Novembre 2018- Pagina 2

Edelman, l’eroe della rivolta del ghetto di Varsavia

edelmann

Cercarono in ogni modo, dentro al ghetto, di continuare il filo della vita di prima, fino ad organizzare la resistenza che diede vita, in una smisurata sproporzione di forze, alla prima rivolta armata contro i tedeschi sul suolo dell’Europa occupata dai nazisti

Recentemente mi sono capitati tra le mani due volumi: C’era l’amore nel ghetto di Marek Edelman e Arrivare prima del signore Iddio, conversazione con Marek Edelman (nella foto)  di Hanna Krall. Edelman, poco più che ventenne, divenne il vicecomandante del Zob (Organizzazione ebraica di combattimento) e guidò la rivolta del ghetto di Varsavia che, con poche armi e qualche chilo di esplosivo, tenne in scacco la strapotenza nazista dal 19 aprile al 10 maggio 1943. La rivolta che provocò l’incendio e la distruzione del ghetto, sopraggiunse dopo che già 300 mila dei suoi residenti coatti erano stati uccisi nelle camere a gas di Treblinka. Non aspettarono passivamente di morire; non si avviarono alle camere a gas “come le pecore al macello”.Cercarono in ogni modo, dentro al ghetto, di continuare il filo della vita di prima, fino ad organizzare la resistenza che diede vita, in una smisurata sproporzione di forze, alla prima rivolta armata contro i tedeschi sul suolo dell’Europa occupata dai nazisti. Fra i pochi superstiti, Edelman combatté l’anno dopo nell’insurrezione della città. Cresciuto alla scuola del Bund, il partito socialista dei lavoratori ebrei, ai suoi ideali rimase fedele. Dopo la guerra, cardiologo all’ospedale di Lodz, è stato più volte licenziato e arrestato dal regime stalinista, fino alla vittoria di Solidarnosc. In nome degli ideali democratici che hanno caratterizzato tutta la sua esistenza, negli anni ’90 si è schierato al fianco della popolazione di Sarajevo durante l’assedio da parte dei serbi. Straordinaria anche la testimonianza che racconta a Hanna Krall, unendo l’esperienza di combattente a quella di cardiologo a guerra finita. Due vicende così distanti l’una dall’altra e invece paradossalmente vicine perché in entrambi i casi bisognava salvare delle vite avendo cura della dignità delle persone, e occorreva  “arrivare prima del Signore Iddio”.Marek Edelman, grezzo eroe  del ’900, ha sempre rifiutato di lasciare la Polonia e rifugiarsi in Israele. Si considerava il guardiano delle tombe si era dichiarato il guardiano. È morto, novantenne, il 2 ottobre del 2009. Ricordarlo è più che un dovere.

 

Marco Travaglini

L’edilizia residenziale rallenta

“Seppur in un quadro di maggior dinamismo dell’attività transattiva, il mercato residenziale torinese, nell’ultimo semestre, sembra aver subito un rallentamento.” – è quanto emerge dal 3° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2018 di Nomisma.

Nel settore residenziale, contrariamente a quanto verificatosi nelle altre città monitorate, i valori di vendita hanno registrato una flessione più intensa rispetto al semestre precedente, e pari al -1% per il nuovo e al -1,3% sull’usato. Non si evidenziano variazioni significative, al contrario, circa le tempistiche di vendita (in media 6 mesi). Sul versante della locazione gli operatori di settore percepiscono una domanda in aumento. Dalle rilevazioni effettuate, la componente della domanda rivolta all’affitto negli ultimi sei mesi è passata dal 48% al 57%. Complessivamente il segmento, diversamente da quello delle abitazioni in vendita, mostra segnali di stabilità, con valori che si sono mantenuti pressoché costanti, se non in direzione di una ripresa (+1% sui livelli minimi nelle zone di pregio; +1,9% sui massimi in periferia). Si mantengono stabili i tempi necessari alla finalizzazione dei contratti, attestati sulle 3 mensilità. Il rendimento medio lordo da locazione è rimasto pressoché stabile.

