Sono oltre 550mila euro i contributi percepiti indebitamente da 180 ‘furbetti’ benestanti, che la guardia di finanza di Torino ha fatto restituire alle casse dello Stato. Si tratta di studenti che non pagano le tasse universitarie, utilizzano gratis gli alloggi Atc, hanno sconti sulle bollette di luce acqua e gas, oppure non pagano le mense scolastiche, senza però averne diritto. Comportamenti fraudolenti, ma aa volte anche possibili errori in buona fede, che danneggiano l’Ente che eroga il contributo e tutti i cittadini che si accollano l’aumento dei costi dei servizi pubblici. Tra i casi emblematici scoperti dalle fiamme gialle quello di uno studente di Informatica che non ha pagato le tasse universitarie poiché nel calcolare il reddito familiare non ha considerato immobili per un valore di 220mila euro e conti correnti per 700mila euro. Poi un altro studente di giurisprudenza, ha detto di essere autonomo rispetto alla propria famiglia, mentre era a carico dei genitori con un reddito di circa 190mila euro annui.
Editore, pittore, scrittore e animatore culturale dal Dopoguerra
Giovedì 11 maggio Ore 10-12.30: Convegno Delle mie questioni. Mario Lattes operatore culturale con Valter Boggione, Paolo Mauri, Carlo Augusto Viano, Alessandro Botta e Pompeo Vagliani (Circolo dei lettori, Sala Gioco – Via Bogino 9 – Torino) Ore 14,30: Cerimonia di intitolazione a Mario Lattes dei giardini di Piazza Maria Teresa Ore 16: Apertura mostra Mario Lattes. Questione di pittura (Spazio Don Chisciotte – Via della Rocca 37b) www.fondazionebottarilattes.it

Intellettuale dai molteplici interessi e dalla personalità eclettica, capace di misurarsi allo stesso tempo con l’arte, la letteratura, l’editoria e la promozione culturale. Questo e molto altro è stato Mario Lattes (Torino, 1923-2001), editore, pittore, incisore, scrittore, collezionista e animatore culturale, personaggio di spicco nella Torino del secondo Dopoguerra. Per ricordare la figura di Lattes e indagare i tanti aspetti della sua attività e creatività, giovedì 11 maggio 2017 la Fondazione Bottari Lattes organizza il convegno Delle mie questioni. Mario Lattes operatore culturale, curato da Valter Boggione al Circolo dei lettori (ore 10-12,30). Nella stessa giornata la Città di Torino-Presidenza del Consiglio Comunale intitola a lui i giardini pubblici di Piazza Maria Teresa (ore 14,30), come riconoscimento all’impulso culturale profuso da Lattes nei suoi tanti impegni nel capoluogo piemontese. A completare le iniziative si aggiunge la mostra Mario Lattes. Questione di pittura allo Spazio Don Chisciotte (via della Rocca 37b), che raccoglie opere rappresentative dello stile e delle tematiche di Lattes, dagli oli alle tecniche miste alle incisioni, dall’informale al figurativo. Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero. Info: www.fondazionebottarilattes.it, 011.19771751.
***
La giornata si apre con il convegno Delle mie questioni. Mario Lattes operatore culturale (ore 10- 12,30), che prende in prestito il nome della testata fondata dallo scrittore nel 1953, “Questioni”. Il critico letteraio e giornalista Paolo Mauri, il filosofo Carlo Augusto Viano, lo storico dell’arte Alessandro Botta e presidente della Fondazione Trancredi di Barolo Pompeo Vagliani, moderati dal professore di Letteratura italiana Valter Boggione, porteranno contributi e testimonianze per delineare un ritratto il più possibile completo della personalità e degli ambiti di intervento di Mario Lattes, uno dei primi intellettuali italiani interessati a superare gli steccati tra discipline diverse e tra Paesi (come spiega Boggione). Paolo Mauri ripercorrerà le vicende e i temi dei contributi letterari sulla rivista “Questioni”, da Sanguineti ad Arpino, da Vittorini a Barberi Squarotti. Carlo Augusto Viano, che partecipò in prima persona all’esperienza della rivista, si soffermerà sulle figure e sui motivi del dibattito filosofico, da Abbagnano a Paci, da Adorno a Della Volpe. Degli aspetti artistici e delle mostre ospitate nella galleria che Lattes aprì presso la casa editrice si occuperà lo storico dell’arte Alessandro Botta. Infine Pompeo Vagliani analizzerà le scelte editoriali di Mario all’interno della casa editrice e il suo ruolo nella riorganizzazione, dopo la devastante esperienza della guerra.
.
Alle ore 14,30 seguirà la cerimonia di intitolazione a Mario Lattes dei giardini di Piazza Maria Teresa, con il posizionamento di una targa in marmo bianco di Carrara, riportante tutti i campi d’azione di uno dei protagonisti della vita culturale torinese del secondo Novecento: Mario Lattes, editore pittore, scrittore. La targa sarà collocata nel tratto di giardino che confina con via della Rocca, la stessa via dove ha sede Spazio Don Chisciotte, dal 2013 area espositiva della Fondazione Bottari Lattes, e a poca distanza da via Calandra, dove Mario Lattes e Caterina Bottari Lattes vivevano. Interverranno: Fabio Versaci, presidente del Consiglio Comunale della Città di Torino, Antonella Parigi, assessora alla Cultura e Turismo della Regione Piemonte, Massimo Guerrini, presiedente Circoscrizione 1 di Torino, Adolfo Ivaldi, presidente della Fondazione Bottari Lattes, e Caterina Bottari Lattes. A seguire, alle ore 16, il pubblico potrà visitare la mostra Mario Lattes. Questione di pittura allo Spazio Don Chisciotte (via della Rocca 37b), curata da Vincenzo Gatti. In esposizione fino al 31 luglio una quindicina di opere che ben rappresentano il percorso creativo dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Novanta. Un percorso che, dopo un iniziale periodo informale, è sempre stato figurativo, con valenze visionarie e fantastiche. «L’immaginario figurativo di Mario Lattes – spiega Vincenzo Gatti – deriva dalla sua vasta cultura letteraria e pittorica, che spazia dal Simbolismo all’Espressionismo, coltivata attraverso gli anni con letture appassionate e una forte volontà collezionistica».
