Da Giovenone a Benson: le donne (in nero) di Torino

La serie donne (in nero) continua con un’altra Madonna con manto nero, inoltre ancora una volta, come per la precedente edizione, parliamo di Gerolamo Giovenone, pittore piemontese nato a Vercelli nel 1490; infine una riflessione sull’iconografia della Madonna con un accenno a Ambrosius Benson.

La “Madonna con bambino tra i santi Abbondio e Domenico, la committente Ludovica Buronzo e i suoi figli” è il lungo titolo del quadro di Gerolamo Giovenone conservato ai Musei Reali di Torino, datato 1514 e proveniente dalla città natale del pittore piemontese, Vercelli. La tempera su tavola è di dimensioni tutt’altro che modeste, misura infatti un lato di più di un metro e mezzo e in altezza supera abbondantemente i due metri; la stazza è tipica delle tavole realizzate per ambienti ampi, infatti in origine il quadro era esposto presso la chiesa di San Paolo, per la precisione nella cappella della famiglia Buronzo dedicata a Sant’Abbondio a Vercelli.

Vediamo che, anche questa volta come per la precedente quinta uscita, si tratta di una Madonna in trono, infatti si notano la seduta rialzata e il baldacchino. La Madonna, il bambino e gli altri personaggi si trovano in una struttura architettonica -una “volta” composta da archi-  che affaccia su sfondo aperto. Il paesaggio montano in lontananza è uno dei tratti essenziali della bellissima opera del 1514, già segnata dal tratto raffaellesco, ricercato dal Giovenone proprio in quegli anni. Nel 1514 Gerolamo Giovenone si è già autonomizzato dal suo primo maestro, Defendente Ferrari, per avvicinarsi a Gaudenzio Ferrari -altro piemontese di cui abbiamo avuto occasione di parlare nelle precedenti uscite- che a partire dalla prima decade del 1500, seppur in una fase iniziale della sua carriera, è considerato magister per il fatto di aver compiuto il viaggio in centro Italia in cui ha consolidato la sua formazione. Molto probabilmente è proprio da Gaudenzio che Gerolamo impara i tratti raffaelleschi, riconoscibili nell’espressione serena e nel collo allungato. Il collo e più in generale gli arti allungati, sono un segno tipico della pittura marchigiana e toscana a cavallo tra il XV e il XVI secolo, non è quindi insolito ascrivere le caratteristiche dei pittori piemontesi alle scuole dei colleghi centro-italiani, considerando i viaggi di formazione che rendono possibile la mescolanza degli accorgimenti stilistici e la diffusione delle mode (o correnti) pittoriche.     

La serie donne (in nero) collega la manifestazione Donne In Nero, presente in centro a Torino ogni ultimo venerdì del mese dalle ore 18 alle 19, a diverse opere pittoriche femminili con una caratteristica comune: il manto nero. Tradizionalmente quando immaginiamo Santa Maria, pensiamo alla Madonna con il manto celeste, infatti il colore azzurro della veste di Maria è scelto per i presepi ed è il colore che le si associa più comunemente. Per esempio anche il fiore primaverile che nasce spontaneamente nei giardini, chiamato “occhi di madonna” conosciuto anche come “non ti scordar di me” è di colore azzurro, non è insolito dunque che il colore blu (o blu chiaro) sia quello che ricordiamo per primo pensando a Maria di Nazareth. Tuttavia nella storia della pittura vediamo, a dispetto di quanto si è detto, che molto spesso Maria è vestita di rosso, colore simbolo della passione di Cristo e che può dunque essere letto -nell’economia del quadro- come preannuncio del dolore per il figlio. Il mantello nero non è insolito, come vediamo in questa serie e, bontà dei pittori, il tessuto del drappo spesso ha un colore acceso nel risvolto o nella fodera. Talvolta come ad esempio nella Madonna col bambino incoronata da due angeli di Ambrosius Benson, datata intorno al 1527, olio su tavola conservato a Palazzo Madama a Torino, il vestito è nero e il manto è rosso. Elettra-ellie-Nicodemi

https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-trono-col-bambino-fra-santi-la-committente-suoi-figli/

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