Comparto non residenziale

Perdurano le criticità nel mercato degli immobili non residenziali, dove gli operatori ravvisano ancora una divergenza tra domanda e offerta, tanto sul fronte della locazione che su quello della vendita. Il quadro di stagnazione del settore è evidente in particolare nel dato delle tempistiche necessarie allo smobilizzo, che, ad eccezione del comparto uffici in locazione, accennano a una risalita. Le difficoltà maggiori sembrano essere quelle attraversate dal comparto degli immobili ad uso ufficio, le cui flessioni nei valori hanno mostrato un’intensità maggiore rispetto al semestre precedente, mettendo a segno un -1% nei prezzi e un -0,4% nei canoni.

Le previsioni per il semestre a venire prospettano per gli operatori un quadro di crescente dinamicità del comparto residenziale, pur in un clima di incertezza generale rispetto ai valori di vendita da molti ancora ritenuti in calo. Più rosea la previsione sui canoni, che invece si prospettano stabili.

(foto: il Torinese)

Fca annuncia: “500 elettrica a Mirafiori”

Fca ha annunciato la produzione a Mirafiori della 500 elettrica. L’amministratore delegato Mike Manley e il responsabile delle attività europee, il torinese, Pietro Gorlier lo hanno annunciato ai sindacati. Torino si proporrà sempre più come Polo del lusso, poiché l’auto è un modello Premium: ” non sarà super economico”, dicono i vertici aziendali. A Mirafiori sarà  attiva anche la produzione della Maserati nelle versioni elettriche e ibride. Dice  Gorlier: “Con la 500 elettrica il restyling dei modelli, Levante, Quattroporte e Ghibli, l’obiettivo della piena occupazione nel polo torinese si otterrà nel 2020”. La 500 è un modello storico, produrlo a Torino,  nello stabilimento di Mirafiori, ha un significato simbolico.

 

(foto: il Torinese)

Gruppo Abele e Sant’Anna per le donne sieropositive

Mamma +: 1° dicembre – Giornata mondiale per la prevenzione della diffusione di HIV-AIDS