SEI IN BUONE MANI! CAMPAGNA MONDIALE DI SENSIBILIZZAZIONE ALL’IGIENE DELLE MANI

Un cordone – staffetta umano per imparare a lavarsi le mani si è tenuto venerdì presso l’ospedale Mauriziano di Torino.
Ogni anno l’OMS, attraverso la campagna “le mani pulite salvano vite umane“, promuove la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, che si terrà il 5 maggio 2017.
La finalità è quella di mantenere alta l’attenzione sull’importanza dell’igiene delle mani nell’assistenza sanitaria, unendo professionisti e pazienti a sostegno del miglioramento di tale pratica a livello globale.
La campagna mondiale di quest’anno richiama l’attenzione sulla prevenzione della diffusione dei microrganismi resistenti agli antibiotici.
Il tema della campagna del 2017 è focalizzato sulla prevenzione dell’antibioticoresistenza veicolato da uno slogan molto potente: “la lotta all’antibioticoresistenza è nelle tue mani!”, che investe il singolo professionista a tutti i livelli del Sistema sanitario nell’utilizzo responsabile degli antibiotici.
Come ogni anno l’ospedale Mauriziano di Torino promuove e sostiene le iniziative dell’Oms per il 5 maggio proponendo per il 2017 la staffetta del gel per la frizione alcolica delle mani.
Il cordone umano, dall’Aula Carle ha coinvolto i professionisti dell’Azienda (a cominciare dalla Direzione), visitatori, parenti, pazienti, studenti,… 5 semplici gesti che dal singolo alla collettività possono salvare vite umane.
E’ stata inoltre presentata in Aula Carle l’esperienza di una scuola di Torino che, in collaborazione con l’Azienda Mauriziano e con il Lyons Torino Solferino, ha coinvolto gli studenti in un progetto di promozione dell’igiene delle mani a partire dalla scuola.
I parchi, patrimonio della montagna
Al Museo Nazionale della Montagna, 22 aprile – 28 maggio

Il Museo Nazionale della Montagna con il Parco Naturale Mont Avic, in collaborazione con la Città di Torino e il Club Alpino Italiano, presenta il progetto di documentazione che il Parco ha commissionato al fotografo Enrico Peyrot nel 2015, in occasione dell’Anno internazionale della Luce proclamato dalle Nazioni Unite. Il progetto testimonia la volontà del Parco di ribadire, con la concretezza della propria azione, il ruolo fondamentale che i parchi e le aree protette svolgono e devono svolgere non solo per la conservazione attiva del nostro patrimonio naturale, ma anche per lo sviluppo territoriale e la formazione delle giovani generazioni.Enrico Peyrot – fotografo di origini piemontesi che da anni vive e lavora in Valle d’Aosta, documentandone il patrimonio storico-artistico e naturale – presenta in mostra 12 stampe di grande formato (95×170 cm) selezionate tra il centinaio di soggetti realizzati durante la campagna fotografica, accompagnate da un video esplicativo del lavoro di rilevamento svolto.I soggetti in mostra esemplificano molto bene l’idea alla base del progetto pensato da Peyrot per la campagna di documentazione. Fotografare non solo lo spazio, ma anche il tempo. A partire da un attento studio del luogo e della sua storia, avendo ben presente l’eredità dei grandi fotografi paesaggisti dell’Ottocento e di inizio Novecento, Peyrot ha scelto di impiegare la tecnica a mosaico per fotografare il tempo. I luoghi individuati sono quindi scomposti in migliaia di inquadrature acquisite nello stesso giorno nell’arco di 15-20 minuti e successivamente, in postproduzione, accostate e sovrapposte in maniera seriale, in modo da restituire un’immagine unica; somma di tanti istanti diversi. Il risultato è costituito da un centinaio di soggetti ripresi con questa tecnica che consente di realizzare immagini ad altissima definizione, abbracciando campi visivi molto estesi che non potrebbero altrimenti essere ripresi. La campagna di documentazione e i suoi esiti offrono l’occasione per riflettere su quale rappresentazione della montagna sia possibile oggi in un mondo digitale, nella misura in cui quest’ultima moltiplica le domande e apre spiragli in molte direzioni dense di possibili conseguenze. Il lavoro di Peyrot, per l’appunto, non è una risposta, ma piuttosto la costruzione di una storia, di una narrazione che quasi trasforma la fotografia in una forma di letteratura.In occasione dell’esposizione sono in programma nella Sala degli Stemmi del Museomontagna due incontri di approfondimento e di riflessione più ampia sulla fotografia, la montagna e la sua rappresentazione, a partire dal lavoro di Peyrot.
