L’arte -tra ironia e genialità- usata come sciabola per combattere il potere, l’eccessivo culto della personalità e la becera comunicazione di massa. Non è un caso che l’allestimento inizi con la scritta murale “Non ci sono errori nella storia. L’intera storia è un errore”
“Il Louvre è il mio studio, la strada è il mio museo”. E’ una delle affermazioni di Braco Dimitijević, pioniere dell’Arte Concettuale e uno dei massimi artisti a livello internazionale. La personale che la GAM di Torino gli dedica, dal 16 marzo al 24 luglio, a cura di Danilo Heccher, racconta questo ed altro, ripercorrendo le fasi principali della sua carriera, attraverso un’ottantina di opere: grandi installazioni, disegni, acquerelli e fotografie. L’artista bosniaco -che da anni vive e lavora a Parigi ed ha esposto nelle gallerie e nei musei più prestigiosi del mondo (7 volte alla Biennale di Venezia)- in questi giorni è a Torino per l’inaugurazione della mostra, appuntamento prestigiosissimo messo a segno dalla GAM.
L’arte -tra ironia e genialità- usata come sciabola per combattere il potere, l’eccessivo cultodella personalità e la becera comunicazione di massa. Non è un caso che l’allestimento inizi con la scritta murale “Non ci sono errori nella storia. L’intera storia è un errore”. C’è questo alla base dell’opera di Braco Dimitijević, nato a Sarajevo nel 1948, terza generazione di una famiglia di artisti. Suo padre era il pittore Vojo, famoso negli anni 30 e le cui opere furono bruciate dai nazisti: autodafé che segnò Braco, indicandogli il lato effimero della notorietà.
Cresciuto in una famiglia intellettuale e liberale, nella Jugoslavia postbellica (in cui Tito, con il suo no a Stalin, aprì la prima breccia nel blocco comunista), a soli 10 anni allestisce la sua prima mostra, presentando 40 oli su tela. Sono i primi passi dell’enfant prodige che spicca il volo: laurea a Zagabria, poi alla Saint Martin’s School of Art di Londra. Sempre più sospettoso verso l’autorità e scettico nei confronti delle apparenze. Avverte che la pittura non riesce ad esprimere a fondo la complessità del suo pensiero, così negli anni 60 inizia gli interventi nello spazio urbano. E’ l’arte fuori dal museo, colpo di genio e sua precisa cifra stilistica.
Nel 63 “Flag of the world” è la prima opera all’aperto, in cui sostituisce la bandiera nazionale della sua barca con uno straccio per spazzoloni: presa di posizione politica e gesto simbolico con cui priva un vessillo ufficiale della sua funzione e lo rimpiazza con un oggetto di uso privato.
Nel 69, mette un cartone di latte sulla strada, aspetta che una macchina lo investa, poi ferma il conducente e gli chiede di firmare la macchia spiaccicata sull’asfalto che -solo allora- diventa un’opera d’arte. E’ la performance “Painting of Kresimir Kikla”(dal nome del guidatore). Ne seguiranno altre, in cui trasforma un gesto involontario in testimonianza artistica; mettendo a fuoco il rapporto tra casualità e creatività , e dissacrando l’idea stessa di artista.
Tra fine anni 60 e inizio 70 è la volta dei “Casual Passers-by” (Passanti casuali): gigantografie e sculture di persone sconosciute che l’artista colloca in sedi prestigiose, facciate di palazzi o al centro delle piazze, stravolgendo così l’idea dei cartelloni pubblicitari come strumenti di informazione pubblica. Di più. Dimitijević pensa ai tanti geni (El Greco, Kafka ed altri) incompresi dai loro contemporanei ed ipotizza che anche ai giorni nostri possano esserci persone di talentuosa creatività, ma non in sintonia con il tempo in cui vivono. Allora dà più visibilità alla gente comune, inserendola nelle sue installazioni: perché il presupposto è che chiunque potrebbe essere un genio nell’ombra.
Dalla metà degli anni 70 sviluppa “Tryptychos Post Historicus”: 500 installazioni nei vari musei del pianeta (dalla Tate Gallery al Guggenheim di New York, dal Louvre al Centre Pompidou), che incorporano al loro interno altre opere avute in prestito dalle collezioni museali. Lui le racconta così «Sono dei trittici che rappresentano il Cosmo in piccolo e la diversa trinità dei valori coesistenti: la prima parte è rappresentata da un quadro storico, la seconda da un oggetto del quotidiano, la terza dalla frutta, che esiste senza convenzioni culturali perché appartiene alla natura ed è indipendente dall’uomo». La consacrazione di Dimitijević è negli anni 80-90, quando si afferma al grande pubblico realizzando installazioni con ritratti di personaggi e intellettuali famosi, animali vivi ed elementi organici (come frutta e verdura). Emblematica la mostra allo zoo di Parigi, nel 1998, in cui installò opere d’arte nelle gabbie di leoni, coccodrilli, gorilla, pantere,ecc. per dimostrare la relazione cosmica tra l’essere vivente (in generale) e l’arte. E mentre gli uomini spesso distruggono; gli animali, invece, rispettarono tele e sculture. Un confronto tra 2 modelli culturali: quello occidentale e quello animale, che vive in armonia con la natura. E Braco Dimitrijević commentò: «Dopotutto, se qualcuno guarda la terra dalla luna, non vi è alcuna distanza tra il Louvre e lo zoo».
Alla GAM – tra le tante opere significative dell’artista- si possono ammirare anche le installazioni “Heralds of Post History”, grandi fotografie in bianco e nero su mucchi di noci di cocco, da cui spuntano dei tromboni (1997); “Balkan Walzer”, stampe ai sali d’argento, picconi e peperoncini rossi (2004); le immagini del 2007 intitolate “Crossed” (Sbarrato); e le incredibili barche di legno piene zeppe di scarpe su cui troneggiano le gigantesche stampe bifronte di “Veleggiando verso la post storia” (2009).
Laura Goria
How to: “Braco Dimitrijević” dal 16 marzo al 24 luglio 2016.
GAM (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino). Via Magenta 31, Torino.
Tel. 011 4429518 gamtorino.it