In occasione della Giornata mondiale per la prevenzione della diffusione di HIV-AIDS, il Gruppo Abele organizza un confronto tra gli studenti di alcuni licei torinesi che hanno seguito un percorso scolastico sul tema, e gli esperti.  A rispondere ai quesiti dei ragazzi saranno Francesca Corona (responsabile comunità alloggio Cascina Tario); Patrizia Ghiani (responsabile Progetto Mamma+); Clara Gabiano (pediatra infettivologa, S.C. Pediatria 2, Città della Salute e della Scienza di Torino, Presidio Ospedale Infantile Regina Margherita); Silvia Ferrero e Federica Busso (psicologa, Ospedale Amedeo di Savoia per la Psicologa); Chiara Pasqualini (epidemiologa Seremi); Barbara La Russa (responsabile settore Dipendenze Gruppo Abele);  Nel 2017, sono state riportate, entro il 31 maggio 2018, 3.443 nuove diagnosi di infezione da Hiv pari a 5.7 nuovi casi per 100.000 residenti. L’incidenza italiana è simile all’incidenza media osservata tra le Nazioni dell’Unione Europea (5.8 nuovi casi per 100.000). Le nuove diagnosi di Aids sono in lieve decremento. Il numero di decessi in persone con Aids rimane stabile (fonte Ministero della Salute). Nel 2017 in Piemonte sono state 255 le nuove diagnosi, dato in linea con quello del 2016. 57 le donne, di cui 21 italiane. Negli ultimi dieci anni si conferma anche a livello regionale un andamento in calo (- 11 casi in media all’anno). La componente maschile rimane prevalente (78%). Mentre l’età con incidenza maggiore resta tra i 25 e i 34 anni. Nei giovani con meno di 25 anni le diagnosi sono 34 (fonte Seremi). L’Hiv è una infezione prevenibile, e vista la riduzione delle infezioni, per la maggior parte acquisite per via sessuale, è necessario continuare ad insistere sulla sensibilizzazione. Ecco perché il Gruppo Abele ha scelto di porre particolare attenzione alla trasmissione verticale, ossia l’infezione trasmessa da madre sieropositiva a figlio durante la gravidanza, il parto o l’allattamento al seno. Il Gruppo Abele ha incontrato l’HIV pediatrico nel 1990 con Martina, una bambina non riconosciuta alla nascita dai suoi genitori. Nel tempo, insieme ai medici e alle assistenti sociali degli Ospedali S. Anna e Regina Margherita, Il Gruppo ha rilevato la necessità di sostenere le donne sieropositive durante la gravidanza, consci che le terapie fatte correttamente abbattono il rischio di infezione. Per questo nel 2000, è nato Mamma+, un progetto di assistenza domiciliare per le donne sieropositive in gravidanza e nel primo anno di vita del bambino. Dal 2000 Mamma+ ha seguito 125 gravidanze. In Piemonte l’ultimo caso di infezione da HIV a trasmissione verticale in bambini giunti all’osservazione entro il primo mese di vita si è verificato nel 2008, a riprova del fatto che corrette strategie preventive permettono di azzerare il rischio. Dal 1982, anno di nascita del primo bimbo con infezione da HIV giunto all’osservazione del Centro di riferimento Regionale, Piemonte e Valle d’Aosta, per l’infezione da HIV in età pediatrica, sono stati seguiti oltre 1000 nati da madre HIV+, di cui 105 infetti, mentre i restanti si sono negativizzati, sono stati cioè diagnosticati come non infetti.

Opere prime al TFF. Convince “Atlas”del tedesco David Nawrath

Valerio Mastandrea, dal 1994 attore di cinema, con quattro David di Donatello vinti all’attivo, quattro anni dopo gran successo personale con il suo Rugantino al Sistina, Claudio Caligari, Magni, Archibugi, Scola, De Maria e Guido Chiesa, Paolo Genovese, Moretti, il Virzì della Prima cosa bella, il Bellocchio tratto dal romanzo di Gramellini, Ozpetek e lo scomparso Mazzacurati alcuni dei registi con cui ha collaborato, il viso icona di un certo cinema d’autore, impegnatissimo, ha deciso di passare dietro la macchina da presa

Lo fa con Ride, la narrazione di come una moglie (Chiara Martegiani, compagna dell’attore, forse un po’ lontana dal “vivere” un non-ruolo che avrebbe necessità di maggiori sfumature) viva il lutto che segue alla morte del marito, una delle tante morti bianche nelle fabbriche italiane, di come, di riflesso, la viva il figlio rimasto orfano (“perché non piangi? per colpa tua non riesco a piangere nemmeno io”, le dice). Le lacrime sul viso della donna non arrivano, bisogna prepararsi al funerale (“ci sarà la televisione” le chiede ancora il figlio, mentre prova ad un microfono giocattolo con l’amico dei giochi le risposte che si immagina e le risposte che darà), accogliere in qualche modo parenti e amici che piombano in casa ognuno ad inscenare il proprio teatrino, a far vivere il proprio ruolo per una manciata di minuti, truccarsi o non truccarsi?, accettare le premure della vicina di casa (Milena Vukotic), mostrare il dolore secondo i canoni universalmente riconosciuti: ma le lacrime non arrivano. Il tema, giocato tra affetti irrisolti e attimi di un’ironia ai più impraticabile, gira un po’ su stesso salvo riprendere nettamente quota – del resto, in una poco inspiegabile inversione di rotta, ad affrontare un altro grumo del racconto per mettere più in ombra quello che dovrebbe essere l’ossatura principale – con l’arrivo di un sempre eccellente Renato Carpentieri, il padre del morto, che vive angosciato e triste sul litorale laziale di Nettuno, stancamente, che si vede arrivare in casa l’altro figlio (un incisivo Stefano Dionisi), la pecora nera della famiglia, momenti sinceri di ribellione, come quelli del ragazzino, in sella alla sua bicicletta a staccare dai muri del paese gli annunci di quella morte. Le scene un po’ ad effetto sono dietro l’angolo, il melò e il sogno si fanno strada e a tratti la regia s’abbandona a effetti facili: o vuol dire troppo, l’errore in cui cadono tante delle opere prime che scorrono in questi giorni sugli schermi del TFF.