–
Giovedì 11 maggio alle ore 18,00 nell’incontro Sguardi e apparenze Peyrot dialogherà con lo storico della fotografia Pierangelo Cavanna.
_
Giovedì 18 maggio alle ore 18,00 in occasione dell’incontro Tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Dispositivi ottici e paesaggi d’alta quota nel lavoro di Enrico Peyrot, l’autore si confronterà con Antonio De Rossi, professore ordinario presso la Facoltà di Architettura di Torino, e Corrado Binel, presidente del Parco, nonché fautore del progetto insieme al direttore Massimo Bocca.
VOYAGE AUTOUR DE L’AVIC
Fotografie di Enrico Peyrot
Torino, Museo Nazionale della Montagna, 22 aprile – 28 maggio 2017
Una mostra del
Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” – CAI-Torino
con
Parco Naturale Mont Avic
con la collaborazione di
Città di Torino
Club Alpino Italiano
TORINO, MUSEO NAZIONALE DELLA MONTAGNA, Piazzale Monte dei Cappuccini 7, 10131 Torino
Anche a Torino nascono le Officine delle idee
Prende forma il progetto di Giuliano Pisapia
Il 5 maggio le Officine delle idee di Campo progressista si sono incontrate anche a Torino per la prima volta al SocialFare in via Maria Vittoria con la presenza di Marco Furfaro, trentasettenne toscano, laureato in Economia e volto noto nel mondo della sinistra italiana. L’iniziativa lanciata da Giuliano Pisapia in tutta Italia qualche mese fa muove i suoi primi passi anche a Torino e in Piemonte. Come ha detto Pisapia stesso: “Campo progressista era nato per dare una prospettiva, ora è diventato una realtà”.
Un percorso in cui non conta la provenienza di ciascuno, ma solo dove vogliamo andare insieme. Le Officine delle idee sono il primo progetto di Campo Progressista. Luoghi di competenze, innovazione inclusiva, discussione, produzione politica e culturale per fare emergere insieme le idee per l’Italia che verrà. Hanno l’obiettivo di stimolare e raccogliere idee e proposte che siano il fondamento di un nuovo e inedito progetto politico per il futuro prossimo. Il nostro Paese ha un forte bisogno di idee coraggiose e progressiste, credibili, concrete e sostenibili. Gli slogan e la demagogia non sono un fondamento su cui costruire il futuro.
Il nostro orizzonte è l’unità del centrosinistra ma se Matteo Renzi continuerà a mettere veti sulle persone e a coltivare la sua idea di autosufficienza del Pd allora siamo pronti a costruire
un’alternativa di centrosinistra senza Renzi. Gli strappi con il nostro mondo in questi anni sono stati tanti, dalla scuola al lavoro passando per la tentata riforma costituzionale, gli ultimi due esempi di nuovi passi falsi sono il decreto Minniti che riduce i diritti dei richiedenti asilo e il disegno di legge che è stato approvato ieri alla Camera sulla legittima difesa che dà licenza di sparare ai ladri di notte ampliando così la possibilità di ricorrere all’uso delle armi da parte di normali cittadini. Un Paese che si accartoccia su se stesso assecondando le paure cavalcate dalla destra più becera, non è il paese che vogliamo.
Ho iniziato la mia esperienza politica nei “comitati Prodi” che con un lavoro partecipato avevano portato alle “tesi programmatiche”, discusse in centinaia di assemblee di cittadini in tutta Italia, che diventarono il programma dell’Ulivo per le elezioni del ’96. La nostra idea ora è quella di riproporre un processo partecipato di quel tipo, coinvolgendo tante persone, donne e giovani, che normalmente si sentono lontane e per nulla attratte dalla vecchia politica.
Monica Cerutti
Buronzo, il Castello delle Sorprese
Una gita fuori porta ? A Buronzo, a metà strada tra Milano e Torino, ma in provincia di Vercelli, nei giorni festivi (23,25,30 aprile, 1 e 7 maggio) un nuovo magico percorso nel Castello, con il gran finale con il ballo della “Bella e la Bestia”, i cantastorie, gli Artisti della Fantasia, i giochi di una volta, gli Acrobati della Cuccagna, la gastronomia con la tipica Panissa vercellese, i mercatini delle favole e prodotti tipici nel borgo medievale.

Terza edizione del Castello delle Sorprese, grande evento dedicato alla fantasia e al racconto, che ogni anno richiama nell’antico borgo e Castello di Buronzo, migliaia di visitatori da tutta Italia.
Dieci attori, con il supporto di installazioni, proiezioni e allestimenti scenografici guideranno la visita-spettacolo nelle stanze del Castello, dalle 9.45 alle 18.00.
Gli ingressi avvengono a piccoli gruppi, ogni 15 minuti: è consigliata la prenotazione on line sul sito www.castellodellesorprese.it
Titolo dell’installazione-spettacolo 2017 è “La Foresta Incantata”, un percorso di circa un’ora nell’immaginario per tutte le età, tra alberi sonori, giostre fantastiche, maghi e il gran finale con il ballo della “Bella e la Bestia”, cantato dal vivo e interpretato con la partecipazione dei visitatori.
Ci sarà anche una nuova area dedicata agli “Artisti della fantasia”, con laboratori e dimostrazioni di pop-up e diorami di carta, teatro disegnato e costruzione di giochi in legno.
Al Castello delle Sorprese si potrà incontrare, anche uno degli ultimi, veri cantastorie toscani, Felice Pantone.
