Il vecchio detto popolare “di buone intenzioni è lastricata la via per l’inferno” sembra cadere a fagiolo: chi si opporrebbe mai alla riqualificazione di una via o di una piazza, con un nuovo plateatico (magari in prestigiosi cubetti di porfido) e all’idea di poter scendere di casa e non trovare auto parcheggiate ovunque, code, smog e – nelle ore peggiori – concerti di clacson?
Un tema di forte attualità, nell’economia della povera Torino, è quello delle pedonalizzazioni. Era un punto forte della campagna elettorale dell’attuale sindaco Fassino e, a poco più di un anno dalla fine del suo mandato, si possono tirare alcune somme e fare alcune riflessioni.
Le buone intenzioni.
Il vecchio detto popolare “di buone intenzioni è lastricata la via per l’inferno” sembra cadere a fagiolo: chi si opporrebbe mai alla riqualificazione di una via o di una piazza, con un nuovo plateatico (magari in prestigiosi cubetti di porfido) e all’idea di poter scendere di casa e non trovare auto parcheggiate ovunque, code, smog e – nelle ore peggiori – concerti di clacson? Il problema è che da un lato, l’impatto sulla viabilità spesso è deleterio per chi sta tutt’attorno, dall’altro il commercio viene fortemente danneggiato. Per non parlare dei costi che, per quanto ormai Torino si definisca una città “turistica”, verrebbero probabilmente ammortizzati in troppi anni.
L’importante è far parlare di sé.
Sono già comparsi e scomparsi decine di progetti relativi a pedonalizzazioni importanti: a volte pensati in qualche ufficio comunale, a volte proposti da qualche consigliere comunale o circoscrizionale, sempre più spesso promossi da comitati spontanei di cittadini (a cui regolarmente si oppongono “altri” comitati di cittadini, contrari). Ma per avere una visione complessiva del tema, e non per approfondirne le singole applicazioni, le tre polemiche in analisi riguardano la pedonalizzazione di Via Roma, di Via Santa Giulia e di Corso De Gasperi. Tre casi che non hanno nulla a che fare l’uno con l’altro, ma per i quali sarebbe bello che, al posto di “fare il tifo” come per una partita di calcio, tutti valutassero sia i pro che i contro di un cambiamento così radicale.
Come fare centro?
Su via Roma, la via commerciale centrale di Torino che unisce Piazza Castello (ormai quasi tutta pedonalizzata) a Piazza Carlo Felice, attraverso Piazza San Carlo (interamente pedonalizzata) la bagarre continua da ormai un paio d’anni. Se si pensa a grandi e belle città europee, spesso ci si ricorda di aver passeggiato per un centro con ampie zone pedonali. Spesso gli “altri” non hanno i portici che abbiamo noi, ma è comunque un esempio da imitare. Se poi si pensa, però, al risultato della pedonalizzazione di Via Amendola e Via Buozzi, risulta chiara la prima conseguenza di un territorio che diventa impercorribile per i cittadini automobilizzati (che tendenzialmente sono abitudinari e hanno altro a cui pensare): i commercianti chiudono bottega. A poco vale, per dissipare dubbi e paure, il riferimento che la maggioranza in Comune fa sempre di Via Garibaldi, difendendone il miglioramento assoluto rispetto a quando lo storico sindaco Novelli la chiuse: anche lì moltissimi negozi storici hanno chiuso e la gran parte dei punti vendita sono low-cost e “da passeggio”. Più indicati, per fare paralleli, i casi di Via Lagrange e Via Carlo Alberto: bellissime vie in cui però, effettivamente, sembrano essere veramente avvantaggiati solo gli operatori del settore food e le grandi griff o catene di negozi.
Movida e natura dei luoghi
La concezione ecologica e turistica di un centro pedonale, in realtà, la possiamo già intravedere da una serie di difficoltà e disagi per chi deve attraversarlo: tra ZTL e strade chiuse al traffico, chi da corso San Maurizio deve raggiungere Corso Vittorio sa già che giri assurdi deve fare, rischiando sempre di essere fotografato da qualche telecamera perché non ha visto un cartello, ed elargendo lasciti molto poco volontari al Comune. Sarebbe bello se la Città offrisse un sistema di trasporto pubblico impeccabile: ma per quello non ci sono abbastanza soldi, ci sono troppi portoghesi e la non-puntualità di cui l’Italia è paladina non lo rende possibile.
Poi ci sono le biciclette: il nuovo trend per giovani e non più giovani, una moda che però in un impianto urbanistico nato sui viali napoleonici e sulle richieste della FIAT rischia di essere pericolosa. Quando le bici stanno nei corsi, i ciclisti rischiano spesso di finire incastrati tra un pullman e una macchina; quando percorrono zone senza auto, rischiano sempre di piombare su qualche passante ignaro. Insomma, non siamo Amsterdam.
In Via Santa Giulia, poi, c’è un ulteriore problema: la Movida. Da quando alla produzione di bulloni, l’economia torinese ha con lungimiranza e decadenza sostituito la produzione di cocktail ed intrattenimento serale, alcune aree altamente abitate della Città si sono trasformate in zone ricreative a forte impatto sonoro notturno. Santa Giulia è di moda e si sta “incamminando” in quella direzione. Una pedonalizzazione potrebbe velocemente accelerare il processo.
In Corso De Gasperi servirebbe un intervento, sì, ma di riqualificazione del parcheggio a lisca di pesce e di marciapiede. Non certo una chiusura pedonale che renderebbe caotico il dedalo di piccole vie della Crocetta, prevalentemente residenziali, che da Corso Peschiera a Largo Orbassano renderebbero la navigazione degna di una prova di intelligenza continua. I commercianti si oppongono con fermezza all’idea (che pare essere accantonata dall’amministrazione comunale), promossa da un comitato locale.
Insomma, ogni caso è a se stante, ma ci sono alcuni fattori in comuni. E c’è da riflettere sul tempo che stiamo vivendo, sulla pressione fiscale nazionale e locale incontrollata e sulla crisi generale, che rende molto meno sopportabili ulteriori sacrifici da parte di chiunque. Forse sarebbe meglio lasciar stare per un po’, senza ogni giorno riaccendere qualche focolaio di polemica, se non per promuovere progetti semplici, definiti e realizzabili. Progetti da valutare con i pro e i contro del caso, senza generalizzazioni o prese di posizione ideologiche.
Giovanni Vagnone
(Foto: il Torinese)