O finiscono col dire poco, con la scusa malamente rabberciata che ci stanno descrivendo la vita e come tutti sappiamo la vita è fatta di tutto e di niente. Difficile raccontare per immagini la quotidianità e dialoghi che la costruiscano a poco a poco. Ne sa qualcosa Temporada del brasiliano André Novais Oliveira, alla sua opera prima, fotografando nel titolo un tempo da attraversare e da superare tra cieli limpidi e acquazzoni, come le stagioni. Ne sa qualcosa Juliana che ha appena lasciato la provincia e si è trasferita nel grande centro di Contagem, nell’attesa che il marito la raggiunga. Nell’assenza sempre più inspiegabile dell’uomo, trova un lavoro assai poco retribuito (interessarsi per conto di un’agenzia comunale a tenere sotto controllo l’esplosione della dengue, passando di cortile in cortile, a far la conta della sporcizia, a scoperchiare piccole piscine infette), stringe amicizia con i colleghi, telefona e mangia e ride, si lascia fare un nuovo taglio di capelli, accetta tutta la passione di un compagno di lavoro e ci va a letto, scambia chiacchiere con le amiche, spettegola, si diverte, si alza e si corica, arriva tardi al lavoro. Un giorno dopo l’altro, con le azioni di sempre. Oliveira racconta le periferie, del suo come di qualsiasi altro paese, conosce quelle strade, perché ci è nato, certo quelle persone, perché le ha incontrate, si affida alle invenzioni e all’estrosità di un’attrice che si chiama Grace Passô che è definita “da applausi” ma che credo svolga la sua prova con una discreta professionalità e nient’altro, accumula azioni dietro azioni e parole dietro parole: senza mai arrivare ad una scintilla che inorgoglisca la vicenda, che offra a quel quotidiano fatiscente un riscatto, una zona di vita vera, che dia alla protagonista davvero una forza di costruzione e non rischi di farla apparire soltanto come un piccolo personaggio.

Decisamente più convincente Atlas, opera prima del tedesco David Nawrath, che si porta già appresso con serrata bravura le atmosfere del noir, le psicologie contorte che nascondono i personali passati e i loro problemi, una scrittura capace di descrivere con intensità lo svolgersi della vicenda, una eccellente direzione degli attori. In una città della Germania, dove tutto è ordine, strade alberate e case di una discreta eleganza, Walter lavora per una compagnia di recupero crediti che fa affari con la malavita, lui a bussare alle porte, a liberare con l’aiuto dei colleghi i tanti alloggi e a eseguire quegli sfratti che sono affari decisamente sporchi, speculazioni. Un giorno nel gruppo di operai entra qualcuno dai modi piuttosto spicci e Walter si troverà a cercare di proteggere un piccolo gruppo familiare che, ultimo tra tutti, tenta di asserragliarsi e difendere il proprio appartamento, in una casa ormai decretata inagibile. Nawrath non è soltanto capace di descrivere con le asprezze necessarie il mondo buio della città, la tensione degli appostamenti, la violenza che esplode; costruisce con altrettanta ineccepibile bravura quegli angoli di sentimento, insperati, che si possono scoprire, gli attimi di coraggio, le redenzioni inattese, i sorrisi e i legami ritrovati, dando alla vicenda una normalità narrativa che altri forse avrebbero capovolto con azzardi di cui proprio non si sarebbe sentito il bisogno. Un’opera che si apprezza appieno e che si pone tra i titoli migliori visti nel concorso di quest’anno. Ottimo il disegno che del protagonista fa Rainer Bock (già impegnato con Haneke e Tarantino e Spielberg), eccellente giustiziere in cerca di grazia.