Ma le sorprese non finiscono nel Castello: come nelle precedenti edizioni il suggestivo borgo medievale di Buronzo ospiterà nel centro storico la riscoperta di uniche ed originali attività per un pubblico di ogni età: 50 postazioni di giochi di una volta e l’originale sfida degli Acrobati professionisti del Palo della Cuccagna, da 15 metri.

Tutti i posteggi sono gratuiti, a pochi minuti a piedi dal centro storico e collegati anche con un servizio di trenino turistico. Per scaricare il programma completo e per prenotazioni visitare il sito www.castellodellesorprese.it.
Elio Motella
L’attività umanitaria e la diffusione dei principi ispiratori del movimento mondiale del lionismo

Sono ovunque. Sono uomini e donne che, guidati dal motto “noi serviamo”, lavorano in tutto il mondo per dare una risposta concreta ai bisogni delle comunità locali e promuovere la pace. Hanno fatto del volontariato e della solidarietà la loro vocazione, il loro cuore batte per il bene dell’umanità. L’obiettivo che anima il loro impegno è dare speranza, salute, benessere e opportunità alle persone di ogni angolo della terra. Sono “Lions”, fieri ed orgogliosi di appartenere alla più grande associazione di volontariato nel mondo, il “Lions Club International”, che quest’anno taglia il traguardo del suo primo secolo di vita con un biglietto da visita di tutto rispetto: sono un milione e 400 mila, attivi in 210 Paesi con 46 mila Club. Tutti insieme, in un anno mettono in moto una macchina che vale 175 milioni di euro in servizi alla comunità e in 100 anni ha assistito oltre 148 milioni di persone. Visti da molti come realtà esclusive e associati soprattutto a grandi galà e banchetti sfarzosi, i Lions con i loro i momenti conviviali e cerimoniali di antica tradizione – come l’ascolto degli inni della nazione del presidente internazionale, di quello europeo e di quello italiano seguiti dalla lettura del Codice dell’Etica – mantengono vivo il senso di appartenenza che consente loro di condividere non solo il pane, ma soprattutto idee e azioni al servizio delle comunità.
***
E’ la primavera del 1917 quando Melvin Jones, uomo d’affari di Chicago, incoraggia i soci del club che frequenta, il Business Circle di Chicago, a guardare oltre gli interessi personali e dedicarsi al miglioramento della comunità e del mondo: “Non si può andare tanto lontano finché non si inizia a
fare qualcosa per il prossimo”.Quelle parole rappresentano il primo tassello di un percorso che il 7 giugno dello stesso anno conduce alla fondazione dell’”Association of Lions Clubs”, termine che diventa acronimo di “Liberty, Intelligence, Our Nation’s Safety”. E’ ancora Melvin Jones a descrivere il logo dell’associazione: “Un leone rivolto con orgoglio al passato, con fiducia in sé stesso verso il futuro e che guarda in tutte le direzioni per rendere un servizio”. Nell’ottobre dello stesso anno, alla convention nazionale di Dallas, vengono approvati lo statuto, il regolamento, gli scopi e il codice etico di un’Associazione che in tre anni diventa internazionale ed entra a pieno titolo nella storia dell’umanità. A distanza di cento anni, i principi e i valori del Lions Club International rimangono immutati. Obiettivo dell’Associazione è, oggi come allora, “Servire la propria comunità, soddisfare i bisogni umanitari”. Medesima la missione: “Promuovere la pace”. Preciso lo scopo: “Partecipare attivamente al bene civico, culturale, sociale e morale della comunità”. Identico il codice etico: “Essere solidali con il prossimo offrendo aiuto ai deboli e sostegno ai bisognosi. Essere cauti nella critica, generosi nella lode, sempre mirando a costruire e non a distruggere”.
***
Un’associazione orgogliosa del proprio glorioso passato, concentrata nel presente sull’obiettivo di migliorare le condizioni di vita del più alto numero possibile di persone, attenta a cogliere le sfide del futuro con ambiziosi traguardi da raggiungere per “lasciare il segno” e “fare la differenza”. Passato, presente e futuro all’insegna della continuità. I Lions sono stati, sono e continueranno ad essere “i cavalieri dei non vedenti nella crociata contro le tenebre”, sfida raccolta nel 1925 da Helen Keller, scrittrice e insegnante statunitense sordo-cieca alla quale fu dedicato il romanzo “Anna dei miracoli”. Su sua esortazione i Lions si sono impegnati in iniziative che li hanno portati ad ottenere il pieno riconoscimento a livello mondiale per il miglioramento della vita di non vedenti e ipovedenti. A loro si devono l’invenzione del bastone bianco; l’istituzione di scuole di addestramento che ogni anno donano cani guida a chi ne ha bisogno; la realizzazione di centri oculistici; la creazione di un prezioso centro per la raccolta di occhiali usati, che una volta rimessi a nuovo vengono regalati a chi non se li può permettere; l’ideazione del “libro parlato”, per consentire a chi non vede di “ascoltare” un testo; la promozione di campagne di prevenzione, screening e visite oculistiche per bambini (“Sight for kids” il nome dell’iniziativa dedicata ai più piccoli) e adulti di tutte le età. L’Associazione, che collabora con l’Organizzazione Mondiale della
Sanità nella lotta contro la cecità evitabile e le minacce alla vista causate da diabete e altre patologie, ha aiutato milioni di persone fornendo occhiali e cure, sempre a titolo completamente gratuito. E dove lenti e medicina non risolvono il problema, intervengono altri generi di conforto: nel Natale del 1956 un bambino di sei anni non vedente riceve dal Lions Club di Detroit la sua prima batteria; quel bambino si chiama Steve Wonder e diventerà la leggenda del soul americano.
