Hamas, nell’inchiesta spunta il nome dell’imam di Torino (non indagato)

Appare anche il nome di Mohamed Shahin, l’imam di Torino destinato all’espulsione e poi “salvato” dalla Corte d’appello, negli atti dell’inchiesta che ha portato a nove misure cautelari per la raccolta di sette milioni di euro di finanziamenti ad Hamas attraverso associazioni e Onlus. Ne da’ notizia la Repubblica. Shahin, non risulta indagato, ma parla con gli arrestati, viene citato e sposta denaro con l’uomo accusato di raccogliere fondi a Torino per  Gaza.

6 gennaio: parte il Carnevale Storico Crescentinese

Il Carnevale Storico Crescentinese si sta preparando per la sua edizione del 2026 che segnerà il suo 50° anniversario. Un appuntamento speciale e tanto atteso per la manifestazione più antica della Città. Come da tradizione il sipario si alzerà ufficialmente nel giorno dell’Epifania per poi snodarsi con tutta una serie di eventi che culmineranno domenica 8 febbraio col Gran Corso Mascherato con carri allegorici e gruppi mascherati. Al calar della sera del 6 gennaio, dunque, partirà da piazza Caretto la Pifferata a cui oltre ai Birichin parteciperanno i Pifferi e Tamburi di Baio Dora, la corte uscente, i componenti della Magnifica Confraternita delle Regine Pappette e dei Conti Tizzoni e tutto il popolo del carnevale. Appuntamento alle 17 sotto al grande albero di Natale di piazza Caretto. La passeggiata musicale, dopo aver percorso le principali vie del centro storico, terminerà al Teatro Comunale “Cinico Angelini” dove, alle 18, verranno presentati i personaggi dell’edizione 2026. Una tradizione lunga cinque secoli quella del Carnevale Storico Crescentinese di cui si parla nei preziosi documenti conservati all’Archivio Storico comunale a partire dal 1529. In quell’anno, un signorotto locale, tal Riccardo IV Tizzoni, che da tempo vessava la popolazione con soprusi ed angherie, oltre a nuovi pesanti balzelli, quali la tassa della molitura del grano, la tassa sul sale e la tassa sul transito nelle sue borgate, impose lo “ius primae noctis”, ovvero il diritto della prima notte, elargito agli antenati della Casata dal Serenissimo Imperatore Federico I° di Svevia, detto il Barbarossa, in premio dell’eroismo e coraggio dei Marchesi Tizzoni nella difesa dell’Impero. In base a questo editto, tutte le giovani spose venivano scortate dalle guardie al castello dove erano costrette a trascorrere insieme al Tiranno le ore immediatamente seguenti il matrimonio. Secondo la leggenda, nella notte tra il 14 e 15 febbraio 1529, intanto che il Paese, immerso nel sonno, attendeva di festeggiare gli ultimi giorni di carnevale, la figlia del mugnaio del Mulino Stella, fresca sposa che si trovava a Palazzo, tagliò la testa al Tiranno proprio mentre il popolo iniziava la rivolta richiamato dal suono della campana della torre civica. La giovane sposa venne, quindi, assurta a simbolo di Crescentino col titolo di Regina Papetta. Secondo gli studiosi locali il nome di Papetta le fu attribuito desumendolo dal frutto del mais da cui si ricava la farina per cucinare la polenta. Durante l’appuntamento del 6 gennaio al Teatro Angelini, che sarà introdotto dall’esibizione della Scuola di Danza Moondance diretta da Paolo Cianfoni, verrà anche svelato il manifesto d’autore e sarà consegnata la benemerenza di Ambasciatore del Carnevale che viene riconosciuta annualmente ad un crescentinese che negli anni si sia impegnato per dare lustro alla storica manifestazione. Cresce intanto la curiosità di conoscere le identità di coloro che interpreteranno la Regina Papetta e il Conte Tizzoni del Carnevale Storico Crescentinese 2026, ma per ora dal quartier generale dei Birichin tutto tace e le riserve saranno sciolte solamente il 6 gennaio.

