Di Pier Franco Quaglieni
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E’ mancato improvvisamente il professor Francesco Prestipino, docente e giornalista di rango. Era stato docente per tanti anni e aveva saputo essere maestro per i suoi allievi che lo ricordavano con affetto. Era un uomo colto, tollerante, capace. Nella scuola del dopo’68 era un’eccezione rara. Non apparteneva alla categoria dei professori che, rifiutando la contestazione e i suoi metodi ,si arroccarono sulla difensiva, incapaci di fare i conti con la nuova realtà. E non era neppure un docente che si fosse allineato come tanti al permissivismo e al facilismo che portò alla desertificazione degli studi. Era un docente scrupoloso, ma anche aperto al confronto civile di opinioni. Ricordo che una volta parlammo di Don Milani e della sua famosa “Lettera ad una professoressa”, che fu un ingiusto atto di accusa contro la scuola pubblica italiana e i suoi professori. Prestipino capiva gli errori e anche le arretratezze della scuola, ma non poteva accettare l’uso strumentale della polemica politica attorno a Don Milani che, a modo suo, mi disse, era anche un docente rigoroso. Era talmente tollerante verso le idee degli altri che non sono mai riuscito a cogliere quali fossero realmente le sue, che c’erano ed erano ben radicate e corazzate di autentica cultura. Il rispetto per le idee degli altri , a volte, gli impediva infatti di manifestarle pienamente. Non l’ho mai sentito alzare la voce, anche quando tra di noi nacque qualche dissenso. Aveva colto i limiti della cultura umanistica e testimoniò in ogni modo la necessità di gettare ponti tra le due culture. Direi che questo sia stato il suo merito maggiore.
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Aveva realizzato , insieme a Mara Pegnaieff, al caffè San Carlo una serie di incontri con personalità della cultura e dell’arte. Gli artisti Franco Assetto ed Enrico Paulucci furono, tra gli altri, ospiti in conversazioni che sarebbe valsa la pena registrare. Cercò di riprendere la tradizione del caffè come luogo di incontro tra persone colte. Nella Torino degli Anni Ottanta era ancora possibile anche perché Massimo Segre ,proprietario del caffè, ci credeva profondamente.Erano serate molto affollate. Prestipino aveva l’arte dell’intervista, condotta sempre sottovoce, per far risaltare l’intervistato e non l’intervistatore. Al contrario di quello che avviene quasi sistematicamente oggi.Era nato nel 1939 in Provincia di Messina ed era iscritto all’ordine dei Giornalisti dal 1973.Era fra quei pubblicisti colti di cui negli anni si è perso il conio. L’unico che sopravvive e sta per arrivare al traguardo dei cento anni, è Bruno Segre. Era consapevole del degrado progressivo della professione giornalistica già molti anni fa. Aveva fatto una bella rivista ,”Ricerca & Innovazione “, molto curata nei contenuti e nella grafica. Trattandosi di un giornale molto bello e libero non poteva avere molti lettori in un contesto che si stava già imbarbarendo, almeno a Torino. La rivista ebbe invece grande successo in tutta Italia e all’estero. La testata indica come Prestipino sapesse guardare lontano. Neppure il comune amico Giancarlo Borri, dirigente industriale prestato alla letteratura, aveva la sua stessa sensibilità per il futuro, malgrado scrivesse libri su Sinisgalli ,poeta- ingegnere, e collaborasse con il filosofo della scienza Francesco Barone alla “Civiltà delle macchine “. Ci fu un momento in cui il Centro” Pannunzio” fu davvero punto di incontro di grandi intelligenze straordinariamente capaci. Quasi non me ne rendo conto, ma in effetti è proprio così. E forse non ho saputo riconoscerle a pieno e valorizzarle nel modo dovuto. Spesso ci si incontrava con il sociologo Filippo Barbano, amico di ambedue. Barbano era uno dei pochissimi sociologi consapevoli che la sociologia non sia una scienza assoluta. Almeno, con gli amici ,si comportava così. Nascevano discussioni interessanti in cui Prestipino mediava tra chi scrive, già allora un vecchio arnese crociano, e Barbano che riteneva i percorsi sociologici incompatibili con quelli storici. Avremmo anche dovuto scrivere un libro insieme, ma poi il progetto non potè decollare.
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Quando si scriverà una storia del Centro “Pannunzio”, a Prestipino dovrà essere riservato un posto di grande riguardo .Fu uno dei suoi uomini di punta per parecchi anni. Mai in cerca di esibire sé stesso ,ma sempre presente nei momenti decisivi. Lui, persona pacata e conciliante, aveva molta considerazione per un professorino di scuola media che insegnava all’estero e che si autodefiniva un germanista e faceva credere di essere addetto culturale a Vienna. Io gli dissi con franchezza che si trattava di un piccolo personaggio presuntuoso che millantava competenze che non aveva. Prestipino mi disse che non dovevo infierire perché quella persona gli era molto cara in quanto fu uno dei suoi primi amici, quando arrivò a Torino. Al contrario, io fui ancora più feroce ed aggiunsi che si trattava di un germanista -come diceva Edoardo Ballone che non lo poteva soffrire-perché andava a caccia di uccelli germani…Battuta miserabile. Alla fine ci perdonò da uomo che sapeva porsi al disopra dei personalismi. Nel 1985 fece uscire un bellissimo libro sull’arredo urbano torinese che venne presentato al Circolo della Stampa. Partecipai all’incontro e rimasi indignato dall’atteggiamento incredibile di una professoressa che aveva accettato di presentare il libro e che aveva concluso il suo intervento con parole agghiaccianti: questo libro non sarebbe mai dovuto uscire. Un atto di ingenerosità piuttosto incredibile che non mise però in difficoltà il suo autore che con calma, quasi sottovoce, replicò punto per punto alle critiche, dimostrando la non buona fede di chi lo aveva attaccato. Ho raccontato questi due episodi solo perché danno il senso dell’equilibrio di Francesco, siciliano dal cuore caldo, ma sempre con la mente fredda. Avevamo collaborato insieme per molti anni ,poi ci perdemmo. E fu un vero peccato. Mi ero ripromesso tante volte di chiamarlo. Non l’ho mai fatto, preso dai ritmi frenetici a cui siamo sottoposti. Sento rimorso per non averlo fatto. Non foss’altro, perché i suoi consigli sarebbero stati preziosi, utili e mai interessati. Quando ho saputo della sua scomparsa, ho contattato attraverso Facebook le due figlie e ho postato un breve ricordo. Ma Prestipino merita tanto di più dalla Città in cui è vissuto, ha insegnato ed ha scritto molto. E’ stato un torinese fuori ordinanza, avrebbe detto Massimo Mila.
(Nella foto grande, Prestipino con il nipote)