La tutela della salute rappresenta uno dei campi di particolare attivismo dei Lions: sono impegnati nella lotta al morbillo con importanti partnership che consentono di portare i vaccini a chi rischia di contrarre la malattia; sostengono programmi per l’educazione, la prevenzione e la cura del diabete; con il “Progetto Martina” informano e sensibilizzano i giovani sulla lotta ai tumori; affrontano il problema delle patologie rare attraverso un portale dedicato e il tema della medicina di genere con “Il cuore delle donne”.
***
Grande l’attenzione dedicata ai giovani, con iniziative che vanno dalla prevenzione delle dipendenze all’informazione sulla sicurezza stradale. Non manca un fitto calendario di “scambi giovanili” e “campi della gioventù”, che offre anche ai disabili l’opportunità di conoscere nuovi luoghi e altre culture. Attraverso “Programma Alert”, i Lions sono in grado di intervenire tempestivamente in occasione di calamità naturali e catastrofi. Hanno portato soccorso alla popolazione e collaborato a imponenti ricostruzioni in Giappone, Stati Uniti, Indonesia, Pakistan e Haiti. Si sono mobilitati all’indomani del violento terremoto che nei mesi scorsi ha colpito il centro Italia e grazie alla “Lions Club International Foundation”, fondata nel 1968 per sostenere i progetti umanitari dei Lions, hanno raccolto in tutto il mondo più di 2 milioni di dollari per aiutare le comunità messe a dura prova dal tragico evento. Non ci sono barriere per i Lions, sempre pronti a tendere la mano al prossimo. Non ci sono confini e non contano la nazionalità e il colore della
pelle. “Là dove c’è bisogno, lì c’è un Lions”, amano ripetere, pronti a darsi da fare. Eccoli realizzare pozzi dove la carenza di acqua potabile è un problema vitale; creare orti dove la fame mette a rischio la sopravvivenza; costruire scuole e infrastrutture in Burkina Faso o in altre terre dimenticate; progettare e realizzare un nuovo “service” per prevenire un problema o risolverne un altro nella comunità di appartenenza o in Paesi lontani. In occasione della convention internazionale di Toronto del 2012 i Lions hanno assunto l’impegno, in vista delle celebrazioni del Centenario, di arrivare a servire almeno 100 milioni di persone entro il 30 giugno 2018 in quattro diverse aree: “Coinvolgere i Giovani”, “Aiutare a prevenire i problemi della vista”, “Combattere la Fame”, “Proteggere l’Ambiente”. La progettualità messa in campo in questi settori, senza tralasciare le iniziative già avviate, ha consentito loro di raggiungere l’obiettivo già a metà settembre 2016. Il 2017 rappresenta un anno importante per i Lions. Una presenza antica, ma aperta al futuro, che quest’anno oltre a celebrare cento anni di vita e di attività festeggia anche i cinquant’anni dei Leo, i Lions del futuro, e i trent’anni dall’ingresso delle donne nell’Associazione, che hanno apportato un contributo determinante per trasformare la maggioranza silenziosa in cittadinanza attiva. Tre anniversari, tre punti di arrivo che rappresentano la linea di partenza per affrontare nuove sfide e continuare a contribuire al benessere di milioni di persone in tutto il mondo.
Paola Zanolli
Buone notizie dal Marocco
FOCUS / di Filippo Re
Una buona notizia arriva dal Marocco. I marocchini che vogliono lasciare la religione islamica e convertirsi a un’altra fede non rischieranno più la pena di morte. Il Consiglio superiore degli Ulema, massima autorità religiosa presieduta da re Mohammed VI, sancisce la possibilità di convertirsi ad altre religioni. Nei Paesi islamici l’apostata viene condannato a morte ed è vietato il proselitismo. Il Marocco riconosce da sempre il pluralismo religioso e condanna l’estremismo religioso. Rispetto a una fatwa (sentenza religiosa) del 2012 che aveva suscitato molte critiche, in cui si approvava la condanna a morte per il reato di apostasia, il Consiglio religioso ha annunciato una nuova interpretazione della norma riconoscendo libertà di coscienza al musulmano e la possibilità di cambiare religione. Per il momento la pena capitale resta in vigore per tale reato anche se negli ultimi anni non ci sono state condanne a morte per gli apostati. Il Codice penale dovrà essere modificato e ciò richiederà tempo.