Dal bilancio regionale 5 milioni per l’attività dell’Asl To4

È stato approvato dal Consiglio regionale il disegno di legge 114 “Disposizioni urgenti”. Con 5 milioni di stanziamento si consente all’Asl To4, come illustrato dall’assessore Andrea Tronzano, di acquisire le attività della Società assistenza acuzie e post acuzie (Saapa). Ciò consentirà la prosecuzione dell’attività sanitaria. La società gestiva l’ospedale di Settimo Torinese e aveva come soci, oltre alla Asl To 4, quella della Città di Torino e lo stesso Comune di Settimo

Il provvedimento stanzia poi 500 mila euro necessari per la stipulazione del protocollo d’intesa tra la Regione Piemonte, il Ministero della Giustizia ed il Comune di Ivrea volto a finanziare l’allestimento di una maxi-aula per il Tribunale di Ivrea, necessaria per celebrare processi di rilevante impatto sociale.

I freddi rapporti familiari nelle parabole di Jim Jarmush

/

“Father mother sister brother”, Leone d’oro a Venezia

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Eppure Alexander Payne è uomo d’onore. Sceneggiatore con due Oscar all’attivo e regista, vanta una carriera di tutto rispetto, da “A proposito di Schmidt” a “Nebraska”, da “Sideways” impareggiabile a “Paradiso amaro”. Eppure, con la sua compagine di giurati veneziani – c’era anche la nostra Maura Delpero, già acclamatissima per “Vermiglio” -, ha decretato lo scorso settembre il Leone d’oro a “Father Mother Sister Brother” di Jim Jarmush, 72enne regista dell’Ohio, campione di quel cinema americano indipendente (per tutti, da “Stranger than Paradise” a Daunbailò” a “Broken Flowers”, a “Dead Man” del ’95, credo il suo vero capolavoro) che ha fatto scuola e allievi, da sempre a descrivere quella parte di società del proprio paese che ama vivere ai margini, appartata e irregolare, un’esistenza sempre eguale, monotona, quotidianamente appassita. Vite che si ripetono, come le parole e le chiacchiere, come le emozioni spente, come i luoghi in cui ci si trasporta a vivere.

Luoghi diversi anche nel suo ultimo film, un unicum che si suddivide in tre episodi – nel tempo che viviamo, infelicità e freddezza e menzogne a collegarli come un fluttuante fil rouge, tratti che si ripetono, come certe frasi o un Rolex che non saprai mai se sia vero o falso, come quel piccolo gruppo di skaters ripreso en ralenti che ti ritrovi sempre a intralciare gli angoli delle strade, come le leggere simbologie disseminate qua e là, come le riprese dall’alto a inquadrare brindisi coi bicchieri colmi d’acqua o di tè o di caffè o di pasticcini che si vanno ad acquistare sempre nel solito posto di fiducia – ai confini di una cittadina innevata della zona nord-orientale degli States (riprese nel New Jersey) il primo, in Irlanda e a Parigi gli altri due. Il primo è “Father”, i figli Adam Driver e Mayim Bialik ci arrivano, rigorosamente in auto, a trovare il padre Tom Waits – faccia icona di Jarmush, come lo è Driver -, che non vedono da parecchio tempo. Durante il viaggio, la matura prole ci ha fatto sapere dello stato di salute del vecchio, dei suoi umori, del suo stato economico precario e degli aiuti che ogni tanto negli anni Jeff è stato costretto a dargli con i buoni mugugni della moglie, della solitudine: con un quadro di complessiva esistenza che non mette certo lo spettatore a proprio agio. Discorsi di convenienza, imbarazzi, ancora un’offerta d’aiuto per un muro della casa che avrebbe necessità di qualche lavoro, una scatola di alimenti (pasta e sugo con il formaggio già incorporato rigorosamente italiani) che Jeff ha portato, una scure che salta fuori a dimostrarsi via via più minacciosa, un pickup che non sai come faccia ancora a viaggiare, una sorpresa che non sveleremo.

“Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece infelice a modo suo”, avrebbe detto l’autore di “Anna Karenina” ma forse per Jarmush non è vero. O per lo meno, è quel che ci pare d’avvertire. Ancora strade, ancora auto (attraverso i quartieri come in fotocopia di Dublino) che, questa volta separatamente, conducono le due sorelle Vicky Krieps e Cate Blanchett da una madre scrittrice con parecchi libri all’attivo, gelidamente ospite (Charlotte Rampling) che non ama si parli di quelli per il loro incontro annuale, casa ordinata, un giardino ordinato e verdissimo, un anonimato e un panorama solitario interrotto soltanto da qualcuno che passa con il suo cane al guinzaglio, ti trovo bene, sorrisi, bacetti, ci vogliamo mettere a tavola?, qualche imbarazzo, fotografie a rispolverare un’infanzia, il tè servito nel servizio più bello, il vaso con i fiori che sono un regalo di Timothea/Blanchett che va tolto perché impedisce di vedersi in faccia e sostituito, tre esistenze che non si toccano, un assurdo appuntamento, un cellulare tenuto sul tavolo per affari pressanti, ecco ho finito!, l’attesa di una macchina che verrà a riprendere la figlia dai capelli rosa, mancano ancora tre minuti, i saluti composti e un arrivederci al prossimo tè.

Terzo episodio ambientato tra le strade di Parigi, al tavolino di un caffè e nell’alloggio ormai vuoto dei genitori scomparsi di recente in un incidente nei cieli delle Azzorre. Ci arrivano i gemelli di colore Luka Sabbat e Indya Moore, i più naturali, i più vivi, quelli in cui scorre qualche goccia di sincerità e d’affetto, di aiuto reciproco, di abbracci autentici: sono lì per un’ultima visita, tutto quanto era in quella casa lo ha stipato in un magazzino Billy, in un lavoro che s’è sobbarcato da solo, ma anche a scoprire le piccole bugie di padre e madre, la legalità tenuta negli anni un po’ in disparte, a saldare le tre mensilità che la proprietari viene a reclamare, a guardare fotografie e vecchi documenti manipolati a dovere, disegni di bambini. Finalmente si respira qualcosa che somiglia all’amore e l’ultima immagine è un pezzo di strada fatto insieme, magari a tentare di cancellare tutto l’astio sotterraneo che si respira negli episodi precedenti. I due ragazzi – passati per una manciata di minuti tra quelle pareti che con sapienti giochi di specchi le allargano, in un confronto continuo e reciproco, a differenza di quegli altri ambienti zeppi di cianfrusaglie o ordinati in un arredamento inverosimile, ansioso e soffocante – s’affacceranno sul lungo balcone, acquietati, gioiosi, pronti a continuare insieme una vita.

Ma tutto questo finale consolatorio – che ti viene anche il sospetto legittimo che sia decisamente e forzatamente sbilanciato, Jarmush cavalca le abitudini ma finisce col restarne vittima, il vuoto ma ci cade dentro: mentre ci aspetteremmo un racconto che in qualche modo lo risollevi – non interrompe certo quegli interrogativi su Payne e sul suo onore e su quel Leone dorato. Sul lavoro di una giuria. Un premio che appare come un regalo alla cinematografia, indipendente o no (ma qui c’erano anche i quattrini della Saint Laurent Co. e del suo direttore creativo e mentore attuale Anthony Vaccarello), a stelle e strisce, appare come la volontà a vedere e “testimoniare” qualcosa che va troppo oltre, che s’affanna ad affermare un freddo quanto quotidiano minimalismo, alacremente, cocciutamente, a mostrare tutta la “costruzione” che c’è o ci possa essere negli affetti familiari o nelle convenzioni tirate su negli anni: ma che rimane in conclusione fermo al palo, inamovibile, stanco, in una ripetizione d’intenti e di descrizioni che mentre ce lo spiega in mille dettagli finisce per rivelarsi sempre più sbiadito.

