Io e l’Olivetti / 2

La svolta del ’78 e gli anni da De Benedetti ai “capitani coraggiosi”…

Ermanno Castellaro, classe 1946. Nato a Ivrea, ha sempre vissuto nella “città dalle rosse torri” ed è un eporediese doc.   Per diversi decenni è stato un dirigente alla Olivetti di Ivrea, scalando nel corso della sua vita i vari livelli dell’azienda fondata nel 1908 da Camillo Olivetti e resa grande dall’intuito e dalla capacità del figlio Adriano

Il 1978 fu l’anno del rapimento e dell’uccisione di Aldo Moro e della elezione di Pertini alla presidenza della Repubblica. Nell’agosto venne eletto al soglio pontificio Albino Luciani, Giovanni Paolo I. Il “papa del sorriso”, ultimo pontefice di nazionalità italiana, morì trentatre giorni dopo e a ottobre diventò papa Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II. In quel periodo anche per l’Olivetti ci fu una svolta, iniziò un’altra stagione..

 

“ Nel 1978 arrivò Carlo De Benedetti e con lui iniziò il periodo della rinascita. In modo non traumatico si alleggerirono gli organici adeguandoli ai vari business, si cominciò ad affrontare in modo capillare il mercato, si costituirono le Consociate al fine di poterne controllare i conti, ma soprattutto si guardò all’internazionalità. De Benedetti sensibilizzò tutto il management sui costi, sul cash-flow, sui budget, sull’utile operativo; si cambiò in modo radicale il modo di fare business costruendo sui valori e sulla cultura degli uomini Olivetti che restarono, nelle seconde linee, sempre gli stessi. Il merito dell’Ingegnere fu quello di costruire sulle risorse presenti in azienda il modello di internazionalizzazione che aveva in testa sfruttando altresì il fatto che Olivetti sin dagli anni ’60 era stata una vera multinazionale con stabilimenti al di fuori dei confini nazionali. In questo processo di internazionalizzazione del management la funzione del Personale ebbe il compito di organizzare corsi per il middle e top management di altissimo profilo (corsi Elea a Firenze, centro di Haslemere, ISTUD, università americane), seminari specialistici con orientamento economico-finanziario, corsi tecnici di alto livello, coinvolgendo il maggior numero possibile di dirigenti e quadri italiani e stranieri”.

 

Una fase che durò parecchio…

 

“ Sì, questa fase rinascimentale durerà quasi dieci anni, durante i quali si vivrà, da parte dei dipendenti, una forte identificazione con il successo dell’azienda che continuerà la sua espansione acquisendo società con forte caratterizzazione tecnologica e sviluppando joint-venture di una certa rilevanza. Il mutamento fu rapido e coinvolse in modo particolare gli uomini del Personale che si trovarono costretti ad abbandonare i vecchi stili di gestione incentrati ancora molto sulla risorsa umana fine a se stessa per cominciare a sviluppare quei modelli dove la risorsa si identificava maggiormente con il gruppo, i mercati, i dati economici e lo sviluppo dell’azienda. Non dimentichiamo che tra i primi problemi da affrontare con l’arrivo di De Benedetti ci fu quello spinoso degli esuberi (alcune migliaia); in un contesto molto statico, che non aveva ancora chiaro il piano di sviluppo del nuovo azionista, le reazioni furono dure e anche la funzione del Personale rimase stordita all’annuncio degli oltre cinquemila licenziamenti”.

La città d’Ivrea 54esimo sito in Italia patrimonio mondiale dell’Unesco. Officine ICO ampliamenti (Paolo Siccardi)

Anche in questo frangente l’Olivetti tenne fede alla sua storia di relazioni industriali e sindacali? E’ così?