Siamo di fronte a un vero cambiamento del discorso religioso più volte annunciato dal monarca marocchino? Si può parlare di svolta storica sull’apostasia ? Per il professor Paolo Branca, docente di islamistica e di storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano, si può parlare di “svolta” “perchè per la prima volta questa cosa viene riconosciuta come principio e in pratica la pena di morte per apostasia non veniva applicata nella maggior parte dei casi. Il Marocco sta facendo tanti passi avanti nel senso che il Codice civile già anni fa aveva introdotto importanti diritti per le donne e poi c’è l’importante documento di Marrakesh di circa un anno fa, dove le minoranze religiose venivano dichiarate da rispettare, in base al principio di cittadinanza, quindi riconoscendo un principio universale”. La decisione degli Ulema marocchini è una notizia positiva anche per Roberto Tottoli,
docente di islamistica all’Università di Napoli L’Orientale, “anche se è difficile spiegare perchè certi musulmani non possano essere liberi di scegliere la propria religione. Forse, la prima decisione del Consiglio superiore degli Ulema era dovuta ai timori per la nascita delle prime associazioni di ex musulmani in Marocco. Questa, forse, nasce invece da una condivisibile logica opposta, ovvero che ogni tradizione ha radici storiche che è sempre più difficile imporre ad oltranza in un realtà completamente diversa”. Si calcola che negli ultimi dieci anni circa 25.000 marocchini abbiano lasciato l’Islam per passare al Cristianesimo. L’annuncio degli Ulema ha un carattere quasi rivoluzionario ma ha trovato molta risonanza più sulla stampa estera in lingua inglese e francese che su quella araba. A gennaio era uscita un’altra notizia che aveva destato stupore e malcontento negli ambienti più reazionari e conservatrici: il Ministero dell’Interno aveva proibito la produzione e la vendita del burqa per presunti motivi di sicurezza e i salafiti non avevano perso tempo a condannare tale divieto come una pericolosa “deriva modernizzatrice”. Il passo compiuto dagli ulema marocchini è molto importante, secondo padre Samir, islamologo e professore emerito all’Università St.Joseph di Beirut, “perchè hanno deciso di non applicare in modo letterale ma di “reinterpretare” la sharia, la legge islamica, adattandola al contesto attuale. Il Consiglio degli ulema, la più importante autorità religiosa del Paese, ha proposto una nuova interpretazione che smentisce una fatwa del passato, secondo cui l’apostasia deve essere punita con la pena di morte. Gli esperti
islamici propongono una nuova versione emendata della “ridda” (in arabo apostasia dall’Islam, ndr) in base alla quale l’apostasia viene punita con la morte solo se inserita nel contesto di un tradimento “politico”. Ma per padre Samir il caso degli ulema marocchini non è così isolato perchè “ci sono centinaia di migliaia di persone che vogliono cambiare. Il problema è che il potere religioso è in mano ai leader, agli imam. E poi vi sono i responsi delle Università come al-Azhar che sono manipolate e mantenute dall’Arabia Saudita e dall’insegnamento tradizionale e ne influenzano le decisioni. Vi sono milioni di musulmani che non vogliono questo e tanti intellettuali che scrivono e argomentano ma non hanno il deposito della religione per potersi affermare”. Molto rumore per nulla? Quanto sta accadendo è forse il segnale di un dibattito in corso nella società marocchina ma non l’inizio di una vera revisione della questione. Le stesse fonti ufficiali marocchine hanno subito ridimensionato il valore di una decisione che sembrava come storica.
Filippo Re
LA GALLERIA FOTOGRAFICA COMPLETA SU: WWW.FOTOEGRAFICO.NET
di Claudio Benedetto

Il sogno del Toro si ferma di nuovo nei minuti di recupero, Higuain rimette a posto le cose dopo il fantastico gol su punizione di Ljajic. Finisce quindi 1-1 un bel derby, combattuto, con la Juve un po’ distratta dai pensieri di Coppa un Toro vivo e capace di colpire senza pietà… o quasi. La Juve, a dire il vero, ha sempre tenuto il pallino del gioco in mano creando molte occasioni, talvolta in maniera un po’ scombinata, commettendo parecchi errori sotto porta. Il Toro, da parte sua, ha tenuto botta con ordine e alla fine recrimina sulla contestata espulsione di Acquah che ha privato la squadra oltre che di un uomo anche di uno dei suoi cardini di centrocampo. Risultato tutto sommato giusto, visto l’andamento del gioco, ma certo che i granata ci avevano davvero fatto il gusto ad una vittoria sfuggita, come spesso è capitato negli ultimi anni, proprio sul filo di lana.
La cronaca: Allegri fa un bel po’ di turn-over, cambiando ben otto uomini rispetto alla vittoriosa trasferta di Monaco, presentando un quasi inedito ma ben equilibrato 4-4-2 con un centrocampo “robusto” e puntellato dai muscoli di Rincon e Sturaro. Il Toro invece si presenta con il solito modulo e gli uomini migliori per interpretarlo.Primo tempo con tante occasioni per la Juve, traversa di Benatia, paratone di Hart su Sturaro, Lichtsteiner e Dybala, erroraccio di Bonucci quasi sulla linea di porta e squadre che vanno all’intervallo senza gol. Il Toro limita i danni quasi senza reagire e senza mai dare modo a Belotti di esprimere il suo talento e la sua velocità.
La ripresa comincia con lo stesso spartito del primo tempo fino a quando Ljajic, con una stupenda punizione proprio nel sette, rompe l’equilibrio, 0-1 per il Toro e folle corsa del serbo fin sotto il settore ospiti. La Juve reagisce con veemenza, ma l’episodio che cambia le sorti della partita è l’espulsione di Acquah per un’entrata su Mandzukic , sicuramente sul pallone ma con piede comunque a martello, Toro in 10 e senza il suo allenatore, anche lui allontanato a causa delle violente proteste per
l’episodio.
La Juve, che si trova sotto di un gol ma in superiorità numerica, attacca a testa bassa ma continua a sprecare di tutto: Khedira, Bonucci e anche Higuain, entrato nel frattempo, gettano alle ortiche un numero considerevole di buone se non ottime occasioni per pareggiare. Quando sembra che l’assedio juventino al fortino di Hart sia oramai in esaurimento ecco che Higuain, da grande campione, prende per mano i bianconeri e segna di potenza un gol che comunque, in qualche maniera, rende giustizia alla superiorità della Juventus, anche se il Toro, vincendo, non avrebbe comunque demeritato!

