Centinaia i rappresentanti del Piemonte, molte associazioni religiose e singoli cittadini giunti nella Capitale
“Una piazza così non si è mai vista: la politica non può non ascoltarla. Sarebbe sorda e cieca”. Sono le parole della vice presidente del Consiglio Regionale, Daniela Ruffino, (nelle foto) che ha preso parte al Family Day di Roma, dove ha accompagnato un pullman di oltre 70 persone, partite ieri sera dal Torinese per partecipare alla giornata. Centinaia i rappresentanti del Piemonte, molte associazioni religiose e singoli cittadini giunti nella Capitale.
“Quando un atto si ripete tre volte diventa consuetudine ha detto il Rabbino Capo di Roma al Papa – prosegue Ruffino – Vale anche per questa piazza, che riempie il cuore e dice #renziciricorderemo. La famiglia non può essere l’istituto ultimo e negletto, in Italia. Il popolo che crede in essa, un popolo dato per disperso, oggi si è manifestato. Per me, essere qui è una delle tappe del mio percorso di vita. Da sempre difendo le politiche a favore della famiglia. L’ho fatto da sindaco, prima, e continuo a farlo ora nel mio nuovo ruolo, lavorando a una legge regionale sulla famiglia, che ancora manca in Piemonte. Perché la famiglia è il luogo in cui si realizzano le personalità e non c’è nulla di più bello, al suo interno, del dono di una creatura. Il ddl Cirinnà, però, vuole mettere un prezzo ai nostri figli. Ma non si può mercificare il corpo di una donna. I figli non si pagano”.
A Roma anche Massimo Introvigne, presidente di Alleanza Cattolica e Silvio Magliano, vicepresidente del Consiglio comunale.
Immancabile la polemica: per partecipare alla manifestazione i consiglieri di Forza Italia Vignale e Porchietto avevano inoltrato all’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale una richiesta di missione istituzionale, non concessa dal presidente dell’Assemblea Mauro Laus che commenta: “contrariamente a quanto affermano la missione non solo prevede un rimborso spese, ma prevede anche un pronunciamento ufficiale che da nessuno è stato richiesto. Sull’adesione al Family Day non si è mai discusso in nessuna sede e forse proprio questo ha indotto i colleghi a cercare, negli ultimi giorni, una scorciatoia per guadagnarsi un titolo sui giornali. Non ho poi timore di dire che avrei avversato l’ipotesi di una adesione istituzionale. Il motivo è semplice: il Gay Pride che abbiamo patrocinato a giugno è una manifestazione volta a invocare diritti di cui alcune persone dispongono e altre no, nel Family Day invece non c’è l’elemento del torto da riparare. E mi sembra davvero un giudizio visionario identificare quella manifestazione come il “sindacato della famiglia tradizionale”