Storia: Torino tra i barbari

Breve storia di Torino

1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

2 Torino tra i barbari

Continua dunque il progetto in cui mi sono impelagata riflettendo su quanto sappiamo del mondo e quanto invece conosciamo del territorio in cui viviamo.
Questa serie di articoli nasce da una discussione avuta in classe con i miei studenti, con i quali ho potuto dibattere sullimportanza che diamo a ciò che sta lontano, a discapito di ciò che invece possiamo effettivamente raggiungere, vedere, studiare a fondo. È un lavoro per me nuovo, quello che sto facendo, una sfida personale tutta di ricerca prettamente storica che ho piacere di condividere con voi, cari lettori, nella speranza di coinvolgervi e intrattenervi con un po di notizie locali che sono riuscita a reperire, esulando da quelle che sono le mie zone di confort, ossia larte e la scuola.
Ecco allora vi lascio alla lettura di questo secondo articolo, dedicato ad approfondire ciò che accadde alla nostra bella urbe durante le cosìddette invasioni barbariche.
Sappiamo davvero poco sulle vicissitudini di Torino durante lalto Medioevo. Limpero romano cade per cedere il posto a una progressione di transitori regni barbarici, si apre un periodo incerto, caratterizzato da crisi commerciali, un forte calo demografico e un generale regresso della vita urbana. Il territorio di Torino viene dapprima inglobato nel regno degli Ostrogoti, successivamente, nel giro di circa un secolo, a tale popolazione subentrano i Longobardi, che detengono il potere fino al termine del secolo VIII, ossia fino allarrivo dei Franchi. Torino è ora parte del Regnum Italiae e appartiene al vasto Impero di Carlo Magno, che si espande dalla Spagna ai Paesi Bassi fino alla Germania centrale. Ancora una volta la posizione geografica della città fa sì che lurbe diventi un importante punto di collegamento tra i luoghi principali del dominio carolingio: i territori italiani e lancora importantissima Roma.
Le fonti pervenuteci riguardo a tale periodo storico sono esigue e frammentarie, si tratta principalmente di documenti ecclesiastici, attestati ufficiali, cronache o testimonianze redatte da titolari laici del potere, in ogni caso tutti atti che si riferiscono a persone più che benestanti e di particolare riguardo, come nobili, vescovi o imperatori, al contrario ci è quasi impossibile recuperare notizie sul modus vivendi della gente comune.

Sappiamo però che pressoché tutte le città murarie compresa Torino offrivano protezione a chi, vivendo nelle campagne, era costantemente danneggiato dalle incursioni dei barbari.
Nel IX secolo anche lImpero Franco si spegne: i regni e i ducati che ne facevano parte sono in continua lotta tra loro, i grandi signori si combattono lun laltro e nel mentre tentano di arrestare le invasioni dei Saraceni e degli Ungari.
Torino si presenta come un avamposto di primaria importanza per fronteggiare le incursioni saracene provenienti dalle Alpi ed è dunque necessario, per chiunque ambisca a governare il Regno Italico, esercitare unazione di controllo anche sul territorio del capoluogo piemontese. È Ottone I che, alla fine del X secolo, ha la meglio sugli altri aspiranti: nasce lImpero romano-germanico. A questo punto della storia, Torino passa sotto la giurisdizione del marchese Arduino III, noto come il Glabro, il quale detiene il dominio non solo sulla città ma su tutta la zona conosciuta come marca di Torino,  comprendente i territori circostanti e il corridoio alpino. Lantica Augusta è destinata a sottostare agli Arduino, vassalli imperiali con titolo di conti e marchesi della città fino alla morte della contessa Adelaide (1091), ultima discendente della famiglia. È tuttavia necessario ricordare limportanza della casta ecclesiastica, i vari membri della stirpe reggente devono dividere il potere con i vescovi locali che, da Massimo in avanti, esercitano lautorità spirituale e temporale sulla diocesi ma anche sulla cittadinanza. Il governo episcopale risulta un punto fermo in questo periodo di grande confusione, è grazie ad esso se la città presenta una struttura amministrativa e una accettabile stabilità politica. Da non dimenticare inoltre il fatto che il clero vanta un duplice espediente per assicurarsi il mantenimento del credito politico, da una parte legemonia spirituale, dallaltra il fatto che la Chiesa costituisce lunica fonte di alta cultura, per lappunto chi appartiene al clero episcopale fa parte dei pochi in grado di leggere e scrivere.


