ANNI DI PIOMBO

40 anni fa l’uccisione dell’agente Lorusso

Un triste anniversario. 40 anni fa a Torino un commando di terroristi rossi di Prima Linea uccideva l’agente di custodia Giuseppe Lorusso, mentre era in servizio al carcere Le Nuove in corso Vittorio Emanuele. L’agente era uscito di casa per andare al lavoro. Nel luogo dell’assassinio oggi è stata deposta una corona di fiori, in presenza dei figli Daniela e Domenico, esponenti delle istituzioni, dell’amministrazione e della polizia penitenziaria, con il presidente dell’Associazione Vittime del Terrorismo. “Ricordiamo il collega ma anche quei valori – csì l’Ansa riporta le parole di Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria) -. Non accetteremo mai che si faccia finta di niente nel permettere che ex terroristi responsabili della violenza di quegli anni e mai pentitisi entrino con tanto di onori e riconoscimenti, in quelle carceri teatro del dolore e delle lacrime dei familiari, degli amici e dei colleghi”.

40 anni fa l'uccisione dell'agente Lorusso

Un triste anniversario. 40 anni fa a Torino un commando di terroristi rossi di Prima Linea uccideva l’agente di custodia Giuseppe Lorusso, mentre era in servizio al carcere Le Nuove in corso Vittorio Emanuele. L’agente era uscito di casa per andare al lavoro. Nel luogo dell’assassinio oggi è stata deposta una corona di fiori, in presenza dei figli Daniela e Domenico, esponenti delle istituzioni, dell’amministrazione e della polizia penitenziaria, con il presidente dell’Associazione Vittime del Terrorismo. “Ricordiamo il collega ma anche quei valori – csì l’Ansa riporta le parole di Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria) -. Non accetteremo mai che si faccia finta di niente nel permettere che ex terroristi responsabili della violenza di quegli anni e mai pentitisi entrino con tanto di onori e riconoscimenti, in quelle carceri teatro del dolore e delle lacrime dei familiari, degli amici e dei colleghi”.

“Pronto, qui Prima Linea”

terrorismo

Il libro richiama la storia dell’ organizzazione armata di estrema sinistra che si andò a sviluppare in Italia a metà degli anni Settanta (autunno del ‘ 76) e si concluse nell’estate del 1983 con l’arresto dei suoi maggiori esponenti

 

E’ stato presentato  lunedì 15 giugno a Palazzo Lascaris, il libro “Pronto, qui Prima Linea”, opera di indagine e di riflessione su una parte del sovvertimento terroristico nella lunga stagione dei cosiddetti anni di piombo, che porta la firma del giornalista Rai, Michele Ruggiero e di Mario Renosio. Il saggio, frutto di un lungo lavoro che ha visto gli autori impegnati nella ricerca e nell’uso di fonti (archiviste, giornalistiche, giudiziarie) in gran parte inedite, è stato proposto e discusso nell’Aula del Consiglio regionale del Piemonte alla presenza di giornalisti, vittime e familiari e anche testimoni importanti: primi fra tutti il magistrato Gian Carlo Caselli e l’ex sindaco di Torino Diego Novelli. L’evento è stato promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione, presieduto da Nino Boeti che, con parole di stima ed ammirazione, ha voluto ricordare ed omaggiare il significativo ruolo svolto da Dino Sanlorenzo (presente all’evento) e dall’Assemblea piemontese (di cui allora Sanlorenzo era presidente) nella mobilitazione per affermare i principi democratici durante il difficile periodo degli anni Settanta e Ottanta.

 

Il libro richiama la storia di Prima Linea, organizzazione armata di estrema sinistra che si andò a sviluppare in Italia a metà degli anni Settanta (autunno del ‘ 76) e si concluse nell’estate del 1983 con l’arresto dei suoi maggiori esponenti. Con questo saggio i due autori hanno voluto porre l’attenzione su un fenomeno, secondo in Italia solo alle Brigate Rosse per numero di persone colpite, azioni armate e numero di aderenti, che purtroppo continua ad essere ancor oggi un sintomo poco sviscerato del “Terrorismo rosso”.Molto significative e pregnanti di emozione sono state le testimonianze di Elisabetta Farina, figlia di Giovanni Farina, il sorvegliante Fiat gambizzato nel giugno del 1979 e del dottor Vittorio Musso, ferito durante l’attacco terroristico avvenuto alla S.A.A di Torino sempre nel 1979. Racconti che hanno commosso ma che hanno anche riportato l’attenzione su uno dei temi principali sollevato dal libro di Ruggiero e Renosio e cioè l’incognita di un possibile rischio che “il tutto” ritorni.

 

Nella speranza che il terrore vissuto in quegli anni non si affacci più sulla nostra democrazia, vorrei concludere riportando le stesse parole Shakespeariane che Musso, visibilmente emozionato, reinterpretandole, ha fatto sue : “La vita di un terrorista altro non è che un’ombra che cammina, un povero commediante che si pavoneggia e si agita, sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla”.

 

Simona Pili Stella