 

“ Possiamo dire che ancora una volta la cultura olivettiana prevalse e con un De Benedetti attento a non rompere gli equilibri formatisi in tanti anni tra azienda e sindacato, si arrivò al peso forma attraverso modelli di pensionamento anticipato, in parte a carico della Olivetti, dimissioni incentivate, trasferimenti, utilizzando una Cassa integrazione di sole 400 persone. Altro effetto positivo fu quello che, in Canavese, molte persone uscite dall’azienda, iniziarono delle attività industriali o commerciali dando così un notevole incremento all’economia del territorio. Non solo “tagli di teste”, ma anche pianificazione delle carriere, valutazione e grande attenzione alle risorse pregiate, formazione a 360 gradi, piani di incentivazione per obiettivi, nuove assunzioni orientate verso quei settori in via di sviluppo (hardware, software gestionale   e applicativo). Sono gli anni in cui la Funzione diventa una struttura forte e centrale con tutta una serie di compiti e responsabilità supportando il vertice aziendale ed elaborando politiche e linee guida per i settori di line; elaborando come struttura centrale le politiche del personale, gestendo i trasferimenti tra le società del Gruppo, selezionando il personale da assumere. Cose di non poco conto alle quali si sommavano la gestione della formazione e lo sviluppo dei dipendenti individuando i key-people e le relative tavole di rimpiazzo e partecipando alla costruzione di nuovi modelli organizzativi”.

 

Cos’altro caratterizzò quel periodo?

 

“Altro elemento nuovo del periodo debenedettiano fu il processo di societarizzazione del Gruppo (creazione delle Consociate) e di acquisizione di nuove aziende: tutto questo portò gli uomini del Personale ad avere una doppia dipendenza, una gerarchica dal direttore o amministratore delegato della società e l’altra funzionale dalla struttura centrale del Personale. Questo nuovo ruolo di gestione dei modelli centro – periferia – centro porterà la funzione ad avere un certo potere, mai burocratico, di controllo sulle organizzazioni e sui processi. Il Personale e l’Amministrazione diventeranno, a livello centrale, le due funzioni di controllo. In questi anni si verificò una forte crescita professionale degli addetti alla funzione soprattutto per quelli che dovettero gestire le Consociate in quanto gestirono in prima persona, e non attraverso le strutture centrali, incontri sindacali, rinnovi contrattuali, piattaforme integrative, etc”.

Poi, come in una parabola triste avvenne il declino dellinformatica italiana..

 

“Alla fine degli anni ’80 inizi ’90 arrivò la crisi dell’informatica e per i settori portanti Personal Computer e Sistemi si perse il riferimento dei business, la fiducia nell’azienda che per dieci anni era stata uno dei punti di forza e si cominciò a parlare nuovamente di eccedenze. Ritornarono in auge i soliti discorsi sugli allineamenti degli organici e si utilizzarono le dimissioni agevolate, la Cassa Integrazione, la mobilità con aggancio alla pensione: soluzioni che piacquero molto al sindacato e poco ai capi che si trovarono di colpo senza quelle professionalità sulle quali si era costruita l’Olivetti degli ultimi anni. Anche il Personale perse la sua forza e in parte quell’identità che lo aveva caratterizzato, si navigò un po’ a vista, pochi riferimenti, pochi obiettivi. Non molto tempo dopo il futuro direttore del Personale, il dottor Celli, biasimerà gli addetti ai lavori in quanto avrebbero dovuto opporre resistenza a quelle politiche di riduzione degli organici e pensare a nuovi modelli, peccato che anche lui, a poca distanza di tempo, comanderà le stesse cose condite da fumose politiche di sviluppo”.

 

Dopo ci fu la scalata dei “capitani coraggiosi” ad uno dei marchi più gloriosi dell’industria italiana…