Si può dunque affermare che la storia di Torino segua le generiche vicissitudini dellItalia, lo specifico si perde in una più ampia visione di accadimenti cronologici che segnano il destino di tutta la penisola, con leccezione di sporadici eventi che è possibile riportare grazie alle documentazioni rinvenute. Proviamo allora a ripercorrere un po piùda vicino  le vicende della penisola e della nostra città durante la venuta degli Ostrogoti, poi dei Longobardi e infine ciò che avviene nel periodo carolingio.
Quando lImpero Romano crolla, Torino non pare accorgersene, la quotidianità della cittadinanza rimane sostanzialmente imperturbata di fronte alle vicissitudini politiche lontane, e anche quando nel 493 Odoacre viene deposto dagli Ostrogoti, la notizia non desta particolare interesse.
Il nuovo re, Teodorico, tuttavia nota la città pedemontana e la ritiene un cruciale avamposto strategico. In questo contesto Torino diventa per poco protagonista: agli albori del nuovo regno un esercito di Burgundi riesce ad entrare in Italia, attraversando la Valle dAosta e saccheggiando le cittadine della pianura lombarda; Teodorico affida il compito di sedare linvasione e negoziare il rilascio dei prigionieri ai vescovi di Pavia e Torino. La vicenda si conclude positivamente e nel 508 Teodorico espelle gli invasori dal regno e rende Torino un caposaldo della sua linea difensiva.
Limperatore muore nel 526 e la stabilità del potere politico viene bruscamente scossa. Prende il comando il bizantino Giustiniano, la cui aspirazione più grande è restaurare lantico Impero Romano; egli decide di riunire le province occidentali ai territori orientali che governa da Costantinopoli.
A seguito di tale desiderio dellimperatore, nel 535 il generale Belisario inizia la riconquista dei territori italiani, le battaglie che ne conseguono sono violente e sanguinose e portano alla distruzione di gran parte dei territori settentrionali e centrali della penisola. Nel 553 cade lultimo avamposto ostrogoto e il regno di Teodorico viene cancellato del tutto. La vittoria di Giustiniano però non è destinata a durare. La conquista bizantina ha conseguenze negative e comporta linizio di unaltra invasione barbarica, quella dei Longobardi. Alboino in breve tempo ottiene tutta lItalia settentrionale e centrale, occupa il Piemonte e rende Torino unimportante roccaforte del nuovo regno. Per due secoli i Longobardi detengono legemonia, il segno del loro passaggio è incisivo e ben evidente, soprattutto in Lombardia, regione che ancora oggi porta il loro nome.
I Longobardi, confederazione di più gentes, assimilabili nellaspetto perché portatori di una lunga barba, sono bellicosi, saccheggiatori alla ricerca di nuove terre in cui insediarsi e soprattutto sono seguaci dellarianesimo. È appunto la questione religiosa che determina allinizio grosse difficoltà e spaccature con la convivenza autoctona, tutta cristiana. Ci vuole del tempo, ma alla fine ariani e pagani si convertono al cattolicesimo, come dimostra la diocesi torinese che riesce a ricongiungersi con il papato a Roma nel giro di neanche un secolo. Nonostante la natura guerriera dei nuovi dominatori, a Torino non pare esserci alcuna situazione particolarmente violenta: i contadini continuano a svolgere le loro attività e i vescovi sono lasciati liberi di occuparsi dei propri fedeli. I nobili longobardi si impossessano delle zone adiacenti allurbe, come per esempio il colle su cui sorge Superga, il cui nome deriverebbe da Sarropergia, dal germanico Sarra-berg, monte della collina.  Quel che emerge è che i Longobardi sono sottoposti ad un graduale processo di romanizzazione, come dimostra la scomparsa della loro lingua a favore del latino volgare. Daltro canto i nuovi dominatori apportano notevoli modifiche agli usi e costumi di derivazione romana, ad esempio il sistema delle tasse e lassetto urbano dei centri abitati. Viene inoltre smantellata lorganizzazione delle province dellImpero, a favore dellistituzione di ducati, governati da comandanti militari longobardi, detti duchi; i nuovi siti hanno alto valore strategico, tra questi emergono per importanza Torino, Asti, Ivrea e Novara.
A Torino i duchi longobardi  erigono diversi nuovi monumenti e palazzi, accanto ai luoghi cristiani già preesistenti. Sorgono chiese e abitazioni che esulano dallassetto regolare della città: esse vengono costruite senza tenere in minima considerazione lo schema urbano e i tracciati originali delle strade, il tessuto della città cambia in maniera irreversibile.
Il regno longobardo sopravvive fino al 773, anno in cui Carlo Magno invade definitivamente lItalia. Una parte dellesercito varca le Alpi attraverso il passo del Gran San Bernardo mentre un altro reparto guidato dal re in persona- raggiunge Torino, attraverso il valico del Moncenisio e la Val Susa. Torino è proprio la prima città a cadere sotto il dominio franco. Carlo Magno si proclama re dei Franchi e dei Longobardi, sottolineando in tal maniera la volontà di amministrare il regno come una provincia del suo impero franco, concedendo agli abitanti di mantenere la propria identità.  Lo stesso governo di Carlo in Italia si appoggia alla struttura politica precedente, Torino stessa ne è unacuta dimostrazione e testimonianza.
La nuova amministrazione è tuttavia più efficiente, grazie anche ai missi dominici, gli emissari dellimperatore, i quali devono indagare e occuparsi delle eventuali ingiustizie e sono altresì incaricati di supervisionare lamministrazione locale.
A caratterizzare limpero carolingio è la strettissima alleanza con la Chiesa, ancora una volta Torino si dimostra esempio perfetto per esplicare il sistema di governo attuato. La città e le zone adiacenti sono un importante punto strategico, lurbe sorge su un asse cruciale per la sorveglianza e la comunicazione tra il Regno Italico, la Roma pontificia e il cuore dei territori franchi. Il passaggio attraverso i valichi prende un nuovo nome: strada francigena, ossia la strada dei franchi. Daltra parte Torino è governata da un conte, amministratore della giustizia in vece dellimperatore, egli èaffiancato nellincarico da fidati collaboratori, sia laici che ecclesiastici.


