La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni
Lenin – Gabriele Pajno Ferrara – Lettere
Lenin
Ricorrono centocinquant’anni dalla nascita di Vladimir Il’ic Ul’janov, più noto con il nome di Lenin, il grande rivoluzionario russo a cui si deve la Rivoluzione d’Ottobre. Mio suocero Rogier Pegnaieff mi raccontava che suo padre l’aveva conosciuto in Svizzera e che appariva una persona molto cordiale, amante delle vacanze a Capri e in montagna. Era un intellettuale che scriveva saggi destinati ad avere una grande fortuna, ma era un rivoluzionario molto deciso Nei tempi successivi soprattutto si rivelò un grande uomo d’azione che saldò la lezione del giacobinismo francese della Rivoluzione con il realismo spietato e sanguinario definito marxismo- leninismo. Dietro Lenin c’era la grande lezione di Machiavelli. Egli fu capace di tradurre la filosofia marxiana in prassi politica vincente, cogliendo il momento dell sconfitta russa durante la Grande Guerra nel 1917. Lenin pensava fin dall’inizio di trasformare la guerra europea in una grande rivoluzione socialista. Riuscì ad arrivare in Russia con l’aiuto dei Tedeschi e il suo ritorno in patria significò una svolta storica. Nel più arretrato dei Paesi europei nascevano i Soviet socialisti. Chi scrive è molto lontano dal leninismo , ma non si può non riconoscere la grande strategia di Lenin che capì anche come l’estremismo fosse una malattia infantile del comunismo, un’idea che in Italia non venne compresa negli Anni Venti del secolo scorso e neppure nel 1968. L’uso della violenza come arma politica , la negazione della verità giustificata dal superiore fine politico possono sembrare aberranti, ma nella visione leninista furono nobilitate dal fine rivoluzionario, anche se sono responsabili di vere e proprie carneficine. Così va la storia e bisogna tentare di comprenderla prima di giudicarla.Lenin dimostra che senza una grande guida le masse si rivelano impotenti di fronte alla storia. Un dato di fatto che smentisce che la storia sia fatta dalle masse. Senza Lenin non ci sarebbe stata l’Unione Sovietca. E’ falso il dire che Stalin fece degenerare in violenza il regime sovietico perché la spietatezza di Lenin non fu da meno. Il primo creò un nuovo Stato,al secondo toccò di difenderlo. Consolidare il regime fu ancora più difficile che crearlo. Ci furono forti dissensi tra Lenin e Stalin considerato troppo “rozzo“ da Lenin, ma i metodi usati furono gli stessi, anche se Stalin fu più spietato. Il marxismo – leninismo conteneva in sé i germi di una violenza incompatibile con la democrazia di cui solo molto in ritardo i comunisti italiani si resero conto. La democrazia e gli stessi valori umani erano incompatibili con il comunismo sovietico, come denunciò Norberto Bobbio.
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Gabriele Pajno Ferrara
Leggo una bella testimonianza di Jolanda Bonino,ex responsabile dell’archivio del gruppo Rivetti che ricorda Gabriele Pajno Ferrara, mancato cinque anni fa.Fu uno dei massimi dirigenti industriali del Gruppo GFT e toccò a lui il compito difficilissimo di chiudere gli stabilimenti e di procedere ai licenziamenti. La storia del GFT non è stata ancora scritta e ritengo che la grande finanza abbia schiacciato la famiglia Rivetti che aveva creato un’impresa di fama internazionale nel campo dell’abbigliamento che rappresentò Torino, capitale della Moda, distrutta dalla concorrenza milanese e dall’autolesionismo dei torinesi che si lasciarono rubare il Salone della Moda. Avevo frequentato con lui gli ultimi due anni di Liceo e tra di noi era nata un’amicizia sincera. Ricordo la sua intelligenza ,la sua cordialità ed anche la sua eleganza già da studente. Allora tutti o quasi, a scuola,si andava in giacca e cravatta, ma lui era quasi ricercato nel vestire e tale credo sia rimasto sempre. Una persona raffinata e di sentimenti veri. All’ Università si iscrisse a Legge e fu tra i primi soci del Centro” Pannunzio” nel 1968. Divenne il primo segretario del Centro, prima che Arrigo Olivetti decidesse di creare la carica di direttore. Anche Gabriele era preoccupato per la deriva del ‘68 e per le ubriacature ideologiche che ne derivavano. Poi dopo la laurea si inserì subito nel lavoro e il nostro rapporto fu occasionale, ma non si interruppe mai perché c’erano tante occasioni di incontro all’Unione Indudtriale, al Centro Congressi e anche con Marco Rivetti con cui ebbi un cordiale rapporto. Era un uomo mite, ma determinato. Rivetti mi parlò di lui come di un collaboratore fidato e insostituibile e Sergio Pininfarina, che era stato Presidente dell’Unione industriale e di Confindustria, mi diceva che Pajno era un uomo di fiducia su cui contare. Una volta all’Unione Industriale durante gli anni di piombo mi confessò l’angoscia di essere nel mirino delle Br.Avrei desiderato riallacciare rapporti stabili con lui ,ma la sorte me lo ha impedito. E’ morto cinque anni fa ,divorato da un male incurabile. Era un uomo per bene che sapeva essere equilibrato anche quando era giovane studente. E non è cosa da poco per le persone della nostra generazione. E’ scandaloso che su internet non si trovi una sua fotografia nel guazzabuglio di immagini, anche le più incredibili e stupide.
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Lettere scrivere a quaglieni@gmail.com
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Il Salone ai tempi del virus
Ho letto del nuovo Salone del libro non più al Lingotto ma sparpagliato per la città. Mi sembra un ‘idea non condivisibile. Lei cosa ne pensa ? Ludovico Antonio Bendo
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Mi sembra , da quanto ho letto, un’idea non positiva. Al Lingotto si potevano creare spazi sicuri, in giro per la città gli spazi sicuri sono pochi. Non vorrei che fosse come il Salone on line riservato solo agli amici degli amici. Con la scusa della mancanza di spazi. Sarà comunque un Salone minore che non era il caso di fare. Una idea della Regione non condivisibile.