“Dal 1996 iniziò quella che io chiamavo “la storia recente”, quella di Colaninno, ma essendo passati più di venti anni recente non è più (questi appunti li avevo scritti e custoditi in un cassetto verso la fine del secolo scorso). Questa storia parte dalle macerie finanziarie : mancavano i soldi per gli stipendi, i prodotti informatici stavano morendo, mentre le attività legate alla telefonia non decollavano ancora. In poco tempo Colaninno trovò sul mercato le risorse finanziarie (i titoli dopo aver toccato un minimo di 460 lire recuperarono in modo vertiginoso), cedette i settori non più strategici, spinse su Omnitel e Infostrada e diede vita ad un’altra fase rinascimentale. Colaninno giocò tutto sui due nuovi nomi tralasciando quello Olivetti troppo legato al settore fallimentare dei P.C. e all’indebitamento. Chiuse gli stabilimenti di Singapore, Spagna e Brasile; la produzione all’estero di Olivetti Lexikon si concentrò in Messico. Omnitel conseguì notevoli risultati: in un anno i clienti salirono da 51.000 a 713.000.Le due Società del Gruppo Olivetti di Olivetti non ebbero mai nulla: vennero inseriti nuovi managers esterni, si utilizzò pochissimo personale Olivetti, la gestione del personale rimase autonoma, ma molto in mano ai capi di line con i vantaggi e gli svantaggi che ne derivarono. Venne chiamato a dirigere il Personale un uomo nuovo (Pier Luigi Celli) che non dialogherà mai con il Personale Olivetti, cercherà di improntare la sua linea attraverso il “libretto verde” dei valori, vale a dire ciò che deve guidare il nostro lavoro come il lavoro in team, l’attenzione al cliente, la prestazione e così via: senza polemica alcuna, ma a mio avviso, molto fumo e poco arrosto e lo si vedrà quando assumerà, in seguito, la responsabilità della Direzione del Personale di Gruppo”.

 

Sulla soglia del passaggio epocale al terzo millennio cambiò definitivamente il profilo di Olivetti in termini di attività, di organizzazione e struttura societaria…

 

“ E’ così. Nel 1999 il profilo di Olivetti cambiò radicalmente. Tramite la controllata Tecnost (una consociata di poco peso nel panorama Olivetti), in febbraio Olivetti lanciò un’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio (OPAS) del valore di 61.000 miliardi per acquisire il controllo di Telecom Italia. L’OPAS si conclude positivamente con l’acquisizione del 52,12% del capitale ordinario di Telecom. L’operazione fu finanziata con la cessione a Mannesmann delle partecipazioni in Omnitel e Infostrada e con il ricorso a prestiti e aumenti di capitale. Telecom Italia entrò così nel perimetro del bilancio consolidato del Gruppo Olivetti, il cui fatturato salì a 54.616 miliardi; i dipendenti nel mondo 129.063. A fine anno Tecnost si fuse con Olivetti; la complessa operazione accorciò e semplificò la catena di controllo di Telecom. A fine luglio 2001 la Pirelli SpA, d’intesa con Edizione Holding (Benetton), si accordò con Bell S.A. per acquistare da quest’ultima il 23% circa del capitale ordinario Olivetti. L’operazione fu condotta attraverso una nuova società, Olimpia. A fine ottobre, quando l’operazione si perfezionò, Olimpia, partecipata da Pirelli, Edizioni Holding, Unicredit e Banca Intesa, possedeva il 27,7% di Olivetti. Il cambiamento dell’assetto societario e dei vertici aziendali condusse a un’ampia riorganizzazione e all’avvio di una politica di dismissioni per un valore previsto di 6 miliardi di euro in 24 mesi. Olivetti Lexikon mutò la denominazione sociale in Olivetti Tecnost”.

 

E siamo arrivati al 2002. La politica di focalizzazione sul core business comporta la cessione di diverse partecipazioni del Gruppo Olivetti-Telecom in Italia e all’estero. Gli asset immobiliari confluiscono in due nuove società, per un successivo conferimento a un fondo immobiliare…

 

E’ l’anno nel quale io esco di mia volontà da Olivetti Tecnost e dopo 37 anni la mia storia aziendale finisce. Una storia ricca di soddisfazioni e anche di successi, un “mestiere” che mi ha dato tanto sul piano umano e professionale, una storia indimenticabile vissuta tra momenti aziendali di grande entusiasmo e altri un po’ più scuri, purtroppo con un finale che non avrei voluto vedere e vivere e, quando le cose prendono questa piega, anche se hai ancora un certo livello di responsabilità, è meglio andarsene, perchè hai capito che quella non è più latua Olivetti o meglio la “tua Ditta“.

 

Marco Travaglini

 

( seconda parte. Fine)

http://www.iltorinese.it/io-e-lolivetti/

 

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