Le fonti forniscono diverse importanti informazioni sulla centralità del ruolo del clero nellamministrazione carolingia; ad esempio, nellanno 816, Ludovico il Pio figlio di Carlo Magno- nomina vescovo di Torino Claudio, suo cappellano e consigliere. Tale scelta è dovuta allesigenza di lasciare una diocesi così importante in mani fidate. Claudio è comunque figura centrale per la storia del capoluogo piemontese, è infatti grazie a lui che nasce la schola di Torino, volta ad accogliere studenti dal Piemonte e dalla Liguria. A Claudio succedono prima Vitgario, il quale segue il processo di rinnovamento cristiano in risposta alle esigenze dellimpero carolingio, e poi Regimiro, che istituisce la regola di Crodegango di Metz, secondo la quale i canonici della cattedrale devono condurre una vita monastica attiva, in stretta collaborazione con il vescovo.
Con la morte di Ludovico il Pio lenorme regno franco inizia a frantumarsi: dopo una sanguinosa lotta intestina i tre discendenti di Ludovico si spartiscono il regno.
Lultimo re è Carlo il Grosso, figlio di Ludovico il Germanico, che tuttavia non si dimostra allaltezza di governare né di fronteggiare i nuovi nemici Normanni e Saraceni- e viene così deposto dai vassalli nellanno 887.
Il Regno Italico è ormai un immenso campo di battaglia su cui si scontrano i grandi signori dellepoca e Torino è di nuovo in balia degli importanti eventi che determinano la Storia dei popoli.