 

Elio Rabbione

 

Nelle foto: Chiara Martegiani, protagonista di “Ride” opera prima di Valerio Mastandrea; ancora una scena del film, con Renato Carpentieri e Stefano Dionisi; “Temporada” con la protagonista Grace Passô; una scena del tedesco “Atlas”, interpretato da Rainer Bock.

 

 ARTESIO (TORINO IN COMUNE – LA SINISTRA): IL FUTURO DI FCA

INCONTRO CON IL CONSIGLIO COMUNALE E IL CONSIGLIO REGIONALE

In previsione dei Consigli aperti di Regione e Comune sulle prospettive industriali di FCA, la Fiom-Cgil ha chiesto di incontrare tutti i gruppi consiliari, con Torino in Comune. Il tema della produzione dell’auto a Torino è stato un profilo forte del nostro programma elettorale: per il ruolo centrale avuto da Fiat; per la diffusione e la specializzazione dell’indotto; per il legame storico con la Città. La progressiva finanziarizzazione, i trasferimenti delle produzioni, i limitati segmenti di mercato delle vetture di alta gamma realizzati in Italia, il ricorso ininterrotto alla cassa integrazione per i dipendenti degli stabilimenti torinesi ci preoccupano, pur auspicando che la imminente presentazione del piano industriale possa aprire nuove prospettive”. Lo afferma la consigliera di Torino in Comune Eleonora Artesio. “La Città è profondamente coinvolta: la manifattura è un asse essenziale per Torino; la possibilità di innovare verso la mobilità sostenibile e la guida sicura (auto elettrica e guida autonoma) trova qui le capacità della ricerca e il sapere della filiera dell’auto; il livello dell’occupazione e la dignità del lavoro sono un fattore della qualità urbana. Queste le osservazioni scambiate nell’ incontro odierno e che, aggiornate al piano industriale di prossima divulgazione, Torino in Comune rappresenterà nella seduta dei Consigli del 13 dicembre”, Conclude Artesio.

Le stelle del Moscow State Classical Ballet

Nuovo tour italiano novembre – febbraio dal 30 novembre all’1 dicembre, h. 21.00 domenica 2 dicembre h. 16.00

Il lago dei cigni – TORINO – TEATRO NUOVO

14 dicembre “Lo Schiaccianoci” TORINO – TEATRO NUOVO  

A grande richiesta, dopo lo straordinario successo ottenuto nella stagione 2017/2018, le stelle della danza classica russa tornano al Teatro Nuovo di Torino con Il Lago dei Cigni dal 30/11 al 2/12 e il 14/12 con Lo Schiaccianoci. L’eccellenza dell’arte coreutica russa incontra i capolavori di Čajkovskij

