere anche ai surgelati, ma l’essenziale è che non siano precotti. In secondo luogo è importante il tempo che dedichiamo ai pasti, soprattutto alla colazione che, oltre a dover contenere i nutrienti che diano l’energia per buona parte della giornata, deve essere consumata lontano dal computer o dal cellulare e senza fretta, magari ci si può alzare un po’ prima e farla comodamente seduti. Inoltre è consigliabile seguire la regola dei 3 pasti al giorno, contenenti carboidrati, proteine e grassi nelle giuste dosi, e dei 2 spuntini evitando sicuramente quelli confezionati ma prediligendo al contrario frutta fresca, frutta secca come noci e mandorle, oppure uno yogurt. Infine è indispensabile bere molta acqua, ancora meglio se povera di sodio.

Come possiamo gestire il lavoro da remoto senza che questo diventi totalizzante e ci porti ad una vita eccessivamente sedentaria e relegata davanti ad uno schermo?E’ importante alzarsi spesso, fare delle pause e se possibile anche delle passeggiate all’aria aperta. Quando siamo in ufficio, sul posto di lavoro, ci spostiamo, interagiamo con i colleghi, alterniamo il tempo passato alla nostra postazione con brevi attività fisiche e sociali, è necessario intervallare il nostro tempo lavorativo con esercizi e scambi interpersonali anche quando lavoriamo da casa.

Quali sono gli alimenti migliori da consumare quando si è in smart working?

La Dieta Mediterranea, riconosciuta in tutto il mondo, è perfetta per alimentarci correttamente ma anche per difenderci e mantenerci in forma. In questo momento delicato e complesso sarebbe opportuno mangiare cibi ricchi di nutrimento utili per il nostro sistema immunitario come il merluzzo, l’aringa, il salmone, il latte, le uova e i funghi che contengono la vitamina D, legumi, cereali integrali, semi di zucca contenenti lo zinco, agrumi e kiwi ricchi di vitamina C e per dare il giusto apporto di magnesio, modulatore dell’umore e miorilassante naturale, anche un quadratino cioccolato fondente al giorno. E’ molto importante che, in un regime di attività lavorativa poco dinamico, si trovi la voglia e il tempo per alimentarsi nella giusta maniera, evitando il cibo processato ma anche ridimensionando le porzioni. Gli obesi in Italia sono 5 milioni, le persone in sovrappeso 18 milioni e in queste condizioni la possibilità di ammalarsi di Covid aumenta del 50%.
Come diceva Ippocrate “Fai che il cibo sia la tua medicina”.