 ALESSIA CAGNOTTO 

Inchiesta su Hamas, indagata attivista torinese

Nell’ambito dell’inchiesta sui legami italiani con il gruppo terroristico palestinese di Hamas sarebbe indagata, secondo quanto riporta La Stampa anche Angela  L a n o  62 anni, torinese, nota attivista pro Pal e No Tav, autrice di libri e giornalista. Sarebbe accusata di concorso e partecipazione in associazione con finalità terroristica. Ieri la sua casa di Sant’Ambrogio di Susa è stata perquisita. In base alle indagini avrebbe avuto contatti pressoché quotidiani con l’imam di Genova Hannoun ritenuto il vertice della cupola di Hamas in Italia.

Leggi l’articolo su L’identità:

Finanziamenti ad Hamas dall’Italia: nove arresti e sette milioni di euro sotto indagine

Cimiteri: orari di apertura  durante le festività

 

Durante il periodo delle festività natalizie, molti cittadini scelgono di recarsi nei cimiteri per rendere omaggio ai propri cari. Per garantire visite ordinate e agevoli nei giorni di Natale, Santo Stefano, Capodanno ed Epifania, sono stati definiti specifici orari di apertura dei cimiteri e, al Monumentale e al Parco, le modalità di accesso per le auto autorizzate e le aperture degli uffici cimiteriali.

I cimiteri saranno aperti al pubblico dalle ore 8.30 alle ore 12.30 durante tutte le giornate di festività. L’accesso con autovettura sarà consentito ai soggetti autorizzati, in particolare agli ultrasettantenni e alle persone con gravi patologie o difficoltà motorie, per tutta la durata dell’orario di apertura, con uscita entro le ore 12.30. Nella giornata di venerdì 26 dicembre, per lo svolgimento dei funerali, l’accesso alle auto autorizzate non sarà consentito, salvo per i veicoli al seguito dei carri funebri.

Gli uffici dei cimiteri Monumentale e Parco resteranno chiusi al pubblico nelle giornate di 25 dicembre, 1° gennaio e 6 gennaio. Nella giornata di venerdì 26 dicembre saranno aperti esclusivamente per la ricezione dei funerali, dalle ore 8.30 alle ore 12.30. Nelle giornate di vigilia, 24 e 31 dicembre, gli uffici chiuderanno alle ore 13.00.

Nelle stesse giornate, 24 e 31 dicembre, i cimiteri resteranno aperti fino alle ore 16.30, mentre nei giorni di Natale, Capodanno ed Epifania l’apertura sarà invece limitata alla fascia mattutina, con accesso consentito alle auto autorizzate.