Arrivano in Italia da Novembre a Febbraio I Russian Stars, stelle della danza classica russa che si aggiungono all’organico del Moscow State Classical Ballet: Alexey Konkin, Sergey Smirnov, Olga Rudakova, Aleksandra Troitskaia: artisti eclettici, formati in patria e scelti accuratamente dalla maestra, étoile e produttrice Liudmila Titova, che sarà la loro capofila e impreziosirà il cast con le sue performance La Compagnia calcherà i palcoscenici italiani portando in scena l’essenza dell’arte coreutica russa con gli intramontabili capolavori di Pëtr Il’ič Čajkovskij: Lo Schiaccianoci, Il Lago dei cigni e La Bella addormentata. Il Moscow State Classical Ballet by Titova è una delle più prestigiose compagnie di giro di balletto classico di tutta la Russia, ed è conosciuta ed apprezzata a livello internazionale. Attualmente diretto da Liudmila Titova, la compagnia si pone come principale obiettivo quello di far conoscere al mondo lo splendore della secolare tradizione russa nel balletto classico, volgendo lo sguardo anche ad un repertorio più contemporaneo, in linea con le esigenze del pubblico odierno. Il Corpo di ballo vanta tra le sue fila non solo le sue 30 talentuose étoile provenienti dalle migliori scuole ed accademie di danza mondiali (come il Teatro Bolshoi, il Teatro Mariinksij e il teatro Stanislavsky and Nemirovich – Danchenko, templi autentici della danza classica), ma si avvale anche della partecipazione di straordinarie star del balletto russo che impreziosiscono la scena ed elevano ulteriormente il profilo tecnico e glamour dello spettacolo. Il Moscow State Classical Ballet di Liudmila Titova è apprezzato dalla critica per la bellezza e l’eleganza dei propri danzatori che, con la fluidità del loro corpo perfettamente unita alla ferrea disciplina, riescono a creare un ensemble coreografico compatto ed armonico, capace di coinvolgere ed ammaliare il pubblico di ogni nazione. Per questo, ciò che distingue questi ballerini, è l’ineccepibile equilibrio con cui armonizzano la tensione alla perfezione del movimento e il rigore stilistico dell’arte del balletto classico. Il risultato è una tecnica pulita e raffinata esibita sul palco con grande naturalezza ed impreziosita dalle eccelse doti espressive dei ballerini che contribuiscono a rendere l’interpretazione impeccabile in tutte le sue sfaccettature. Lo staff coreografico del Russian Stars – Moscow State Classical Ballet by Titova è fra i migliori possibili e cura con meticolosità le performance della Compagnia coniugando elementi di ricerca e innovazione al repertorio classico, nel rispetto dell’eredità coreografica del balletto russo. Liudmila Titova A soli 19 anni è protagonista di celebri balletti di repertorio come Cenerentola, Lo Schiaccianoci, La Bella addormentata, Giselle, Bolero e tantissimi altri. Dal 2010 lavora con il Moscow State Classical Ballet e da tre anni ne è a capo come general manager. Con il suo ingresso ha riorganizzato l’intera società ed ha apportato una serie di innovazioni scenografiche, decorative ed un rinnovamento totale dei costumi dei danzatori . Questi ultimi sono tutti professionisti laureati nelle più grandi accademie russe.

Il Premio Gianfranco Bianco

La nostra è una società che presenta nel panorama italiano, ma non solo, un mare di Premi. Uno di questi, a cui sono particolarmente legato, è quello che la Associazione Nomen dedica al giornalista televisivo Gianfranco Bianco, recentemente scomparso, per quella che è la malattia del secolo: il cancro e terrorizza tutti. Gianfranco, ci convisse per tre lunghi anni che sono un’eternità e ti sconvolgono la vita fino a quando la vita incontra la Signora che prima o poi tutti chiama a rapporto. Lo conobbi ai tempi in cui seguivo Consorzio Piemonte e il cane Lupo italiano del mitico presidente dell’Etli Mario Messi (anche lui scomparso). Bianco, nato a Borgo San Dalmazzo in provincia di Cuneo, comincia la sua carriera giornalistica nel quotidiano della diocesi di Fossano La Fedeltà  per poi approdare alla Gazzetta del Popolo e Rai e quindi alla Rai nel 1982. Una sorta di globe trotter della notizia, preciso, puntuale, affabile, infaticabile e disponibile. A lui si deve il successo del concerto di Ferragosto di Elva, sperduto paesino dell’Alto Cuneese. Il Premio, istituito dall’Associazione “Nomen Cultura” con il Patrocinio del Comune di Borgo San Dalmazzo, vuole mantenerne viva la memoria nel tempo e per farlo istituisce riconoscimenti, nel ricordo del cronista Gianfranco Bianco scomparso nel 2016, ai personaggi che si sono distinti. Quest’anno i Premi, sono stati assegnati, giovedì 29 novembre ore 18.00, presso la Biblioteca Civica Anna Frank, palazzo Bertello, Borgo San Dalmazzo, durante un convegno moderato dal sociologo Giovanni Firera a: Silvia Rosa-Brusin, giornalista e conduttrice televisiva italiana, vice capo redattore TG3 Leonardo, a Biagio Fabrizio Carillo, Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri, attuale comandante dei NAS del Piemonte Orientale, criminologo e scrittore e coautore de La Saga di Lola, a Fiorenza Barbero, scrittrice e giornalista della testata La Fedeltà, di cui Bianco aveva fatto parte, a Samuele Devidé, per la tesi su: “L’impatto del diritto europeo sul diritto successorio italiano tra patti successori e diritti dei legittimari”; e a Letizia Revello, per la tesi: “Dall’intervista al libro: Nuto Revelli tra documento e narrativa“.