Toro che, pur se con un risultato positivo, non riesce a chiudere quello che era rimasto il suo ultimo obiettivo, cioè vincere il derby, e Juve che dovrà ancora attendere un po’ per festeggiare il suo sesto scudetto consecutivo… per ora barra dritta sulle Coppe, la Champion’s che martedì sera può portare la finale e la Coppa Italia che invece, sempre per quanto riguarda la finale, andrà probabilmente giocata già la settimana successiva!
Tutte le foto di Claudio Benedetto su: http://www.fotoegrafico.net
Di Pier Franco Quaglieni
.
A Torino continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono
***
I professori universitari, dopo quelli medi, da oggi al 30 giugno dovranno seguire un corso obbligatorio sulla sicurezza.
Scrive Gabriella Bosco che insegna Letteratura francese a Torino :il corso insegnerà a non fare gesti azzardati,ad evitare i pericoli, a cosa fare se uno studente ci butta un libro in testa,se c’è corrente in aula o i fili sono scoperti…”. C’è nella Bosco un briciolo di ironica esagerazione,ma non più di tanto. I professori medi sono stati sottoposti a corsi sulla prevenzione degli incendi e sul pronto soccorso,forse anche sull’educazione sessuale degli allievi. E’ mai possibile che nessuno abbia il
coraggio di dire che a questi compiti sono incaricati i bidelli, oggi chiamati operatori scolastici o qualche altra simile diavoleria che li assimila a netturbini diventati operatori ecologici. E’ la scuola, per altro, della bollatrice anche ai professori, quasi la funzione docente si misurasse con i criteri, oggi non idonei ,neppure a valutare un impiegato d’ordine. Il professore deve pensare alla ricerca scientifica, all’insegnamento, agli esami (che spesso trasformato l’università in un esamificio), a pubblicare lavori che diano un contributo all’avanzamento degli studi nel suo campo di indagine.Non è pensabile e non è accettabile pensare ad attività non di loro competenza ed considerate anche obbligatorie.In ogni caso chi ha affrontato il ’68 da studente e il ’77 da professore è in grado di fronteggiare ogni situazione,ogni emergenza.Vi immaginate voi un Franco Venturi,storico di fama internazionale che sicuramente non era in grado di cambiare un lampadina a casa sua, allievo di un corso sulla sicurezza? Io ,che l’ho conosciuto bene, non ci riesco.
***
Laura Scaramozzino delicata scrittrice
Paolo Coccorese nell’ampia recensione su “La stampa” ha definito l’ultimo successo di
Laura Scaramozzino” “un libro di piccole avventure ispirate ad una storia vera” ed è proprio così.
“L’uomo che salvava le anatre e inseguiva il Big Bang” ,edito da Sillabe di Sale, è un libro delicato,a metà strada tra la realtà e la fantasia, ambientato a Torino,in modo particolare nel parco della Pellerina di cui il protagonista , Ludovico Marchisio, classe 1947,è il guardiano. Marchisio attende agli animali ,rivelando un amore appassionato , sia quando salva un’anatra o un aspirante suicida nel laghetto del parco. La Pellerina è stato ed è un luogo squallido, ritrovo di amori mercenari e di crudele sfruttamento della prostituzione. La Scaramozzino lo redime con la poesia del suo libro. Ho sempre avuto un’attrazione per le anatre:da bambino, a Pasqua, mia zia mi regalava due piccoli anatroccoli. Li tenevo in campagna e li coccolavo.Da quel momento non ho più mangiato carne di volatili di qualsiasi genere. In campagna avevo un’oca che riconosceva la mia macchina e veniva al cancello a salutarmi. Avevo vent’anni, quell’oca mi colpì per la sua intelligenza e mi rivelò l’errore insito nei luoghi comuni. Nel libro ho ritrovato me stesso e mi sono reso conto del perché non mangio quelle carni.E’ un libro da leggere che non si può riassumere perché ogni pagina è imprevedibile.In questo sta il valore della giovane scrittrice che ci offrirà sicuramente altre prove convincenti di sé, senza rincorrere il successo mediatico che uccide la poesia. Ed è grande titolo d’onore della scrittrice non essere passata sotto le forche caudine della torinese Scuola Holden di Baricco.
***
Silvio Fasano,un cuore torinese ad Alassio
Silvio Fasano è un torinese trapiantato ad Alassio, uno dei tanti torinesi che vivono nella perla del Ponente ligure.Mario Soldati definì la Città del Muretto,”il mare di Torino”.Silvio Fasano è un torinese doc,vissuto in San Salvario,scuola media dai Salesiani al “S.Giovanni Evangelista e poi all”Avogadro”. E’ uno dei pochi veri giornalisti fotografi che si siano meritati la tessera dell’ordine dei giornalisti non in base ad una interpretazione estensiva della legge che fece diventare giornalisti anche gli stenografi. Possiede un archivio prezioso che documenta la vita di Alassio,Albenga,del Ponente in generale che forse nessun altro possiede.E’ il frutto di decine d’anni di professione.