TorinoClick

Rampa’s: vino, cicchetti e una nuova storia torinese firmata Gianluca Rampanti

Rampa’s Wine Bar è uno di quei posti che nascono senza troppo rumore… ma che piano piano iniziano a farsi notare. Ha aperto da poco a Torino, in zona Porta Nuova, e dietro al progetto c’è Gianluca Rampanti, lo stesso che molti ricordano per Languorini, il cui format ricorda molto quello di Rampa’s.
L’idea, infatti, è la stessa, semplice ed efficace: vino buono, cicchetti fatti come si deve e un’atmosfera rilassata, senza formalità inutili. Un posto dove passi “solo per un calice”… e poi rimani più del previsto.
Qui il protagonista è, ovviamente, il vino: una selezione curata personalmente dalla conoscenza profonda e dalla professionalità di Gianluca e dalla sua socia, la giovane Cecilia, e che prevede una bella panoramica di varie tipologie vinicole, provenienti da quasi tutta Italia: etichette poco blasonate ma di grande valore, sia storico che enologico. Referenze di vini naturali, no o low alcol, champagne e spumanti, vini rossi e bianchi… tutti acquistabili anche in loco. Il quid in più? la scelta fatta con attenzione e raccontata senza lezioni: si beve a calice, si assaggia, si scoprono bottiglie nuove… con la tranquillità di chi ama bere bene ma senza complicarsi la vita. Chi conosceva Languorini ritrova la stessa mano: attenzione alle materie prime, rispetto per i produttori e voglia di creare un posto dove stare bene. Rampa’s non cerca di stupire, ma di farti sentire a tuo agio… ed è forse questo il suo punto di forza, definito con originalità e pacatezza.
Non si può bere a stomaco vuoto,  lo sanno tutti: e così, in abbinamento ai vini, ci sono i cicchetti: piccoli piatti che cambiano spesso e che spaziano dai ‘Languorini’ – che comprendono snack curiosi come i ‘crispy tortellini e ‘Ndujonnaise’ e una selezione di salumi non banali e non necessariamente locali, scelti direttamente nell’azienda del produttore; fra i ‘crostini’ non si può scappare dal pane e burro+ acciughe , dove il pane con lievito madre proviene dai laboratori del negozio torinese Tellia, deliziato da un delicato ed elegante burro di Normandia demi-sel, acciughe del mediterraneo e zest di limone; e tante altre sfiziosità frutto di ricerca dedicata a promuovere la qualità anche nelle cose semplici.
Anche la posizione aiuta a incuriosirsi e ad affezionarsi a questo delizioso nuovo punto di riferimento per il buon bere e il buon cibo torinese: si affaccia sulla rampa di via Rattazzi, con spazio interno e dehors, perfetto per l’aperitivo che inizia piano… e finisce tardi.
Alla fine Rampa’s funziona proprio per questo… bevi bene, mangi giusto, stai comodo. E a volte è tutto quello che serve.
Il locale, il 31 dicembre, chiuderà alle 18, con possibilità di acquisto delle ultime bottiglie per il brindisi serale e riaprirà l’1 gennaio dalle ore 18 fino alle 24.
Orario dalle 12.30 alle 24 tutti i giorni
Rampa’s 
 
Via Urbano Rattazzi 3/A 
 
Torino 
 
Tel. 011 3853510
 
Prezzi da 10 a 20 euro a persona 
 
Chiara Vannini

Magazzinieri legano ladro in attesa della polizia

La polizia si è trovata di fronte un uomo sulla quarantina  con caviglie e ginocchia serrate da fascette di plastica. Era stato  trattenuto da due guardiani di un deposito di frutta e verdura che era già stato preso di mira dai ladri nei giorni precedenti.

Nel giro di poche ore l’arresto, poi l’udienza di convalida e infine la liberazione con l’applicazione di una misura cautelare. Stando alla ricostruzione delle forze dell’ordine, il presunto autore del furto sarebbe stato fermato dai due custodi e successivamente affidato alla polizia, intervenuta dopo una chiamata al 112 da parte di una residente, preoccupata per le urla provenienti dalla strada. Gli agenti hanno quindi effettuato l’arresto sul posto.