Beccati i baby vandali che rapinavano e devastavano

I carabinieri hanno sgominato una baby gang protagonista di  furti e atti vandalici a Torino. I sette adolescenti, denunciati, tutti in età compresa tra i 15 e i 17 anni, di origine marocchina. Le accuse sono per rapina aggravata in concorso e danneggiamento. Due erano già stati arrestati nei mesi scorsi per rapina. Sei  tra loro sarebbero i vandali che hanno devastato nella notte tra il 1° e il 2 maggio la piscina Cecchi, in borgo Aurora, dove avevano gettato nella vasca teloni e materassini, spaccato i mobili degli uffici e degli spogliatoi, sporcato i pavimenti e rubato un defibrillatore. Sono inoltre  accusati di sei rapine ai danni di 11 coetanei minacciati con cocci di vetro, al Valentino e ai Murazzi. 

ETICITA’ E RISPETTO DELLA MERAVIGLIA

GIVERSO GIOIELLI, storica gioielleria in Torino (78, corso Bramante – Torino – Tel. +39 011.6964485 – www.giversogioielli.it) ancor prima dei suoi gioielli, parla di tutela della salute e dell’ambiente, di reciprocità, correttezza, trasparenza, equità e legalità, parla soprattutto di ETICITA’
Una meravigliosa iniziativa la loro, anzi, osiamo dire una assoluta regola che li porta a procedere nei confronti di un’innovativa creatività , che non solo risponde al risultato di un’unicità che parla di purezza e serietà , ma che si plasma all’unisono con le risorse umane più confacenti all’argomento.
Come tutte le belle storie il profilo del curriculum di Giverso Gioielli si ispira quasi ad un film d’avventura , raccontato con l’autenticità di un’esperienza vissuta in tutta la sua profondità e bellezza. Marco Giverso, uno dei figli, giovane imprenditore di 34 anni, pioniere di questo progetto di eticità, racconta che il metallo deve arrivare da miniere che rispettano l’ambiente e i diritti dell’uomo con standard elevatissimi. Questa scelta matura durante un suo viaggio nella città di Dungu, nel Congo, che lui intraprende per una collaborazione volontaria in prima linea tramite la cooperazione internazionale nella Repubblica Democratica del Congo per gestire progetti di recupero di bambini soldato fuggiti dalla guerra, vittime di salute fisica e mentale, che a loro volta vengono curati e reinseriti nel mondo del lavoro oppure, se in età scolare, reinseriti a scuola per la loro istruzione.
***
Nell’ambito di questa esperienza Marco Giverso si integra a tutto tondo nella vita di questi bambini vivendo al loro fianco, partecipando agli usi e costumi della popolazione locale. Durante una giornata nella foresta, lungo il fiume, Marco si tuffa con i bimbi che stavano giocando nell’acqua. Uscito dal fiume comincia a percepire forti pruriti e un arrossamento della pelle notevole che non andava via in alcun modo. Scopre, dopo un’attenta ricerca, che nell’acqua ristagnava una grossa quantità di mercurio proveniente da una miniera d’oro situata a una decina di chilometri a nord del fiume, che buttava, senza alcuna accortezza ambientale, grosse quantità di mercurio durante l’estrazione dell’oro. Altamente a rischio diveniva quindi la salute dei bambini e della popolazione del luogo che accedeva in quell’area, non solo per il contatto con un’acqua non pura, ma anche per causa di eventuali malattie scatenate in conseguenza dell’assunzione di cibo, quale ad esempio il pesce , che ovviamente proviene dal fiume. Una volta tornato a Torino, Marco sensibilizza la sua famiglia, e suggerisce di utilizzare solo più “oro etico” con tracciabilità certificata.