Con il suo inseparabile cane, il suo scooter,la scala su cui lui sale per fare fotografie panoramiche all’antica maniera. E’ un uomo affabile,sincero,un professionista serio che non ha mai perso un evento importante o con la sue fotografie ha reso importante un banale fatto di ordinaria o straordinaria quotidianità. Fotografò ,ad esempio, un gabbiano mentre aggrediva un uomo sulla spiaggia di Ceriale. I suoi servizi fotografici vengono pubblicati dai maggiori quotidiani nazionali. E’ lo zio del cantante Franco Fasano che lo scorso anno ricevette l’”Alassino d’oro” e lo zio lo immortalò con la sua macchina fotografica. Una fotografia storica lo ritrae giovanissimo,già con la macchina fotografica in mano, dopo la trasmissione “Campanile sera” ad Alba,insieme ad Enzo Tortora. Fasano è un torinese che tiene alto il nome di Torino in Liguria.
***
I terribili anni dal ’43 al ’45
Venerdì scorso è stato ripresentato a Torino,a tre anni dall’uscita nel 2014, il bel libro di Nicola Adduci “Gli altri.Fascismo repubblicano e comunità nel torinese(1943-1945 ) presso la casa della resistenza di corso Umbria. E’ raro che un libro sia oggetto di una ripresentazione a distanza di
anni,ma la motivazione addotta,quella di non dimenticare,è sicuramente condivisibile. Il libro ripercorre la storia del fascismo repubblicano alleato e succubo dei tedeschi in una Torino piena di macerie dovute ai bombardamenti anglo-americani. Mio padre perse la casa in un bombardamento notturno e quel ricordo non lo abbandonò mai. Ne parlava come fosse capitato ieri. Al mattino dovette andare in banca e ripartire da capo. Interessarsi degli “altri” ,ovviamente con l’estraneità e l’ostilità dichiarata di Adduci, è un passo avanti nella ricostruzione storica. Lo storico si occupa anche dell’ultimo federale di Torino, Giuseppe Solaro,sul quale uscì un libro “ Giuseppe Solaro . Il fascista che morì due volte” pubblicato anch’esso nel 2014 ,opera di un giornalista lucchese, Fabrizio Vincenti ,che riabilita in parte una delle figure più odiate di quegli anni terribili. Mi proposero di promuoverne la presentazione a Torino,ma non trovai nessuno disposto a farlo e non mi sentii di proseguire nella ricerca.E fu un atto di viltà. Ritengo infatti si debba scrivere e parlare senza inibizioni e senza steccati preventivi, ma a Torino continua ad essere difficile avviare un discorso storico con il necessario distacco. Gli odi non si sono mai rimarginati e forse non si rimargineranno mai. La storia, invece, può far ciò che i singoli uomini non possono. Solo Gianni Oliva con i suoi libri sulle foibe, sull’esodo, sulla Resistenza non mitizzata,sui Savoia e su Umberto II , è riuscito ad indicare una strada nuova che gli ha provocato anche forti ostilità . Il cammino è ancora lungo e difficile. Ovviamente senza facili intenti revisionistici,senza capovolgere i giudizi di merito che la storia ha ormai definito e che è impossibile cambiare.Ricordare a Milano la M.O. Carlo Borsani giustiziato dai partigiani ha suscitato aspre polemiche. Certamente Casa Pound intende capovolgere la storia e strumentalizzarla per i suoi fini,ma Borsani fu uomo che merita il rispetto di tutti.
***
Morzenti, una vita “complessa, ma bellissima”
E’ morto Giovanni Morzenti ,ex presidente della Federazione Italiana Sport Invernali, Aveva 66 anni. Quasi nessuno ha parlato di lui; soprattutto i suoi amici che l’avevano ormai dimenticato,hanno taciuto.Eppure alcuni gli dovevano molto.La sua è stata una vita sempre di corsa, tra successi e
cadute. Lo sci a Limone Piemonte si identificava in lui che lanciò la Riserva Bianca di Limone,facendo del paese un’attrazione sciistica di livello internazionale.In precedenza, era frequentato, quasi solo d’estate ,soprattutto da molti liguri e cuneesi.C’era davanti alla parrocchia un solo un piccolo e triste ristorante, con la vasca delle trote in bellavista, e quasi nulla di più.L’ ho conosciuto nel 1998 e trascorsi nella sua casa di Limone un Capodanno in cui avemmo modo di scambiarci gli auguri e anche qualche idea.Fu gentilissimo. Mi resi conto, in breve volgere di tempo, che alcuni suoi amici non potevano essere i miei.L’unico dei suoi amici che fu anche mio amico finché visse, fu il senatore Giuseppe Fassino, un gentiluomo liberale di antico stampo.Lo rividi per un premio che per qualche anno fece parlare di Limone. Lo consegnarono anche a Sergio Romano,presente il Generale dei Carabinieri Franco Romano. Fui io a parlare dell’ambasciatore a Mosca , dello storico e del giornalista che allora era appena passato dalla “Stampa” al “Corriere”.Ha lasciato delle parole che meritano di essere conosciute e che gli fanno molto onore :”Ho avuto una vita complessa ,ma bellissima.Ci sono tante persone che voglio ringraziare ed anche altre che voglio perdonare.Non porto con me segreti ,ma solo speranze.Se potete,fate quello per cui ho sempre vissuto, fatelo meglio di me “.
***
LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
.
Ho visto citato in un suo articolo Carlo Delcroix, ho guardato su Internet e mi è sembrato un personaggio importante dimenticato . Cosa ne pensa?
PFQ