***
Rivolta il suo stato di fatto, cambiando radicalmente il metodo di lavoro. Acquista così solo più oro da chi aderisce alle regole ambientali e sociali. Approfondisce quindi la possibilità di acquistare l’oro in modo differente dai soliti canoni presenti sul mercato dell’oro cosiddetto comune per la lavorazione dei suoi gioielli, evitando quindi totalmente di rischiare di incappare in quell’impatto ambientale così dannoso per l’essere umano e per l’ambiente. Una scelta coraggiosa la sua, e davvero esemplare. A seguito di un’estesa ricerca, la famiglia Giverso decide quindi di utilizzare un oro ottenuto grazie a tecniche estrattive in linea con i più alti standard ambientali e sociali presenti al mondo, dando quindi origine ad una produzione 100% certificata e tracciata di oro etico. Giverso si conferma quindi come prima e unica azienda in Piemonte – sono quattro sul territorio nazionale – a utilizzare Oro Etico al 100%: le fonti certificate sono due: oro da miniere su piccola scala, cooperative di minatori e piccole raffinerie certificate Fairmined e oro conforme alla Chain of Custody dell’RJC certificato dalla LBMA good delivery. E’ molto importante conoscere la provenienza e le modalità di estrazione delle materie che caratterizzano il lavoro di Giverso Gioielli, ed è per lo stesso motivo che questa bellissima azienda si rifornisce e si avvale direttamente dalle miniere che conoscono personalmente e che operano esclusivamente con il supporto di manodopera locale.
***
Oltretutto l’estrazione avviene con tecnologie amiche dell’ambiente, al fine di proteggere la natura, tutelare i minatori ed esentare bambini dal lavoro, facendo lavorare il personale in posti sicuri e con uno stipendio adeguato. Una grande ispirazione quindi questa di Giverso Gioielli, estrapolata da un’esperienza vissuta in prima persona. I forti danni causati dalle miniere d’oro del territorio e da coloro che non badano alla salute dei propri lavoratori e di un’ambiente che sicuramente chiede di essere rispettato nel suo equilibrio e magnificenza, hanno incentivato questo percorso di eticità indirizzando l’attività artigiana verso una strada davvero innovativa. Con Giverso Gioielli si aprono anche a ventaglio collaborazioni di gusto e intelletto, capaci di contribuire all’affermazione di una cultura d’impresa in grado di legittimarsi come soggetto davvero capace di perseguire il suo scopo, senza pregiudicare al tempo stesso il benessere della comunità in cui è inserita. Giverso non si si propone inoltre, con le sue eclettiche collezioni, come una forma d’arte altamente creativa, e si presenta come una vera e propria scuola dell’essere, capace di trasmettere con il suo operato la capacità di focalizzare l’attenzione dei suoi clienti soprattutto nel rispetto di ciò che davvero desiderano, nella bolla di un microcosmo tutto da scoprire, dove anche le creazioni, in questo caso i gioielli, rappresentano quasi involontariamente la preziosità della bellezza ,della calma, dell’equilibrio e della pace. Una carezza al business davvero singolare!
.
Monica Di Maria di Alleri
Informazione promozionale